Verso la battaglia di Berlino: Angela Merkel nel bunker

Aumentano poderose le spinte centrifughe che stanno disintegrando l’Unione Europea: la situazione, come in tutte le fasi che precedono il collasso di un sistema, è ogni giorno più convulsa e concitata, generando una serie di crisi che si susseguono senza soluzione di continuità, dal Portogallo alla Grecia, dall’Italia alla Svezia. L’intera impalcatura europea scricchiola ed è sufficiente un colpo violento per romperne il precario equilibro: ecco perché bisogna tenere gli occhi puntati sulla Germania e sulle imminenti elezioni regionali. Se è ancora possibile tamponare le crisi nell’europeriferia per qualche mese, una forte emorragia di voti per la CDU alla prossima tornata elettorale, seguita dalla caduta di Angela Merkel, sarebbe l’inizio del collasso sistemico. Da quando ha lanciato la politica delle porte aperte a tutti dietro pressioni atlantiche, la cancelliera tedesca vive infatti nel bunker: la battaglia di Berlino incombe.

Una scommessa clamorosamente errata

È sempre più precario il quadro politico in Europa: a distanza di cinque anni dall’esplosione dell’eurocrisi in tutta la sua virulenza, il malessere economico si è allargato a macchia d’olio, partendo dalla Grecia per estendersi a Cipro, Italia, Slovenia, Spagna e Portogallo, fino ad infettare la Francia, sempre più periferica rispetto al “nocciolo tedesco”. Con un naturale ritardo, dovuto allo sfasamento temporale tra il peggioramento della situazione economica e la sua percezione da parte degli elettori, la crisi si è riversata anche sulla politica: l’ingegnosa idea di creare finti partiti anti-sistema (Syriza, Movimento 5 Stelle, Podemos, etc.) è una difesa tattica, non certo una soluzione strategica.

Ticchetta inesorabile l’orologio della situazione macroeconomica ed il tempo lavora contro le oligarchie euro-atlantiche: fallito il blitz di sfruttare l’eurocrisi per ottenere i massonici Stati Uniti d’Europa e la correlata unione fiscale, ogni mese che passa le condizioni delle finanze pubbliche e dell’economia inesorabilmente.

Arrivati così all’inizio del 2016 l’Unione Europea si presenta in avanzato stato di decomposizione, dalla penisola iberica a quella balcanica, da quella italiana a quella scandinava: le criticità si moltiplicano, le falle aumentano, l’intera impalcatura scricchiola. Non si cerca neppure di “rigettare a mare” la forze centrifughe che marciano verso il cuore del continente, ma piuttosto si ignorano, sia a livello politico che mediatico, mentre le istituzioni di Bruxelles si accartocciano su se stesse e si allestiscono linee di difesa ogni giorno più indietreggiate.

IMF Warns of Renewed ‘Grexit’ Fears Without Credible Greece Plan1 scrive l’8 febbraio l’agenzia Bloomberg, mentre il differenziale tra bund ed titoli greci torna stabilmente sopra i 1.000 punti base. Il Paese è di nuovo in ebollizione per il piano d’austerità accettato da Alexis Tsipras nonostante il referendum del 5 luglio? L’esecutivo si regge su una maggioranza di appena tre voti in Parlamento? Atene è di nuovo in recessione ed il debito pubblico è vicino al 180% del PIL? Non ci interessa.

In Portogallo si è insediato, nonostante le trame del presidente della Repubblica al limite del colpo di Stato, un governo di sinistra che rifiuta l’ortodossia finanziaria della Troika? Il differenziale con il bund viaggia sopra i 300 punti base? Il debito pubblico ed il sistema bancario fanno sudare freddo? Non ora.

In Spagna non c’è ancora un governo a distanza di quasi due mesi dalle elezioni? Il deficit del 2015 si avvicina al 5% del PIL2 ed il debito pubblico al 100%? Adesso abbiamo altro cui pensare.

In Italia le sofferenze bancarie ed il debito pubblico hanno raggiunto livelli di guardia? Il refolo di ripresa rischia di trasformarsi in una tempesta di recessione? Metteteci una pezza cacciando l’ex-enfant prodige Matteo Renzi ed installando l’ennesimo tecnocrate del gruppo Bilderberg, ma non ci assillate, perché abbiamo questioni più urgenti.

Se queste crisi sono tutte, più o meno, procrastinabili di altri tre o sei mesi, ne esiste una più grave della altre? Un’emergenza che non può essere rimandata come le altre? Sì, ed è la crisi migratoria: una scommessa dell’establishment euro-atlantico che si è rivelata un clamoroso fallimento, accelerando, anziché frenare, la dissoluzione dell’Unione Europea.

