La prossima “guerra civile americana” nel contesto internazionale

La società statunitense sta raggiungendo l’acme della polarizzazione tra fazioni opposte ed i principali media parlano apertamente di un’imminente “guerra civile”. La prossima “guerra civile” americana, che quasi certamente si concluderà con la vittoria della fazione repubblicana, gioca un preciso ruolo nella guerra egemonica combattuta a pezzi. La “democratura” repubblicana tenterà di appianare le divergenze con la Russia, per concentrarsi militarmente su Cina ed Iran.

Un’America “dittatoriale” per la guerra contro Cina e Iran

La cronaca dell’estate 2022 offre diversi significativi episodi che consentono di capire le dinamiche geopolitiche più profonde e anticipare gli sviluppi dello scenario internazionale di qui a qualche anno. Mentre in Ucraina infuria ancora la guerra per procura tra anglosassoni e russi, si è assistito ad una molteplicità di eventi pregni di sviluppi altrettanto importanti: il viaggio di Biden in Medio Oriente per organizzare una “NATO” in funzione anti-Iran; la visita di Nancy Pelosi a Taiwan con le relative esercitazioni militari cinesi senza precedenti attorno all’isola; il raid dell’FBI presso la dimora dell’ex-presidente repubblicano Donald Trump col conseguente rischio, prospettato dai principali media americani, di un progressivo scivolamento della società americana verso una forma più o meno violenta di “guerra civile”. Questi avvenimenti, apparentemente slegati l’uno dall’altro, sono in realtà strettamente connessi e, in poche righe, dimostreremo come siano tutti strettamente riconducibili alla guerra egemonica in corso, secondo una logica ferrea.

Partiamo dal quadro generale. Come scritto da Zbigniew Brzezinski nel suo “La grande scacchiera” del 1997, le potenze marittime anglosassoni si trovano ad affrontare il triangolo revisionista composto da Russia-Iran-Cina, che preme rispettivamente verso Mediterraneo-Atlantico, Golfo Persico e Oceano Pacifico. Benché inglesi ed americani stiano tentando di allestire una coalizione da schierare contro questo triangolo continentale, la missione appare estremamente complessa: si tratta infatti di una coalizione completamente “periferica” (Francia, Israele, Giordania, Arabia Saudita, Filippine, Giappone, etc.) che avrebbe enormi difficoltà anche soltanto a colpire il nucleo dell’Eurasia. Qualora Russia, Iran e Cina dovessero scendere in campo all’unisono, gli anglosassoni non sarebbero poi assolutamente in grado di affrontare (e soprattutto vincere) una guerra su due/tre oceani (Atlantico, Indiano e Pacifico). Ne deriva, quindi, la necessità di combattere questa guerra “a pezzi”, cercando il più possibile di evitare che il triangolo continentale si saldi in un unico fronte militare, esteso dal Mar Baltico a quello Cinese, passando per il Mare Arabico.

Come abbiamo già scritto in precedenza (ed il presente articolo è in fondo solo il completamento di quanto è già stato detto), l’alternanza tra democratici “anti-russi” e repubblicani “anti-cinesi”, gioca un ruolo di primissimo piano in questa strategia. Alternando le due fazioni opposte del sistema politico americano, gli anglosassoni mirano a “suonare la batteria” in Eurasia, colpendo in sequenza, ma mai contemporaneamente, Russia, Iran e Cina. L’amministrazione democratica di Biden (affiancata dal governo conservatore inglese, che sta giocando un ruolo attivissimo nel fomentare ed alimentare il conflitto ucraino) si è concentrata sulla Russia: quanto speravano/sperano di ottenere gli anglosassoni dalla guerra per procura in Ucraina è stata già scritto. Nella migliore delle ipotesi, la caduta di Putin e l’avvento di un governo nazionalista-liberale alleato all’Occidente, nella peggiore, un indebolimento permanente dell’economia e delle forze armate russe. Tale guerra procura va avanti ormai da sei mesi e tutto lascia supporre che si trascini almeno sino al 2023, grazie alla continua fornitura di armi da parte di UK ed USA.

“L’indebolimento” della Russia è, però, solo una parte della guerra egemonica combattuta a pezzi e, ad un’attenta analisi, non è neppure la principale. La maggiore minaccia per l’egemonia anglosassone è, secondo gli strateghi di Londra e Washington, la Cina. È altamente probabile che un conflitto contro Pechino travalichi i confini del Pacifico e debordi in quello Indiano: in sostanza, nell’affrontare i cinesi, gli anglosassoni dovranno inevitabilmente affrontare anche la questione dell’Iran. Conviene infatti ricordare che Cina e Iran hanno progressivamente stretto legami economici e militare sempre più stretti, tanto che la stampa internazionale ha parlato di vera e propria “alleanza” tra i due Paesi, forgiata quando, durante la prima presidenza di Donald Trump, Cina e Iran erano entrambi nel mirino dell’amministrazione repubblicana (guerra commerciale contro Pechino e assassinio del generale Qasem Soleimani).

