Italia vicina al carico di rottura

Dopo aver a lungo peregrinato in terre di Medio Oriente e di Germania, con “Angela Merkel, la spia che andò e tornò dal freddo”, rieccoci nelle terre natie. Ci occuperemo di Italia con due articoli in successione: il primo dedicato al quadro macroeconomico e politico ed il secondo, più specifico, focalizzato su Banca Monte dei Paschi di Siena e Banca Etruria. L’Italia è ormai vicina al carico di rottura, il livello di sollecitazione oltre il quale il Paese va in frantumi. Alcuni davano per certa l’uscita dall’euro nel 2015. Il 2016 è subentrato, ma la dinamica finanziarie-economiche non hanno cambiato rotta, con l’aggravante che il contesto internazionale si è deteriorato. L’establishment euro-atlantico si prepara così a divorare l’ennesimo figlio, Matteo Renzi, a picco nei sondaggi e incapace di risollevare le sorti del Paese: per il post-rottamatore si prepara un governo tecnico od il primo esecutivo aperto al M5S, duramente scosso però dalla vicenda di Quarto. Gli assetti post-euro sono un’incognita.

Euro a fine corsa (e Renzi pure)

Repetita iuvant, dicevano i latini: l’eurozona è intrinsecamente instabile, essendo stata creata calando un regime a cambi fissi su un’area monetaria non ottimale, così da produrre una lacerante crisi economica (quella che stiamo vivendo) utile a partorire gli Stato Uniti d’Europa. Fallito il colpo nel lontano 2012/2013 di ottenere un Tesoro comune e la conseguente federazione dell’Europa (a causa dei “niet” tedeschi e francesi), l’euro è rimasto un banale regime a cambi fissi, identico al gold standard.

Perché un sistema a cambi fissi possa funzionare, le bilance commerciali devono essere in equilibrio, cosicché la moneta, che segue un percorso inverso alla merci, non defluisca da un Paese fino a rendere incerta la sua capacità di difendere il cambio. Segue così l’imposizione dell’austerità, volta non a mettere in sicurezza le finanze pubbliche (che peggiorano ovunque nell’eurozona) ma ad uccidere i consumi ed in particolare l’import, così da riequilibrare le bilance commerciali.

L’adozione dell’austerità per salvaguardare l’euro equivale, però, al tagliarsi i polsi per curare la pressione alta: il sollievo è immediato, peccato che si muoia dissanguati. La distruzione dei consumi (attraverso l’esplosione della pressione fiscale), implica distruzione di posti di lavoro, che implica distruzione di reddito, che implica calo del gettito fiscale e aumento degli oneri sociali: il debito pubblico, in sostanza, aumenta incessantemente, in parallelo alla vertiginoso incremento delle sofferenze bancarie, man mano che le imprese, senza più consumatori e ricavi, smettono di ripagare i debiti contratti con le banche.

Basta con la teoria: passiamo alla pratica con il caso Italia e snoccioliamo qualche dato:

  • Anno 2011, governo Berlusconi IV: Pil +0,4%, Debito pubblico/Pil al 120%, disoccupazione 8%, sofferenze bancarie a 100 €mld;
  • Anno 2012, governo Monti: Pil -2,4%, debito/Pil al 127%, disoccupazione 11%, sofferenze bancarie a 120 €mld, primo saldo positivo della bilancia commerciale dal 1999 (11 €mld);
  • Anno 2013, governo Letta: Pil -1,9%, debito/Pil al 132% (stock a 2090 €mld), disoccupazione 12%, sofferenze bancarie a 150 €mld, avanzo record della bilancia commerciale a 30 €mld;
  • Anno 2014, governo Renzi: Pil -0,4%,debito/Pil ricalcolato con Esa 2010 al 131% (stock a 2135 €mld e rapporto al 136% con i precedenti parametri), disoccupazione al 12,5%, sofferenze bancarie a 185 €mld, avanzo record della bilancia commerciale a 43 €mld;
  • Anno 2015, governo Renzi: Pil +0,7% (secondo le previsioni dell’Istat), debito/Pil al 132% (stock a 2210 €mld e rapporto al 140% con i vecchi parametri), disoccupazione al 11%, sofferenze bancarie oltre i 200 €mld (record dal 1996), avanzo della bilancia commerciale a 39 €mld nei primi 11 mesi dell’anno.

Come è ben visibile dai dati, l’Italia ha “smesso di vivere al di sopra dei propri mezzi”, uccidendo i consumi e l’import, ma il prezzo da pagare per salvaguardare il regime a cambi fissi dell’euro è altissimo. A distanza di quattro anni dall’adozione dell’austerità, il Paese è arrivato al carico di rottura: un grammo di austerità in più, qualche etto di recessione globale e l’intera Italia collassa, sotto il peso delle sofferenze bancarie e dal debito pubblico. Segue a ruota la dissoluzione dell’euro.

A dire il vero, non c’era alcun dubbio che sarebbe stato questo l’esito finale: come il crack del 1929 implicò il collasso del gold standard sotto il peso della recessione, così la stessa sorte tocca all’euro, salvato ad altissimi costi sociali ed economici dopo il crack di Lehman Brothers del 2008 ed impossibile da tenere in vita ora, con una recessione globale in arrivo. I campanelli d’allarme sui tristi destini dell’Italia (molti rari a dire il vero, per non creare panico) risalgono infatti ad anni addietro.

Nel giugno del 2013 esce il rapporto di Mediobanca Securities (riservato ai soli clienti) che analizza con spietata lucidità la situazione dell’Italia1: la crisi è peggio del 1992 (quando l’Italia fu costretta a lasciare lo SME, papà dell’euro) ed a creare allarme sono l’alto debito pubblico e le sofferenze bancarie. L’Italia, chiosa minaccioso il documento, potrebbe essere costretta a chiedere un salvataggio all’Unione Europea.

Nel frattempo esce su Il Sole 24 Ore l’articolo “Tra due anni, con la recessione, il rapporto tra debito e Pil salirà al 140%. Il rischio di uscire dall’euro2 su cui ci soffermammo a suo tempo: il 2015 si è concluso, il debito pubblico (senza i camuffamenti di Esa 2010) ha sfondato il rapporto del 140% del Pil e le sofferenze bancarie macinano record di mese in mese.