Della questione ci siano occupati più e più volte: in questa sede ci basta ricordare che il processo d’integrazione europeo, “per definizione una cessione di sovranità a livello comunitario possibile solo nei momenti di crisi più acuta3 come afferma il professore Mario Monti, è basato sul continuo susseguirsi di emergenze, propedeutiche a strappare porzioni crescenti di indipendenza ai Parlamenti nazionali, per attribuirli agli organismi di Bruxelles. La crisi migratoria va collocata in questa cornice.

Generata dalle Primavere Arabe ordite dalla NATO, alimentata dagli islamisti (vedi Alba della Libia in Tripolitania) appoggiati da angloamericani ed autocrazie sunnite, fomentata dagli alleati “dell’Occidente” nella regione (vedi l’azione destabilizzatrice di Ankara in Siria), l’attivazione di imponenti flussi migratori, “epocali” secondo Sergio Mattarella e “ventennali” secondo il Capo di Stato Maggiore americano Martin Dempsey4, era, al pari della crisi dell’euro, un’emergenza creata a tavolino dall’establishment euro-atlantico, così da consentire l’applicazione del “metodo Monnet” (da Jean Monnet, uno dei padri nobili dell’Europa unita) finalizzato ad estorcere altra autonomia decisionale ai membri della UE. Non solo: come l’eurocrisi si era accanita essenzialmente sui Paesi dell’Europa meridionale, così i flussi migratori avviati nella tarda estate del 2015 si prefiggevano di destabilizzare il Centro-Nord dell’Europa, fino a quel momento salvatosi.

Nell’operazione gioca un ruolo determinante la cancelliera Angela Merkel che, quando nel mese di agosto si mette in moto, risalendo i Balcani, la fiumana di profughi siriani ospitati in Turchia (senza alcun motivo apparente, ma sicuramente a causa delle pressioni delle autorità di Ankara e delle Ong operanti in loco), cambia improvvisamente opinione (poco settimane prima era rimbalzata sui media il video della bambina palestinese in lacrime davanti alla cancelliera, “perché la Germania non può accogliere tutti”) e dà il via alla politica delle porte aperte ai migranti.

Sì noti che, così facendo, Angela Dorothea Kasner, non agisce nella veste di cancelliera della Bundesrepublik, ma di agente delle oligarchie euro-atlantiche: il premier ungherese Viktor Orban, che nella narrazione della crisi migratoria è dipinto dai media come “l’antagonista”, essendo tra i primi ad erigere un muro ai confini con la Serbia, non esita infatti a chiamare in causa lo speculatore George Soros5, accusandolo di alimentare la tratta balcanica.

Per dare un tocco di scientificità alla nostra analisi, possiamo citare a questo proposito la curiosa indagine svolta dallo scienziato russo Vladimir Shalak (ripresa dal sito Sputnik con l’articolo “Indovinate chi invita i profughi in Germania6) che, analizzando l’origine dei messaggi in arabo su Twitter che invitano i migranti a recarsi nell’ospitale ed accogliente Germania, scopre che i tweet provengono solo per il 6% dalla Repubblica Federale e per il 41% da Paesi anglofoni (USA, GB, Australia e Canada). L’establishment atlantico, in sostanza, invita i profughi generati dalle guerre della NATO a raggiungere la Germania, contando sul fatto che la cancelliera (quasi sicuramente contro voglia, essendo molto attenta agli umori dell’elettorato) spalanchi le porte.

Proprio come l’eurocrisi si dimostra una clamorosa scommessa sbagliata che, anziché produrre gli Stati Uniti d’Europa (vedi i tentativi in extremis di strappare un Tesoro comune), alimenta tensioni nell’Europa occidentale come non si vedevano dalla fine delle guerra, così anche l’emergenza migratoria si trasforma in una disfatta strategica: invece dell’ottenimento della retribuzione pro-quota obbligatoria dei migranti (un intervento a gamba tesa sulla sovranità dei singoli Stati, privati della facoltà di decidere quali e quante persone accogliere), si genera una frattura così profonda in seno alla UE da mettere in discussione persino l’accordo di Schengen sulla libera circolazione delle persone.

Maggiore è infatti l’autonomia dei membri dell’Unione Europea dai legacci euro-atlantici, più forte è l’insubordinazione nella gestione della crisi migratoria. Il gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, tutte senza euro, tranne l’ultima) rifiuta categoricamente la suddivisione obbligatoria dei migranti e l’Austria (esclusa dal perimetro della NATO) annuncia il 16 gennaio la volontà di ristabilire i controlli alle frontiere7, seguita dall’introduzione di un tetto limite ai profughi che potranno entrare in Austria (127.500 fino al 2019)8. La reazione di Bruxelles è ovviamente furibonda: il tetto ai richiedenti asilo è illegale! Vienna non si scompone e tira dritto.