A questo punto, tocca introdurre il discorso “Donald Trump e guerra civile americana”. Conviene partire dalla storia recentissima che, in questi anni convulsi e travagliati, sembra già distante anni luce. La prima presidenza di Donald Trump si è chiusa, nel gennaio 2021, con due eventi altamente significativi: “l’assalto a Capitol Hill” da parte dei simpatizzanti repubblicani e lo spettro di un attacco militare all’Iran negli ultimissimi giorni della presidenza di Donald Trump. Indiscrezioni fatte trapelare a posteriori parlano anche di contatti tra i militari americani e cinesi, per “sventare” una possibile guerra tra le due nazioni nella fase finale del mandato di Trump. Qui si è lasciato il discorso “Donald Trump – politica estera repubblicana” e qui verrà ripreso nei prossimi 2-3 anni.

Quanto sta avvenendo negli Stati Uniti è visibile a tutti. La fiducia nelle istituzioni è ai minimi storici; le fratture all’interno della federazione si stanno ampliando grazie ad una molteplicità di politiche divisive, dall’aborto ai vaccini; la faziosità dei media mainstream ed il fiorire di media “cospirazionisti” stanno rendendo impossibile la normale dialettica “democratica”; gli stessi media parlano ormai di una guerra civile imminente e, secondo alcuni sondaggi, quasi la metà dei cittadini americani si aspetta atti di violenza politica o una vera e propria guerra civile nei prossimi anni. Episodi come quello del recentissimo raid dell’FBI presso la dimora dell’ex-presidente Trump, raid conclusosi col sequestro di materiale “sottratto” alla Casa Bianca, alimentano al parossismo la tensione tra le fazioni opposte, erodendo la fiducia nel governo federale. Tutto lascia supporre che questa “guerra civile”, sapientemente orchestrata e scientificamente alimentata. effettivamente si consumerà di qui al 2025. Sarebbe sbagliato immaginare un nuovo conflitto sanguinoso come quello del 1861-1865 che oppose il Nord liberale-industriale al Sud agricolo-conservatore. È più facile immaginare un secondo assalto a Capitol Hill, seguito “dall’epurazione” della pubblica amministrazione e delle forze armate, il tutto accompagnato da diffuse violenze e disordini nel Paese. Forse 3-6 mesi di caos e qualche migliaio (decine di magliaia, al massimo) di morti.

Quello che ci preme sottolineare è, però, sopratutto l’assetto finale degli Stati Uniti d’America e la loro politica estera al termine della “guerra civile” in preparazione. Gli USA saranno a tutti gli effetti una “democratura” dai caratteri marcatamente autoritari (si ricordi, del resto, che lo stesso Franklin Delano Roosevelt era percepito come un “dittatore” dalla maggior parte degli Stati fascisti dell’epoca) e sventoleranno la bandiera della crociata contro il comunismo cinese e l’islam iraniano (si veda l’abbondante produzione di Steve Bannon sul tema). Così facendo, la “democratura” americana tenterà di riappacificarsi con la Russia o, addirittura, di cooptarla nella guerra contro la Cina (diversi adescamenti in questo senso sono stati già fatti durante il primo mandato di Donald Trump).

Il quasi centenario Henry Kissinger ha recentemente detto che gli USA stanno scivolando verso la guerra contro Russia e Cina, ma manca una chiara direzione e precisi obiettivi strategici. Con la prossima “guerra civile americana”, combattuta al termine della guerra per procura in Ucraina contro la Russia, gli anglosassoni tenteranno di imprimere una precisa direzione: priorità a Cina e Iran. Priorità alla guerra nel Pacifico e nell’Oceano Indiano. Nulla davvero di nuovo, perché già nel 2017 Steve Bannon aveva “preconizzato” che attorno alla metà degli anni ‘20 gli USA sarebbero stati impegnati in una guerra contro la Cina e, simultaneamente, in Medio Oriente.

Nel prossimo articolo vedremo come, mentre la Cina sta procedendo ad una modernizzazione a tappe forzate della propria marina, la Russia si stia preparando proprio ad agire in Medio Oriente in vista dei futuri eventi bellici.