Entrambe le analisi, quella di Mediobanca e de Il Sole 24 Ore, sono frutto del clima che si respira nella tarda primavera del 2013, quando per la prima volta è applicato il metodo del bail-in per il salvataggio degli istituti di credito, diventato, dal primo gennaio del 2016, la prassi estesa all’intera eurozona: a pagare sono prima gli azionisti, poi gli obbligazionisti subordinati, poi i correntisti oltre i 100.000 €mld. Nasce, certo, la supervisione europea delle banche da parte della BCE3, ma la Germania si oppone da subito (e nel frattempo non ha cambiato idea) ad un sistema di garanzia europea sui depositi: dopo aver detto “nein” gli eurobond nel 2011-2012, Berlino non vuole che la condivisione del debito pubblico rientri subdolamente con l’assicurazione sui depositi della banche, colme in Italia di titoli di Stato e di sofferenze bancarie.

Passa il tempo e, nonostante l’avvento di Matteo Renzi e della sua agenda neoliberista venduta come socialdemocratica (abolizione dell’art. 18 e privatizzazione delle poche imprese statali sopravvissute), le più fosche previsioni si avverano. Neppure l’avvio dell’allentamento quantitativo da parte della BCE nel marzo del 2015 riesce a rianimare l’Italia, che può beneficiare di un euro più debole e di un risparmio di 5 €mld in termini di interessi annui sul debito4: le finanze pubbliche peggiorano, l’inflazione (che alleggerisce il debito, divorandolo un po’ alla volta) è ferma attorno allo zero, ad un soffio dalla letale deflazione (+0,1% annuo nel 20155) e, non solo la crescita non decolla, ma nell’ultimo trimestre dell’anno appaiono allarmanti segnali di uno nuovo rallentamento, come il calo del fatturato e degli ordinativi dell’industria, dettato dalla debolezza dei mercati esteri. L’Italia vive infatti di domanda esterna: finché esporta respira un po’, ma la situazione diventa drammatica nel caso di recessione globale che, nell’aria sin dal 2015, sembra concretizzarsi col nuovo anno.

Capita così che, nel giugno del 2015, compaia sul Wall Street Journal l’articolo “Italy’s Reforms at Risk From Outside Forces6 che lancia la prima frecciata a Matteo Renzi, evidenziando come l’Italia sia in balia di forze esterne, la ripresa economica molto incerta a la posizione politica di Renzi fragile, a causa di un indice di gradimento persino inferiore a quello del predecessore Enrico Letta e di forti tensione all’interno del PD. Se fallisce Renzi, dice il WSJ, è la volta dei “populisti”:

Mr. Renzi has promised wide-ranging overhauls of everything from the public administration, the judicial system, the tax code and the country’s infrastructure. (…) With no new elections due until 2018 and no incentive for his beleaguered coalition partners to bring down the government before then, Mr. Renzi should have time on his side. But his political position no longer looks as strong as it did when his Democratic Party convincingly won last year’s European Parliament elections. (…) Mr. Renzi’s approval rating has fallen below 35%, less than that of Enrico Letta, who Mr. Renzi deposed (…) Italy may be more stable than at any time since the start of the global financial crisis, but this stability is also brittle and vulnerable to shocks, made more vulnerable by political reforms designed to boost the power of the executive but which could yet hand this power to a populist government at the next elections if Mr. Renzi stumbles.

A novembre tocca al Financial Times rilanciare, e lo fa con l’articolo “Italy’s economic recovery is not what it seems7 a firma di Wolfgang Münchau. Si analizza con spietata lucidità la situazione dell’Italia, incapace di ritrovare la crescita a causa (seconda frecciata al presidente del Consiglio) delle mancate riforme di Matteo Renzi, concentrato sul taglio dell’IMU, anziché sulla pubblica amministrazione e sul sistema giudiziario. Le speranze per il Belpaese di uscire indenne dalla prossima recessione globale sono minime ed al deludente Renzi potrebbe succedere un nuovo governo tecnico, finché la scelta più razionale non diventerà l’abbandono dell’euro:

(…) But what worries me is that the Italian government is not ready for when the impact of the slowdown in China and emerging markets hits Europe. (…) Italy’s ability to sustain a healthy rate of growth is critical — for the country’s political stability, for its young people with no hope of finding work, for debt sustainability and in particular for its future in the eurozone. (…) If Italy fails to bounce back strongly from this recession, it is hard to see how it can stay in the eurozone. (…) From next year EU “bail-in” rules take effect. Then the Italian government will no longer simply be able to bail out banks but will have to make bondholders and depositors pay up first. Can we be sure the rotten banks will continue to sustain the recovery in this environment? (…) Another non-elected “technical” government might take over. Italy might never choose to leave the eurozone for political reasons. But, if Mr Renzi’s calculations prove wrong, Italy will be at the point where it would be rational to leave for economic reasons.

Sono lontani i tempi in cui Matteo Renzi era definito dallo stesso Financial Times “l‘ultima speranza per la classe dirigente italiana8: nonostante il premier abbia cercato di tenersi buone le oligarchie anglofone che lo hanno insediato a Palazzo Chigi (con le privatizzazioni di Poste, FS, Fincantieri, Enav, etc. etc. e qualche riforma di stampo neoliberista, come l’abrogazione dell‘art.18 ed i tagli alla sanità pubblica), l’ex-sindaco di Firenze, conscio dell’effetto drammatico in termini elettorali, non hai mai osato affondare il coltello nella carni della cosa pubblica, attuando un robusto taglio alla spesa in ossequio al dogma neoliberista del “più mercato e meno Stato”.

Alla City ed a Wall Street speravano che Renzi fosse una Thatcher od un Reagan: si sono trovati uno spregiudicato presidente del Consiglio che, pur di non alienarsi le simpatie di quelle importanti fette dell’elettorato che di spesa pubblica vivono, ha accompagnato alla porta due incaricati al taglio della “spesa improduttiva” (Carlo Cottarelli e Roberto Perotti)9 ed ha lasciato invariata la pressione fiscale, attorno al 41% del PIL (destinata a salire nel 2016, 2017 e 2018, man mano che scattano le clausole di salvaguardia automatiche per la riduzione del deficit). Il sostanziale immobilismo in campo economico è stato compensato da Renzi col dinamismo sulle riforme costituzionali, modellate, sì, secondo il “Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli ed utili forse a mobilitare l’attenzione dei media, ma del tutto superflue per garantire la sopravvivenza dell’eurozona.

