Accordi ONU agli sgoccioli: Parigi e Mosca lanciano l’Opa sulla Libia

Il 17 dicembre scadono gli accordi siglati nel 2015 per la creazione di un governo d’unità nazionale in Libia: l’iniziativa dell’ONU patrocinata da Washington e Londra, come facilmente prevedibile, ha fallito l’obiettivo di riappacificare il Paese ed è soltanto servita a tenere in isolamento il governo laico-nazionalista di Tobruk, sostenuto da Egitto e Russia. Il disimpegno di Donald Trump ed il parallelo attivismo di Emmanuel Macron permetteranno al generale Khalifa Haftar di ergersi a dominus della Libia in questa nuova fase del dopo-Gheddafi. L’Italia, appiattitasi al governo d’unità nazionale, rischia così di essere totalmente marginalizzata: le buone relazioni tra ENI e Mosca solo l’ultima speranza per difendere le nostre posizioni.

17 dicembre: arriva il conto (salatissimo) per l’Italia

Presto o tardi, si pagano i propri errori: il 17 dicembre sarà il giorno in cui arriverà all’Italia il conto delle sue sciagurate scelte in Libia. Sarà una cifra da far impallidire, perché comprende tutti gli errori commessi negli ultimi sei anni, dall’appoggio all’operazione NATO per rovesciare Muammur Gheddafi all’infausta decisione di abbondare il generale Khalifa Haftar per abbracciare il “governo d’unità nazionale” sostenuto da Washington e Londra. Il 17 dicembre scadono, infatti, gli accordi siglati nel 2015 in Marocco che, come prevedemmo facilmente sin dall’inizio, erano destinati al fallimento: installando avventurosamente a Tripoli un governo appoggiato dall’ONU (si ricordi l’arrivo di Faiez Serraj in gommone, a causa della rivolta delle milizie locali1), gli angloamericani “riverniciano” la giunta islamista che ha preso il potere con un colpo di mano nel 2014 e isolano su piano internazionale quello che, sino a quel momento, è stato il legittimo governo, ossia quello laico-nazionalista rifugiatosi a Tobruk e dominato dalla figura del generale Khalifa Haftar.

Su quest’ultimo, sostenuto in una prima fase anche dall’Italia (Haftar ha ammesso di aver avuto rapporti regolari con i nostri servizi2), convergono da subito l’Egitto di Abd Al-Sisi, la Russia di Vladimir Putin e, in aperta opposizione con il blocco atlantico, la Francia di François Hollande.

Mentre l’omicidio di Giulio Regeni compie il suo dovere, scavando un fossato tra Italia ed Egitto ed allontanandoci ulteriormente da Haftar, la Francia, sempre molto zelante nella difesa dei propri interessi, stringe ulteriormente i legami col Cairo e col governo di Tobruk, fornendo anche assistenza militare ad Haftar: l’abbattimento del volo Egyptair, sulla tratta Francia-Egitto, è un “messaggio” che gli angloamericani inviano affinché la Francia si rimetta in riga. Londra, in particolare, storicamente legata a doppio filo alla Fratellanza Mussulmana, aborrisce l’asse laico nazionalista tra Tobruk ed il Cairo e non perde occasione per attaccare il capo delle forze armate libiche: è di poche settimane fa la denuncia del generale Khalifa Haftar al Tribunale dell’Aja per “crimini di guerra”, denuncia che è stata avanzata da uno studio legale londinese molto sensibile alla causa della Fratellanza Mussulmana3.

La vittoria di Donald Trump rimescola le carte in tavola: nello Studio Ovale non siede più Barack Hussein Obama, grande sponsor dell’islam politico insieme a Hillary Clinton, bensì un presidente che simpatizza apertamente per il presidente Al-Sisi. Non solo. Come testimoniato dalla recente decisione di spostare l’ambasciata americana a Israele, Trump progetta un sostanziale ritiro dal Medio Oriente, abbandonando la regione agli altri concorrenti geopolitici. Il primo ad intuire questo cambiamento è il presidente francese Emmanuel Macron che, durante il vertice parigino con Donald Trump del 13 luglio, illustra quasi certamente al neo-inquilino della Casa Bianca i suoi progetti per la Libia, ricevendo il nulla osta per l’archiviazione del governo d’unità nazionale e l’ascesa di Haftar.