L’effetto sortito dall’ondata migratoria è quindi l’esatto opposto di quello auspicato dalle oligarchie massonico-finanziarie che tirano i fili dell’Unione Europea: lo spaesamento, la frustrazione e l’impotenza di questi ambienti è palpabile nell’articolo “Putin is a bigger threat to Europe’s existence than Isis9 apparso sul The Guardian l’11 febbraio, a firma nientemeno che dallo speculatore George Soros. Il finanziere (in affari con la famiglia Rothschild dai tempi degli assalti speculatici col Quantun Fund) si cimenta in un discorso così paradossale, forzato ed allo stesso tempo bambinesco, da far sorridere: la UE rischia di disgregarsi per colpa della crisi migratoria che è deliberatamente alimentata da Vladimir Putin, deciso a trarre il massimo profitto dal collasso dell’Unione!

“Putin’s aim is to foster the EU’s disintegration, and the best way to do so is to flood Europe with Syrian refugees. (…) Russian planes have been bombing the civilian population in southern Syria forcing them to flee to Jordan and Lebanon. (…) Putin is a gifted tactician, but not a strategic thinker. There is no reason to believe he intervened in Syria in order to aggravate the European refugee crisis (…) But once Putin saw the opportunity to hasten the EU’s disintegration, he seized it.”

Vladimir Putin, secondo Soros, bombarda la Siria; vede che la gente che scappa; i profughi vanno in Europa; lì fanno casino; la UE si disgrega e quindi Putin bombarda ancora di più. Perbacco! Ma chi ha creato, finanziato ed armato l’ISIS?

Il peggio per le oligarchie euro-atlantiche deve ancora venire: la politica delle aperte imposta ad Angela Merkel, necessaria per inondare l’Europa centro-settentrionale di migranti, si ripercuote inesorabilmente sugli umori dell’elettorato, provocando un repentino crollo della popolarità della cancelliera, della CDU e dell’esecutivo. I piani, basati sulla ripartizione obbligatoria dei profughi e sul rapido rientro della crisi, si rivelano sbagliati: incombono ora in Germania le elezioni regionali ed una sconfitta di Angela Merkel, seguita dal suo siluramento dalla Cancelleria, rischiano di infliggere il colpo letale alla già moribonda Unione Europea.

Angela Merkel nel bunker

Per la cancelliera tedesca il 2015 è coinciso con lo zenit del potere, seguito da un repentino, verticale, crollo, dettato dall’ostilità dell’opinione pubblica alla politica delle porte aperte ai migranti: Angela Dorothea Kasner, priva di qualsiasi visione e seguace di una politica opportunistica che si adagia sugli umori dell’elettorato (sono centinaia i sondaggi riservati commissionati dalla cancelliera), si avventura in questo territorio ignoto su pressione delle oligarchie euro-atlantiche che l’hanno istallata alla cancelleria. Non c’è dubbio, infatti, che se avesse potuto agire autonomamente, mai avrebbe imboccato una simile strada: la sua popolarità, nel 2014 al culmine, con il 70% dei tedeschi che esprimono un giudizio favorevole sul suo operato10, si inabissa già nell’ottobre del 2015 al 47%11, subendo da allora una costante emorragia.

Già nel corso dell’estate si era assistito ad un pericoloso indietreggiamento della cancelliera nella classifica di popolarità, in coincidenza con le estenuanti trattative greche: il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, fautore della linea dura a tal punto da caldeggiare l’uscita della Grecia dall’euro, si piazzava già saldamente davanti alla cancelliera12, sostenitrice invece della permanenza di Atene nell’euro a tutti i costi, perché “se fallisce l’euro, fallisce l’Europa13. Preservando l’integrità della UE/NATO (quando la maggioranza dei tedeschi era favorevole all’espulsione di Atene dall’euro14), Angela perde i primi consensi, muovendosi non secondo la volontà dell’opinione pubblica ma in base alle direttive angloamericane. Quando, infatti, nel mese di agosto il Bundestag è chiamato ad approvare l’ennesimo piano di aiuti alla Grecia, il malumore tra i deputati esplode, tanto che ben 66 deputati della CDU-CSU defezionano, votando contro15.

La dinamica per cui la cancelliera, adagiandosi ai diktat atlantici, subisce un costante calo nell’indice di gradimento, si accentua con l’annuncio dall’accoglienza illimitata dei migrati e decolla man mano che l’elettorato ne coglie l’impatto sociale ed economico: si moltiplicano gli episodi di violenza (anche da parte di cittadini comuni) contro i centri di accoglienza, sale la protesta tra gli organi di polizia, si alzano voci di protesta da parte di comuni e regioni. Gli incensamenti da parte dell’establishment euro-atlantico (la rivista statunitense TIME ed il britannico Financial Times la eleggono “persona dell’anno”) hanno l’effetto di un’aspirina: a fine gennaio 2016 ben il 40% dei tedeschi invoca, secondo i sondaggi, le dimissioni della cancelliera16.