Matteo Renzi si avvicina poi in pessima forma (indice di fiducia al 30%) ad un appuntamento elettorale che rischia di rendere irraggiungibile il referendum sulle riforme costituzionali, fissato per il mese di ottobre: sebbene il presidente del Consiglio eviti con cura di spendersi in prima persona e minimizzi il più possibile la scadenza, si avvicinano le elezioni comunali a Torino, Milano e Roma. Qualora il Partito Democratico, insediato dalla Sinistra Italiana e dal Movimento 5 Stelle, dovesse subire una sconfitta nelle tre strategiche città (da unirsi alla perdita di Venezia nel giugno 2015), i dubbi sulla legittimità del governo Renzi esploderebbero, vanificando le velleità del premier di ricevere un “battesimo democratico” con il referendum costituzionale su cui punta tutta.

Il presidente del Consiglio è, in sostanza, un cavallo azzoppato. Fallita la missione (utopica, bisogna riconoscerlo) di rianimare l’Italia in un contesto di austerità e di garantirne la permanenza nell’euro (salvando la stessa eurozona, perché difficilmente l’euro sopravviverà all’uscita dell’Italia) e gravemente indebolito dall’inchiesta su Banca Etruria, che interessa un nome di primo piano del suo esecutivo come il ministro per le Riforme Costituzionali, Maria Elena Boschi, non resta altro da fare che estrometterlo da Palazzo Chigi.

La situazione del premier potrebbe ricordare, mutatis mutandis, quella di Enrico Letta nel febbraio del 2014. Quando l’ex-democristiano (il più giovane ministro della storia repubblicana, come sottolinea il TIME nel 200610), perde slancio, il suo governo appare ingolfato ed il suo indice di gradimento scende al 45%11 (ben al di sopra dell’attuale livello di Renzi), a nulla servono le sue entrature nel Gruppo Bilderberg: il premier logoro è deposto, per insediarvi al posto il dinamico e graffiante “rottamatore” (“il governo Letta-Alfano è come una bici: sta in piedi se corre” dice Renzi pochi mesi prima di avvicendarsi a Palazzo Chigi).

In verità, essendo Matteo Renzi un personaggio più coriaceo di Letta (dimessosi senza neppure un voto di sfiducia, quando la parlamentarizzazione della crisi avrebbe avuto esiti tutt’altro che scontati) e l’obbiettivo prefissato più radicale che l’alternanza alla presidenza del Consiglio di due ex-DC passati al Partito Democratico, è più corretto fare un paragone con il bollente autunno del 2011.

Dopo Renzi, governo tecnico o grillini?

Le analogie tra la cacciata di Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi nel novembre del 2011 e quella, probabilmente vicina, di Matteo Renzi, si sprecano.

Entrambi, più vicini alla destra americana che al partito democratico, cadono in disgrazia presso gli ambienti atlantici dopo un periodo di ottime relazioni (quando Silvio Berlusconi invia i militari italiani in Iraq e Matteo Renzi è eletto tra le 100 persone più influenti del mondo dal TIME12): il primo a causa dei rapporti troppo stretti con Vladimir Putin e dell’alleanza con Muammur Gheddafi, il secondo perché la sua spinta riformatrice è considerata esaurita ed il suo capitale di immagine ormai dilapidato.

Entrambi sono indeboliti, e Berlusconi è poi estromesso da Palazzo Chigi, quando nel mirino di angloamericani e francesi finisce la Libia: nel 2011, per rovesciare ed uccidere il Colonnello Gheddafi e, nel 2016, per portare a termine la destabilizzazione del Paese attraverso l’ISIS, da affiancare con un possibile intervento militare anglo-francese (si ricordi che l’uomo su cui l’Italia punta tutto, il generale Khalifa Haftar, è strenuamente osteggiato da Londra e Washington).

Entrambi sono preventivamente sfiancati da uno scandalo che ne dimezza l’autorevolezza: l’inchiesta Ruby per Berlusconi e l’affaire Banca Etruria per Renzi.

Entrambi sono oggetto di una manovra a tenaglia (letale per Berlusconi e forse anche per Renzi) composta da un progressivo isolamento in Europa, dove Angela Merkel agisce nella veste di agente angloamericano, e da un assalto speculativo che parte dalle piazze finanziarie anglosassoni. Questo è l’aspetto che più merita di essere approfondito.

I punti salienti della ghettizzazione europea di Berlusconi sono la famosa lettera inviata il 5 agosto del 2011 dalla BCE che, vincolando gli aiuti ad un serie precisa di riforme, esautora e commissaria de facto l’esecutivo italiano ed il Consiglio Europeo del 23-26 ottobre 2011, al cui in termine va in onda il celebre siparietto tra Angela Dorothea Kasner e Nicolas Sarkozy de Nagy-Bocsa, che sghignazzano interrogati sull’affidabilità di Silvio Berlusconi (“Merkel-Sarkozy, ultimatum a Berlusconi: attui subito le misure per debito e crescita” titola la Repubblica13). Il Cavaliere è infatti conscio dei pesantissimi danni in termini economici ed elettorali che comporta l’adozione dell’austerità, tanto da minacciare l’uscita dall’euro: duramente colpito a Piazza Affari attraverso Mediaset e sotto scacco con il processo Ruby, preferisce, alla fine, uscire semplicemente da Palazzo Chigi senza troppe storie.

