Sull’ecatombe di generali russi

Con la morte ufficiale del generale russo Sergei Goryachev, si allunga ulteriormente la lista degli alti ufficiali caduti dall’inizio delle operazioni in Ucraina: il numero, che supera ormai abbondantemente le dieci unità, è stato definito “inconcepibile” dall’ex-capo della CIA, David Petraeus. La narrazione comune attribuisce le cause del fenomeno ad una scarsa sicurezza delle comunicazioni russe ed al contributo dei servizi d’informazione anglosassoni. Un’altra prospettiva potrebbe però gettare una luce inquietante sugli eventi.

Decapitazione della ribellione?

Una delle caratteristiche della guerra russo-ucraina, entrata ormai nel 15esimo mese di operazioni, è l’elevatissimo numero di generali russi caduti al fronte. Le stime a proposito variano: si passa dalle 15 unità ipotizzate dagli ucraini, alle 8 dichiarate dagli anglosassoni, alle 5 confermate dai russi. Si tratta, in ogni caso, di un numero spropositato di alti ufficiali caduti per un conflitto moderno, con conseguente doloroso salasso per le forze armate russe in termini di competenze e preparazione, tanto che l’ex-capo della CIA, David Petraeus ha definito “inconcepibile” la quantità di generali rimasti uccisi durante le operazioni. Il bollettino è stato recentemente allungato dalla morte del generale Sergei Goryachev, considerato uno degli astri nascenti dell’esercito russo e rimasto ucciso in un attacco missilistico condotto con tecnologia britannica.

Il fenomeno è spiegato dalla stampa occidentale ricorrendo ad una serie di ragioni tecnico-militati: la scarsissima sicurezza e qualità delle comunicazioni russe, l’assistenza fornita dai servizi d’informazione anglosassoni a Kiev, la limitata libertà d’azione dei quadri medio-bassi dell’esercito russo, con conseguente necessità degli ufficiali di mantenersi in prima linea anziché nelle retrovie, etc. etc. Vero? Sicuramente verosimile.

Tuttavia, il fenomeno potrebbe essere ricondotto ad altre dinamiche e riguardare la condotta della guerra nel suo complesso. In particolare, potrebbe essere facilmente spiegato se si adottasse come vero il postulato da noi avanzato già lo scorso settembre 2022: la deliberata volontà dei vertici politici russi di condurre una campagna che, infischiandosene delle più elementari regole militari, non miri alla vittoria sul campo ma, paradossalmente, alla progressiva distruzione del dispositivo militare russo ed all’interruzione dei rapporti politico-economici tra Russia ed Europa e, in particolare, tra Russia e Germania. In breve, se il nostro postulato fosse vero, Vladimir Putin e la sua cerchia sarebbe accusabile di alto tradimento e, perciò, ne deriverebbe la necessità di decapitare tutti i vertici della potenziale fronda anti-putiniana: da qui, l’elevatissimo numero di generali russi caduti sul fronte, dopo aver toccato con mano il deliberato macello verso cui sono inviate le risorse russe.

Un breve excursus storico: il capo del servizio d’informazione tedesco durante l’ultima guerra mondiale, l’ammiraglio Wilhelm Canaris, convinto della necessità di eliminare Hitler per salvare la Germania, manteneva speciali relazioni in chiave anti-nazista proprio con i generali tedeschi impegnati al fronte e dalle più alte gerarchie delle forze armate tedesche sarebbe proprio partito l’infruttuoso tentativo del luglio 1944 per eliminare Hitler.

Che la conduzione delle operazioni militari russe in Ucraina sia un tale fiasco da lasciare sospettare l’altro tradimento, è evidente a qualsiasi osservatore disincanto: le truppe migliori sono state sacrificate nelle primissime fasi dell’operazione nell’infruttuoso assedio di Kiev. Fallito il cambio di regime, anziché imboccare la strada un ben definito e chiaro intervento militare con obiettivi limitati nel tempo e nello spazio, si è lasciata sprofondare la campagna nell’estenuante guerra di attrito che dura tuttora, con enorme salasso di vite umane e materiale. Qualsiasi conoscitore anche superficiali di cose militari, non può aver notato nella primavera del 2022 l’assenza di quella concentrazione di uomini-mezzi-raid aerei strategici per riportare una vittoria sul campo. È mancata quella fulminea paralisi della logistica avversaria (ponti, strade, ferrovie, aeroporti) che deve tramutarsi velocemente in vittoria tattica e quindi strategica sul campo. I ponti sul fiume Dniepr sono ancora intatti dopo 15 mesi di guerra, mentre gli ucraini a più riprese hanno colpito quelli avversari tra la Crimea ed il Caucaso. Il computo dei caduti supera qualsiasi ragionevole sacrificio: una stima prudente di 40.000-50.000 soldati russi uccisi dall’inizio delle operazioni, va oltre qualsiasi limite accettabile, alla luce soprattutto dell’andamento strategico del conflitto: annessione del Mare di Azov, contro ingresso della Finlandia nella NATO e probabile ingresso della stessa Ucraina, potente riarmo della Polonia, distruzione fisica delle infrastrutture economiche tra Russia e Germania, etc. etc.

La guerra russo-ucraina è stata finora funzionale solo agli interessi degli anglosassoni, che grazie a Vladimir Putin sono riusciti ad indebolire la Russia e, soprattuto, portare avanti la loro campagna di deindustrializzazione-destabilizzazione dell’Europa: crisi energetica in Italia e Germania, indebolimento delle industrie, vampata dei prezzi alimentari in Nord Africa con conseguenti flussi migratori incontrollati, rialzo dell’inflazione funzionale al rialzo dei tassi e quindi alla destabilizzazione dei mercati finanziari. Se questa verità sono comprensibili da chi scrive a 2.000 chilometri dal fronte, saranno ancora più facilmente afferrabili dagli alti ufficiali che seguono le operazioni in Ucraina: da qui, una plausibile spiegazione alla falcidia di generali russi, eliminati grazie al concorso di servizi anglosassoni e servizi “deviati” facenti capo al Cremlino.