A distanza di nemmeno due settimane, infatti, Macron riceve in un castello alle porte di Parigi sia il primo ministro del governo d’unità nazionale, Faiez Al-Serraj, che il generale Haftar: sebbene il presidente dica di voler conciliare le due fazioni antagoniste, in realtà Macron sdogana il capo delle forze armate di Tobruk, gettando le basi della sua nomina a nuovo “rais” della Libia.

Gli inglesi, ovviamente, sono furibondi e scatenano a comando l’ondata di francofobia che investe l’Italietta tra luglio ed agosto. In Italia sono però consapevoli che, nel mutato contesto internazionale, sono alte le probabilità che il generale Haftar eclissi il governo d’unità nazionale. Si cerca di mettere una prima pezza: dopo aver finalmente rinviato il nostro ambasciatore al Cairo, il 26 settembre anche il generale Haftar, per quasi due anni “evitato” dai politici italiani, è accolto a Roma, dove incontra il ministro degli Interni, Marco Minniti, e quello della Difesa, Roberta Pinotti. Il faccia a faccia è molto freddo, perché Haftar sa di poter scalare la Libia anche senza l’Italia, contando sulla sola triangolazione Mosca-Parigi-Cairo. Scrive La Stampa4:

“Tutt’altro che conciliante è stato il generale Khalifa Haftar durante gli incontri di Roma del 26 settembre (…). L’uomo forte della Cirenaica, invitato nell’ambito di quell’allargamento del dialogo con tutti gli attori libici, pensato come funzionale al processo di pacificazione del Paese, sarebbe stato davvero perentorio nelle sue dichiarazioni, tanto da lasciare i suoi interlocutori davvero spiazzati. Haftar ha detto chiaramente che il 17 dicembre, ovvero alla scadenza degli accordi di Skhirat, l’intesa quadro sulla quale è stata strutturato l’assetto istituzionale della Libia attuale con il Consiglio presidenziale e il Governo di accordo nazionale guidato da Fayez al Sarraj, sostenuto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, sarà un momento di rottura piena.”

Continuate pure con la sceneggiata del governo d’unità nazionale, dice Haftar agli interlocutori italiani. Il 17 dicembre, alla scadenza degli accordi ONU, si vedranno quali sono le reali forze sul campo ed l’effimero governo di Tripoli, sostenuto solo più da Londra e da Roma, sarà spazzato via.

Trascorre l’autunno e, nel frattempo:

  • gli ufficiali della Tripolitania e della Cirenaica si accordano, stabilendo che il prossimo capo delle forze armate sarà anche il capo di Stato, ossia Haftar5;
  • la Francia, ed in particolare il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, rafforza l’alleanza col capo dell’Esercito Nazionale Libico, ossia Haftar6;
  • gli Stati Uniti di Trump mostrano il loro completo disinteresse per il dossier libico e lo scacchiere arabo in generale (eccezion fatta per Israele);
  • Vladimir Putin atterra l’11 dicembre in Siria, annunciando la fine delle operazioni militari e l’inizio del ritiro delle truppe, per poi risalire sull’aereo e volare al Cairo: difese con successo le posizioni russe in Siria, è giunto il momento di fare altrettanto in Libia, dove Mosca aveva stipulato importanti contratti nel settore militare ed energetico prima della defenestrazione di Gheddafi.

Ormai mancano pochi giorni alla scadenza degli accordi di Skhirat e l’attività diplomatica è frenetica: l’effimero governo di Tripoli, destinato ad essere cestinato, ha cercato di ottenere qualche garanzia da Mosca, inviando il 13 dicembre il proprio ministro degli Esteri in Russia e sollecitando la riapertura dell’ambasciata7. Due giorni prima, agendo in direzione opposta, il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, e quello della Difesa, Roberta Pinotti, hanno invece nuovamente ricevuto a Roma il generale Haftar8, nel disperato tentativo di non essere estromessi dai giochi allo scadere degli accordi ONU.