Come tutti i sistemi di potere costruiti attorno alla figura di una singola persona, in questo caso il “merkelismo”, la decadenza inizia quanto i beneficiari si accorgono che il vertice non è più l’origine delle loro fortune, ma, al contrario, è la probabile causa delle loro disgrazie: si produce così un rapido scollamento, che porta prima alla frantumazione e poi alla dissoluzione del sistema. Il “merkelismo” non fa eccezione e sono ormai tre, almeno, le fazioni in aperta ribellione: gli alleati della CSU bavarese, ampi settori dentro la CDU ed i potentati locali, dai comuni ai Land. Tutti assistono al continuo e preoccupante calo dei consensi, accompagnato dalla parallela esplosione dei consensi degli euro-scettici di Alternative für Deutschland (la CDU/CSU passa dal 43% dell’agosto 201517 al 36% del gennaio 201618, mentre AfD è stabilmente sopra il 10%) e serpeggia l’interrogativo se la cancelliera non stia portando verso il baratro l‘intera Unione cristiano-democratica.

Stance on Migrants Leaves Merkel Isolated at Home and in Europe19 scrive preoccupato il New York Times il 22 gennaio, evidenziando come un numero crescente di esponenti politici e persino influenti testate come la Bild Zeitung sono sempre più insofferenti verso la cancelliera. La sua eventuale caduta, asserisce il NY Times citando i più influenti pensatoi anglofoni, sarebbe drammatica per le sorti dell’Unione Europea, dell’euro e delle sanzioni contro la Russia:

““The state of leadership in Europe is such that the future of the E.U. currently rests on Merkel’s strength, or weakness,” said Constanze Stelzenmüller, a fellow at the Brookings Institution in Washington. (…) In previous crises, in particular over a third debt-relief package for Greece last year, Berlin could count on support from other Europeans. On the euro and Ukraine crises, Ms. Merkel was “an indispensable leader,” said Jan Techau of Carnegie Europe, a Brussels think tank. (…) It is not only Germany that could buckle, but the European Union itself.”

Più il “merkelismo” si involve, avvicinandosi alla dissoluzione e più chiara diventa la vera identità di Angela Dorothea Kasner, non la paladina degli interessi tedeschi, bensì di quelli atlantici: sintomatico, a questo proposito, è il suo atteggiamento verso la Turchia.

Dopo aver a lungo osteggiato l’ingresso nella UE20 (per meri calcoli elettorali), ora che Ankara è il principale alleato di israeliani ed angloamericani per la destabilizzazione del Medio Oriente, la cancelliera si premura di accelerarne l’ingresso nella UE, di rimpinguarne le casse con 3 €mld per la “gestione di profughi” e di difendere a spada tratta i suoi disegni imperiali in Siria, vanificati dall’intervento di Mosca: “Migranti, Merkel in Turchia: Inorridita da raid russi” scrive Repubblica l’8 febbraio21.

Quasi negli stessi giorni in cui Merkel è in Turchia per sigillare il nuovo “asse Berlino-Ankara” dalla forte valenza anti-russa, il presidente della Baviera, nonché segretario della CSU, Horst Seehofer vola a Mosca per stringere la mano a Vladimir Putin. La mossa impensierisce non poco le oligarchie atlantiche e sul sito della BBC scrivono allarmati22:

“Amid fears that the Russian leader is seeking to destabilise the European Union, the visit of Bavarian Premier Horst Seehofer, known for his hardline stance on refugees and international sanctions, could do more to undermine rather than boost the Berlin government.

Il peggio è ancora però da divenire: il malessere che serpeggia nell’elettorato tedesco, risale progressivamente la società fino a contaminare una testata prestigiosa, blasonata ed autorevole come la conservatrice Frankfurter Allgemeine Zeitung. Il 16 febbraio appare l’editoriale “Merkels Schicksalstage23 (Il destino della Merkel) che è una dura presa di posizione contro la cancelliera: attorno a lei, sia in Germania che in Europa, è ormai terra bruciata, la sua autorevolezza vacilla, le alleanze si sfilacciano e si avvicina il redde rationem, non più procrastinabile nel pieno dell’emergenza migratoria senza fine.

Angela è già scesa nelle viscere del bunker, mentre in superficie incombe la battaglia di Berlino.

