Il ruolo della Russia nella guerra degli anglosassoni contro la Cina

Il sorprendente andamento della guerra russo-ucraina, guerra che sta finendo col prosciugare tutte le energie della Federazione Russa, pone seri interrogativi sulla stabilità del regime russo e, di conseguenza, sulla sua collocazione internazionale. Tutto lascia supporre che le potenze anglosassoni vogliano ripetere lo schema adottato dalla guerra contro Napoleone in avanti, avvalendosi della Russia come “alleata” contro la potenze euroasiatica emergente di turno: la Cina.

In other words, there has never really been a simple land power-sea power opposition

Contrapporre il lavoro di Spykman a quello di Mackinder sarebbe ingiusto e scorretto: entrambi i geopolitici, in fondo, sviluppano a distanza di un trentennio l’uno dall’altro lo stesso pensiero geopolitico, ponendo l’accento su alcuni determinati aspetti, secondo la convenienza politica dell’epoca in cui scrivono. Certo è che il lavoro di Spykman, con la chiara distinzione tra Heartland e Rimland, appare più accurato e, sopratutto, più utile a comprendere la storia degli ultimi tre secoli, il presente ed il futuro. A Spykman, inoltre si deve questa riflessione geopolitica del 1943 che penetra l’essenza della storia: “Quando, nel 1919, Mackinder pubblicò il libro Democratic Ideals and Reality, il concetto di un’inevitabile opposizione storica tra il potere terrestre della Russia e quello marittimo dell’Inghilterra fu di nuovo enfatizzato. L’erroneità di questa teoria storica è visibile quando notiamo che l’opposizione tra queste due potenze, in realtà, non è mai stata inevitabile. In verità, nelle tre grandi guerre mondiali dell’Ottocento e del Novecento, le guerre napoleoniche, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, gli inglesi ed i russi sono stati alleati contro una potenza litoranea emergente guidata da Napoleone, Guglielmo II e Hitler. In altre parole, non c’è mai stata una semplice opposizione terra-mare”.

Ad un’analisi appena un po’ attenta della storia, infatti, emerge chiaramente come le potenze marittime anglosassoni non abbiano mai combattuto un conflitto egemonico sulla semplice contrapposizione terra-mare (l’eccezione può essere la guerra di Crimea del 1853-1856, che fu però un conflitto regionale), ma si siano sempre avvalse dell’alleanza di qualche alleato continentale per sconfiggere la potenza continentale emergente di turno. Le aspiranti potenze mondiali si sono collocate storicamente nel Rimland (Spagna, Francia, poi Germania ed infine oggi la Cina), ossia sulla fascia periferica dell’Eurasia. Il perché le principali minacce provenissero dai bordi dell’Eurasia è presto spiegato: maggiore sviluppo economico, sociale e culturale rispetto al cuore desertico dell’Asia e maggiore facilità ad organizzare una potenza navale di primo piano (nell’ordine Spagna, Francia, Germania e oggi Cina). Ciò, di conseguenza, ha portato nel corso dei secoli ad una paradossale, ma ricorrente, alleanza tra “i pirati del mare ed i pirati della steppa”: più volte, in sostanza, gli angloamericani sono riusciti a trascinare la Russia in guerra, rigorosamente per i propri interessi, contro la potenza litoranea emergente. È stato il caso dell’intrigante zar Alessandro I contro Napoleone, dell’evanescente zar Nicola II contro Guglielmo II e del riluttante Stalin contro Hitler (a Stalin va riconosciuto il “merito” di aver fiutato la trappola e di aver tentato, fino all’ultimo, di farsi adoperare come utile idiota dagli anglosassoni).

Questa breve lezione di geopolitica/storia ci torna di grandissima utilità nei difficili frangenti del febbraio 2023, ad un anno di distanza dall’inizio del conflitto russo-ucraino che, con grandissima sorpresa di qualsiasi analista obiettivo, si è progressivamente trasformato in un pantano per Mosca: un’aspirante potenza mondiale è stata messa alle corde da un Paese del terzo mondo, in un banale conflitto convenzionale ai propri confini. L’esito di tale conflitto, il cui andamento sfavorevole deve essere interamente imputato alla gestione di Vladimir Putin ed alla sua cerchia di potere (le oligarchie emerse nei primissimi anni ‘90 dopo il collasso dell’URSS, oligarchie tra cui spicca il disastroso ministro della Difesa Serghei Shoigu, già vicino ad Eltsin), avrà, è ormai evidente, ripercussioni mondiali.