Terminata la sceneggiata del “governo d’unità nazionale”, è ormai evidente, ma lo è stato sin dal principio, che Haftar diverrà il nuovo “rais” della Libia, potendo contare sull’appoggio franco-russo-egiziano. Per l’Italia sarà una vera disfatta: il degno epilogo dello sciagurata decisione di appoggiare la cacciata e l’eliminazione di Muammur Gheddafi. Per la prima volta della storia, l’influenza francese, che si era sempre fermata alla Tunisia, sarà estesa anche alla Libia, relegando ai margini l’Italia. L’ultima speranza, come già sottolineato in passato nelle nostre analisi, è che Roma riesca a salvare qualche posizione attraverso l’ENI, da sempre abituata a lavorare a fianco dei russi in Nord Africa (si veda la recente cessione di una quota del maxi-giacimento Zohr alla Rosneft).

Il dramma nel dramma è che questo clamoroso scacco geopolitico non interessa a nessun partito italiano. Le nostre forze politiche sono troppo impegnate a vendere le imprese strategiche allo straniero o a demolire l’unità nazionale alimentando le spinte secessionistiche per curarsi della Libia e del Mediterraneo. Si combatte ormai per la sopravvivenza, più che per la difesa della nostra legittima sfera d’influenza: situazione inevitabile, quando il nemico è in casa.

 

 

1http://www.lastampa.it/2016/03/30/esteri/libia-il-governo-serraj-arriva-a-tripoli-via-mare-u8vu5DJDgD1IQM3nKxsOjK/pagina.html

2http://www.corriere.it/video-articoli/2017/08/11/haftar-minacce-navi-italiane-senza-nostro-accordo-un-invasione/d8c49bba-7eb3-11e7-9e20-fd5bf758afd2.shtml

3http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2017/11/14/libia-haftar-denunciato-allaja_a1286ed9-e3a7-4872-a2f8-7199ee237816.html

4http://www.lastampa.it/2017/10/06/esteri/libia-cos-il-generale-haftar-vuole-prendere-il-controllo-del-paese-QVHWF5s7A5RqepE4eh8ddL/pagina.html

5https://www.agenzianova.com/a/0/1717299/2017-11-23/speciale-difesa-libia-portavoce-haftar-capo-esercito-sara-anche-capo-dello-stato

6http://www.jeuneafrique.com/477774/politique/libye-le-marechal-haftar-rencontre-jean-yves-le-drian-a-paris/

7http://www.askanews.it/esteri/2017/12/13/ministro-esteri-tripoli-mosca-deve-avvicinarsi-pn_20171213_00107/

8http://www.askanews.it/esteri/2017/12/11/libia-alfano-e-haftar-concordi-su-sostegno-a-inviato-onu-pn_20171211_00335/

52 Risposte a “Accordi ONU agli sgoccioli: Parigi e Mosca lanciano l’Opa sulla Libia”

  1. Enrico Mattei ,dai uno sguardo quaggiù e se puoi aiutaci . Vedi come siamo ridotti . La nostra povera Italia è governata da esercito di servi inetti ,infami e traditori.

    1. Diciamo meglio : governata dai Quisling!
      Ai serva Italia di dolore ostello,
      nave senz nocchiero in gran tempesta
      non donna di provincia ma di bordello.

  2. Trovo perfetto, nella descrizione, l’ultimo periodo dell’articolo. Non possiamo certo impegnarci nella salvaguardia della nostra legittima sfera d’influenza se prima non riusciamo a mettere un poco d’ordine all’interno della politica italiana. Esistono delle forze politiche in grado di impegnarsi a far rispettare l’interesse nazionale? Fin ora sembra tutto fermo ai soliti giochetti idioti della politichetta di servaggio degli ultimi anni.
    Delle parole nuove si odono provenire da quelli della “mossa del cavallo” – Lista popolare, bisogna vedere la presa che avranno sulle masse confuse e se, soprattutto, alle parole seguiranno i fatti…. di incantatori di serpenti ne abbiamo visto sin troppi negli ultimi anni!

        1. Certo Dezzani, nutrire dei dubbi è legittimo ed anche utile se serve a meglio approfondire le tematiche. Tuttavia dicono delle cose condivisibili, bisogna vedere se riescono a mantenerle. Personalmente questo potere di preveggenza non ce l’ho. Forse per lei è diverso …
          Però una cosa è certa, nel panorama politico italiano non c’è nulla che possa poter fare pensare, anche lontanamente, ad una classe dirigente in grado di creare una vera discontinuità con la politichetta passato. Non mi sembra che ci sia da stare molto allegri!

