Italexit? L’imminente crisi bancaria

L’eurocrisi ha raggiunto l’ultimo stadio: da crisi delle bilance dei pagamenti si è trasformata prima, attraverso le politiche di austerità e di svalutazione interna, in crisi economica, e poi, in crisi bancaria, a causa del lievitare delle sofferenze e dell’inarrestabile fuga dei capitali dall’europeriferia. Indicatori come il Target 2 e le condizioni drammatiche in cui versano MPS e, soprattutto, Unicredit, evidenziano che il carico di rottura è ormai vicino: dopo che Deutsche Bank ha sventato l’assalto speculativo di George Soros e Donald Trump ha vinto le presidiziali statunitensi, nessuno può più evitare l’applicazione del “bail in”, costringendo così l’Italia ad abbondonare l’eurozona.

E crisi bancaria fu

Tutto si può dire dell’eurocrisi, tranne che sia imprevedibile: anzi, è una storia trita e ritrita, il cui finale scontato non è anticipato da politici e media solo perché è interesse di tutti fingere che lo status quo durerà ancora a lungo.

È la storia di un regime a cambi fissi, calato su un’area monetaria non ottimale, così da accumulare tensioni che, al primo choc esterno (la bancarotta di Lehman Brothers), generino una drammatica crisi della bilancia dei pagamenti, rendendo necessaria la nascita di un Tesoro unico europeo per salvare il regime a cambi fissi, detto “euro”: l’obiettivo è raggiungere gli Stati Uniti d’Europa, grazie alla tempesta finanziaria del 2011/2012.

Se la federazione non vede la luce (a causa del diniego degli azionisti di maggioranza, Germania e Francia), l’implosione del regime a cambi fissi è scongiurabile solo riequilibrando le bilance dei pagamenti, impedendo cioè che l’europeriferia “viva al di sopra delle sue possibilità”: segue l’imposizione dell’austerità, che non è mirata a sanare le finanze pubbliche (in netto peggioramento ovunque), bensì a tagliare l’import ed incentivare l’export, attraverso meccanismi di svalutazione interna (fenomeno ben visibile nella bilancia commerciale italiana).

La ricetta, inutile dirlo, equivale al curarsi l’emicrania con la ghigliottina: crollano i consumi, crolla l’attività produttiva, sale la disoccupazione e decolla la deflazione. Per alleviare le sofferenze del “regime a cambi fissi” in aggiustamento, il venerabile Mario Draghi vara l’allentamento quantitativo del marzo 2015: si svaluta un po’ l’euro, dando così sollievo ai Paesi che vivono solo più di domanda esterna, e si comprime il rendimento dei titoli di Stato, consentendo di risparmiare qualche miliardo di interessi sul debito pubblico.

I problemi di fondo dell’euro, ossia l’insostenibilità di una valuta unica calata su un’area monetaria non ottimale, non sono però neppure scalfiti.

Il sistema bancario dell’europeriferia, come già evidenziammo nel nostro articolo “Il sinistro scricchiolio delle banche: ultimo stadio dell’eurocrisi”, funge in questo contesto da “sentina” della crisi: è cioè il comparto dove confluiscono tutti i liquami prodotti dalle politiche di svalutazione interna e di austerità. Il crollo dei consumi, dell’attività produttiva e dell’occupazione, fanno lievitare le sofferenze bancarie che, dal 2011 ad oggi, passano da 100 a 200 €mld, il 12,5% del PIL: un mese e mezzo di lavoro, servirebbe a tutti gli italiani soltanto per “ripulire” i bilanci delle banche, senza poter spendere un soldo per bere o mangiare.

Non solo: l’allentamento quantitativo, schiacciando i tassi d’interesse, decurta significativamente il margine d’interesse della banche, la cui redditività, legata ancora in Europa alla semplice attività di prestare denaro, crolla mese dopo mese. Gli investitori, consapevoli che le speranze di sopravvivenza del “regime a cambi fissi” sono piuttosto esigue, non hanno poi nessuna intenzione di conservare il denaro nell’europeriferia né, tanto meno, di partecipare agli aumenti di capitale delle banche, resi sempre più impellenti dalla crisi economica: i risparmi, in sostanza, fuggono all’estero o si guardano bene dall’entrare in Italia.

I tedeschi, consci che presto o tardi l’eurocrisi si trasformerà in crisi bancaria, vigilano affinché la condivisione del debito, rifiutata con gli “eurobond”, non rientri quindi dalla finestra, obbligando la Germania a sobbarcarsi il costo dei salvataggi bancari nell’europeriferia: ne segue l’imposizione del “bail in”, che scarica i costi del dissesto su azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100.000 euro, e, sopratutto, lo strenuo rifiuto alla garanzia europea sui depositi: saranno i singoli Stati, non l’Unione Europea, a dover assicurare la solvibilità della banche.

In questo contesto, l’eurocrisi è destinata ad evolversi in una crisi bancaria, oltre la quale non ci sarà niente, se non la dissoluzione della moneta unica: molto meglio, infatti, per gli Stati abbandonare l’euro e risanare le banche con un po’ di moneta-fiat, che cancellare i risparmi di centinaia di migliaia o sommare altro debito pubblico alla mole esistente già insostenbile.

Si arriva così al novembre 2016, Italia: più di un elemento lascia presagire che sia imminente quella crisi bancaria che spingerà l’Italia fuori dall’eurozona, avviando così la dissoluzione della moneta unica e dell’Unione Europea.

Partiamo da qualche incontestabile dato oggettivo: gli squilibri, mai così alti, del sistema interbancario europeo noto come “Target 2”. Recita il sito ufficiale della BCE:

“Target2 è un sistema di pagamento di proprietà dell’Eurosistema, che ne cura anche la gestione. È la principale piattaforma europea per il regolamento di pagamenti di importo rilevante; viene utilizzato sia dalle banche centrali sia dalle banche commerciali per trattare pagamenti in euro in tempo reale. (…) Target2 è quindi un mattone indispensabile dell’integrazione finanziaria nell’UE. Permette alla moneta di fluire liberamente attraverso i confini e sostiene l’attuazione della politica monetaria unica della BCE.”

Se l’euro fluisse davvero liberamente, se cioè non ci fossero dubbi sulla tenuta dell’eurozona, le banche europee dovrebbero scambiarsi capitali fra di loro, senza accumulare particolari saldi sul sistema interbancario della BCE. Se invece, ed è quello che sta avvenendo, gli istituti di credito dubitassero della solvibilità della controparte e della durata dell’eurozona, anziché fornirsi liquidità vicendevolmente, accumulerebbero i capitali presso le banche centrali nazionali, facendo così lievitare i saldi su Target 2.