Anche Matteo Renzi (il cui indice di gradimento non è troppo lontano da quello di Berlusconi al momento della cacciata: 30% contro 23%14) è conscio che se i cordoni della borsa restano chiusi e l’economia non riparte, il suo destino è segnato: da qui il crescente gelo con Bruxelles e Berlino sul tema della flessibilità di bilancio. L’esternazione del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, secondo cui “Bruxelles non ha un interlocutore per dialogare con Roma sui dossier più delicati15, è l’equivalente della lettera del 5 agosto 2011: a Roma si brancola nel buio e si fatica persino a reperire un interlocutore, quasi che l’esecutivo Renzi fosse in smobilitazione (da notare la risposta del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: “L’Italia ha un Governo nel pieno dei suoi poteri. Abbiamo un continuo dialogo con le istituzioni, abbiamo un ministro degli Esteri, dell’Interno, dell’Economia”). Manca, a questo punto, solo il pubblico ripudio di Angela Merkel perché Renzi sia accompagnato dalla porta. Dalla parte dell’ex-sindaco di Firenze gioca il fatto che le forze centrifughe in seno alla UE sono oggi molto più potenti del 2011: il suo dossier è uno dei tanti che si sta accavallando in questi mesi sul tavolo dell’establishment euro-atlantico.

L’assalto speculativo del 2011, prodromo del cambio di regime ai danni di Berlusconi, ha per oggetto i titoli di Stato: il differenziale tra i rendimenti dei Btp e dei Bund alza la testa all’inizio dell’estate (250 punti base), trascinando nel baratro le banche italiane e Piazza Affari, sempre tra i peggiori mercati d’Europa, e raggiunge lo zenit (500 punti base) ai primi di novembre, quando si tratta di dare la spallata definitiva al Cavaliere. “Siamo molto preoccupati dagli spread in Italia, la situazione è drammatica, per questo è essenziale che ora si facciano quelle riforme che rassicurino i mercati sulla solidità del Paese” dice il commissario europeo Olli Rehn, quattro giorni prima che Berlusconi lasci Palazzo Chigi16.

L‘allentamento quantitativo avviato dalla BCE nel marzo del 2015 impedisce agli assalti speculativi di riversarsi sui titoli di Stato (anche in questi bollenti giorni di crolli borsistici il differenziale Btp-Bund non ha mai superato i 120 punti base). Tuttavia, la City e Wall Street non disperano e si concentrano sull’altro punctum dolens dell’Italia, ovvero le sofferenze bancarie. La strenua opposizione tedesca ad una garanzia europea dei depositi, l’entrata in vigore del bail-in e l’abnorme quantità di crediti inesigibili in pancia agli istituti, consente un assalto paragonabile a quello del 2011 contro i titoli di Stato: le banche colano a picco in borsa e Piazza Affari è, nuovamente, il peggiore mercato d’Europa (quasi -5% il 20 gennaio e -15% da inizio anno). Anche in questo caso c’è lo zampino della BCE di Mario Draghi che, sincronizzandosi, come sempre, con gli speculatori anglofoni, attende che le nuove e punitive regole del bail-in siano vigenti per avviare “un’indagine conoscitiva su alcune banche italiane” (UniCredit, Mps, Carige, Banco popolare, Bpm), finalizzata ad appurare l’ammontare e la gestione dei crediti deteriorati. Sull’agenzia Agi compare, non a caso, l’articolo “Banche: complimenti a Bce ed a Mario Draghi per aver scatenato tempesta in borsa” a firma di Adusbef e Federconsumatori17.

Il fatto che alla manovra speculativa contro l’Italia partecipi, come nel 2011, anche Mario Draghi, non lascia presagire niente di buono per l’ex-sindaco di Firenze.

E dopo Renzi? Cosa accadrà se l’assalto speculativo sarà coronato con la sua cacciata?

L’ipotesi più conservativa è che si insedi il quarto esecutivo non eletto (dopo il governo Monti, quello Letta e l’attuale): sarebbe probabilmente l’ennesimo esperimento “tecnico”, chiamato all’attuazione di misure estreme, come l’alienazione delle partecipate pubbliche od una tassa patrimoniale, nell’estremo tentativo di mantenere l’Italia nell’euro. Prima che scoppiasse il caso Banca Etruria, il candito favorito per guidare quest’esecutivo era Ignazio Visco: duramente provato dal salvataggio delle quattro banche a spese di azionisti ed obbligazionisti subordinati, tanto da essere costretto ad una difesa pubblica in Tv, ospite di Fabio Fazio, difficilmente il governatore di Bankitalia ha ancora l’autorevolezza per affrontare, come presidente del Consiglio, una crisi che si profila tutta bancaria.

Lo scenario più spinto prevede invece che l’establishment euro-atlantico giochi la carta del Movimento 5 stelle, partito appositamente creato dagli angloamericani per catalizzare ed addomesticare il voto di protesta: non ci sarebbe nulla di strano, specialmente dopo il collaudo Syriza che ha dimostrato come le formazioni pseudo-contestarie assolvono egregiamente alla funzione di mantenere lo status quo. Diversi segnali indicano che Londra e Washington stiano seriamente valutando l’ipotesi M5S per il dopo Renzi, sostituendolo o affiancandolo al PD: i sondaggi, innanzitutto, danno ormai le intenzioni di voto perfettamente tripartite tra PD, centrodestra e grillini18. Alcuni sondaggi danno addirittura l’M5S vincente al ballottaggio, se si votasse oggi con l’Italicum19.

M5S, come è emerso con chiarezza dall’asse con Renzi per la nomina dei tre giudici costituzionali, lavora alacremente per lasciarsi alle spalle l’immagine di movimento di protesta, proponendosi come soggetto responsabile e pronto alla guida del Paese. Soprattutto, però, è in atto quel meccanismo di legittimazione con cui gli angloamericani preparano il terreno per gli incarichi di governo.

Il 29 dicembre appare sul Financial Times l’articolo “Italy’s Five Star Movement wants to be taken seriously”, con cui il giornale della City celebra il mutamento dei M5S, non più un folkloristico movimento di protesta, capitanato dall’ex-comico genovese Beppe Grillo, bensì una forza seria e composta, pronta a contendere a Renzi la guida del Paese:

But the Five Star Movement is now attempting to change its face from that of one of Europe’s most eccentric — even clownish — political parties. The transformation aims to achieve what seemed like a fantasy only a year ago: to govern the country and challenge the centre-left government led by prime minister Matteo Renzi. (…) His most likely heir is Luigi Di Maio, a 29-year-old smooth-talking Neapolitan with polished looks, tight-fitting dark suits and moderate tones. (…) That the Five Star Movement even has a shot at threatening Mr Renzi says much about the waning political momentum suffered by the 40-year former mayor of Florence, who took office in February 2014 amid high hopes that he could transform Italy. (…) And Di Maio is keen to distance himself from another populist party shaking Europe’s establishment, France’s far-right National Front. Its rise reflects a “climate of general indignation”, says Mr Di Maio. Yet the Five Star Movement, he insists, is not a populist toxin but its antidote.