  3. Quindi riavvicinamento in atto tra Mosca e Parigi. Chissa’ se la vittoria di domenica scorsa della coalizione autonomista-indipendentista alle elezioni regionali in Corsica c’entra qualcosa. Con una Corsica indipendente i francesi perderebbero la loro porta-aerei naturale nel Mediterraneo con l’importantissima base militare di Solenzara.

    1. Francamente non credo che sia cosi importante strategicamente la Corsica, che dista poche decine di miglia dalle coste francesi.
      E non credo neanche che l’indipendentismo corso abbia sostenitori all’estero. Semplicemente i corsi sono gente dalla testa dura e il movimento indipendentista è vivo da decenni, e da qualche anno ha indossato giacca e cravatta ed ha abbassato le pretese (meno attentati e violenza contro le forze di occupazione) per ampliare il consenso popolare e governare da una posizione di forza.

  4. Analisi perfetta, come sempre, di Dezzani. Da aggiungere c’è poco, il tempo delle parole è finito.

    E’ il momento di mostrare al mondo intero di che pasta sono fatti gli italiani, e se è vero che “l’antico valor negli italici cor non è ancor morto”(Petrarca).

    Altrimenti non ci resterà che estinguerci e scomparire per sempre, altre scelte non ne abbiamo

  5. in questo contesto si inserisce l’ultima trovata del governo Renziloni:
    http://www.dire.it/14-12-2017/160292-g5-sahel-missionario-vergogna-militari-italiani-niger/
    perfettamente funzionale ai disegni egemonici USA in Africa:
    https://byebyeunclesam.wordpress.com/2017/12/15/forze-ed-operazioni-militari-usa-in-africa-una-rassegna/

    l’atteggiamento perdente dell’Italia in Libia è perfettamente incarnato da questa risorsa dell’intelligence nazionale travestita da “esperto di Medio Oriente e Mediterraneo”:
    https://www.riminiduepuntozero.it/esclusivo-sara-estradato-non-gratis-giulio-lolli-visto-vicino-nelle-sue-ultime-peripezie/

    cordialità

  6. Ancora uno scritto di grande lucidità e su di un argomento tanto centrale e strategico quanto negletto dalla nostra politica, che rivela così’, se ce n’era bisogno, tutta la propria inconsistenza e inutilità.
    “Le nostre forze politiche sono troppo impegnate a vendere le imprese strategiche allo straniero o a demolire l’unità nazionale alimentando le spinte secessionistiche per curarsi della Libia e del Mediterraneo”.
    Questa chiusura poi è tanto vera quanto amara e rivela il fallimento di un paese intero, perpetrato con ostinazione dalla sua classe dirigente (si fa per dire …) da venti anni a questa parte.

    Abbiamo vissuto e prosperato grazie ai nostri rapporti privilegiati con i paesi del Medio Oriente. Le nostre aziende si erano fatte le ossa su quei mercati ed erano pronte a conquistarne altri nello scacchiere mondiale. Abbiamo perso tutto quanto, financo le aziende e ci è rimasto uno stato predone che, per sopravvivere, non può che vampirizzare la sua borghesia produttiva, creando miseria e corruzione.

    Chissà se il conto di tutto ciò verrà mai presentato agli artefici di questo sfascio.

  7. Strache per avere gli esteri, gli interni e la difesa ha rinunciato a chiedere la fine delle sanzioni suicide alla Russia. Anche se non scommetterei su questo punto, sono sempre più convinto che Kurz sia un cavallo di Troia, e mi sa pure Strache, ormai…

    1. Un altro Andreotti? e per fare cosa, per negoziare meglio la sconfitta?

      Non ci serve a nulla.. quello che ci occorre è Conan il Barbaro

  8. Alberto è vero, abbiamo perso tutto in pochissimi anni. Gli ultimi due lustri, in particolar modo, complice la crisi, sono stati devastanti per l’Italia.