La battaglia di Berlino: il punto di svolta nel disfacimento della UE

Nel corso degli ultimi anni, complice anche l’eclissarsi della Francia, Angela Merkel ha assunto le redini dell’intera architettura europea, gestendola ovviamente secondo i criteri atlantici: dalla salvaguardia dell‘integrità dell’euro, all’imposizione delle sanzioni alla Russia, passando per il coinvolgimenti del FMI basato a Washington nei vari salvataggi, la cancelliera ha sempre difeso gli interessi angloamericani. Non è difficile immaginare che se alla testa della prima economia d’Europa ci fosse stata un’altra figura, la storia dell’euro e della crisi ucraina sarebbe stata diversa.

Ne sono consce per prime le oligarchie atlantiche che, non a caso, nel panegirico del Financial Times per il suo incoronamento a “persona dell’anno”, scrivono:

“Ms Merkel has been doggedly patient in dealing with the biggest recent threat to European security — the re-emergence of Russia (…) In the eurozone crisis, she provoked international criticism with her tough approach to Greece and other indebted states, though her party wanted the chancellor to take a harder line. In southern Europe she was condemned as an overbearing debt-collector. But much of northern Europe, and the German public, backed her stance. (…) But as the threats to the stability of the EU, especially the Schengen free-travel zone, have mounted, another motive has come to the fore: protecting European unity. During the Greek crisis, Ms Merkel repeatedly said: “If the euro fails, Europe fails”. Of the refugee crisis, she says: “It is no exaggeration to see this task as a historic test of Europe.”

Considerato l’avanzato stato di decomposizione della UE, il quadro politico sempre più frammentato, i dati pessimi dell’occupazione e delle finanze pubbliche, l’allarmante avanzare della deflazione, è ormai palese che la caduta dei Angela Merkel assesterebbe il colpo letale alla già agonizzante costruzione europea: senza una direzione centrale in grado di domarle, le forze centrifughe prenderebbero il sopravvento, sgretolando nel volgere di pochi mesi l’Unione Europea.

Ecco, perché sono da monitorare con la massima attenzione le elezioni regionali del 13 marzo che si svolgono nei Land del Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt: il primo, decisivo, test elettorale da quando la cancelliera ha spalancato le porte all’immigrazione.

Secondo i sondaggi (ormai è impossibile stabilire quanto falsati e quanto veritieri) la CDU dovrebbe riuscire a conservare la maggiora in Sassonia-Anhalt e formare una grande-coalizione con la SPD (ridotta ormai a perenne socio di minoranza dei conservatori, in una democrazia sempre più anemica) negli altri due Land. Ovunque si registra una forte avanzata dell’Alternative für Deutschland, data tra il 10% ed il 15% dei consensi: la paura tra i quadri della SPD/CDU è tale che è già in atto il meccanismo di “ghettizzazione” dell’avversario e da più parti piovono richieste di escludere l’AfD dai dibattiti televisivi24.

Cosa accadrebbe se la CDU scendesse alle elezioni di metà marzo sotto il 36% pronosticato dai sondaggi? E se Alternative für Deutschland, sulla falsariga del successo elettorale del Front National in Francia, dovesse dilagare alla destra dell’Unione cristiano-democratica, occupando uno spazio ormai senza più presidi? Riuscirebbe ancora Angela Merkel a mantenere unito il suo esecutivo o la CSU di Horst Seehofer e l’ala destra della CDU si sfilerebbero, aprendo le porte alla crisi di governo?

Nel frattempo crescono gli ammutinamenti: Austria, Ungheria, Slovenia, Polonia e Repubblica Ceca si ribellano apertamente alla politica migratoria di Berlino e rispediscono al mittente i diktat della UE di accogliere obbligatoriamente i profughi.

Le forze centrifughe marciano inarrestabili verso la Germania: la battaglia di Berlino è alle porte, non si faranno prigionieri!

 

csu-cdu

 

1http://www.bloomberg.com/news/articles/2016-02-11/imf-warns-of-renewed-grexit-fears-without-credible-greece-plan

2http://www.bloomberg.com/news/articles/2016-01-14/guindos-ditches-pledge-on-spanish-deficit-to-prioritize-growth

3https://www.youtube.com/watch?v=nTHN0yitxBU

4http://abcnews.go.com/ThisWeek/gen-martin-dempsey-calls-migrant-flow-europe-real/story?id=33513415

5http://www.bloomberg.com/news/articles/2015-10-30/orban-accuses-soros-of-stoking-refugee-wave-to-weaken-europe

6http://it.sputniknews.com/opinioni/20151004/1290816.html

7http://www.repubblica.it/esteri/2016/01/16/news/austria_sospende_schengen-131423279/

