L’ossessione per la cronaca nera

La cronaca nera sembra dominare i media e grandissima eco ricevono i delitti all’interno dei nuclei familiari: uxoricidi, infanticidi, femminicidi, etc. L’ossessione per la cronaca nera può sembrare paradossale in un sistema internazionale in rapidissimo deterioramento, dove già si combattono guerre di larga scala e se ne preparano di maggiori: non si tratta né di distrazione né di semplice degrado culturale, ma di “sincronizzazione” della società col contesto generale.

Micro e macro

Si è tornati a combattere guerre convenzionali di larga scala in Europa, conflitti ben maggiori si preparano nel Pacifico, choc energetici senza precedenti minacciano le industrie, i mercati finanziari scricchiolano sotto il peso della stretta monetaria, vaste regioni del globo annaspano in un quadro economico-politico sempre più ostico, eppure, in Italia (ma anche nel resto dell’Occidente, si pensi alle spatorie tra civili negli USA) tiene banco la cronaca nera, che riceve ampissimo spazio mediatico. Meglio ancora se cronaca nera relativa a nuclei familiari: assassini di mogli, fidanzate, genitori, figli, padri, etc. Ogni delitto è sviscerato dai media, commentato, analizzato ed ingigantito, cosicché, alla fine, il grande pubblico è inondato da immagini e notizie di violenza quotidiana, consumata spesso all’interno delle mura familiari.

Banale degrado dei media? Arma di distrazione di massa? Facile ricerca di share a buon mercato? Giustificato allarme dettato da un’emergenza reale? Crediamo di no. All’opposto crediamo che il fenomeno rispecchi un preciso disegno socio-politico tale da meritare di essere analizzato anche su questo blog che, come i lettori avranno capito, ha quasi sempre lo sguardo rivolto non all’interno, ma all’esterno: politica estera, geopolitica, finanza, grandi cicli storici, etc. etc.

Partiamo dalla semplice ed oggettiva constatazione statistica che l’indice per omicidi ogni 100.000 abitanti è in costante calo dai primi anni ‘90: la curva è inequivocabilmente discendente, sebbene qualche singolo anno possa rappresentare un’anomalia che, però, non modifica la dinamica di fondo. In Italia, quindi, non c’è nessuna reale emergenza “omicidi”, tale da giustificare l’ossessione dei media per la cronaca nera. È bene anche notare che la cronaca nera sia divenuta una “merce di largo consumo” in tempi relativamente recenti: ci sono stati fasi della storia italiana (il periodo 1930-1960), in cui i delitti erano relegati nelle ultime pagine dei giornali. Grandi delitti erano spesso raccontati in trafiletti di poche righe. Si prenda ad esempio il caso di uno dei maggiori “serial killer” del primissimo dopoguerra: il “killer della Salaria” Ernesto Picchioni. Le sue tristi imprese ricevono uno spazio molto limitato, mentre tutta l’attenzione della stampa rimane concentrata sul Patto Atlantico, sulla divisione di Berlino, sull’URSS, sui venti di guerra, etc. etc.

Se l’enorme pubblicità che ricevono i fatti di sangue non trova la sua spiegazione nella realtà, bisogna cercarne le cause altrove. Dove? Siamo abbastanza sicuri della risposta ed è il motivo per cui ci occupiamo dell’argomento: l’ossessione per la cronaca nera rientra in quel più ampio movimento ciclico della storia che investe ogni ambito della società ed è impiegato per imprimere slancio allo stesso movimento a spirale. Come il sistema monetario non sfugge al ciclo che alterna nascita e dissoluzione, alti e bassi, espansione e contrazione, così anche la società, e soprattutto l’immagine che ne danno i media, si conforma alle stessi leggi.

In società nella fasi iniziali di un ciclo, il focus è totalmente rivolto all’esterno: politica di potenza, sicurezza, confini, alleanza, prestigio internazionale. La violenza domestica e gli omicidi sono certamente presenti, ma ricevono un’attenzione marginale e pochissima eco, perché stonano col sentimento generale e col momento storico. In società a metà del ciclo, il sistema monetario inizia a mostrare i primi segni di cedimento (uscita di Nixon dal gold standard del 1971) e, in parallelo, la cronaca nera inizia la sua lenta, ma inarrestabile ascesa, verso la centralità mediatica (i delitti del mostro di Firenze possono essere presi come pietra miliare per l’inversione del trend). In società alla fine del ciclo, i pilastri stessi del sistema monetario si avvicinano ormai al crollo (il default degli Stati Uniti che si è sfiorato negli scorsi giorni) e, in parallelo, il focus è ormai totalmente rivolto all’interno, sul malessere della famiglia e sulla sua polarizzazione in campi opposti della società: enorme attenzione riceve il barista Alessandro Impigniatello che assassina la fidanza incinta, emblema di una “mostruosità” che sembra quasi pane quotidiano.

Attraverso l’enorme spazio dato alla cronaca nera, si può dire che la società, ed i singoli, individui siano “sincronizzati” al ciclo politico-economico-storico che volge al termine. È infatti molto più facile trasmettere il senso di disfacimento e di crisi ai livelli bassi della società, bombardandola con immagini e notizie di violenza familiare che parlando di de-dollarizzazione o di prossimi crack bancari. Ad un sistema in crisi a livello macroscopico, deve rispondere un sistema in crisi a livello microscopico e le notizie di mariti che uccidono moglie e di figli che uccidono genitori, assolvono proprio a questo scopo, instillando la convinzione che persino l’unità base della società sta crollando e che persino tra le mure di casa non si è più sicuri, perché l’assassino può essere un congiunto.

Si noti, chiudendo, che se la violenza domestica tiene ancora banco sui media, per contro è ormai in netto aumento quella violenza pubblica o statuale che è la guerra. Il conflitto russo-ucraino è l’avvisaglia di quella guerra totale che chiuderà definitivamente il ciclo iniziato nel 1945 e ne sancirà l’inizio di uno nuovo. Man man che si avvicina a questa tappa, il focus, col solito movimento oscillatorio, si sposterà di nuovo dall’interno all’esterno, per poi relegare la cronaca nera nuovamente in secondo piano e concentrarsi su alleanze, confini e prestigio internazionale. È infatti significativo che, nella fase di transizione che stiamo vivendo, accanto all’enorme pubblicità data ai delitti comuni, si sia prepotentemente riaffermata nel linguaggio comune la parola “geopolitica”, che fino a qualche anno fa era un termine usato da pochi appassionati o specialisti del settore.