    Ciononostante, la cosa che fa più rabbia non è tanto vedere la devastazione sistematica di tutto ciò che di buono avevano costruito i nostri genitori e nonni, quanto vedere i diretti responsabili, coloro che hanno svenduto su un piatto d’argento il nostro paese al nemico, girare per salotti, congressi, divani, palchi, piazze, strade e perfino gli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama.

    Com’è possibile ? Dov’è finita la dignità del popolo. Dov’è finito l’amor patrio e financo l’odio per coloro che hanno distrutto un paese ?

    Dove sono le forche e i forconi ?

    1. Probabilmente nelle stalle . Saggiamente hanno pensato che le forche e i forconi servono più per i bovini che per il “popolo” bue .
      Ma questa è la buona notizia . La cattiva è che il popolo non esiste da almeno un secolo . A partire dalla prima guerra mondiale sulla scena storica sono apparse le MASSE che sono soggetti storici totalmente differenti dal popolo . Anche parlare di populismi è del tutto inappropriato . Non ne sto facendo una questione di terminologia , ma di psicologia , infatti già il buon vecchio Freud si era accorto del cambiamento e ha scritto dei libri sulla psicologia delle masse . IL sociologo francese Le Bon ha scritto addirittura ” La psicologia delle folle ” letto e riletto da un certo Benito che non sei tu . Per cui quando si invoca il popolo
      questo non risponde perchè non esisre più . Un poco come se io chiamassi i dinosauri e mi aspettassi di vederli comparire .
      Inoltre i nomi collettivi servono a far confusione. ‘Popolo, pubblico…’. Un bel giorno ti accorgi che siamo noi.Invece, credevi che fossero gli altri. L’ Italia non è come l’hanno fatta i politici ,ma come l’ha fatta la televisione . Sappiamo anche molto bene che
      ” l’ Italia è quel territorio in cui sono ACCAMPATI gli italiani “( cit. Flaiano ) ,mentre l’Africa con gli “aiuti “umanitari e le imprese dell’ENI non è che lo sgabuzzino delle porcherie. Ci si va a sgranchirsi la coscienza .

      1. concordo, ma aggiungerei parafrasando Marx – il comico, non il filosofo – che se il popolo è morto nemmeno le masse stanno troppo bene, quelle del Novecento ben studiate dagli epigoni di Freud in particolare Wilhelm Reich ed Erich Fromm. Sulla scena contemporanea campeggiano le “moltitudini” o “folle”. Se il popolo aveva un’identità nazionale – mazzinianamente parlando – e le masse avevano coscienza – per dirla con Marx il filosofo – le moltitudini non hanno né l’una né l’altra. La prima, dissolta da globalizzazione, ideologia (inventata) “multiculturalista” (Roma il primo Stato multietnico e multireligioso della storia, mai fu multiculturale: una sola legge universale e una sola lingua; in quella moderna da decenni i residenti bivaccano) e migrazioni di moltitudini; che, da qualsiasi parte provengano, e spesso da zone dove la guerra giunta da ovest ha distrutto economia e sussitenza, non portano con sé l’una né dell’altra, né alcun programma salvo quello generico di “vita migliore” quand’anche fosse l’elemosina. D’altro lato, la coscienza (di classe), sepolta con la fine del socialismo reale, è ben viva però nel cosiddetto 1% delle elites dominanti che, loro sì, praticano la lotta di classe ai subalterni. Le masse, bacino e motore dei sovvertimenti post-Prima guerra mondiale, hanno dato corpo a comunismo e fascismo storici, anche perchè catalizzate da “rivoluzionari” e “ribelli” con forti identità personali e politico-programmatiche.
        Le folle usano negli stadi esibire simboli mutuati un po’ a casaccio da armamentari ideologici smobilitati, ma, salvo il tifo unica fede, prive di programma; come le moltitudini, la cui immagine-icona restano le marce di sfollati e migranti economici del 2015 nei Balcani, di varia nazionalità, origine, background, viaggianti verso l’Eldorado nordico di sussidi e/o opportunità – create con risorse pervenute dalle colonie periferiche – ma prive di programmi, quali invece albergano – geopolitici ed economici, in primis la svalutazione del lavoro – nelle cancellerie e cenacoli del potere. Indisturbati dalle masse: gli tolgono le pensioni, e non si affacciano nemmeno in strada come solo una quindicina di anni fa; gli tolgono risparmio, reddito e lavoro e tacciono. Come le multitudini inviate/avviate mute verso un’Europa che per loro rappresenta nulla se non un approdo dove rastrellare qualcosa del (declinante) welfare e sviluppo costruito dalle masse e loro avanguardie politiche in Paesi a suo tempo costruiti dai popoli sovrani. Le masse sono il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, guardavano in faccia il “sole dell’avvenire”. I loro lampi compaiono nei quadri futuristi. Nell’era dei popoli si affrontavano a duello Bixio-La Masa. Dalle masse può sortire un Bresci. Le moltitudini sono ombre sotto i loro cappucci perennementi calati, beneandanti medievali che sfuggono la peste. In questo senso si comprende l’attualità dello “ius soli” essendo l’identità determinata oggi unicamente dal perimetro geografico entro il quale ciascuno vive e riconosce, anche chi non capisce né parla la lingua, gli onnipresenti brand globali. L’alter-ego, in risposta uguale e contraria, sono “patrie piccolissime” ove nutrire l’utopia regressiva e impossibile della tribù con lo steccato. Le moltitudini tabula-rasa di ideali e valori (nemmeno quelli “europei” ammesso si sappia cosa siano), senza identità, coscienza e programmi hanno tuttavia qualcosa in comune: si fanno manipolabili in veste di consumatori e – concordo – telespettatori passivi di news, fake news e teleshow.