Ora:  un primo apice dello squilibrio del Target 2 si toccò nel 2012, quando i fortissimi dubbi sulla sopravvivenza dell’euro congelarono il mercato interbancario e fecero esplodere gli squilibri. Il “whatever it takes” di Mario Draghi, pronunciato nell’estate 2012, calmò un po’ le acque, lasciando che triennio 2013-2015, pur in un clima di perdurante incertezza, trascorresse senza particolari scossoni. Ebbene oggi, nonostante il differenziale tra Btp e Bund sia solo a 180 punti base rispetto ai 500 del giugno 2012, la situazione è più critica di allora. Dall’adozione della moneta unica, non si sono mai registrati squilibri così forti su Target 2 come quelli raggiunti in questi mesi: nel mondo delle banche europee, molti sono convinti che le probabilità di una “Italexit” sono più elevate che mai.

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D’altronde, come non capire la diffidenza degli istituti tedeschi verso le banche italiane? È sufficiente dare un’occhiata alle condizioni dei maggiori istituti del Paese, per capire che la situazione è più critica che mai: sì, ci riferiamo a Monte dei Paschi di Siena e ad Unicredit, alle prese con drammatici aumenti di capitale il cui esito è tutto fuorché scontato.

Gli effetti dell’austerità/svalutazione interna, con i loro strascichi in termini di recessione e fallimenti societari, non hanno risparmiato nessuna banca: tutte hanno visto lievitare in questi anni le sofferenze. Tuttavia i due sullodati istituti hanno sofferto più di un’altra grande banca come Intesa-Sanpaolo e, data la loro stazza, i loro travagli hanno ormai assunto una rilevanza sistemica.

MPS è sta affossata dalla gestione dilettantesca/clientelare della massoneria toscana/PD nazionale: tutto nasce con l’acquisto nel 2007 di Antonveneta per 9 €mld (di cui 2 €mld di fondi neri, di cui si è mai capito chi fossero i beneficiari) e procede con le azzardate operazioni successive per “tappare i buchi”, operazioni con cui la finanza internazionale “ripulisce” la banca senese. Nel caso di Unicredit, invece, il peccato originale risale alla fusione del 2007 con Capitalia (dai bilanci non proprio solidi e limpidi) e, sopratutto, all’azzardata campagna di acquisizioni operata da Alessandro Profumo poco prima che scoppiasse la bolla dei mutui spazzatura. È sufficiente dire, per comprendere le condizioni critiche in cui versa la banca, che Unicredit ha rischiato di andare “sott’acqua” nella primavera di quest’anno a causa di 1,5 €mld, il valore dell’aumento del capitale della Banca Popolare di Vicenza che Unicredit avrebbe dovuto garantire, poi fornito provvidenzialmente dal Fondo Atlante.

Di fronte ad una carenza di capitale allarmante e sotto il peso di sofferenze sempre più sostenibile, i due istituti licenziano in tronco gli amministratori delegati (Fabrizio Viola e Federico Ghizzoni) e si affidano a due uomini che bazzicano, non il mondo della banche commerciali, bensì quello delle banche d’affari: Marco Morelli (ex-Merrill Lynch) e Jean Pierre Mustier (ex-Societé Generale, dove fu capo di quel Jerome Kerviel che bruciò 5 €mld in scommesse sballate). Il senso dell’operazione è chiaro: scopo dei nuovi amministratori delegati è attivare i contatti  di cui dispongono con gli ambienti dell’alta finanza internazionale e racimolare, costi quel che costi, i capitali per scongiurare l’insolvenza.

Nel caso di MPS, si arriva così alla conversione “volontaria” di 11 obbligazioni in azioni ordinarie, per un valore complessivo di 4,3 €mld: il buon esito dell’operazione (che di fatto azzera gli azionisti attuali e trasforma titoli di credito in azioni di dubbio valore) è considerato una conditio sine qua non dal “Consorzio” di banche che devono garantire il prossimo aumento di capitale da 5 €mld. Nel consorzio si contano JP Morgan, Goldman Sachs, Mediobanca, Deutsche Bank, etc. etc.: istituti che si riservano di giudicare l’operazione di conversione “secondo il giudizio in buona fede di ognuno” e, in ogni caso, vincolano l’aumento di capitale all’“andamento soddisfacente per ciascuno dei membri del Consorzio che agiscono in qualità di Global Coordinators, dell’attività di marketing presso gli investitori”1. In sostanza, l’alta finanza dice: voi fate la conversione delle obbligazioni in azioni, se poi ci va e c’è qualche speranza di guadagno, mettiamo i soldi, altrimenti vi arrangiate! Scenario, quest’ultimo, che aprirebbe le porte al “bail-in” per il Monte dei Paschi di Siena.

È un’ipotesi che la politica e l’economia italiana si può permettere? No.

Nel caso di Unicredit si è parlato invece di un aumento di capitale da 10-13 €mld, poi salito alla cifra monstre di 18 €mld, da accompagnare con la cessione di quel che rimane dell’argenteria (Fineco, Pioneer, Pekao Bank). Si è anche parlato di una possibile fusione con Societé Generale, ma è lecito supporre che siano soltanto voci alimentate ad hoc per sostenere il titolo in borsa: davvero qualcuno crede i francesi abbiano interesse a fondersi con Unicredit, quando l’inglese Barclays ha appena abbandonato l’Italia dopo un bagno di sangue e la francese BNP Paribas ha svalutato di altri 900 €mln la controllata italiana BNL2? In un mercato dei capitali asfittico, dove le banche tedesche (si è visto sopra) sono ormai convinte dell’uscita dell’Italia dall’eurozona, è stato difficile racimolare un paio di miliardi per la Banca Popolare di Vicenza: come pensa Jean Pierre Mustier di trovarne diciotto per Unicredit?

Altro quesito: può la prima banca d’Italia fallire un aumento di capitale di cui ha disperato bisogno? La risposta, come nel caso di MPS, è no: molto meglio sarebbe abbandonare l’eurozona e ricapitalizzare l’intero sistema bancario con moneta-fiat, “la nuova lira”.

Le speranze del sistema creditizio italiano (e, conseguentemente, dell’eurozona) erano legate al successo dell’assalto speculativo di George Soros & Co. contro Deutsche Bank: se la finanza angloamericana fosse riuscita a mettere alle corde l’istituto tedesco, Berlino avrebbe dovuto aprire a qualche forma di salvataggio sistemico, che avrebbe messo al riparo anche le banche italiane. L’ultimo disperato attacco è stato sferrato dal Dipartimento di Giustizia americano a metà settembre, con l’annuncio di una possibile multa da 14 $mld per le vicende legate ai mutui spazzatura di quasi dieci anni prima: le quotazioni di Deutsche Bank sono colate a picco. La banca teutonica, però, ha retto il colpo.

Respinto con successo l’assalto di Soros a Deutsche Bank, sconfitta la candidata democratica Hillary Clinton, pro-Unione Europea e pro-euro, affermatosi il candidato “populista” ed anti-europeista Donald Trump, nessuno può più salvare le banche italiane dall’applicazione del “bail-in”. Il sistema creditizio italiano si avvicina quindi al capolinea, rendendo obbligatorio all’Italia abbandonare l’eurozona.

Come facilmente prevedibile, una crisi bancaria incombe e, questa volta, sarà “Italexit”.

