Volo Egyptair, regolamento di conti ad alta quota

I cieli dell’Egitto, di questi tempi, sono più pericolosi del triangolo delle Bermude, soprattutto per gli aerei che transitano da uno scalo di un Paese alleato del presidente Abd Al-Sisi: il disastro del volo Egyptair MS804 presenta forti analogie con l’attentato al volo russo Metrojet 9268, perpetrato ufficialmente “dall’ISIS”. Il mezzo di trasporto, la tratta percorsa ed il momento della quasi certa esplosione sono vocaboli di un preciso lessico terroristico, con cui gli ambienti atlantici esprimono il loro disappunto per l’intraprendenza francese in Egitto ed Libia, in contrasto con gli interessi angloamericani. L’attentato denota un salto di qualità nel contesto internazionale, spostando la lotta per gli assetti mediorientali dentro al ristretto “patto di sindacato” della NATO.

I parallelismi tra il volo Egyptair MS804 ed il Metrojet 9268

Appartiene agli anni ’50-’60, l’epoca dei primi voli commerciali transoceanici col puntuale scalo alle isole Azzorre, il mito del triangolo delle Bermude: era il tratto di oceano “maledetto” tra l’arcipelago delle Bermude, l’isola di Puerto Rico e la penisola della Florida, dove si narrava che aeroplani e navi scomparissero sovente nel nulla. Aride menti scientifiche smontarono presto questo affascinante mito della rampante aviazione civile, dimostrando, dati statistici alla mano, che il numero di sparizioni fosse simile a qualsiasi altra parte del globo e, in ogni caso, facilmente spiegabile con le frequenti tempeste tropicali dell’area.

Per gli appassionati del genere, c’è terreno fertile per creare una nuova leggenda metropolitana: “il triangolo delle Bermude egiziano”, coincidente, grossomodo, con lo spazio aereo del Paese nordafricano, governato dall’ex-feldmaresciallo Abd Al-Sisi. Corrono parecchi rischi gli aeromobili che attraversano questo tratto di cielo e le probabilità di incorrere in un disastro aereo aumentano esponenzialmente se l’aereo batte la bandiera, o transita da uno scalo, di un Paese in buoni rapporti politici ed economici con il sullodato Abd Al-Sisi.

A creare il mito del “triangolo delle Bermude egiziano” contribuì in principio il volo l’Airbus 321 della compagnia aerea russa Metrojet/Kogalymavia, partito dall’aeroporto internazionale di Sharm el-Sheikh e diretto allo scalo di San Pietroburgo: l’aereo esplode nei cieli sopra la penisola del Sinai, portandosi con sé i 224 occupanti, essenzialmente turisti russi di ritorno dalla vacanze sul Mar Rosso.

A distanza di poche ore inizia a circolare la voce di un possibile attentato di matrice islamista, benché le autorità egiziane e quelle russe neghino in primo tempo questa possibilità. Pian piano, prima Mosca e poi il Cairo, devono avvalorare l’ipotesi avanzata sin dalle prime ore dal SITE Intelligence Group diretto dall’israeliana Rita Katz: il responsabile è il fantomatico ISIS, l’onnipresente ed onnipotente Spectre islamista che dirige il terrorismo mondiale da Raqqa, Siria orientale. Che dietro “il Califfato” si nascondano i servizi angloamericani ed israeliani, l’abbiamo detto troppe volte per ripeterlo ancora. Con l’abbattimento del volo Metrojet, i poteri atlantici perseguono un duplice obbiettivo: punire Mosca per il suo intervento militare in Siria a sostegno di Damasco (il disastro aereo si consuma il 31 ottobre 2015, a distanza di un mese dall’avvio della campagna russa) e mettere in ginocchio la strategica industria del turismo egiziana (i turisti occidentali sono frettolosamente imbarcati su voli militari che fanno scalo a Cipro).

Ad alimentare il mito del “triangolo delle Bermude egiziano” interviene poi, ed è cronaca di queste ore, il disastro dell’Airbus 320 della compagnia area Egyptair, decollato dall’aeroporto parigino Charles De Gaulle alle 22.45 del 18 maggio ed inabissatosi nei pressi di Creta, appena dopo essere entrato nello spazio aereo egiziano, attorno alle 2.30 del 19 maggio, trascinandosi con sé i 66 occupanti, di cui 15 francesi e 30 egiziani.

L’ultima comunicazione ricevuta dalle torre di controllo dell’aeroporto di Atene risale alle 2.25: a distanza di pochi minuti l’Airbus, da cui non parte alcun segnale d’emergenza, avrebbe compiuto una prima brusca virata di 90 gradi in un senso poi, come fuori controllo, una seconda virata nell’altro senso di 360 gradi, scendendo rapidamente dai 40.000 (12 km) ai 10.000 piedi d’altitudine, per poi scomparire dai radar. L’aereo, “moderno” e puntualmente revisionato, era arrivato a Parigi dopo aver percorso nella giornata di mercoledì il tragitto Asmara-Cairo-Tunisi, imbarcando, di volta in volta, passeggeri e bagagli.