        1. Applausi a scena aperta. Se mai dovesse iniziare una raccolta fondi per divulgare il testo di questo messaggio su cartelloni, giornali, radio, televisioni, social network, stamparlo su magliette o farlo sventolare da un aeroplano, vorrei essere il primo a contribuire.

        2. Andiamo verso l’implosione, da cui nascerà qualcosa di nuovo, probabilmente prevarrà la legge della jungla, utopisticamente la pace delle masse…. 🙂

  9. E si, prima o poi i nodi vengono sempre al pettine.
    Dice bene Dezzani…..è il tempo di pagare pegno per l’infausta decisione non solo della defenestrazione di Gheddafi, ma anche dell’aver (ancora una volta contro i nostri interessi) abbandonato Haftar, appoggiato El Serraj, richiamato in patria l’ambasciatore italiano d’Egitto.
    Obbedire allo straniero comporta che quando poi vengono prese le decisioni non potrà rispettarci nessuno.

    Probabilmente tutti i partiti italiani sono tenuti per le palle, non ho altre spiegazioni di fronte a quello che stiamo assistendo negli ultimi 10 anni.
    Probabilmente è così da molto più tempo, ma oggi che ci si avvia verso un nuovo equilibrio internazionale, la pochezza italiana esplode in tutta la sua evidenza.
    Mi sento umiliato. Ma non da ora

    saluti

  10. Dunque Roma, nella cui Accademka militare si e’ fomato anche questo generale, si appresta a riconquistare l’intero Nord Africa, mettere fine a questa ridicola ‘emigrazione’, e con il laborioso Catai ricivilizzarne i popoli portandogli una moneta sana emessa secondo misura di valori reali e reinsegnadoli il valore del lavoro. Fine della siccita’. Colossali lavori idrici, stradali,
    portuali ferroviari, ed energetici. Il re di Napoli non desiderava altro, ospitando spesso lo Zar e la Zarina.

    1. Dopo tutto questo tempo una domanda ancora mi ronza sempre per la testa…ed è questa:
      Willy, chi sei?
      Io mi abbevero alle tue centurie Nostradamitiche ma a volte proprio non riesco a seguirti..ti prego illuminami, parlo sul serio e con sincera ammirazione

  11. Analisi corretta ma si potrebbe procedere oltre. Temo che non stiamo parlando della semplice scomparsa dell’Italia dallo scacchiere nord-africano quanto piuttosto del venir meno dell’Italia in senso assoluto.

    Infatti procede silenziosamente il piano di smembramento dell’unità nazionale e, parallelamente, la creazione degli Stati Uniti d’Europa.
    Questi avranno nella Germania e nella Francia il loro nucleo solido. Attorno ad esso si predisporrà un corollario di stati ancillari di circa 6 – 10 milioni di persone, ciascuno sufficientemente dimensionato per garantire consistenza operativa all’industria multinazionale centrale ma troppo piccolo per produrre una significativa rappresentatività politica.