 

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1https://www.mps.it/media-and-news/comunicati/ComunicatiStampaAllegati/2016/LME%20Final%2014%20NOV%202016.pdf

2http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-02-05/bnp-paribas-aumenta-utile-e-dividendo-il-titola-vola-borsa-bnl-svalutata-917-milioni-105805_PRV.shtml?uuid=ACgNQHOC

78 Risposte a “Italexit? L’imminente crisi bancaria”

  1. Complimenti Dezzani, una precisazione Unicredit è la seconda banca italiana non la prima.Inoltre un mancato aumento di capitale di Unicredit, metterebbe in crisi anche una banca “solida” come Fineco che detiene circa 11mld di bond Unicredit.
    Aggiungerei al piatto anche le due banche venete semi-salvate alle prese con una forte emorragia di denari (e di una paventata fusione che ne accelererebbe maggiormente la tendenza in atto). Inoltre un mancato aumento di capitale di Unicredit, metterebbe in crisi anche una banca “solida” come Fineco che detiene circa 11mld di bond Unicredit. Escludiamo per il momento le 4 goodbank (che poi non sono tanto good) e altre banchette in forte crisi ma di dimensioni contenute (300/400 mil di capitalizzazione).

  2. Scusa, stimato concittadino ma la domanda mi sembra quasi obbligata: sarà duopo comprare franchi svizzeri? una tua parola e il conto mio sarà salvato.

  3. tutto bene……ma la “nuova lira” graziosamente estrinsecantesi
    in moneta fiat, a quanto con l’euro?
    cordialmente

    1. Non credo che, conseguentemente all’uscita dell’Italia dall’eurozona, esisterà ancora l’euro. Ognuno dovrebbe tornare alla propria valuta per il cui valore rimanderei senz’altro ai differenziali d’inflazione fra i vari paesi, cumulatisi nel corso degli anni (altri propongono l’analisi del bilancio delle partite correnti. Ma il dato è fuorviante. Il saldo positivo può dipendere dalla drammatica riduzione delle importazioni per mancanza di soldi da spendere, più che dal valore intrinseco della valuta).

  4. Ma come potranno le kaste italiche gestire l ‘ italexit dopo averci smarronato 25anni sulle virtu’ salvifiche dell’ europa ? Vvabbene che costoro , non hanno problemi di “immagine “portando la faccia nei pantaloni, ma sicuramente , da presuntuosi incapaci quali sono non hanno alcun “piano B” se non il solito “8 settembre”

  5. C R I S T A L L I N O . Riassunto perfetto di uno dei periodi più subdoli degli ultimi 30 anni. Una domanda: dopo il bagno di sangue nel cambio Eur/New Lira secondo voi qualcuno si fiderà più del sistema monetario in Europa? Con la nuova lira cosa faremo? Io penso che l’Italia non uscirà dall’Euro. Draghi prolungherà il QE oltre Marzo ed in Italia ci saranno veramente lacrime e sangue: Stato, pensioni, fusioni tra banche, crollo consumi (l’Helicopter Money di Draghi già esiste vedi i 500 € agli insegnanti, ai 18enni, le baby card, social card, 500€ forze dell’ordine, 500 € al mese progetto garanzia giovani) e lo incrementeranno con altre forme di assistenza per catapultare poche centinaia di € nelle tasche di potenziali consumatori. Ricordo che questi soldi devono essere spesi per forza altrimenti si perdono. Ovviamente entro il 2019 l’Italia sarà costretta veramente a riformare tutto perchè dopo Draghi ci sarà Jens Weidmann. Cordiali saluti

    1. Guardi Corto Maltese che non esiste Unione Monetaria che sia durata nel tempo, se poi non si è trasformata in Stato vero e proprio. L’euro è resistito fino ad ora solo perché il capitale investito su questo progetto era grandissimo, forse come mai prima nella storia. Non so la data, ma sul fatto che crolli non nutra alcun dubbio. Molto probabilmente (come ci fa notare Dezzani, ma non solo lui) come conseguenza della crisi bancaria. Ma di eventi potenzialmente distruttivi il prossimo anno è pieno. Non l’annoio elencandoli.

      1. Gauardi Rosso che un pò di storia economica la conosco anche io. Crolla tutto? Probabile. Lo so benissimo anche io che un disastro è dietro l’angolo però è un disastro enorme. Infatti nel mio commento vado anche oltre e parlo di fiducia. Chi si fiderà più di nuovo dopo che avranno convertito tutti i conti correnti in Euro in Nuove Lirette che perderanno il 30 % del valore dopo una settimana e il 50 % in un mese? Io ho già pronte le valigie, poi se a lei piace lavorare in cambio della carta straccia allora tanti auguri

        1. Ma lei sa, Corto Maltese, che in un anno la sterlina ha perso quasi il 20% del valore sull’euro e, nonostante ciò, i giovani italiani continuano a migrare in Inghilterra?

        2. Lasciatemi correggere il vostro pensiero. La nuova lira non svalutera’ a questi livelli. Una svalutazione-scossa iniziale, e poi la lira riprendera’ sulla base delle nuove prospettive per l’export italiano. L’Italia a differenza dell’Inghilterra esporta alla grande. Quindi io non do’ alla lira una svalutazione possibile maggiore del 15 %. Volete capire che in giro non c’e’ inflazione ma deflazione?

        3. No, Corto Maltese. Lei di storia economica purtroppo non sa moltissimo. Non scriverebbe quello che ha scritto. La nuova lira svaluterà rispetto ad alcune valute (ad esempio il nuovo marco), e rivaluterà rispetto ad altre, grosso modo secondo il differenziale d’inflazione che si è cumulato nel corso degli anni (per i paesi dell’eurozona), e con gli stessi criteri (ma con un occhio in più verso il bilancio delle partite correnti) per i paesi extra-euro.

          Da dove tira fuori i numeri che propone? Faccia così, in base alla storia economica che lei dice di conoscere (…), mi dimostri quello che ha scritto, ovvero che la nuova lira svaluterà fra il 30 ed il 50% in una settimana (non dovrebbe essere difficile per un esperto come lei, facendo semplicemente ricorso a situazioni simili del passato). Se ci riesce, prometto per punizione di non commentare più su questo blog (non sarò così cattivo da dirle: “e viceversa”).

          Mi perdoni, non sono un aggressivo. Ma di questi tempi quello che ha scritto non può passare sotto silenzio. Sono sicuro che mi ha già scusato.

        4. Non c’è bisogno di scusarsi. Io penso che l’Italia farà la fine della Grecia. Come letto più volte in questo blog, se vi sarà l’Italexit sarà la fine dell’Euro. Penso che sarebbe una catastrofe, la storia economica l’ho studiata bene. La mia tesi è semplice e chiara: Se c’è Italexit addio Euro. E con la fine dell’Euro addio fiducia e senza fiducia questo sistema economico di moneta-fiat non dura nemmeno una settimana. Ma vi ricordate la fine dell’Argentina? Aumentavano i prezzi ogni ora anche della coca-cola e delle caramelle. Di fatto i politici argentini (tutti ben istruiti dai gringos) hanno sempre avuto i loro conti all’estero ed in dollari, Menem, De la Rua etc. Col cavolo che mi fido della Nuova Lira Italiana. Comunque io rispetto le sue opinioni e non sono per nulla aggressivo. Questa è la mia opinione. Può darsi che mi sbaglio e va tutto per aria, Euro, UE, ma qua non si fa a gara a chi ha ragione o chi è più bravo, ognuno scrive le sue idee in base a dei ragionamenti. A volte sono giusti a volte errati, finora ho intuito e scommesso sulla Brexit e su Trump. Adesso penso che vincerà il NO al referendum e faremo la fine della Grecia senza uscire dall’Euro.

