Guerra a Gaza: obiettivi anglo-ebraici locali e internazionali

L’attacco di Hamas del 7 ottobre si è infine trasformato in un’operazione in grande stile delle forze armate israeliane a Gaza. Dagli storici legami che uniscono Tel Aviv ad Hamas ai ripetuti allarmi ignorati dei servizi d’informazione, tutto lascia supporre che Benjam Netanyahu stia attuando una tabella prestabilita. Agli obiettivi espansionisti locali degli israeliani si affiancano, come nelle due precedenti guerre mondiali, gli obiettivi delle potenze anglosassoni che riguardano l’Eurasia nel suo complesso.

Israele, Medio Oriente, Isola Mondo

La nascita dello Stato d’Israele e l’avvento del mondo a guida americana sono indissolubilmente legati: entrambi germogliano a Sarajevo il 28 giugno 1914 e prosperano nel secondo dopoguerra sulle ceneri dell’Europa distrutta, innaffiate dal sangue versato con profusione anche da Russia, Cina e Giappone. Nulla davvero di sorprendente, considerato che due massimi strateghi del Novecento, i britannici Halford Mackinder e Wiston Churchill, convinti fautori dell’alleanza anglo-americana in chiave anti-europea ed anti-asiatica, erano altrettanto ferventi sionisti ed entusiasti sostenitori del “focolare nazionale ebraico”. Questa breve introduzione, che sintetizza in poche righe il nocciolo del nostro lavoro sul secolare conflitto tra terra e mare (la geopolitica, abbiamo evidenziato, è anch’essa una forma di gnosi di origine ebraica), risulta decisiva per inquadrare correttamente gli ultimi eventi in Medio Oriente. Gli obiettivi israeliani si intersecano con quelli anglosassoni ed agli interessi israeliani sui ristretti spazi di Gaza fanno da contraltare gli interessi anglosassoni che abbracciano l’Isola Mondo nel suo complesso.

Partiamo da alcune considerazioni. L’organizzazione Hamas, responsabile degli spettacolari attacchi del 7 ottobre in territorio israeliano, è stata storicamente sostenuta e assecondata da Tel Aviv al fine di indebolire l’Autorità Nazionale Palestinese che, da iniziale rappresentante degli interessi palestinesi, è scivolata progressivamente nell’irrilevanza odierna. Dopo averne benedetto la conquista di Gaza nel 2006, Tel Aviv avrebbe avuto quindi tutti gli strumenti a disposizione per tenere sotto controllo Hamas. Nell’ultimo anno, quando l’ordine internazionale era già perturbato dalla guerra russo-ucraino, risulta invece che gli israeliani abbiano sospeso le attività di spionaggio su Hamas: non paghi, risulta che abbiano anche deliberatamente ignorato le informative del servizio segreto egiziano circa un imminente operazione in grande stile in preparazione nella striscia di Gaza. Si può quindi dire che il sanguinoso attacco del 7 ottobre fosse previsto e perfino atteso con trepidazione dagli strateghi israeliani. Perché?

Entriamo quindi nel campo degli obiettivi strettamente “localistici” degli israeliani. Lo Stato d’Israele è nato ed è cresciuto con una serie di guerre che hanno progressivamente cannibalizzato il territorio palestinese. Gli insediamenti dei coloni ebraici assolvono inoltre alla costante e metodica funzione di erodere gli spazi arabi. Tutto lascia supporre che gli attentati del 7 ottobre, seguiti da una rappresaglia senza precedenti contro la popolazione di Gaza e incurante delle più elementari regole del diritto internazionale (privazione di acqua e cibo, interruzione dei rifornimenti di energia e delle telecomunicazioni, bombardamenti sistematici a abitazioni e infrastrutture civili), mirino allo sradicamento coatto dei palestinesi da Gaza (circa 600.000 persone) e alla sua annessione al territorio israeliano. L’annessione israeliana di Gaza ha ovviamente enormi ricadute sulla regione. Pone innanzitutto un grave dilemma all’Egitto del filo-israeliano Al-Sisi: non solo il Cairo dovrebbe infatti farsi carico di accogliere i 600.000 sfollati da Gaza, ma dovrebbe anche rinunciare ad territorio di cui, nella guerra del 1948, mirava all’annessione o quantomeno al protettorato.

Se il regime filo-israeliano di Al-Sisi trema, maggiore è anche la tensione sugli altri attori regionali, in primis sul Libano (martoriato in ogni modo da Tel Aviv in questi ultimi anni) ed in particolare sulla formazione sciita Hezbollah: perché attendere che Israele compia indisturbata la sua “politica del carciofo” ai danni del vicino, quando si sa benissimo di essere i prossimi obiettivi? A monte si colloca poi l’Iran, su cui gli anglosassoni hanno nel corso dell’ultimo anno esercitato una pressione altissima, a colpi di propaganda e tentativi di rivoluzione colorata: forte è la tentazione, in alcuni settori del regime iraniano, di cogliere la sfida lanciata da Israele e dare così uno sfogo esterno alle tensioni accumulate in quest’ultimo difficile periodo. Che gli israeliani si preparino ad un allargamento delle operazioni a ridosso del confine libanese, è testimoniato dal massiccio sfollamento di civili operato in queste ultime settimane.

A questo punto, si lasciano i ristretti spazi israeliani, per abbracciare, come si diceva all’inizio, l’intera Isola Mondo, il super continente euro-afro-asiatico. Con la guerra russo-ucraina, gli anglosassoni hanno incendiato l’Europa. Il dispiegamento di gruppi navali d’attacco davanti alle acque israeliane ed il rafforzamento del dispositivo militare nella regione, lasciano supporre che USA ed UK si preparino ad incendiare il Medio Oriente, tenendo l’Iran come obiettivo principale. A quel punto, rimarrebbe da ingaggiare soltanto la Cina, ultimo bastione di quel triangolo euroasiatico individuato da Zbigniew Brzezinski ne La Grande Scacchiera del 1997. Grande obiettivo dell’offensiva anglosassone in Medio Oriente sarebbe, ovviamente, anche l’Europa: già privato dei rifornimenti energetici dalla Russia (con le conseguenti pesanti, ed auspicate ricadute sull’industria tedesca ed italiana), il continente dovrebbe pagare gli effetti drammatici di un secondo choc energetico, che gioverebbe soltanto agli interessi geopolitici ed economici degli USA, preventivamente preparatisi per l’autarchia energetica in vista della guerra in Eurasia. L’indebolimento strutturale dell’Europa è, infatti, nuovamente un obiettivo prioritario della guerra mondiale progettata dalle potenze marittime anglosassoni: considerazione che scivolano via come acqua su un impermeabile, considerato che in Italia come in Germania, i governi “democratici” sono semplici espressioni dell’oligarchia anglo-ebraica.

Si sta come scialuppe in attesa della tempesta.