Come nel caso del volo Metrojet è subito avvalorata la pista del terrorismo, con l’unica differenza che, questa volta, anche le autorità egiziane (sollevate dal fatto che l’Airbus non è decollato da Sharm el-Sheikh, ma da Parigi) contemplano apertamente la possibilità dell’attentato.

Il direttore dell’FSB russo Alexander Bortnikov, esperti internazionali di aviazione civile, il Copasir italiano, voci dell’amministrazione Obama e fonti non precisate della CNN, ritengono che si tratti di una strage deliberata. Già nel primo pomeriggio del 19 maggio, il ministro dell’Aviazione egiziano Sherif Fatih afferma che “si potrebbe trattare di un atto terroristico, ma al momento non abbiamo certezze”. Più cauto è il governo francese (“aucune hypothèse ne peut être écartée sur les causes de cette disparition” dice il premier Manuel Valls verso le ore 15), per la stesso motivo per cui le autorità egiziane furono le ultime ad ammettere la natura terroristica del disastro aereo dello scorso ottobre: avvalorare la pista del terrorismo, significa per Parigi ammettere che non è stata in grado di garantire la sicurezza di un volo decollato dai suoi aeroporti.

Stranamente più cauta, ma non per questo meno possibilista, la solita Rita Katz, abilissima nello scovare in rete le rivendicazioni dell’ISIS di questo o quell’attentato. Che questa volta, a differenza delle stragi di Parigi e Bruxelles, i servizi israeliani non siano della partita?

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Che si tratti di un attacco terroristico è pressoché certo, dal momento che tutti gli elementi sono ascrivibili al consueto lessico terroristico con cui i poteri atlantici redarguiscono nemici o “alleati” fuori dallo spartito: l’aeroplano, feticcio dello stragismo angloamericano, la tratta Francia-Egitto sui cui è consumato il disastro e la dinamica dell’attentato, ossia la probabile deflagrazione in volo di un ordigno, non lasciano adito a dubbi che si tratti di un “pizzino” al Cairo ed a Parigi.

A cosa è dovuta questa attenzione verso Parigi? Qual è il motivo dell’interessamento atlantico per la Francia?

Ripartiamo dal volo Metrojet. L’attentato, come abbiamo detto, mirava sia a punire Mosca per il suo attivismo in Siria, sia a mettere in ginocchio il turismo egiziano, infliggendo un duro colpo ad Al-Sisi che aveva impostato la sua presidenza proprio sul ritorno alla pace sociale ed alla normalità. Colpire l’Airbus sulla tratta Sharm el-Sheikh-San Pietroburgo, significava però anche colpire simbolicamente le relazioni russo-egiziane. Il presidente Abd Al-Sisi, conscio di quanto fosse inviso a Londra e Washington, è stato il grande artefice dell’apertura a Mosca, concretizzatasi nella firma di contratti miliardari per la fornitura di armi1 e nell’accordo per la costruzione della prima centrale nucleare egiziana a Dabaa, sulle coste del Mar Mediterraneo2.

Analogamente, colpire il volo Egyptair sulla tratta Parigi-il Cairo significa mettere nel mirino le relazioni franco-egiziane, su cui, sia il presidente François Hollande che Abd Al-Sisi, hanno investito molto, sino a farne uno dei cardini dell’assetto regionale.

Come abbiamo sottolineato nel nostro recentissimo articolo (ed il tempismo non susciti sospetti nei più maliziosi), se l’Italia è stata sganciata obtorto collo dall’Egitto con l’omicidio Regeni ed il martellamento mediatico e diplomatico di contorno, la Francia, da sempre più zelante nel difendere i propri interessi, ha proseguito la sua pluridecennale penetrazione economica e politica dell’Egitto, a discapito del Regno Unito e degli Stati Uniti, che lavorano per la caduta di Abd Al-Sisi sin dal suo insediamento. L‘affaire Regeni ed il richiamo dell’ambasciatore italiano per consultazioni, non impedisco di certo a François Hollande di compiere a metà aprile una visita di due giorni al Cairo, siglando una trentina di contratti, incentrati soprattutto sul settore militare3: le aziende belliche transalpine, infatti, fanno la parte del leone nell’Egitto di Al-Sisi, spaziando dalla vendita di 24 caccia Rafale (pagati da Riad), alle corvette Gowind, per concludere con le due portaerei Mistral, inizialmente destinate alla Russia.

La Francia di Hollande si offre come “nume tutelare” di Al-Sisi, alla disperata ricerca, proprio come la monarchia dei Saud, di saldo appiglio internazionale, che gli angloamericani, adottata la strategia della destabilizzazione regionale, non possono più offrire.