Matteo Renzi è, in sostanza, cotto: l’establishment atlantico gli ha dato una possibilità, lui ha fallito ed ora lo rispediscono a casa. È la volta di Luigi Di Maio: un napoletano educato e ben vestito, attento a sottolineare che l’M5S non è un partito populista come il Front National (che non a caso riceve finanziamenti dai russi e contempla l’uscita della Francia dalla NATO), bensì un antidoto al populismo, ossia, come abbiamo a suo tempo evidenziato nelle nostre analisi, un prodotto dei servizi angloamericani e del miliardario George Soros.

Ora tocca agli americani rilanciare: nella lista dei 30 politici sotto i 30 anni più influenti d’Europa, stilata dalla rivista Forbes, appare niente meno che Luigi di Maio20, rampante giovane“focalizzato su ambiente, trasparenza amministrativa e sprechi del governo”.

Non c’è alcun dubbio che fosse Luigi Di Maio il volto fotogenico e pulito per il nuovo M5S, non più movimento di opposizione, ma forza da affiancare/sostituire al Partito Democratico. Quella che è passata alla storia come “l’investitura” da parte di Beppe Grillo (“Grillo incorona il delfino Di Maio -Maledetto sei tu il leader-” titola la Repubblica nel settembre del 201521) è in realtà il frutto di una decisione presa, come sempre, fuori dal movimento e fuori persino dalla Casaleggio Associati Srl: là dove si tirano i fili, ossia negli ambienti atlantici.

Purtroppo, si commettono a volte nella vita delle leggerezze che costano caro, molto caro: sciocchezze le cui conseguenze non sono immediate, ma quando si palesano possono compromettere le aspirazioni ed i sogni di un uomo. Ci riferiamo, ovviamente, alla vicenda di Quarto, il comune del napoletano dove è emerso con chiarezza che il Movimento 5 Stelle, lungi da essere una forza rivoluzionaria, si adagia semplicemente sui sistemi di potere già esistenti (anche camorristici), garantendo, a livello locale come a livello nazionale, la conservazione dello status quo. “Fico e Di Maio sapevano, li aspettiamo in Commissione Antimafia” 22titola l’articolo sul sito del PD dedicato all’affare di Quarto: il Direttorio del M5S sarebbe stato informato da mesi sulle infiltrazioni mafiose nella nuova amministrazione guidata dai grillini, eppure nessuno provvedimento è stato preso.

Sarà ancora il fotogenico Luigi Di Maio a rappresentare l’M5S “di governo” nell’era post-Renzi? È molto difficile. Come tutt’altro che scontata è la formazione di un esecutivo a maggioranza 5 stelle, o la nascita di una coalizione tra democratici e grillini.

L’Italia, tornando all’incipit, si avvicina infatti al carico di rottura. È impossibile pensare che la sempre più probabile (ed imminente) implosione dell’euro e dell’Unione Europea non abbia profonde ripercussioni sugli assetti internazionali e nazionali. I poteri che hanno espresso la classe dirigente italiana fino a oggi, potrebbero cambiare in un futuro non troppo lontano.

Ancora un buon 2016: annoiarsi sarà impossibile!

renziberlusconimib

 

1http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/22/crisi-peggiore-del-92-entro-6-mesi-potrebbe-costringere-alla-richiesta-di-salvataggio/634091/

2http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2013-04-05/anni-recessione-rapporto-debito-222911.shtml?uuid=Abp5DjkH&p=2

3http://www.lastampa.it/2013/04/12/economia/alla-bce-la-supervisione-unica-delle-banche-dell-europa-86FPpm1s4cugWQvyp0jCbJ/pagina.html

4http://www.ilmessaggero.it/economia/economia_e_finanza/debito_interessi_spesa_tesoro/notizie/1709404.shtml

5http://it.reuters.com/article/itEuroRpt/idITL8N14Z179

6http://www.wsj.com/articles/italys-reforms-at-risk-from-outside-forces-1434573733

7http://www.ft.com/intl/cms/s/0/576f5c6e-8a11-11e5-9f8c-a8d619fa707c.html#axzz3xoN4HW00

8http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2015/01/05/news/matteo-renzi-e-l-ultima-speranza-per-la-classe-dirigente-italiana-1.193732

9http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/09/spending-review-il-commissario-perotti-ho-dato-le-dimissioni-sabato-non-mi-sentivo-molto-utile/2204881/

10http://www.europaquotidiano.it/2014/05/08/la-prima-intervista-di-time-a-matteo-renzi-nel-2006/

11http://www.data24news.it/sondaggi-da-tutto-il-mondo/137737-sondaggio-ipsos-per-il-corriere-della-sera-cala-il-gradimento-nel-governo-letta-84575/

12http://time.com/55769/time-100-2014-poll-world/

13http://www.repubblica.it/economia/2011/10/23/news/vertice_ue_arriva_mister_euro-23714298/

14http://www.newnotizie.it/2011/09/sondaggi-centrodestra-a-picco-colpa-della-manovra/

15http://www.repubblica.it/politica/2016/01/18/news/tensioni_italia-ue_gentiloni_da_bruxelles_polemiche_inutili_-131513340/

16http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/08/spread-massimo-toccati-puntipiazza-affari-apre-positiva/169193/

17http://www.agi.it/rubriche/la-voce-del-consumatore/2016/01/20/news/banche_complimenti_a_bce_ed_a_mario_draghi_per_aver_scatenato_tempesta_in_borsa-436754/

18http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/22/sondaggi-pd-m5s-centrodestra-sfida-a-tre-allultimo-voto-tutti-in-un-punto/2324698/

19http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2016/1/21/SONDAGGI-ELETTORALI-POLITICI-2016-Euromedia-le-ultime-proiezioni-Pd-in-leggero-calo-M5s-staccato-di-4-punti-Lega-ferma-oggi-21-gennaio-/672112/