8http://www.repubblica.it/esteri/2016/01/20/news/juncker_migranti_ue-131661322/

9http://www.theguardian.com/commentisfree/2016/feb/11/putin-threat-europe-islamic-state

10http://af.reuters.com/article/worldNews/idAFKBN0FL1TA20140716?pageNumber=2&virtualBrandChannel=0

11http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-10-07/la-crisi-rifugiati-costa-nove-punti-dieci-settimane-popolarita-angela-merkel—115305.shtml?uuid=ACS1KcBB

12http://www.bloomberg.com/news/articles/2015-07-03/schaeuble-popularity-soars-as-germans-split-on-greece-in-euro

13http://www.repubblica.it/economia/2015/06/29/news/grecia_cronaca-117912208/

14http://uk.reuters.com/article/uk-eurozone-greece-germany-poll-idUKKBN0OS1IT20150612

15http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-08-19/grecia-oggi-bundestag-vota-aiuti-merkel-pronta-all-appello-finale-il-si-cdu-decine-ribelli-084734.shtml?uuid=ACmfPdj

16http://www.thelocal.de/20160129/almost-40-percent-of-germans-want-merkel-to-resign-poll

17http://www.reuters.com/article/us-germany-merkel-idUSKCN0Q70HM20150802

18http://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-germany-idUSKCN0V20O5

19http://www.nytimes.com/2016/01/22/world/europe/stance-on-migrants-leaves-merkel-isolated-at-home-and-in-europe.html

20http://www.corriere.it/esteri/09_aprile_05/turchia_obama_sarkozy_6514e894-21d5-11de-b3cf-00144f02aabc.shtml

21http://www.repubblica.it/esteri/2016/02/08/news/migranti_merkel_in_turchia_colloqui_con_erdogan_e_davutoglu-132956473/

22http://www.bbc.com/news/blogs-eu-35481707

23http://www.faz.net/aktuell/politik/fluechtlingskrise/eu-gipfel-schafft-es-angela-merkel-eu-hinter-sich-zu-bringen-14071076.html

24http://www.dw.com/en/german-right-wing-afd-party-reaches-10-percent-in-polls-for-first-time/a-19001248

22 Risposte a “Verso la battaglia di Berlino: Angela Merkel nel bunker”

  1. La Merkel non ha mai goduto di vera popolarità tra le gente comune.
    Forse, ma sono solo impressioni personali, l’unico punto in cui incontrava una certa simpatia era un evidente atteggiamento ostile verso gli stranieri.
    Non credo si possa dimenticare il suo freddo “l’integrazione multiculturale ha fallito”, già dopo pochi anni dall’inizio dl suo mandato.
    Era più che altro la speranza di una certa fascia sociale tedesca che vedeva finalmente in lei una barriera al dilagare dei “privilegi” degli stranieri.
    Dopo il disastro a cui è stata costretta, sarà costretta a fare le valige per emigrare lei stessa.
    Il guaio grosso è che ha giocato le sue carte seduta sulla sedia sbagliata.Un guaio grosso per tutta la Germania.E per mezza Europa.Abbiamo esaurite le fiches ed i giochi stanno per chiudersi.
    In Europa ormai il coperchio comincia a ballare sulla pentola.

    1. @Mimmo
      >> Dopo il disastro a cui è stata costretta, sarà costretta a fare le valige per emigrare lei stessa.

      Migrerà sì ma per andare a coprire una carica ben pagata in virtù dei servizi resi, al pari di altre oche di razza boldrina come la insignificante Moscerini e quell’essere dal sesso incerto che guida l’ FMI.
      Son tutte persone etero-dirette che svolgono egrgiamente il compito loro affidato

      1. pienamente d’accordo…intendevo che sarà costretta a togliere il disturbo della sua presenza alla nazione tedesca…

  2. Ottimo articolo. Tuttavia, Baden-Wuttemberg e Renania hanno una forte vocazione di centro-sinistra. I tedeschi di quelle regioni sono orgogliosi delle loro capacità di integrazione nei confronti degli immigrati. Questo, tuttavia, succedeva in genere finchè l’integrazione riguardava polacchi, turchi, italiani, romeni, paesi più o meno europei, insomma. Credo che la notte di capodanno nella piazza di Colonia, con le violenze fatte da sub-sahariani, sia stata come rompere un bicchiere di cristallo: una esplosione. Perciò ha fatto una enorme differenza. Il Carnevale di Colonia, però, è passato sotto silenzio. Non ci sono stati fatti simili. Il problema sono i neri che arrivano dall’Africa, completamente estranei ed esuberanti sessualmente. Se interrompono il flusso dei neri, la situazione potrebbe ancora stabilizzarsi. In ogni caso, le vere sfide, la Merkel dovrà affrontarle non ad Ovest della Germania, ma ad Est, dove il razzismo è a 360 gradi, non solo verso i neri.