Non solo: c’è anche la questione della Libia. Mentre l’Italia, un po’ per la pressione diplomatica americana un po’ per gli strascichi dell’omicidio Regeni, è costretta ad abbondare il generale Khalifa Haftar sponsorizzato dall’Egitto, per abbracciare la causa dell’effimero governo d’unità nazionale libico, la Francia, al contrario, rimane fedele alle alleanze iniziali, incrementando addirittura nei primi mesi del 2016 il sostegno militare all’ex-ufficiale gheddafiano, con l’invio di commando e corpi speciali. È superfluo dire che, nel momento in cui Haftar rigetta un compromesso con il governo d’unità nazionale e si appresta a marciare dalla Cirenaica verso Sirte, nell’ottica di una riunificazione manu militari della Libia, l’attrito tra gli angloamericani ed i francesi è destinato ad aumentare ulteriormente.

È in questa cornice che va collocato l‘attentato al volo Egyptair: un vero e proprio salto di qualità nella lotta sempre più incandescente per accaparrarsi sfere d’influenza, mercati di sbocco e fonti di approvvigionamento energetico.

Volo Egyptair, un segnale del rapido deterioramento internazionale

Che le acque si stiano intorbidendo e che la tensione internazionale sia in costante e sensibile aumento, non è certo una novità di queste ultime settimane. Come abbiamo più volte sottolineato nei nostri lavori, il peggioramento delle condizioni economiche, certificato dall’avanzare delle deflazione e dalla preoccupante esplosione dei debiti pubblici, ed il deterioramento del panorama politico globale sono grandezze direttamente proporzionali: per frenare la loro caduta e mantenere inalterati i rapporti di forza, gli angloamericani hanno adottato l’aggressiva strategia di destabilizzare regioni sempre più estese, dal Medio Oriente all’Europa dell’Est, dal Sud America all’Estremo Oriente.

Finché i colpi bassi sono rifilati a “nemici storici” come la Russia (l’attentato al volo Metrojet per rimanere in tema), o ad “alleati” storicamente subalterni come l’Italia (l’omicidio Regeni), si rientra ancora nella norma: diverso è il caso del volo Egyptair, con cui gli angloamericani entrano a gamba tesa sulla Francia, alleata fino a ieri di mille avventure, dalla defenestrazione del Colonnello Gheddafi ai tentativi, frustrati, di rovesciare il regime baathista in Siria (si ricordi che Hollande rimane col cerino in mano nell’estate 2013, quando Barack Obama scansa all’ultimo momento il progetto di bombardare Damasco). L’attentato al volo Egyptair è una spia di quanto la situazione internazionale si stia incancrenendo: persino alleati blasonati come i francesi, membri ufficiali del ristretto patto di sindacato della NATO, non sono risparmiati da chiare intimidazioni mafiose, affinché rientrino in carreggiata e abbandonino al loro destino Al-Sisi ed Haftar.

L’esito, d’altra parte, era inevitabile e da Oltralpe erano partiti già diversi segnali di una latente, ma montante, tensione tra Francia e Stati Uniti.

Il sostegno fornito da Parigi al presidente egiziano Al-Sisi ed al generale libico Khalifa Haftar avrebbe, infatti, scavato presto o tardi un solco sempre più profondo tra Parigi e Washington, accorciando d’altro lato le distanze con Mosca, anch’essa a fianco dell’ex-feldmaresciallo egiziano e del governo laico-nazionalista di Tobruk. Non solo, l’affievolirsi delle tensioni tra Washington e Berlino sul tema dell’austerità e la delega statunitense sempre più ampia ad Angela Merkel per la gestione degli affari europei, avrebbe inevitabilmente alimentato l’insofferenza francese, contribuendo anch’essa al riavvicinamento a Mosca, così da ridimensionare il ruolo della Germania. Ne sono seguiti due significativi episodi: la minaccia francese di bocciare il TTIP (“Non siamo per un libero scambio senza regole. Mai accetteremo la messa in discussione dei principi essenziali per la nostra agricoltura, la nostra cultura, per la reciprocità all’accesso dei mercati pubblici” ha detto François Hollande il 3 maggio4) ed il voto dell’Assemblea Nazionale francese in favore della revoca delle sanzioni alla Russia5.

È difficile dire quanto a lungo la Francia, afflitta da un’economia in condizioni critiche e da una società in ebollizione per via della crisi, possa seguire una politica estera in collisione con quella angloamericana: di sicuro, l’attentato al volo Egyptair è il primo inconfutabile avvertimento a correggere velocemente la rotta, evitando mosse troppe audaci ed autonome, in Libia come in Egitto.