20http://www.forbes.com/30-under-30-europe-2016/policy/#3a5285d03e797e84dc93e79c

21http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/09/10/grillo-incorona-il-delfinodi-maio-maledetto-sei-tu-il-leader19.html

22http://www.partitodemocratico.it/generale/fico-e-di-maio-sapevano-li-aspettiamo-commissione-antimafia/

36 Risposte a “Italia vicina al carico di rottura”

  1. elicotteri, Dezzani.
    elicotteri. Sempre elicotteri, sono.
    ma non quelli del Friedman buonanima (?), o di Bernanke. che NON hanno voluto adoperare comme-il-faut. Il ns. nipotino della Thatcher, a confronto, almeno gli 80 euro l’ha dati a chi necessitava.
    quelli a Saigon. a Buenos Aires per De la Rua. Que se vayan todos, ya basta.
    “I Nuovi Venuti” del Dell’Arti pare ti sia piaciuto. Scusa se adopero il “tu”, del resto sei dell’84 e t’appellano ancora “ragazzo”…
    seriamente: o i nuovi venuti, o troika? tertium?
    http://goofynomics.blogspot.com/2016/01/back-to-future-se-arriva-la-troika.html

  2. E’ tutt perfattamente condivisibile.
    L’incertezza sono i tempi.
    Specifico: questo sarà l’annus horribilis della borsa, secondo la regola di Mosè.(Un giorno ve la spiegherò). Quindi non è chiaro quanto sia colpa della Borsa o dell’Italia o di renzi…
    L’Italia è dura a morire…Quest’anno, gli italiani avranno un possibile galleggiamento economico.
    certo, per farli naufragare, occorre un bail-in.
    Chi è il delinquente che ha firmato gli accordi? Monti, naturalmente.
    Di mario draghi, occorre scrivere un intero trattato. La cosa ridicola è quando viene presentato come il salvatore della Borsa. Mario Draghi ” Basta la parola” come nelle pubblicità anni 60.
    E’ l’artefice del furto legalizzato di MPS. E’ stato lui come Governatore della banca d’Italia a firmare l’acquisto di Antonveneta, per ben 9 miliardi CASH….svuotando le casse della banca e creand i presupposti del dissest e delle sofferenze…
    aSpetto le altre puntate…

  3. Tacito redivivo scrive ancora in latino divenuto italiano. Romani, appunto, e non latini. Lei, caro Professore, e’ orgoglio dell’Europa romana.

  4. Caro Federico, mi stupisce che per sapere del M5S tu ricorra… al sito del PD! Mi auguro che tu non faccia altrettanto con il resto delle informazioni! 😀

    Posso garantirti (e dico garantirti…) che Fico e Di Maio nulla sapevano delle vicende di Quarto. La signora sindaco si è guardata dall’avvisare con chiarezza di quanto avveniva. Per vari motivi: non voleva perdere la faccia di “onesta” con la storia della veranda, non voleva perdere la poltrona, non voleva finire sui giornali, non voleva rischiare una querela per calunnia. Così ha cercato di barcamenarsi, non avendone però le capacità. Si è limitata a lamentarsi del consigliere per settimane.

    Quanto alle ingerenze atlantiche, non saprei dire. Ma il fatto che Grillo si sia allontanato dal M5S non lascia ben sperare purtroppo. Grillo è notoriamente anti-NATO e antiatlantico.

    Ultima cosa: è vero che il M5S è fortemente a favore dell’uscita dall’euro. Ma siamo sicuri che gli USA in questo momento vogliano mantenerci dentro? 😉

  5. In questi giorni è la Mogherini, già collaudata, che si sta scaldando per il dopo Renzi.
    Parallelamente si consolidano le corrispondenze di amorosi sensi tra il Movimento 5 Stelle e “il mondo” atlantista.

    https://youtu.be/Hh_W2suxUTM

  6. Mi perdoni Dezzani, ma da una veloce lettura dell’ultimo dei due articoli non ho capito se il 5 stelle lo faranno andare al governo con nuove elezioni politiche, oppure senza, semplicemente “affiancandolo” al piddì (come Verdini e i suoi!) in maggioranza.

    Grazie

    Orso

    1. Questo, è un bel quesito: considerata la dinamica in atto dal novembre 2011, propenderei per l’affiancamento in corsa, senza elezioni.

  7. Bellissimo articolo, tranne nella parte che riguarda il M5S che sarebbe stato creato dagli americani. Una cosa posso assicurarle, vale a dire che se il M5S andasse al Governo e non facesse ciò per cui è Nato, vale a dire distruggere la casta e uscire dall’Euro, può stare ben certo che sarebbero stesso i suoi iscritti a farlo liquefare in due giorni. Le assicuro che sarebbe così, non si affanni a cercare inutili complottismi che nel M5S, mosso dalla sua base di cittadini, non hanno motivo di esistere. Non siamo il PD. Questo suo articolo, se non fosse per l’ultima parte, avrei voluto pubblicarlo sul mio Blog….davvero peccato!

      1. Non si preoccupi, Dezzani, perché l’articolo è valido per l’intero, compresa la parte relativa al cinque stelle/ grillini. Il cinque stelle è un partito e non un movimento – dove sono le piazze in subbuglio, dopo la kermesse elettorale di Grillo del 2013? – e sicuramente non è nato come entità anti-atlantista, per portarci fuori dalla Nato e metterci al riparo da certe avventure militari Usa. Ha rivelato di non essere neppure una forza protorivoluzionaria, ma, come ha scritto acutamente qualcuno, si adatta al sistema di potere esistente.

        Orso

        1. https://www.facebook.com/events/805381696233775/

          Qual è oggi il ruolo della NATO?
          Perché un’organizzazione concepita come un’Alleanza militare meramente difensiva si è trasformata negli anni in uno strumento di morte e aggressione?
          Esiste un modo che consenta all’Italia di sottrarsi a future guerre di invasione, come nel caso della Libia? Quali misure adotterebbe un Governo a 5 Stelle?