    Sarà prodromo di tale sviluppi il futuro governo Gentiloni bis, dopo che le prossime elezioni avranno sancito la altrimenti irraggiungibile governabilità del paese. Il dott. Berlusconi – con la disarmante sincerità che gli è propria nei momenti più difficili – lo sta già parzialmente anticipando proprio in questi giorni.

    Perchè stupirsi che la Francia si stia preoccupando di occupare un posto che presto comunque sarebbe stato lasciato libero?

    1. Francamente, da Veneto, preferisco una europa di questo tipo, sicuramente più democratica ed efficiente di una italia corrotta decadente e in mano alle mafie del sud che prosperano saccheggiando le entrate fiscali miliardarie del nord e sperperandole nell’assistenzialismo piagnone e inefficiente del sud.
      Per non parlare della chiesa cattolica, altra struttura parassita che sfrutta il veneto (la regione più generosa: più alto numero di missionari nel mondo, recordi di beneficienza, volontariato, donazione sangue ecc.) e sostiene l’unità d’italia che le garantisce trattamento di favore rispetto alle altre religioni (nell’Europa unita e laica sarebbe una dell decine di sette religiose senza alcun privilegio)

  12. Ottimo articolo. Solo una considerazione: l’Italia non aveva scelta nella gestione della vicenda libica.
    Berlusconi ha cercato di difendere Gheddafi, da sempre legato ai servizi italiani e in affari con le nostre industrie, ma di fronte alla volontà francese e, soprattutto americana, ha dovuto cedere e accodarsi nella speranza di salvare un posticino al tavolo dei vincitori.
    Anche l’appoggio successivo al governo Serraj non è stato il risultato di considerazioni strategiche.
    Il governo italiano sapeva perfettamente che la mossa non era conveniente, ma si è dovuto, anche in questo caso, allineare ai voleri dei padroni angloamericani.

    1. Non sono d’accordo. Poteva fare molto: infine dimettersi date le circostanze avverse. Ma B., come tutti gli uomini che pensano troppo alla f. non ha gli zebedei. E’ un piacione contaballe buono per una cosa, il suo contrario ed il contrario del contrario purche’ sua a suo favore. Come Renzi e come mille altri in Italia. Ogni tanto bisogna dire di NO. E qui da noi nessuno ne e’ capace. A dx come al centro come a sx. Perche’ dire di no significa parlare al Paese, spiegare, chiamare a raccolta per la PACE e non star zitti a favore della guerra.
      Ho l’impressione che a Gentiloni tocchera’ la stessa scelta infame.

    2. Andrea, come dice Oriundo, c’è una cosa che accomuna più o meno tutti i politici nostrani attuali:” La mancanza di palle”.

      Per fare politica e farla in maniera convincente bisogna avere un carattere forte, disprezzo del danaro e dei beni terreni, abnegazione per il proprio popolo e paese, etica, senso di giustizia, morale, senso dello stato e coraggio.

      Tutte virtù, accuratamente selezionate nei politici che contano, di modo da esserne privi.

      1. Esatto ! Fra l’altro, mi chiedo, cosa avranno detto tutti quei milioni di compatrioti che hanno sacrificato la loro vita sull’altare della patria ?

        Come fa un politico a fare il Politico se ha paura della morte o di essere ucciso ?

        Si è perso lo spirito di sacrificio per un ideale di giustizia e di libertà.
        Se questo è vero (come credo) siamo destinati a soccombere come nazione, come italiani, sia vinti che vincitori.

        Saremo terra di conquista da parte di altri che sapranno combattere e sacrificarsi per un ideale, per la vittoria.

        Nessun leone, rinuncia a combattere fino alla morte, per difendere il suo territorio dalla conquista del nemico.

        Loro vinceranno!