Le forze centrifughe che stanno corrodendo il blocco atlantico hanno quindi compiuto un salto di qualità il 19 maggio, spostandosi dentro il “patto di sindacato” della NATO ed intaccando l’alleanza stretta nel 2011 tra Parigi e Washington per ridisegnare il Medio Oriente: man mano che il quadro economico si deteriora e prevale in ogni attore la tendenza a ritagliarsi il più ampio spazio di manovra possibile, il caos aumenta e si riducono i tempi tra una frattura e l’altra.

 

hollandeal-sisi

 

1http://www.reuters.com/article/us-russia-egypt-arms-idUSKBN0HC19T20140917

2http://www.reuters.com/article/us-nuclear-russia-egypt-idUSKCN0T81YY20151119

3http://www.affaritaliani.it/esteri/egitto-francia-hollande-al-cairo-firmati-30-accordi-417679.html?refresh_ce

4http://www.repubblica.it/economia/2016/05/03/news/la_francia_dice_no_al_ttip_stati_uniti_all_angolo-138997701/?rss

5http://it.sputniknews.com/politica/20160428/2567776/francia-russia-sanzioni-revoca.html

43 Risposte a “Volo Egyptair, regolamento di conti ad alta quota”

  1. Non potrebbero essere stati i russi a compiere l’ attentato, per vendicarsi del loro aereo fatto cadere ad ottobre sul Sinai ?

  2. al-Sisi ha intuito che per l’Egitto un’alternativa a un inesorabile declino potrebbe essere quella di un’inedita ma realistica alleanza con Israele, Arabia saudita e Russia, che sta costruendo da qualche mese. La quale però modificherebbe in modo sostanziale gli attuali assetti dei mercati energetici non solo regionali, ma mondiali e, di conseguenza, quelli valutari.
    La NATO, che non da ora ma dalla sua istituzione ha interpretato il suo mandato come quello di gendarme degli interessi energetici e valutari anglosassoni, lo ha capito altrettanto bene.
    Sono quindi mesi che i governi egiziano e russo sono apertamente minacciati, mentre quelli saudita e israeliano vengono redarguiti.
    L’azione di contenimento tuttavia finora non è riuscita se non a evitare l’estendersi dell’alleanza ad altri Paesi mediterranei, tra i quali l’Italia.
    Forti con i deboli, deboli con i forti.

    1. Il ruolo di Israele nella vicenda è ambiguo: se arriva la rivendicazione dell’ISIS, ci sono dentro anche loro.

      1. Sai che invece sospetto che il tweet della Katz rappresenti un messaggio tipo “Avete tempo fino a martedì a mezzanotte per…”?
        La rivendicazione è stata messa in stand by, in attesa che la Francia scenda a più miti consigli su qualcosa di immediato. Qualora ottemperi, la colpa sarà dell'”errore umano” o del “cedimento strutturale”. Tanto checcefrega, l’aeromobile è egiziano quindi semmai ci rimette l’Egitto e non la Francia.
        In fin dei conti, la Francia è Paese importante quindi ci vuole un minimo di riguardo in più negli avvertimenti mafiosi.

        1. Possibile. Sono trascorse quasi 36 ore dal disastro aereo che tutti definiscono un attentato… e non c’è uno straccio di rivendicazione!

        2. Intanto, però, cominciano a circolare ipotesi che chiamano in causa l’aviazione egiziana. Soluzione di comodo, che scagionerebbe la Francia dalla culpa in vigilando e permetterebbe alle opinioni pubbliche di vedere nell’esecutivo egiziano un pericolo per la pace nell’area (come fatto con Gheddafi e Assad), atto propedeutico al defenestramento di Al Sisi.

  3. …bisogna tener presente che lo spargimento di sangue innocente al di là del cui prodest immediato, del ritorno di cassa (mediatica, e/o contabile….) è sempre auspicato, evocato, e ‘materializzato’ in quanto è elemento ‘fondante’ di quel ‘grande gioco’ così ben descritto da quella jena che risponde al nome di Elias Canetti in ‘Masse e potere’. Lo spargimento di sangue tanto più è innocente tanto più è ‘salvifico’ nella lotta contro il katechon (o quello che purtroppo rimane di questo ‘concetto’…).