        5. Solo una nota tecnica, se Corto Maltese me la concede. L’Italia non è l’Argentina. In quel paese l’avvitarsi dei prezzi si generò perché certe importazioni erano e sono anelastiche. Voglio dire che certi prodotti o semilavorati devono essere acquistati a prescindere dal prezzo, perché non sono prodotti nel territorio. Non è il caso dell’Italia, 4° paese per produzione indistriale prima dell’euro, ed ora credo al 7° posto.

          Non ci sarà alcuna spirale inflazionistica, tranquillo (potrebbero mai gli altri competitors permetterlo?), e la nuova lira servirà per rilanciare la nostra economia (beninteso, è una condizione necessaria ma non sufficiente).

          Nel 2012, mi pare, tradussi in italiano uno studio della Bank of America/Merril Lynch per la serie “Cause and Effect”, in cui si dimostrava che il paese dell’eurozona che più si avvantaggiava della fine della moneta unica era proprio l’Italia (insieme all’Irlanda). In lingua Inglese lo studio viene segnalato nella sezione “Per Cominciare” di Goofynomics. Credo che la sua pubblicazione possa tranquillizzare molte persone a mio parere ingiustificatamente timorose. Se Federico Dezzani vuole, mi indichi un indirizzo e-mail dove inviarlo, ed io lo farò volentieri.

        6. Gentile Rosso, penso semplicemente che se una nazione è competitiva lo sia a prescindere dalla moneta che usa. Lo stesso dicasi per un’azienda. Non è questo il posto dove analizzare il perchè. Basta conoscere un poco di teoria dei giochi. Il suo studio su “Cause and Effect” è sicuramente autorevole però sono convinto che i mali dell’Italia non sono nella moneta bensì nel fatto che non si è mai lasciato libero spazio alle imprese di crescere e diventare grandi per sostenere una marea di statali. Adesso ci troviamo col doppio problema. Aziende medie e piccole super-indebitate e debito pubblico al 135 % del PIL (sarebbe ben oltre se non fosse per alcuni artifici contabili). Saluti

        7. L’onere per mantenere l’Italia nell’Euro come la Grecia, è troppo grande, in più se viene la troika e privatizzano le 5000 aziende municipalizzate, come doveva fare già Monti, il PD perde tutto il bacino di voti che ha, quindi si troveranno a scegliere, se morire di infarto, oppure morire dissanguati….

        8. La finisco qui. E’ inutile discutere con chi, come lei, palesemente niente sa (eufemismo) di macroeconomia. Questa sua affermazione, poi, è da guinness dei primati “”… penso semplicemente che se una nazione è competitiva lo sia a prescindere dalla moneta che usa””.

          Almeno, dico almeno, vada a leggersi “Il Tramonto dell’Euro” di Bagnai. Poi, se vuole, discutiamo ancora. Ovviamente se avrà capito quello che c’é scritto. Non replicherò più e mi scusi di nuovo per qualche eccesso verbale.

        9. mi permetto di dirle una cosa io dato che il suo interlocutore é stato “in comprensibilmente magnanimo”
          vada a farsi fottere . se non sa di cosa parla , l’economia non é un’astrazione , non é un insieme di “iocredo ” “secondo me ” o ha conoscenza oppure no e , mi creda lei ne é mostruosamente sprovvisto . si taccia idiota.

        10. Ultimo commento su questo blog. Apprezzo molto Dezzani per la chiarezza , lucidità e capacità di sintesi e competenza. Accetto le idee e le visioni diverse, ci ragiono e le analizzo, non accetto attacchi ed insulti. Se uno ha una visione differente bisogna rispettarla. Preferisco cento volte l’Euro ad una pezzente valuta socialista tipo la lira che metti piede fuori dall’Italia ti fa rendere conto di quanto è miserabile questo paese. Ma siete mai stati all’estero quando c’era la lira? Io andai a Londra nel 2000 (avevo 14 anni) e fu un bagno incredibile. Per i problemi del mercato interno dobbiamo ringraziare 30 anni di politiche assistenziali con un debito enorme che ha distrutto il tessuto produttivo di questa nazione. Comunque è l’ultima volta che commento. Saluti

        11. Corto Maltese, per favore, sii maturo.
          Non ho voglia di fare ANCHE il buttafuori tra i commentatori. Usi uno pseudonimo: se ti insultano, fregatene!

        12. l’ultimo commento su questo blog ? tu non commenti più ? nella netiquette del blog , di tutti i blog , più che il turpiloquio dovrebbe essere bannata l’idiozia manifesta .
          uno che sostiene che 2+2 puo essere interpretabile è un idiota e , che le piaccia o meno , questa è una realtà che sembra appartenerle .
          insistere nel tentativo di imporre una palese scemenza non è solo da idiota ma da idiota presuntuoso ed arrogante e perseverare facendo l’offeso non tenendo in conto che offende molto di più e molto prima la “presunzione dell’ignorante ” , bhe , questo le garantisce anche la qualifica di stronzo e non se la prenda perché se lei crede che la matematica possa essere un’opinione io credo che gli stronzi come lei siano una pietanza commestibile.
          ,credo che le automobili , proprio come le nazioni , possano camminare senza carburante e se mi sforzo un pochetto potrei anche aver certezza della luna nel pozzo . si taccia significa , taci , sta zitto . zitto zitto .

  6. Il complesso dei sintomi colti dal dott. Dezzani indicherebbero l’approssimarsi di quella discontinuità strutturale su cui a lungo si è teorizzato negli ultimi anni.

    Per quello che posso vedere, il punto di approdo della lunga speculazione finanziaria, non sarà il collasso dell’ Unione Europea – come ingenuamente si potrebbe ritenere – ma una sua profonda riconfigurazione, i cui tratti essenziali oggi si iniziano ad intravvedere.

    L’Italia affronterebbe questo frangente in condizione di estrema debolezza e sarebbe esposta ad un serie di rischi diversi che sarebbe bene considerare nel loro complesso.

    In particolare si dovrebbe riflettere in modo sistemico sulle conseguenze per l’Italia se essa – come paventa il dott. Dezzani – fosse spinta ad abbandonare l’euro a vantaggio di una nuova valuta “fiat”.

    In questo si dovrebbe considerare la compresenza di un alto debito pubblico (che rimmarrebbe valorizzato in euro), di un quadro giuridico internazionale che promuove forme di “bail in” sia per fallimenti bancari che statali, la presenza di organismi internazionali in grado di imporre tali forme di rivalsa sul patrimonio materiale ed immateriale dello stato interessato.