          Relatori:

          Mairead Corrigan – Premio Nobel per la Pace
          André Vltchek – Reporter di guerra e autore, con N. Chomsky, di “Terrorismo Occidentale”
          Claudio Giangiacomo – Redattore della pdl di iniziativa popolare su basi e trattati militari
          Alessandro Di Battista – Deputato M5S Commissione Affari Esteri

          E’ davvero ridicolo come vi scagliate contro i soli che stanno combattendo in Italia contro questo sistema marcio e malato.
          Parlate come i media di regime senza accorgervene,uniti contro il M5S.
          E il bello è che nemmeno seguite quello che fanno veramente.
          Pazzesco.

    1. sono stato “grillino” (non casaleggino!) per 10 anni e la balla che la base degli attivististi conta qualcosa lascia il tempo che trova…..la maggior parte stà inquadrata e coperta con la speranza di esser “reclutata online” alle px politiche e sogna di diventare il DiMaio o Dibba2!! Se non ci credi rivediti il”brutto affaire” del Prof. Montanari,di come l’hanno censurato e chiediti perchè pochi si siano ribellati.
      Quindi un consiglio; leggiti il Grillo Mannaro sul blog di Montanari! Ci ho messo 3 anni prima di leggero e ci son riuscito solo quando mi hanno bloccato il mio profilo sul sito operativo del movimento. Spero che parta un vero movimento interno dal basso che porti realmente democrazia al posto della “Staffcrazia” del M5S! un abbraccio.

  8. Articolo ben fatto e condivisibile. Peccato per quelle stronzate sul M5S. Il ragazzo é scivolato
    malamente sui pettegolezzi da donnetta sfaccendata. Al di lá di come il M5s sia nato, gestito,
    manipolato, resta il fatto che l´azione politica svolta dai suoi rappresentanti, é sotto gli occhi
    di tutti e trova il plauso ed il consenso da parte di coloro che vogliono abbattere un sistema
    non piú tollerabile.
    Chissenefrega delle origini sospette del Movimento, se allo stato di fatto e concretamente, esso é l´unico a portare avanti le nostre istanze per una societá semplicemente piú libera, pió giusta e
    soprattutto, onesta e trasparente.

  9. Buongiorno Federico,la seguo da qualche mese e la ringrazio per aver unito in un unicum,tutte le pezze di dubbio,altrimenti illeggibili,che un cittadino medio accumula ,guardando ai fatti di politica .
    Ottimo il suo “Angele Merkel,la spia andata e venuta dal freddo”che consiglio a tutti di scaricare.
    Vedo che tra i suoi commentatori abbondano i Grillini convinti,che, riescono a seguirla dappertutto nei ragionamenti,ma quando al bambino devi rivelare che il papà,è in realtà un Orco ,si rifiutano di proseguire e attuano la rimozione delle stesse consapevolezze che hanno acquisito proprio da Lei.
    E’ un problemino psichiatrico e ,vista l’ampiezza della platea di turlupinati,sociologico.
    Mi ricorda un libro che lessi da adolescente di Fromm “Fuga dalla libertà”.
    Per concludere mi impegno a diffondere i suoi articoli e di metterla in contatto con tutti coloro i quali ritengo possano concretamente costruire un’alternativa al fosco quadro che emerge dai suoi studi.
    In bocca al lupo.

    1. Grillini è una parola creata dal Sistema proprio per prendere per culo quelli eletti nel M5S.
      Curioso che usi questa parola del Sistema.
      Tanti utenti qui difendono le ragioni del M5S proprio perchè si informano su ciò che il M5S fa in concreto e non sulle palle che i media mainstream dicono su di loro.
      Ma davvero non ti accorgi di come tutti i media di regime siano contro il M5S?
      Questo secondo te dimostra che sono sponsorizzati di nascosto e non piuttosto il contrario?

      1. Passo dopo passo, anche sui media di regime è iniziata l’istituzionalizzazione del M5S: ti consiglio di leggere quest’articolo di Ilvo Damati, apparso su La Repubblica del 30 novembre:
        http://www.repubblica.it/politica/2015/11/30/news/la_mutazione_genetica_del_movimento_cinque_stelle_di_maio_ora_e_il_leader_con_lui_governeremo_-128461562/

        Nelle sere d’estate tutte le falene ronzano attorno alle luci, convinte che sia il sole…ma sono solo lampadine…

        1. Quindi tu credi che Ilvo Diamanti in quota Pd che scrive su REPUBBLICA sia una fonte da ritenere credibile?
          Scusa ma allora a che serve questo blog?
          Che poi non si capisce cosa abbia fatto di male Di Maio fino ad ora.
          L’istituzionalizzazione è una tappa obbligata per far vedere agli italiani che si può andare al governo,cosa c’è di male?
          I media di regime sono compatti contro il M5S,non fare finta di non vederlo.

  10. Fammi capire Dezzani.
    Il M5S sarebbe sponsorizzato dai poteri forti quando quotidianamente viene infangato e ridicolizzato da tutti i media mainstream di destra e di sinistra?
    Ma veramente pensi che una buffonata come il “caso Quarto” montata per settimane dai media contro il M5S non dimostri semmai che ai piani alti hanno paura dei sondaggi alti per il M5S?
    Davvero pensi che un articolo del genere che parla di Isis dimostri che ci sono gli americani dietro?
    http://www.beppegrillo.it/2016/01/arabia_saudita_e_iran_guerra_per_il_potere.html

    “Ma quello che preoccupa più di tutto, in questo immenso caos, è che il solo che ne sta giovando si chiama terrorismo, ieri Al-Qaeda oggi ISIS, domani chissà.
    Un terrorismo strumentale al sistema, alimentato dal sistema e per questo pericolosissimo.
    Che fare allora? La risposta è molteplice, occorre fermare subito ogni forma di collaborazione economica e persino istituzionale coi paesi che giocano sulle nostre vite, premere diplomaticamente e a livello sanzionatorio affinché cambino rotta, ridiscutere le condizioni della nostra partecipazione alla NATO, non vendere più armi e interrompere gradualmente l’importazione di energia estera riconvertendo la produzione interna a fonti alternative per una vera indipendenza energetica.”

    Come vede dai commenti sopra,anche altri utenti notano quanto lei toppi nei riguardi del M5S ma continua imperterrito..
    Per il resto concordo in pieno comunque.
    E proprio perchè concordo in pieno difendo le ragioni del M5S.
    Strano vero?