  4. la francia non e’ e non sara’ piu quella di degaulle, perche’ la questione della sovranita’ e legata a chi controlla i servizi .
    E qui la vicenda di meyssan ,(uno “eletto” figlio di un capodei servizi gollisti ivi “eletto” da un capo gollista ex direttore di una banca “eletta” , ma francese ) che ha dovuto fuggire all’ estero , inseguito dai servizi francesi con l’ avvento dell’ ” eletto” ( ma amerikanista) sarko ci dice non solo CHI ( e da tempo) ma quale sua “fazione ” adesso “comanda in ” francia .
    Ma e’ probabile che l’ accelerarsi della crisi globale abbia attivato , anche a ” chi comanda in ” francia ,uno scontro interno scontro che gia’ si riverbera nella ambigua posizione di israele su Ukraina , siria ed egitto e nella mancata liquidazione della candidatura trump.
    E in questo senza una eventuale rivendicazione dell’ ISIS ufficializzarebbe lo scontro , e quindi non credo sia probabile

  5. La tua “visione” della politica internazionale ci insegna che l’incapacità degli Stati Uniti di creare un mondo mono-polare dopo la caduta dell’URSS e l’incapacità di creare un mondo multi-polare, li ha portati a creare una serie di zone di crisi attorno ai “nemici” del blocco orientale.
    In tutto questo, chiunque si metta in mezzo, singolo, organizzazione, paese amico o non, viene avvertito, minacciato e poi colpito, più o meno con forza.
    La domanda é: per quanto tempo gli alleati (Francia, Germania ed anche Italia) accetteranno un sistema di alleanza dove il bullo (USA) con la spalla (UK) ti picchia per ogni cosa che fai ?
    Non vedo uno sbocco a questa situazione, coi macro-trend in atto (crisi UE, crisi economica, tensione ai confini UE), che non porti a situazioni sempre più rigide e alla guerra. Non la guerra armata, ma la guerra totale di cui parlavi anche tu (economica, energetica, terroristica).

    La domanda che ti faccio e che vorrei vedere in un articolo dedicato é: l’Italia cosa dovrebbe fare e cosa può fare ?

    La mia considerazione é che dovrebbe crearsi un “cuscinetto” di paesi amici, legati economicamente e politicamente ad una visione comune regionale, slegata dall’avvicendarsi dei governi e delle mode partitiche. Pianificare ed operare in una visione di potenza “regionale” con paesi quali: Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia, Tunisia, Libia, Algeria, Grecia, Albania.. guarda caso tutti quelli che ci stanno attorno… e difendere coi denti i nostri interessi, in ogni modo possibile.

    Il cosa può fare, coi governanti e la situazione economica che abbiamo é restare fuori dal giro “grosso” tra i giganti USA e Russia, restando equidistanti ma in ossequio alle alleanze. Gli USA + UK ci vogliono fuori dalla Libia e dall’Egitto ? Eccellente, però siamo fuori al 100%. Basta soldati, intelligence, solo difesa interessi nazionali energetici e finita li.
    Vedo il mio limite e la difficoltà di questo approccio, che richiederebbe coraggio, visione e costanza.

    1. L’Italia è in completo stallo: Renzi, che doveva rivoltare il Paese come un calzino, è già finito. L’attuale paralisi può paradossalmente essere positiva nel caso in cui la situazione internazionale degenerasse: a patto di accettare, come adesso, di essere oggetto e non soggetto dell’agone globale.

      1. ALGERIA SARA UN ALTRO BERSAGIO.E POI TUNISIA.L UNICA CHE FORSE SI SALVERA SARA PROBABILMENTE LA GRECIA CHE IERI CON IL VOTO DEI PARLAMANTARI DI SYRIZA, HANNO PRIVATIZZATO TUTTO LO STATO GRECO E VENDUTTI I SUOI CITTADINI AI DEBITTORI , VENDENDO TUTTO LO STATO GRECO PER 99 ANNI A FMI E AI TEDESCHI.

  6. L’attentato è chiaramente opera degli USA, che hanno una organizzazione segreta sia in francia che in Egitto ed hanno operato nello stesso modo dell’ aereo russo.
    Fossi Hollande, andrei direttamente da Trump, e farei una foto ricordo con lui, parlando di politica estera medio orientale, argomento che forse il miliardario attualmente ignora.
    Senza visitare Obama nè Washginton.
    Perchè se vince Clinton, non c’è nessuna possibilità se non lo scontro Francia-USA.
    Se invece vince Trump- cosa molto probabile vista l’antipatia che suscita Hillary – può sempre dire che si era mosso per tempo, per discutere con lui di politica estera.
    Lo stesso dovrebbe fare Renzi, se fosse libero. ma non lo è- E’ stato nominato da Obama-Napolitano-Clinton.
    Spero vivamente che vinca Trump. Con lui, forse, e sottolineo FORSE, si potrebbe ripartire da zero in politica estera. Lui si terrà il Sud America e lascerà liberi gli europei di sopravvivere. Se vorrà sfogarsi, farà guerre economiche all’Asia, riportando i posti di lavoro negli USA.