  3. Ottimo articolo. E’ di pochi giorni fa la notizia apparsa sul New York Times della candidatura della Merkel a segretario dell’ONU? Potrebbe essere una onorevole via d’uscita?

    1. Sì è possibile, la notizia circola da tempo. Mi sembra che la poltrona si liberi ad inizio 2017. Bisogna però vedere cosa capita nel frattempo: di questi tempi, 10 mesi sono un’eternità…

  4. L’Italia sfiancata da 25 anni di Governi messi su da noi, avrà immenso il problema di ricostituire una classe di governo leale e di valore. E qui vedete il danno più grande, che organizzai personalmente in una riunione a Mosca, fatto all’Italia disgregando la capacità formativa della Chiesa. Le Università da Bologna a Catania sono tutte emule della Bocconi: fedeli al loro padrone occupante. L’Italia dovrà veramente ripartire da zero. Uomini come lei, caro Professore, le saranno esiziali se vorrà sopravvivere nella tempesta imminente. Ma nessuno fra i giovani di simile valore deciderà di spendersi fino a quando l’ultimo epigono di questa — che è la copia peggiore della Unione dei Soviet che concepii io con Vladimir e i nostri dante causa a Zurigo — , non sarà oublie.

    1. davvero inquietante il suo intervento,egregio Sig. “Willy Muenzenberg”…nondimeno il suo nickname.

  5. Hai dimenticato di citare i fatti di capodanno a Colonia. Sono stati un vero spartiacque per l’opinione pubblica: chi aveva già dubbi sull’immigrazione libera ha potuto finalmente esprimerli a voce alta, e chi non ne aveva si è ritrovato a rivedere le proprie posizioni. E’ insomma caduta quella facile accusa di “razzismo” che ha tenuto finora il coperchio fissato alla pentola, e la pentola dello scontento è scoppiata.
    Resta la domanda: chi ha voluto i fatti di Colonia? Chi li ha fomentati? E’ di qualche giorno fa la notizia che i responsabili fossero tutti immigrati residenti e non del flusso di agosto 2015. Cosa immaginabile: mica scemo un richiedente asilo a mettersi subito a far casino. Quindi si tratta di una rete locale che si è attivata, chi l’ha voluto?
    Non credo che gli USA abbiano interesse ad una destabilizzazione dell’Europa. Il loro interesse numero uno in EU in questo momento è il TTIP: solo un’Europa unita e relativamente tranquilla può firmarlo. E invece per come si stanno mettendo le cose (proprio a causa della faccenda migranti), quando il TTIP sarà sul tavolo ne vedremo delle belle. Ognuno tirerà l’acqua al suo mulino e finirà a capelli. E intanto l’UK è sul filo dell’addio (non è che mi faccio ingannare dal teatrino di Cameron, anche lì in realtà è l’opinione pubblica che preme).
    E’ da mesi che ci ragiono su queste contraddizioni, e ancora non ne vengo a capo. Chi sta gestendo il gioco davvero? Ancora gli USA? Mmmm…

    1. Secondo la polizia gli episodi di Colonia era “organizzati”, tesi smentita dal governo. E’ possibile che ci fosse una manina dietro all’evento: l’effetto destabilizzante ed eversivo di questi flussi incontrollati è evidente. Serve appunto a creare le crisi di cui parla Mario Monti: che sia la Merkel a scottarsi, è inevitabile.

      1. i nordafricani in Germania non sono i gruppi più “pesanti” per chi deve gestire il frammentato tessuto sociale del paese.
        Turchi, russi, in generale tutta la gente dell’est,gli stessi tedeschi dell’est…gruppi molto saldi nelle loro culture e mentalità, ma pienamente inseriti(non integrati) nelle regole del sistema.
        non è improbabile che sia stata una reazione spontanea nata all’interno di branchi molto differenziati e divisi tra loro, gruppi “tribali”, sfuggiti agli strumenti di controllo.
        Un pò come può succedere in una “famiglia italiana” di provenienza diversa dal buon uomo tutto casa e lavoro.
        Comunque, propendo per la tesi “complottista”…

        1. No. Io penso che i fatti di Colonia (Capodanno) non siano frutto di “complotto”.
          C’è stata una ammucchiata generale nella piazza. Era circa la mezzanotte. Le donne tedesche bevevano e cantavano. I Maschi neri in libera uscita, magari avranno bevuto un po’. Ma, motivati eroticamente, ed è logico, vista la giovane età, non capendo una parola di tedesco, nè sapendosi rapportare in altre lingue ( che lingue conosce un nigeriano??? Occorrerebbe anche una tradizione di corteggiamento, assolutamente estranea al tribalismo locale), ha proceduto nel sistema tradizionale: mettere le mani addosso e procedere in gruppo. Il palpeggiamento dveva dare la reazione della “vittima”. Cioè vedere se quella ci stava. Se avesse risposto con una risata , un sorriso, od uno sculettamento, lui avrebbe proseguito…
          Di fronte alla risposta negativa, allora si prvvedeva a portare via il portafogli od il borsellino. Tipico comportamento da brigantaggio e sequestro di persona di origine tribale…