    1. secondo me è questa la strategia dello spin doctor di Grillo mettergli i media contro per aggregare i voti dei diffidenti (dei cosiddetti conspirazioniosti)la copertura mediatica c’è sempre ma la si traveste .Quando io ho votato Grillo (sig) era proprio per questo tuo ragionamento ,”ha tutti contro ” ergo= fa la cosa giusta.Poi ragionandoci un pò su ti accorgi che anche questa può essere una strategia, cioè anche gli “anti”(insoddisfatti,delusi,ribelli) sono un mercato, un gruppo elettorale .
      Con tutta franchezza se io non avessi visto tutto quell’accanimento non l’avrei proprio votato è stato proprio quello che mi ha convionto o meglio ha appianato i miei sospetti per un periodo.
      Quindi ricapitolando Dezzani sostiene che l’obbiettivo (degli anglo) era quello di creare un partito che addormentasse una percentuale dell’elettorato intorno proprio alle cifre del 20% ,proprio per non rischiare future derive (per l’appunto anti Anglo e anti Elitè) di partiti futuri .Gli anglo credimi preferiscono spendere un centinaio di milioni adesso per spalleggiare un partito debole e destabilizzante che miliardi in futuro per spezzare le reni ad un partitone forte e radicato con mire sovraniste..L’italia era commissionata in quel periodo era il caos nella fase pre elettorale e i politici erano/sembravano tutti corrotti i loro slogan avevano la stessa sostanza di un’alito nella tempesta questa era la narrazione che ci volevano inculcare.
      In questa tempesta televisiva questi qua infamavono e odiavano Grillo che nella narrazione è il Nazzareno tenuto ai margini perchè “pericoloso” ,perchè ” minaccia l’elitè(italiana)quella che da mesi in quel periodo erano i protagonisti di questa narrazione degli “sporchi ladri “.Insomma io ci sono cascato come una pera cotta e tu?

  11. L’M5S è l’ultima spiaggia.
    Pensare che il Movimento non sia infiltrato dai poteri forti è un pò troppo semplicistico.
    E’ una forza elettorale pesante e almeno sulla carta dannosa per il sistema, e come tale subisce dall’esterno inevitabili tentativi di dirottamento di varia natura.

    Che la corruzione abbia minato le basi del M5S sin dal concepimento o che stia intervenendo successivamente in parallelo con la sua crescita, fa ben poca differenza : è l’ultimo simbolo rimasto sul quale valga la pena di tracciare una croce in tempo di elezioni.

    La speranza è che il Movimento sfugga di mano a coloro che cercano di manovrarlo e disinnescarlo.

    Se fallisce il M5S tanto vale fare come quelli dell’ISIS, invece che bruciare i passaporti bruceremo la tessera elettorale.

  12. Piccola domanda,
    questa storia dell’inflazione che non cresce!? Non cresce solo nel mondo dii carta della finanza predatoria?
    Da quando c’è l’euro il poter di acquisto si è ridotto di quasi il 100% e andando a fare la spesa i prezzi dei generi alimentari e non si sono discretamente alzati.
    Signor Dezzani mi chiarirebbe questo mistero?

  13. Buongiorno Federico,le scrivo per chiedere il suo parere su una cosa che non mi quadra,cioè la posizione di uno che ho sempre considerato un guru,ma che su diversi punti risulta “fuori palla”di brutto,parlo di Giulietto Chiesa.
    E’ sostenitore dell’euro,accetta l’immigrazione spostando il problema,sostenitore dei 5 Stelle(ho seguito il suo intervento telefonico dalla Siria,nell’ambito di un forum sull’informazione controllata,coperto e moderato dal famoso Bioblu,dove affermava che L’UNICA forza di opposizione in Italia è Grillo!(sich)).
    Ora, essendo sulla lettura degli avvenimenti che riguardano la Russia ,perfettamente lucido,avendo partecipato alla commissione europea sul terrorismo con accesso ai dossier segreti,avendo 50 anni di frequentazioni pesanti in Urss e Russia poi,avendo copartorito l’inchiesta sull’11 settembre con le analisi che conosciamo e condivisibili e molto altre cose ancora che ,certo, non lo possono rappresentare come pivello o ingenuo.
    Come è possibile che indichi la via d’uscita dal disastro ,proprio nel movimento 5 stelle,partorito come antidoto alla rivolta,proprio dalle oligarchie che Giulietto continuamente dice di combattere?
    Come è possibile che non capisca la nassa dell’euro e chi avvantaggia?(sempre quelli sopra).
    Leggendo il Shaker ,lo vedo stroncato e descritto,come appartenenete alla corrente “atlantista” e come indizio a tale giudizio porta la sua collaborazione decennale alla radio di Soros e qualcos’altro.
    Io stesso ho cercato di interloquire con lui,nel suo blog,ma non ho mai ricevuto risposta.
    Ora ,la corrente atlantista,sembra avere,come obbiettivo l’assoggettamento della Russia all’occidente…e non mi sembra coerente con le posizioni espresse da Giulietto da sempre…(lui è accreditato a Mosca per trasmetterci la posizione russa,anche in Siria).
    Ma se non è tra gli atlantisti,allora deve essere tra i “putiniani-KGB”!
    Devo dedurre che anche Putin sostiene L’euro e movimento 5 stelle che è emanazione delle oligarchie Filo EU-Nato???
    A dispetto della rovina che questo porta per le singole nazioni e popoli europei?
    Grazie se mi risponde.

    1. Grazie per l’intervento, Maurizio.
      Immagino che Giulietto Chiesa debba conciliare la sua attività giornalistica con esigenze commerciali, in particolare lo sviluppo di Pandora Tv. I grillini sono un “mercato” numericamente importante e quindi non va mai osteggiato, ma al massimo corteggiato, se si vogliono fare grossi numeri. Con questo, non tolgo nulla al suo lavoro.

  14. Purtroppo questa è la Verità.
    Anche se sinceramente Luigi Di Maio è una persona che ammiro e che stimo.
    Spero davvero che non diventerà premier e non rovinerà la sua vita.
    Ma la speranza è l’ultima a morire…
    Sam: “C’è del Buono a questo mondo Padron Frodo ed è giusto combattere per questo”

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