L’arresto di Trump nelle dinamiche internazionali

Il 4 aprile l’ex-presidente repubblicano Donald Trump è stato arrestato con l’accusa di aver commesso una serie di reati minori: rilasciato, dovrà affrontare nei prossimi mesi il processo. Tutto si può dire, tranne l’arresto di Trump sia una “sorpresa”: è utile soltanto collocare l’evento all’interno delle precise, e già delineate, dinamiche nazionali e internazionali.

Arresto, polarizzazione, default, riallineamento

Tutto si può dire tranne che l’arresto dell’ex-presidente Donald Trump sia stato una “sorpresa”: al contrario, esso rientra su precisi binari di cui si è più volte trattato nei nostri articoli quando, paradossalmente, tutta l’attenzione dei media era concentrata sulla guerra ucraina e sul conflitto tra Occidente e Russia. In questa sede, non vogliamo assolutamente entrare nel merito dell’inchiesta e del prossimo processo cui sarà sottoposto l’ex-presidente, nonché aspirante candidato alle presidenziali del 2024: tralasceremo quindi tutto il corredo folcloristico della commedia (pornostar, custodi di notte, figli illegittimi, relazioni amorose, bilanci falsificati, mazzette, etc. etc.) per andare dritto al sodo. Nel mare magnum della disinformazione e delle bagatelle, un’analisi ha valore solo se estrae quei pochi dati utili a interpretare il presente e prevedere il futuro.

Pertanto, ci interesseremo solo di aspetti: l’impatto che l’arresto di Donald Trump avrà sulla politica interna americana e l’impatto che avrà su quella internazionale. In entrambi casi, giova dire sin da subito, l’evento è una logica conseguenza di quanto abbiamo scritto in precedenza e, quindi, costituisce “la maturazione” delle nostre precedenti analisi.

Cominciamo col piano della politica interna statunitense (ovviamente, legato a doppio filo con quello della politica internazionale). Negli ultimi mesi, abbiamo scritto come gli USA sarebbero progressivamente scivolati verso una condizione di “guerra civile” più o meno violenta, più o meno dichiarata: la polarizzazione politica, scrivevamo, avrebbe raggiunto lo zenith, mettendo a repentaglio le stesse istituzioni democratiche degli USA e obbligando le due fazioni, democratici e repubblicani, ad un “redde rationem” finale, da cui sarebbe emersa vincitrice l’ala nazionalista-fascisteggiante (quella che, per usare la terminologia del grande e mai abbastanza lodato Vilfredo Pareto, ha maggiori residui della classe II). A ruota, abbiamo scritto come, contrariamente a quanto sostenuto dalla maggior parte degli analisti finanziari e dal buon senso comune, l’impasse sull’innalzamento del debito pubblico americano sarebbe progressivamente precipitata a causa della polarizzazione politica del Congresso americano, sino a trascinare gli USA (ed il resto del mondo) verso un clamoroso default. Il default tecnico americano, abbiamo scritto infine, avrebbe sancito la fine del ciclo politico-finanziario iniziato nel 1945, causando un’implosione del sistema monetario simile a quella del 1931, quando Inghilterra e USA affossarono deliberatamente il gold standard, spianando la strada alla regionalizzazione dell’economia mondiale, ai blocchi autarchici e, infine alla guerra mondiale. Ebbene, l’arresto di Trump velocizza e porta alle estreme conseguenze quanto abbiamo già scritto: polarizzazione politica sempre più accesa, rischi sempre più evidente di violenza politica e di cedimento delle istituzioni democratiche, possibilità sempre minori di trovare un accordo su un tema cruciale come quello delle finanze pubbliche e, quindi, chance sempre più elevate di un clamoroso ed inaudito dissesto del bilancio americano.

Passiamo quindi al piano prettamente internazionali. Già nel corso dell’estate 2022, abbiamo collegato la “guerra civile” americana verso cui gli USA si stanno scientemente dirigendo, all’ennesima guerra ingaggiata dalle potenze marittime anglosassoni contro l’Eurasia. Un conflitto terra-mare “puro” è sempre stato, e sempre sarà, invincibile per gli anglosassoni, che devono quindi frazionare il duello contro la massa afro-euro-asiatica e trovare, di volta in volta, utili idioti che combattano le loro guerre. Per essere concisi, gli anglosassoni non possono vincere un confronto militare diretto e simultaneo contro Russia e Cina e devono quindi “spezzettare” il conflitto e cercar e di attrarre, per la quarta volta in due secoli, la Russia dalla propria parte. Ci siamo spinti oltre: abbiamo anche infatti scritto come “la guerra” contro la Russia sarebbe stata combattuta con la configurazione democratici USA-conservatori britannici e, a quel punto, sarebbe subentrato un riallineamento o sarebbe nata una nuova “costellazione”. Con lo spostamento del focus militare sulla Cina, i repubblicani avrebbero preso il sopravvento negli Stati Uniti mentre in Inghilterra sarebbero saliti al potere i laburisti. In questo modo, i nuovi USA “fascisti” avrebbero tentato il riallineamento con la Russia di Vladimir Putin (reso estremamente facile dai legami che intercorrono tra Putin e nazionalismo americano, supervisionati dal Likud israeliano e dal premier Benjamin Netanyahu) così da avere la Russia neutrale, o addirittura alleata, nel cruciale conflitto contro la Cina (e, in second’ordine, contro Germania, Turchia ed Iran). Ebbene, l’arresto di Trump, anche in questo caso, facilita il prossimo “renversment des alliances” che porterà alla guerra mondiale vera e propria: aumentano che le possibilità che nel 2025 si insedi alla Casa Bianca, in maniera più o meno democratica, un Trump “estremista e nazionalista” che, come prima cosa, tenterà un riavvicinamento alla Russia sconfitta ed ostracizzata per spostare il focus militare nel Pacifico. Contro la Cina.

Un’ultima nota di carattere storico e politico. L’intera vicenda di Trump, compreso l’arresto ed il processo, si svolge a New York. A New York debuttò sulla scena politica nazionale Franklin Delano Roosevelt, che avrebbe dato un deciso contributo allo scoppio della seconda guerra mondiale. Ancora un volta, emerge la centralità di questa “nuova Atlantide” o “nuova Gerusalemme” nelle trame che stanno conducendo alla prossima guerra egemonica.