    Vi è il potenziale per una delle più radicali operazioni di spoliazione che la storia ricordi, ben in grado di compromettere la sopravvivenza della nazione come entità coerente e formalmente sovrana.

    Credo che il rischio di rottura dell’unità nazionale, più volte paventato da molti commentatori di questo forum, abbia più che un fondamento. Tuttavia non mi sembra vi sia ancora sufficiente consapevolezza delle conseguenze concrete che si avrebbero sul patrimonio fisico dello stato, delle imprese e delle famiglie.

    Perchè è chiaro che i debiti gli italiani li pagherebbero sino all’ultimo centesimo o – se preferite – sino all’ultimo centimetro di terra.

    Certo sarebbero necessarie robustissime istituzioni parlamentari per dare voce alla popolazione e permetterle di contrapporsi alla prevaricazione di quelli che il compianto prof. Gallino, chiamava i “proprietari universali”.

    E’ forse per questo che alcuni stanno provando a cancellarle? Pensiamoci su quando, tra qualche giorno, ci troveremo davanti al quesito referendario, con la matita in mano.

    1. Senta Frank Brown, detesto invadere gli articoli di miei commenti, giusto uno ogni tanto, ma il suo commento è talmente da incompetente, da spingermi a farlo per la terza volta nello stesso articolo. Non vorrei che qualche lettore finisse per credere alle sue baggianate, ed in particolare a questa: “”In questo si dovrebbe considerare la compresenza di un alto debito pubblico (che rimmarrebbe valorizzato in euro)””.

      Il debito in euro si tramuterebbe in debito espresso nella nuova valuta, c’é una “Lex Monetae”, sa? Ma le faccio rispondere da Alberto Bagnai:

      —————————————————————————————————————————————

      “”Ai rapporti di debito/credito regolati dal diritto nazionale, lo Stato che uscirà applicherà il principio della Lex Monetae, in base al quale uno Stato sovrano sceglie liberamente quale valuta usare. Ne consegue che i contratti regolati dal diritto nazionale possono essere semplicemente riconvertiti nella nuova unità di conto, senza che alcuna delle parti contraenti possa eccepire questa conversione come motivo di recesso dalle obbligazioni contrattuali (né avrebbe particolare interesse a farlo, con buona pace degli strampalati blogger che temono il complotto delle banche cattive). E questo vale per i depositi bancari, e per i mutui, ecc.

      Le conseguenze pratiche di questo principio sono disciplinate dagli art. 1277 e seguenti del Codice Civile (Torny santo subito dopo il concerto di Ligabue):

      Art. 1277 Debito di somma di danaro
      I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale.
      Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima.

      Art. 1278 Debito di somma di monete non aventi corso legale
      Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento.

      Art. 1281 Leggi speciali
      Le norme che precedono si osservano in quanto non siano in contrasto con i princìpi derivanti da leggi speciali.
      Sono salve le disposizioni particolari concernenti pagamenti da farsi fuori del territorio dello Stato.

      L’art. 1277 si applicherebbe laddove l’Eurozona esplodesse. In quel caso l’euro non ci sarebbe più, non avrebbe più corso legale da nessuna parte al tempo del pagamento, e i pagamenti andrebbero fatti in moneta legale (nuova lira) ragguagliata per valore all’euro, e il rapporto di cambio sarebbe quello del changeover, cioè uno a uno (mi riferisco al changeover “in uscita”, non a quello “in entrata”. Solo qualche sprovveduto può pensare che si torni al 1936,27, ma lasciamo stare: non è un blog di psichiatria).

      L’art. 1278 si applicherebbe laddove l’Eurozona non esplodesse, per cui l’euro continuerebbe ad avere corso legale, ma non nello Stato italiano. In questo caso il debitore potrebbe pagare in euro, ma ha facoltà di pagare in moneta legale (nuova lira) al cambio corrente alla scadenza. “Ecco!” Interviene il luogocomunista terrorista “Vedi! Il povero consumatore sarà schiacciato dalle rate del mutuo, perché dovrà pagarle in euro, o. ciò che è lo stesso, in nuove lire svalutate”. Calma. Leggiamo tutto. Questa disposizioni si applicano a meno che non intervengano leggi speciali, previste dall’art. 1281, e lo Stato ovviamente dovrà, nel decreto di uscita, prevedere una deroga all’art. 1278 stabilendo che i rapporti di debito e di credito in euro disciplinati dal Codice Civile saranno regolati in nuove lire al cambio previsto alla data del changeover (cioè uno a uno), e non a quella della scadenza del pagamento (che incorporerebbe la svalutazione).

      Perché dico ovviamente? Perché se non lo facesse condannerebbe all’insolvenza una quantità abnorme di famiglie e di imprese. Nessun governo prenderebbe una decisione simile, se non altro perché significherebbe mettere una pietra tombale su qualsiasi aspirazione politica dei suoi componenti. Del resto, non è questo quello che si aspettano i mercati e non è questo quello che gli studiosi esteri (Sapir, Bootle, ecc.) prefigurano. Dobbiamo pensare che esiste una minima razionalità: una volta presa la decisione, il buon senso dovrà necessariamente prevalere””.

      —————————————————————————————————————————————
      Ad essere “fregata” sarebbe semmai la Grecia, i cui debiti sono stati contratti sotto la giurisdizione britannica (obbligata a farlo). Questo signfica che, nel caso di una rottura dell’euro, i suoi debiti sabbero riconvertiti in sterline inglesi. Ma in questo caso i suoi debiti diventerebbero chiaramente inesigibili e quindi i creditori finirebbero con il dover rinunciare ad una gran parte di essi.

      In Italia, solo una minima parte, del tutto insignificante, del debito privato (niente riguardo il debito pubblico) ricadrebbe sotto questa condizione, soprattutto i grandi gruppi (ENI, ENEL etc), i quali presumo abbiano fatto ricorso a una qualche copertura del rischio cambio.

      Si tranquillizzi, quindi … e faccia anche lei il tifo per la Italexit.

      1. uno Stato sovrano sceglie liberamente quale valuta usare
        si , e poi arrivano i bombardieri a ” ristabilire la democrazia” ,( sempre che non provvedano direttamente a cio’ i “nostri” generali ” laureati” a fort bragg. )

        1. Non me ne voglia, ws, ma il suo commento è un po’ criptico ed io c’ho ‘na certa età. Mi spiega un po’ meglio cosa intende dire? Se si riferisce all’eurozona, ormai anche i sassi sanno che è stata imposta dagli Stati Uniti per una lunga serie di ragioni e che una “rottura” ci sarà solo dopo il “via libera” statunitense. La decisione sarà presa perché l’eurozona è diventata troppo costosa e priva di vantaggi anche per loro, perché la situazione si è aggrovigliata ed una soluzione è impossibile da trovare nell’ambito delle regole comunitarie (letto l’articolo che stiamo commentando?). Quali bombardieri? E a bombardare che cosa? I bombardieri, per la verità, ce li vogliono vendere. Ma con le ristrettezze di bilancio cui siamo soggetti, quando mai potremmo?