    1. Concordo, Guido: la Clinton è un personaggio davvero pericoloso. Il marito era nel giro della droga gestito della CIA quando era ancora governatore dell’Arkansas…

      1. glosso ‘veloce’ Dezzani: molto peggio…. i Clinton stante ad un libro apparso in USA firmato a 4 mani erano il terminale dei banksters cinesi triadici…

      2. Sono con Trump anch’io, la Clinton è davvero pericolosa, il problema è che sembra quasi impossibile (o incredibile per me) una vittoria di Trump, mi sembra messo lì quasi come un outsider, personaggio troppo bizzarro, famoso, gossippato, e poco credibile come politico, Se fosse solo una tattica per dare vittoria certa alla Clinton? Spero proprio di no. Incrociamo le dita

    2. La domanda, però, è: Stati Uniti chi? La vacanza dell’esecutivo è patente, il legislativo troppo assembleare per operazioni del genere, il Deep State diviso tra falchi e colombe, i guai giudiziari incombono sulla Clinton (e in Italia vengono taciuti), l’establishment attorno a Trump è decisamente più isolazionista.

  7. Ci stiamo avviando a grandi passi verso un tutti contro tutti. Si spacca all’interno il governo USA, si spacca l’alleanza con Israele, si spacca quella con i sauditi; vediamo strani compagni di letto come Tel Aviv e Riyadh; in Europa partiti/governi di destra amici di Putin (Le Pen, Orban), e partiti di destra che lo vogliono morto (Polonia); la Russia che stringe accordi con la qualunque, inclusi i giapponesi.
    Sarò romantica, ma la fine di Yalta doveva arrivare. Gli equilibri stabiliti da una guerra dopo qualche decennio mostrano la corda, e devono essere ristabiliti con un’altra guerra. Ha sempre funzionato così e non vedo perché la Storia dovrebbe cambiare, malgrado le ridicole teorie alla Fukuyama.
    Noi dovremo decidere da che parte stare, e per “noi” non intendo l’Italia: intendo proprio “noi” 4 gatti che sappiamo un po’ di cose.

    1. + che uno scenario di un tutti contro tutti spesso prevale la logica che il nemico del mio nemico è mio amico vedasi tel aviv e riyadh

    1. E’ un piacere, Marco. Sono felice che ci sia un pubblico interessato a questi argomenti di attualità così scottanti!

  8. “da Lisbona a Vladivostok ” é inevitabile .
    il genere di risposte date al processo inevitabile é di livello alto ma “reso” ininfluente dal tempo perché viviamo nel tempo in cui
    per il bene del naturale progetto uroasiatico ciò che conta non viene lasciato indietro ne perso ed ogni tentativo destabilizzante viene gestito in modo da generare ulteriori convergenze .
    non esiste solo il volere di chi storicamente decide in occidente perche dall’altra parte c’é sinergia di visione che tende al conseguimento di un inizio di ” condivisione ” . é l’alba di un sogno che non si può ne si vuole lasciare intentato perché profondamente giusto , perché ci credono in molti , molti che sono decisamente troppi .
    il mondo di “qualcuno” non finirà , come scrisse Eliot , con il fragore di uno schianto ma con un lamento e questa sarà la misura sonora di ciò che sono stati.

  9. chi puo’ dia un occhiataa movimenti di jet americani “insoliti” in nord italia propio nell’ora in cui il volo egyptair passava sui cieli italiani….

  10. Se agli scenari descritti nel suo articolo ed anche nei commenti, sul piano globale, si vogliono aggiungere quelli del Brasile e del Venezuela, del mar Cinese meridionale, senza dimenticare poi che all’interno degli stessi Usa si fronteggiano più visioni sul come gestire le varie crisi su tutto il pianeta, così come in Russia pare ci sia anche qualche sfumatura di diversità fra la visione più nazionalistica e quella più filo occidentale; in Europa le diversità di visione abbondano (anche se non è il caso dell’Italia perché noi non abbiamo alcuna visione in politica estera, ma solo una stupida e cieca sottomissione) … Insomma un bel rebus dagli esiti poco scontati. Altra circostanza che incuriosisce è il riavvicinamento tra il Giappone e la Russia, come sarà vista dagli americani?
    Secondo lei c’è qualcuno che abbia la forza di ristabilire un ordine rispetto a questo caos, oppure così come ci insegna la storia, dobbiamo aspettare che sia il campo di battaglia a decidere chi deve scrivere le prossime regole?

    1. Ma, storicamente parlando, l’attrito tra potenze emergenti e d potenze declinanti sfocia una “guerra costituente”, con cui i vincitori dettano le regole del gioco per i successivi 70-100 anni.

  11. Ultimamente accadono particolari incidenti aerei, tutti compatibili con il “controllo a distanza”.
    Da quello che ho letto in giro per la rete, questi moderni aerei (parlo di quelli con guida “fly-by-wire” come gli A320), contengono apparecchiature “di sicurezza” progettate per il recupero di eventuali dirottamenti tramite un sistema di accesso remoto ai computer di bordo via radio.