  13. Berlusconi doveva opporsi e far saltare il tavolo di fronte al guerrafondaio Napolitano. Ma è ( o era) troppo ricco per rischiare i soldi oltre la vita e la famiglia. Fine. Purtroppo.
    Si poteva ricucire qualcosa dopo l’abbandono degli USA dalla Libia. Contrastare il fenomeno della immigrazione, evitare le sanzioni alla Russia, colloquiare con haftar .
    Ma il governo della sinistra era assolutamente allineato ai democratici di obama-Hillary, anche dopo l’elezione di trump. Solo quando Trump ha incontrato macron e dato il via libera, i nostri hanno fatto dietro-front. Ma ancora parlano di ius soli….
    Insomma, siamo delle scartine assolutamente allineate ai voleri USA (democratici). se non cogliamo l’occasione dataci da Trump di essere liberi, quando mai lo saremo?
    Ovviamente, mai. Ancora antecipiamo tutti e facciamo partire il Giro d’Italia da gerusalemme. Più schiavi di così. Si diceva “più realista del re”, per dire di persone che anticipano i desideri o le domande del potente di turno.
    Insomma, siamo i camerieri degli USA. (E non capiamo neanche quello che vogliono…)

  14. Quando Berlusconi ha cercato di ottenere qualcosa dai partner europei, minacciando l’uscita dall’euro nel 2011, è stato fatto fuori in modo semplice.
    Sono stati buttati sul mercato i titoli del debito italiano, con aumento dello spread rispetto a quelli tedeschi e l’economia italiana ha rischiato il crollo.
    Berlusconi si è dovuto dimettere e da quel momento l’Italia è stata messa in punizione col blocco per anni delle elezioni.
    Questo per dire che i poteri finanziari mondiali, nascosti dietro il potere militare e di intelligence americano, possono obbligare qualsiasi governante a chinare il capo, coraggioso o meno.
    Craxi ,, ad esempio, durante Mani Pulite aveva minacciato di presentare in Parlamento le prove del coinvolgimento dei servizi americani nella faccenda.
    Pochi giorni dopo misteriosi ladri erano entrati in casa dei suoi figli senza rubare nulla.
    Craxi capì il messaggio minaccioso rivolto alla famiglia e trattò con chi di dovere i termini dell’esilio.
    I governi di qualsiasi Stato sono ormai sotto completo controllo dei centri finanziari globali e devono seguire le direttive imposte.

    1. Nel 2011 il dott. Berlusconi si è trovato contro non solo i centri del potere finanziario ma anche – drammaticamente – la parte prevalente degli Italiani. Come spesso succede in questi casi, essi non avevano assolutamente compreso cosa stesse succedendo. E pechè. E quali sarebbero state le conseguenze.
      Vi ricordate il Sole 24 Ore? “Fate presto”, intitolava.
      Ve li ricordate quegli utili idioti fuori del palazzo del Quirinale la sera del 12 Novembre 2011? No? Rivediamoli insieme, tanto per rinfrescarci la memoria:

      https://www.youtube.com/watch?v=ZWGbCnXYZPU

      (sono sicuro che li rivedremo presto in azione…)

      Inutile e privo di senso attribuire la caduta di quel governo alla presunta mancanza di carattere del suo leader. Nessuno avrebbe potuto resistere a quel tipo di pressione, orchestrata all’unisono da parte della Magistratura, Media Internazionali e dalla Presidenza della Repubblica.

      Altro che perdere le aziende: se il dott. Berlusconi ci avesse provato non ne sarebbe uscito vivo.

      1. Appunto, non è una questione USA; è una questione deep state mondialista, lo stesso che attacca Trump, con tanto di ONG al loro servizio per fare il gioco sporco.

    1. Con tutto il rispetto per il vostro partito e gli ideali che rappresenta, ma l’Italia avrebbe bisogno di un partito di “estrema destra”, come quello che ha conquistato l’Austria o l’Ungheria.

      Non c’è più tempo e non c’è più spazio per i discorsi e le menate “moderate”. I dati macro-economici sul debito pubblico parlano chiaro:” 2300 miliardi di euro di debito” http://www.soldionline.it/notizie/macroeconomia/debito-pubblico-italiano-2017

      I dati sulla povertà, l’economia, gli investimenti etc. sono altrettanto devastanti.

      Pensare che hanno avuto (quelli al governo) il fegato di scendere in piazza per l ius-soli.

      Mi spiace ma, in questo momento storico, serve una destra. Si ! Una destra estrema .

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