        2. Quello che volevo dire ( ammetto, sarcasticamente) e’ che la posta politico-finanziaria in palio nell’ italexit e’ tale che LORO , i centri finanziarii e i loro ” socii esecutivi” ai vertici degli stati dominanti ( U$A. germania ect ) faranno di tutto perche’ cio’ non avvenga , compresi “democratici” golpe e persino ” ripristini di democrazia” a suon di bombe. se fosse necessario.
          Ma non si arrivera’ mai nemmeno a questo perche’ , come in grecia , saranno gli interessi dei ceti dominanti italici a far si che non ci siano reali cambi di politica, almeno fino a che non cadranno disastrosamente i loro ” punti di riferimento esteri “.
          Ora anchio credo che l’ ‘ affermarsi in U$A del “trumpismo” sul “clintonismo” sia un sintomo notevole in tal senso , ma credo anche che la massa e l’ inerzia del sistema sia ancora tanto grande da contenere questi processi ancora per un po’ .

      2. Mi associo e sottoscrivo in pieno il commento di Rosso Piceno. Il debito pubblico viene ridenominato nella nuova valuta, se no esisterebbero già gli eurobond e non esisterebbe lo spread (che sconta il rischio tenuta del debito pubblico). I Bund tedeschi hanno al momento rendimenti negativi proprio perché tutti vogliono restare con i piedi nella valuta che avrà la Germania, euro o marco che sia.

        Quanto al rischio di rottura dell’unità nazionale vale la pena ricordare che i tempi di “Roma ladrona” sono ormai lontani e che anche all’osservatore più cieco è ormai evidente che i guai dell’Italia sono di origine straniera. L’Italia corre mille volte meno rischi di disgregazione di quanti non ne corra l’Europa, la cui frammentazione non è più questione di se ma solo di quando.

        1. Chi deciderà in quale valuta dovrà essere valorizzato il debito pubblico italiano saranno i creditori. I competenti commentatori economici qui sopra, parlano di “Lex monetae” (:-0) degli gli articoli del codice civile e di eurobond. Da parte mia vorrei invece rammentare l’unica legge che veramente conta nel diritto internazionale: quella del più forte. Ubi maior minor cessat. E “salutame a’ sorata”.

      3. buongiorno, scusate, un avviso ai naviganti (ed agli emittenti gestori e detentori di titoli pubblici direttamente od indirettamente…):
        https://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:XFPKsgw3GnoJ:https://gufinomics.blogspot.com/+&cd=1&hl=it&ct=clnk&gl=it
        quindi, occhio alle clausole CACs introdotte col decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7 dicembre 2012. A partire dal 1° gennaio 2013, le nuove emissioni di titoli di Stato aventi scadenza superiore ad un anno sono soggette alle clausole di azione collettiva (CACs).
        grazie Dezzani

      1. Infatti il punto, caro Dezzani, è proprio questo.
        Anche io, come lei, auspicherei un Italexit attuato da un Governo di unità nazionale con un piano studiato nei minimi dettagli.
        Ma se vince il SI allora Padoan, Renzi e tutto l’apparato del suo partito faranno il possibile e l’impossibile per ricercare un escamotage che ponga al riparo le due banche menzionate, tutto il sistema bancario ed il crollo del PD.
        Chiaramente questa sarebbe una buona notizia se non fosse opposta al fatto che dovremmo continuare a calciare il barattolo, quantomeno fino alle prossime elezioni europee di Francia e Germania.
        Se invece vince il NO, temo che succederà anche di peggio, con il Bail-in degli istituti di credito come conseguenza dell’avvento della Troika e di un Commissario nominato da un Presidente della Repubblica che chiaramente non è espressione del nostro voto…

    1. Quoto in pieno ! Finiremo come la Grecia. Sono stato ad Atene pochi mesi fa: il 50 % dei locali commerciali sfitti ed in alcuni casi abbandonati. Solo nella parte archeologica sopravvivevano negozi per turisti poi un disastro. Nei supermercati non c’era nessuno. E stiamo parlando della capitale notoriamente molto più ricca rispetto alle zone interne. Finiremo come loro, il nostro Tsipras sarà il M5 stelle

      1. No, perché l’Italia è un’economia esportatrice, che beneficerà soltanto della svalutazione rispetto all’euro-marco. Ma lei, che non mi sembra giovanissimo, non si ricorda le svalutazione degli anni ’90 che facevano rifiatare imprese e occupazione?

        1. Nel ’92 avevo 6 anni. E comunque quell’Italia industriale non esiste più. Che esportiamo? Si i prodotti DOC – DOP etc. una nicchia. La moda Italiana? Orami soffre la concorrenza globale e i marchi più prestigiosi sono finiti in mani straniere. Uno dei gravi errori è stato quello di de-industrializzare questo paese. E’ stato quello di non far crescere le grandi industrie manifatturiere. La colpa è politica e di tassazione che faceva in modo che le industrie non crescessero e che la loro marginalità fosse rosicata dalla forte tassazione e dai gravosi interessi che per colpa della liretta distruggevano la marginalità aziendale e quindi non le permettevano di crescere. (la mia famiglia aveva un’azienda ai tempi della lira e pagava di interessi il 16-20 % di interessi sul capitale prestato). Parlo di cose concrete, oltre ad aver studiato. Come fa un’azienda a crescere e quindi a creare ricchezza con una marginalità così fortemente condizionata. Come fai a competere a livello globale? Il denaro è solo uno strumento, poi quello che conta è il valore aziendale e cosa produce e a che prezzo. Ma se si usa uno strumento finanziario che si mangia tutto il profitto portando l’utile netto a pochi punti percentuali 1-2% come fa un’azienda a reinvestire e crescere sul mercato globale e quindi con concorrenza globale? L’Italia è un paese di nicchi. Pochi prodotti per ricconi globali. La produzione di massa in Italia è morta e sepolta. Un saluto

        2. Ma perché insiste? Non ci fa una grande figura. Come fa a sostenere “”Il denaro è solo uno strumento, poi quello che conta è il valore aziendale e cosa produce e a che prezzo””?

          La valuta in cui un bene viene venduto è fondamentale per determinare la sua appetibilità (si venderebbero le stesse quantità di auto premium tedesche se costassero il 30% in più?). Lo sa che una delle ragioni per lo scoppio della 2a Guerra Mondiale nel Pacifico fu la selvaggia svalutazione competitiva attuata dal Giappone, che estrometteva dai mercati asiatici i prodotti della Gran Bretagna e degli Stati Uniti?

          Nell’eurozona i prodotti italiani sono penalizzati da un cambio fortemente sopravvalutato, mentre i beni tedeschi sono avvantaggiati da un cambio fortemente svalutato. E’ questa la ragione del pazzesco surplus commerciale tedesco, mentre per l’Italia il nostro piccolo surplus è determinato dalla fortissima riduzione delle importazioni, più che dall’aumento dell’export.