    Riprogrammando una rotta bypassando lo stesso controllo dei piloti, teoricamente potrebbe essere evitato o quanto meno ridotto, l’effetto potenzialmente catastrofico del dirottamento di un aereo.
    Questo dovrebbe essere stato il motivo ufficiale per l’installazione di questo genere di dispositivi (che poi sono di fatto quasi invisibili, essendo solo poche righe di codice software inserito in modo criptico insieme al resto del normale firmware di sistema).

    Ma questo stesso dispositivo tecnico pensato per il bene dei voli, può ovviamente essere usato anche per provocare incidenti. Questo controllo remoto, che immagino non sia a disposizione di tutti, avrà, oltre alla modalità ufficiale di accesso, anche una porta “segreta” privilegiata, come ormai hanno tutti i sistemi informatici moderni.

    Chi detiene queste modalità di accesso privilegiate, e come abbia fatto ad inserirle in ogni sistema informatico, credo che ormai sia noto a tutti.

    1. Due voli, almeno, potrebbero rientrare in questa casistica di dirottamenti:
      1. il Malaysia Airlines 370 scomparso nel Pacifico
      2. il Germanwings 9525 schiantatosi sulle Alpi francesi

      1. Esattamente. E purtroppo non saranno gli ultimi.
        Approfitto per farti i miei complimenti per i tuoi ultimi articoli. Sei passato in testa alle mie letture preferite sulla rete.

        1. Buongiorno. Scusate, teniamo la barra ferma sulle linee dei rasoi, per cortesia (Okham e qui ancor meglio Hanlon: https://it.wikipedia.org/wiki/Rasoio_di_Hanlon ). Per MH370, vivendo lo scopriremo. Per GW9525, purtroppo, temo proprio che « Never assume malice when stupidity will suffice » sia applicabile, in mia modesta opinione. Per un “burnout” non riconosciuto/voluto riconoscere aziendalmente, con imperizia, negligenza, eterogenesi degli obiettivi.

        2. Bene i rasoi. Ma pure gli interrogativi sono leciti ed, anzi, doverosi. Perché col rasoio pulisci il pensiero, con il dubbio lo alimenti.

  12. Dezzani, i suoi articoli sono sempre puntuali e chiarificatori.

    Sospettavo che la Francia stesse per ricevere un nuovo 13/11 quando ho sentito della bocciatura del TTIP.

    Comunque la situazione del governo Hollande sembra precaria, tra gli attriti con Washington e i disordini interni per la riforma del lavoro. Secondo lei è possibile che il presidente francese venga sostituito prima delle elezioni presidenziali del 2017 in qualche manovra losca che riesca a canalizzare il dissenso dell’opinione pubblica (una sorta di opposizione controllata)?

    E se questo non dovesse accadere, e se Hollande continuasse a “fare i capricci”, dovremmo aspettarci un secondo 13/11 per il mese prossimo?

    1. Credo che Hollande, già in una situazione molto precaria ed a picco nei sondaggi, tornerà a più miti consigli sulla Libia e sull’Egitto, Se non dovesse succedere, concordo, è probabile qualche altro scherzo.
      Distinguiamo però il 13/11, dove la collaborazione della DGSE è quasi certa, dal disastro aereo dell’Egyptair, dove lo zampino dei servizi francesi mi sembra molto improbabile.

  13. Potrebbero essere state delle bombe a bordo la causa delle esplosioni in volo degli ultimi due aerei in partenza o in arrivo in Egitto. E se fossero state invece delle bombe lanciate da missili, aria – aria o terra (acqua) – aria? Oppure delle “bombe informatiche”, ovvero dei comandi azionati a breve distanza che interagiscono con il software di bordo?

    Le iniziative diplomatiche avanzate a partire dall’autunno dell’anno scorso dai ministri degli esteri di Russia, Egitto e poi Francia stanno trovando un largo appoggio internazionale. Compreso quello di Israele e Arabia saudita, che tirando i conti si scoprono danneggiati dalla politica del caos in Medioriente, finora convinte invece a sostenere. Questo nuovo scenario metterebbe irrimediabilmente a rischio gli interessi militari e finanziari garantiti dai settant’anni di conflitto arabo israeliano e dai venticinque anni di guerra permanente al terrorismo internazionale.
    Si può quindi immaginare che il complesso militare industriale e i suoi proprietari stiano cercando di opporsi in tutti i modi. E che lo facciano usando gli strumenti di comunicazione che gli sono propri.

    Vediamo in che modo avrebbe potuto reagire.

    Il 31 ottobre 2015 jet della USAF, nell’ambito delle esercitazioni Blue Flag, stavano volando a poche decine di chilometri dal tragitto del volo Metrojet 9268 “firing simulated weapons against fictional enemy aircraft”.

    Il 16 maggio 2016 invece, navi e jet della sesta flotta U.S., nell’ambito dell’esercitazione “Phoenix Express”, lanciavano missili a salve proprio sotto la traettoria del volo EgyptAir 804.