  6. Ottimo articolo…
    Tempo fa, mi ricordo di aver letto che tale sistema da Lei giustamente segnalato, non è altro che il vecchio sistema “espansione/contrazione”.
    Questo per condensare in poche parole ciò che con dovizia Lei ha scritto.
    Cosa voglio dire con questo? – Voglio dire che le banche ciclicamente, in questo caso in modo più approfondito, hanno nel passato/ora creato bolle, o meglio hanno creato inflazione di cespiti, in quanto parola più precisa, per poi provvedere a contrarre la moneta, cioè è stata artificialmente tolta dalla circolazione con gli effetti che a segnalato.
    Aggiungerei cambiando argomento che per quanto riguarda l’aspetto ahimè più pericoloso diciamo militare che potrebbe portare alla 3° guerra mondiale… Il suo articolo certamente esprime da persona molto razionale un possibile scenario militare, e su questo non posso che essere in maniera diciamo “realistica” d’accordo ma, non me la vedo sul piano pratico/realistico.
    Mi spiego, è verissimo che i neocon-banchieri-massoneria-sionisti ecc. ecc. vorrebbero una guerra per diciamo azzerare la situazione monetaria e questo ci sta alla grande ma, occorre segnalare che la terza guerra mondiale se attuata con tutto l’armamento disponibile, azzererebbe la vita sulla terra per secoli.
    Ora anche un militare di alto grado, lo sa perfettamente e questo a differenza delle altre guerre diciamo limitate, non ha limiti di distruzione.
    Per cui osservando ciò che gli Americani in questo periodo storico stanno facendo e l’intervento della Russia appoggiata dalla Cina e l’Iran, in Siria mi pare di scorgere, la netta contrarietà a scatenarla da parte delle alte sfere militari Americane.
    Osserverei che, all’inizio dell’intervento Russo, “mi corregga se sbaglio” si sono viste che il top dell’armamento usa ovvero le portaerei sono state trasferite in patria per non identificate riparazioni, idem per i caccia bombardieri di stanza in Turchia, cui siamo venuti a conoscenza che anche questi sono stati spostati… Certamente un cospicuo armamento rimane, ma non è il top, e questo mi fa pensare…
    Che ne pensa di questo semplice condensato?
    Saluti.

    1. L’uso di armi nucleari strategiche produrre un ovvio annichilimento che non conviene a nessuno. Però che una netta diminuzione della popolazione sia nei piani delle oligarchie anglofone è fuori di dubbio: sono maltusiani nel DNA.

      1. Questo è un altro argomento interessante del quale non si viene a capo. Qualunque mezzo di riduzione (consistente) della popolazione colpisce anche “lorsignori”: da una guerra nucleare globale che appesta tutto, a un virus che non guarda in faccia nessuno, a una malattia agricola che fa morire di fame anche loro. Forse è per questo che ancora non si sono decisi.
        Resta comunque la domanda fondamentale: che se ne fanno “i prescelti” di un mondo con tre o quattro miliardi di cadaveri insepolti? (Perché una morìa di quel genere non lascia né tempo né voglia né braccia per star lì a rimettere in ordine…)
        Ho sempre avuto dubbi su questo genere di complotto.

  7. Ci sarà da vedere se la battaglia di Berlino porterà ad uno spostamento verso est oppure verso ovest,
    cosa ormai cruciale per il destino dell’Europa….

  8. Federico, cosa ne pensi di Bernie Sanders? Credi sia anch’egli rappresentativo di quei finti partiti anti-sistema o la sua elezione porterebbe gli USA ad adottare politiche più sociali e meno colonialistiche?

    1. Mi sembra che tutto sia impostato per la vittoria della Clinton: salvo colpi di scena, i giochi sono già fatti.

      1. Spero di no! Sarebbe interessante leggere un tuo articolo su come si comporterà Washington a seconda di se a salire sarà Clinton, Trump o Sanders.
        Qual è il worse case scenario? E qual è il migliore?
        Trump sembra godere di maggiore indipendenza ma la sua agenda è forse la più becera, la Clinton ha dalla sua l’appoggio di tutto l’establishment che aveva portato Obama e Bill lassù. E Sanders come si colloca in tutto questo?

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