          Riprendiamoci la nostra valuta e i tedeschi si riprendano la loro, e poi staremo a vedere. Lo sa che prima dell’euro il Financial Times era preoccupato per la Germania, descritta come la malata d’Europa, mentre Francia e Italia erano considerate in ottima salute?

          Per concludere, la moneta NON è un mero strumento – e quindi per definizione neutrale – ma svolge un ruolo fondamentale e direi quasi taumaturgico per regolare i mercati. Guardi che non è un’opinione mia, ma di svariati premi nobel e di stimatissimi economisti. Tutti ignoranti come me, naturalmente.

        3. la storia e l’economia la conosco. Il punto è semplice. Io ragiono già in termini Globali, lei no. Sono posizioni differenti. Ragionando in termini globali preferisco una moneta come l’Euro. Non mi fido dei nostri governanti e dei parassiti di stato. L’occasione per la Lira già vi è stata. Non mi sembrava una gran cosa. Ma con la nuova lira chi si dovrebbe tutelare? Gli statali parassiti? I politici con la stampante? L’Italiota medio che non sa neanche distinguere un bond da un’azione? E’ l’ultimo commento, saluti

        4. MONDO. Da una parte gli usurai (banche, finanza, soft power \ news) che prosperano indebitando il prossimo (Stati, aziende, individui) con giochi di prestigio in moneta fiat. Dall’altra il capitale tradizionale (immobili, manifattura, materie prime) che prospera vendendo immobili, beni, energia. I primi fanno profitti anche con la guerra, i secondi con la guerra soffrono un po’. Trump rappresenta il capitale che non vuole rischiare posizioni per le avventure degli usurai. In tal senso è anche un naturale alleato dei Russi (che campano di rendita vendendo energia), ed è in contenzioso coi cinesi perché accumulano troppo debito americano (“ci hanno preso per un salvadanaio”) e non sono gestibili come i giapponesi.

          ITALIA. Da una parte i servitori degli usurai (con prima e terza banca nazionale virtualmente fallite, debito nazionale pro capite secondo nel mondo solo agli Usa senza però avere dollaro e portaerei, guinness negativo dei primati per crescita, produttività, Meridione e demografia). Dall’altra parte: nessuno. Niente materie prime ed Eni sotto attacco da parte dello stesso governo, Berlusconi che vende ai francesi (e ai cinesi), Benetton che tiene le autostrade e specula sugli aeroporti, Agnelli e De Benedetti opportunamente transitati di categoria, esportatori nelle condizioni illustrate perfettamente da CORTO MALTESE.

          Si tratta del “meccanismo” più volte rappresentato magistralmente anche da WILLY (i cui commenti sono sempre molto apprezzati ma forse non del tutto compresi), tra l’altro anche nei commenti di oggi.

          In tale situazione i “cavilli” (Lex Monetae) contano pochino, vale la sostanza, e cioè “Il piano per l’italia” del capitale estero: raschiare il fondo del barile e poi scappare portando via il tappo (BAGNAI). Priva di leader e di una maggioranza coi piedi e la testa nella realtà, l’Italia (40% di votanti tra dipendenti pubblici e pensionati) resterà nell’euro finché vorranno i “partners”. Sia col SI al referendum (che agevolerà le misure a tutela del capitale estero), che col NO (lo spread andrà a 600 e “nell’emergenza” salterà fuori un governo tecnico tipo Padoan o Mogherini che attaccherà il risparmio forse ancora più velocemente, con o senza troika).

          Se eventualmente, come teorizza DEZZANI, la crisi bancaria sfuggisse di mano facendo fuori l’Euro, ci sarebbero comunque (oltre al caos) Marco o Dollaro come riferimento per i debiti pregressi e del mercato nero (in pendant con la liretta).

          Data la situazione, che Dezzani conosce e rappresenta benissimo, comunque un bel movimento “LEX MONETAE TUTTA LA VITA” avrebbe un suo perché: l’enorme potenziale di elettori. Con qualche quadro dirigente assortito e agguerrito (Rosso Piceno al Tesoro da mandare da Weidmann coi suoi Cause and Effect) per il dopo Renzi e Grillo ci si potrebbe già cominciare a fare un pensierino.

        5. Gentile Maurizio, lei ha con chiarezza espresso quello che volevo dire (ammetto di essere stato poco chiaro e me ne scuso con gli altri). In questo blog apprezzo come Dezzani sappia collegare tutti i punti oscuri e meno che muovono i fili dell’economia e della geopolitica. Su chi dice che è meglio tornare alla Lira o ad una valuta nazionale, lo rispetto ma non lo condivido per le ragioni ben elencate qui sopra. Saluti

        6. io penso di no, che non ci torniamo alla lira. Un pò di pazienza e vedremo cosa succede. Ognuno ha le sue idee. Saluti

        7. Lei parla della realtà con chiarezza e competenza, in modo assai più utile e interessante di chi elenca teorie e traduzioni altrui. Non sono certo il solo a pensarla cosi.

        8. Avevo deciso di non commentare più, ma davanti a cotanti baggianate diventa inevitabile. Non sapete niente né di storia né di economia. Però pretendete di dare giudizi ed indicare percorsi. Liberissimi, ovviamente, ma prima studiate. Studiate. Studiate. Altrimenti che peso può essere dato alle vostre considerazioni? Gli asini volano? Se a voi fa piacere …

          Corto Maltese, che è un “case study”, sostiene: “”Non mi fido dei nostri governanti e dei parassiti di stato. L’occasione per la Lira già vi è stata””.

          Appunto. L’Italia nel dopoguerra era praticamente distrutta. Un paese esportatore di manodopera (dopo che gli altri paesi l’avevano precedentemente selezionata. Prima preferirono “quelli del nord”, poi si spostarono su “quelli del sud” perché il nord si era sviluppato e manodopera da esportare non ce n’era più).

          Con la liretta eravamo diventati il 4° paese al mondo per produzione industriale (dopo USA, Giappone e Germania), il paese con più case di proprietà ed un risparmio che lo poneva ai vertici mondiali. Con la nostra economia mista, avevamo (proprietà statale) il 3° gruppo industriale al mondo (l’IRI), ed inoltre l’ENI, L’ENEL, TELECOM (lo sa che era in lizza per acquistare la Apple, che non era grande come adesso, ma era pur sempre la Apple?). Ed inoltre Olivetti (i PC furono inventati qui), Montedison, FIAT, alcune fra le più grandi Case di Moda, eccellenze nella robotica, nella meccanica etc. etc.

          E questo quando c’era la liretta. Ora, che invece abbiamo l’eurone, ce le siamo vendute tutte … con quali risultati? I nostri giovani vanno all’estero sostituiti da giovani africani e la disoccupazione, compresi gli scoraggiati, arriva al 25%. Però abbiamo l’eurone. Con la liretta ci facevamo le case. Con l’eurone ce le dobbiamo vendere, se troviamo qualcuno che ce le compra.