    Sono soltanto ipotesi. Ma potrebbero risultare ipotesi intereressanti da verificare, qualora gli accertamenti sulla teoria delle bombe a bordo non arrivassero a risultati soddisfacenti.

    1. Ipotesi da prendere in seria considerazione. Anche nel caso di Ustica si parlò nelle ore successive di una bomba a bordo, per poi lasciare campo al missile…

    2. Inoltre al-Sisi sta spendendo tutto il suo bilancio per la difesa comprando dalla Francia (comprese due portaerei originariamente destinate alla Russia), dalla Russia e persino dalla Germania; soltanto in minima parte dagli U.S.
      http://www.defenseindustrydaily.com/all-over-again-egypt-looks-beyond-the-usa-for-new-arms-019091

      Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse energetiche, in particolare il grande giacimento Zohr e quelli in via di esplorazione, le concessioni EGAS sono andate a ENI, Edison, Total; soltanto in minima parte a BP.

      Se questa tendenza continuasse, contagiando magari altri stati nordafricani e della penisola arabica, diventerebbe una prospettiva estramemente dannosa per l’industria bellica americana e i suoi proprietari. Da ostacolare a ogni costo.

      Sarà interessante vedere fino a che punto Francia, Russia, Italia ed Egitto saranno in grado di difendere i loro interessi nazionali, a partire da quelle della loro industria. Organizzando una qualche forma di coordinamento delle azioni e di fronte comune. Perché muovendosi singolarmente, come già sperimentato (vedi annullamento del contratto di vendita delle due portaerei alla Russia, caso Regeni, abbattimento della flotta e del turismo egiziani ecc.), non riuscirebbero neppure a portare a termine un contratto già firmato.

  14. Sono passati appena 4 giorni, e dell’aereo francese non parla più nessuno. Niet, zero, lavagna pulita. Scomparso dalle prime pagine e dai TG come è scomparso dai radar. Eppure quando cade un aereo se ne parla per giorni, foto dei morti, video delle famiglie, dichiarazioni, polemiche, accuse.
    Riesco a vedere solo due spiegazioni:

    – Ormai i responsabili di queste “disgrazie” sono talmente citofonati che la stampa stessa si vergogna a ricamarci su e affossa il prima possibile la notizia, avendo seri problemi anche a fare uno straccio di inchiesta o di analisi;

    – E’ una “disgrazia” il cui unico scopo è lanciare un avvertimento a chi di dovere. Nessuno è quindi incoraggiato ad andare a ravanare o a ricordare alla gente che gli aerei cascano, o vengono fatti cascare un po’ troppo spesso.

    1. Sono tutti attentati “usa e getta”: sono pure scomparsi nel nulla il 13/11 e gli attacchi a Bruxelles che, in altri tempi, avrebbero scatenato i giornalisti investigativi per anni.

  15. Nello scenario futuro potrebbero coesistere due sottoscenari ovvero quello del tutti contro tutti (per i motivi ben descritti negli interventi fatti sinora) e quello del potenziale stallo USA qualora Trump vincesse le elezioni, fatto più che plausibile.
    In particolare il secondo scenario metterebbe in difficoltà le “elites atlantiche” che, proprio per “l’impresentabilità” politica di Trump potrebbero, in un certo modo, aver favorito la sua discesa in campo per garantire alla Clinton una vittoria certa, errore strategico forse dovuto alla convinzione che ormai il cittadino americano è da loro considerato un soggetto esclusivamente eterodiretto -cosa assolutamente vera – ma probabilmente Trump ha in se un mix di caratteristiche tali da far risorgere negli americani quel poco di autonomia che gli resta.
    Il sottoscenario di Trump presidente “Maverick” in uno scenario estremamente fluido come quello descritto può non essere accettabile e neanche gestibile dalle elites atlantiche, e per porvi rimedio esse potrebbero ricorrere ad uno degli elementi tipici della “più grande democrazia del mondo” ovvero eliminare i presidenti che per qualche motivo mettono a rischio il loro dominio, come probabilmente è avvenuto per Kennedy ed anche prima di lui.
    Trump viene eletto presidente USA ma dopo pochissimo tempo è oggetto di un attentato mortale il cui autore sarà subito arrestato (o fermato in qualche modo) e sarà molto probabilmente un ispanico, questo perché ormai il “pericolo islam” è già stato “gestito” dalle amministrazioni precedenti ed ora serve completare la normalizzazione del Sud America; ed il fatto che Trump pare sia orientato anche lui a considerare il Sud America il giardino degli USA è del tutto ininfluente.

    Nessuno può sapere con buona approssimazione cosa potrà succedere negli USA, comunque credo che Trump, in ogni caso, .. dovrebbe dormire preoccupato….

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