Nei nostri lavori geopolitici degli ultimi anni, avevamo più volte evidenziato come il possibile conflitto tra potenze anglosassoni e blocco russo-cinese fosse un’anomalia: mai e poi, abbiamo scritto nei nostri libri, gli angloamericani avevano affrontato un conflitto terra-mare “puro” che, quasi certamente, avrebbero perso. Quanto sta avvenendo in Ucraina “corregge” lo scenario di un blocco continentale monolitico, riportandolo su binari per così dire più normali, e, inoltre, chiarisce a posteriori una lunga serie di fatti altrimenti inspiegabili. Per venire al sodo, è ormai evidente che gli anglosassoni vogliano ripetere contro la Cina lo stesso schema adottato contro la Francia e poi contro la Germania: sfiancare e sconfiggere la potenza litoranea emergente obbligandola ad aprire, in qualche modo, un fronte continentale. Contro la Russia.

Tale affermazione, a distanza di un anno della promessa di “amicizia senza limiti” tra Vladimir Putin e Xi Jinping (secondo Kissinger, però, i cinesi non sarebbero stati informati delle intenzioni belliche di Putin), può sembrare davvero sbalorditiva. Eppure, compito della geopolitica è proprio quello di vedere “oltre la collina”, basandosi anche e sopratutto sulle consolidate dinamiche della storia. È ormai possibile delineare lo scenario con cui si arriverà a tale esito: il collasso del regime sull’onda della sconfitta in Ucraina, lo scivolare progressivo della Russia nel caos e l’emergere di elementi ultra-nazionalisti (ad esempio l’israelita Evgenij Prigozin, capo dei fantomatici mercenari “Wagner”) che, paradossalmente, cercheranno il riavvicinamento agli Stati Uniti a trazione trumpiana-repubblicana, gettando alle ortiche l’alleanza con la Cina, magari sfruttando le latenti tensioni tra i due Paesi nell’Asia centrale.

Questo scenario poggia sulle passate “convergenze” tra la destra israeliana-repubblicana di Trump e gli ambienti “nazionalisti” russi e, sopratutto, spiega a posteriori una serie di elementi altrimenti indecifrabili: come, ad esempio, Steve Bannon fosse sicuro nel 2017 di poter contare sulla benevolenza russa nella guerra contro Cina ed Iran (e Turchia); o perché Trump abbia accennato nel 2022 alla possibilità di innescare un conflitto russo-cinese ricorrendo ad attentato falsa bandiera; o, più recentemente, perché un generale dell’aviazione americana abbia potuto scrivere un memoriale sulla prossima guerra contro la Cina nel Pacifico, da collocarsi nel 2025, senza dover tenere in considerazione la Russia.

Spingiamo però l’analisi ancora oltre. Innanzitutto, si inizi col dire che questo schema geopolitico è ben chiaro alla Cina che, pur mantenendo la massima correttezza nei confronti della Russia e spingendo al massimo l’interscambio commerciale tra i due Paesi, si sta già attrezzando in vista di possibili rivoluzioni geopolitiche: salta subito all’occhio, infatti, il lancio nel 2022 di un nuovo corridoio ferroviario che raggiunge la Germania attraverso il Kazakistan (uscito dalla compagine statale russa), il Mar Caspio, la Turchia ed il bacino del Danubio. Una dimostrazione plastica di come la Cina possa organizzare il Rimland (e quindi sconfiggere gli anglosassoni) anche senza il contributo russo. Con una certa spregiudicatezza di pensiero, è infine doveroso fare alcune considerazioni di carattere militare: la Russia era un gigante nei confronti della Francia napoleonica o della Germania guglielmina. È, però, una provincia se paragonata alla Cina. L’eventuale contributo della Russia contro la potenza emergente di turno del Rimland euroasiatico è, quindi, nettamente ridotto nel momento in cui gli anglosassoni si trovano ad affrontare la Cina.

Le nostre potranno sembrare considerazioni avventate e persino incomprensibili a molti: eppure siamo certi che frullino nella testa di molti strateghi, da Pechino ad Ankara.