          Prima però avevamo i politici corrotti (Moro e Mattei, però, furono uccisi perché la difendevano, l’Italia). Adesso, invece, siamo guidati dagli onesti tedeschi. Si faccia dire però, perché, nel 2014 (mi pare), gli onestissimi tedeschi sono stati coinvolti in oltre 80 casi di corruzione a livello mondiale e i corrotti italiani solo in 5 casi (se vuole, le invio il sito). E perché per la Siemens hanno dovuto organizzare addirittura un sito internet per illustrarne i casi di corruzione internazionale.

          Si faccia anche dire perché le Casse di Risparmio tedesche, gestite dai politici locali, sono state ricapitalizzate per oltre 60 miliardi di euro e che fine hanno fatto i soldi che si erano vaporizzati (sono quasi 120.000 miliardi di lire. La nostra maxi tangente per eccellenza, Montedison, arrivava si e no a 150 miliardi di lire. Dilettanti anche in questo).

          La realtà è che se non torniamo, e di corsa, alla nostra amatissima Nuova Lira, il nostro paese non ha futuro. Ma non ha importanza se fate il tifo per l’euro. L’eurozona cadrà. Rassegnatevi ed anzi gioitene, è inevitabile.

          Per finire, ho per le vostre idee il rispetto formale che si deve a tutti, ma francamente non ne ho una grande opinione. Soprattutto perché frutto di considerazioni del tutto apodittiche. Io cito delle Leggi (la Lex Monetae) e delle considerazioni largamente accettate dalla letteratura economica. Voi rispondete che non sarà così … ma sulla base di quali considerazioni che non siano delle mere opinioni personali? Scusate, ma non siete un tantino presuntuosi? In ogni caso l’ho detto in premessa. Se per voi gli asini volano ….

          D’accordo, allora, lasciamoli volare. Ma allora perché tutti si preoccupano di un default italiano? Se il debito italiano sarà convertito in una valuta che non sarà la Nuova Lira (quale altra e perché?), perché preoccuparsi? E poi ditemi, perché mai avrebbero inventato i Credit Default Swap? Forza ragazzi. Pensate un po’ quello che vi pare. Ma ragionate un po’, per favore, anche su quello che sto scrivendo.

        9. Gentile Rosso, io sono pienamente d’accordo con quanto scritto da lei sopra. Su Mattei, su Moro, ed anche sulla liretta. Ma quello era un altro mondo, erasolo l’occidente che giocava al capitalismo. Ma come fai a competere nel settore manifatturiero con la popolazione che hai? I prodotti dozzinali ormai sono da un ventennio a questa parte in mano a Cina, India, Bangladesh. Le voglio solo rammentare che la Lira ha visto varie crisi ed è stata tenuta in piedi solo ed esclusivamente per interesse geopolitico dagli americani. Bellissimo è il romanzo di Erdman “il crack del ’79” dove sono molte analogie con oggi e dove i nostri ministri andavano in giro per il mondo a racimolare qualche miliardo per andare avanti. L’Italia e gli Italiani sono un paese che non ha mai voluto fare i conti con la realtà. Sarà per la posizione geografica e la sua forma di penisola, isolati quasi come se fossimo fuori dal mondo. Ma il mondo intorno a noi ci batte 7 miliardi contro 60 milioni e purtroppo non siamo nè la Norvegia nè la Danimarca. Poi se qualcuno a Washington a New York o a Zurigo vuole il fallimento dell’Italia (Italexit) o la disgregazione dell’UE per incassare premi sui contratti swap questo non lo so. Può darsi perchè si sa che quei contratti esistono. Bisogna vedere chi è più forte. Io penso che sempre meno persone si fidano di questo paese, euro o non euro. I problemi sono endemici e difficili da estirpare. Saluti PS se crolla l’Euro e si torna alla lira penso di emigrare ,guadagnare qualcosa in un paese con una bella moneta e tornare in Italia a fare il signore in qualche località di mare. Lo stesso non potrei al rovescio, ci vollero due stipendi mensili per andare in Inghilterra nel ’99 e dovetti anche contenere le spese. Ma anche per un imprenditore italiano che vuole investire all’estero, anche piccolo, ma è meglio una moneta come l’Euro o una tipo Lira anni ’90 ?

  7. Benito era un ragazzo intelligente e pieno di energia. Venne in Svizzera, naturalmente. E capì quasi tutto delle banche, e delle famiglie che le controllavano. Preso il potere col fattivo sostegno della Svizzera, la prima cosa che dovette risolvere fu il fallimento di tutte le banche controllate in Italia dalle suddette famiglie. E nacquero le vostre banche pubbliche. Nemmeno 100 anni dopo, e siete daccapo. Tacito rinato in Piemonte ne svela modi e necessità. Benito era e rimase un giornalista; oggi direste un ‘comunicatore’. Quando Ezra, un genio che invano provai a portare nel Trust, spiegò ogni dettaglio relativo alla creazione da parte nostra della moneta, convenne con lui che i politici non erano altro che ‘camerieri dei banchieri’. Non c’è nessun Benito, nell’Italia sfiancata da 60 anni di ‘Concilio’. Ci sono Volodia e Donald. Questi pure lui un formidabile retore che sa esattamente in cosa sbagliò Benito. Lui, Volodia, i Persiani e i Cinesi sanno che devono chiudere con la moneta fiat emessa a debito da noi. Partendo dal vostro ‘euro’. E poi passando al ‘dollaro’.
    Hic Rhodus, hic salta.

    1. Aaaaw il riferimento al poeta dal cognome monetario (guarda le coincidenze..), di cui avevo già sentito che avesse scritto opere sveglia-coscienze riguardo il sistema bancario, mi aiuta a comprendere le finissime allusioni del sommo Willy…

    2. @Willy Muenzenberg
      Lui, Volodia, i Persiani e i Cinesi sanno che devono chiudere con la moneta fiat emessa a debito da noi. Partendo dal vostro ‘euro’. E poi passando al ‘dollaro’.

      Sarà mica per questo motivo che il Donald ha preso nel suo staff persone che l’Iran lo vedono come il fumo negli occhi?
      Quale era l’ultimo della serie di Sati del Vicino Oriente che al gen. Clark dissero sarebbero stati invasi?

      2.a Rivoluzione americana con l’avvento del Donald? Ma per favore!

      Ed a Zurigo hanno già cominciato a disfare le valige?

      1. Anche gli iraniani preferiscono Trump: la “no fly-zone” della Clinton avrebbe comportato una guerra regionale/mondiale che avrebbe investito anche Teheran. Trump non farà altre cazzate militari in Medio Oriente ed è la cosa più importante: ovvio che non può rompere i rapporti con Israele, altrimenti lo ammazzerebbero.

  8. Da una parte i tecnocrati globali al servizio degli usurai, dall’altra i nazionalisti populisti “al servizio” del territorio. Per l’Italia (e il suo risparmio: la risorsa da cui eventualmente ripartire) senza leader sarà dura. La strategia della tensione è arrivata con 35 anni d’anticipo, il grande comunicatore con 20 e ora, in un momento cruciale, il consenso è acchiappato e sterilizzato direttamente dal web a 5 stelle. Essere il laboratorio sociale dell’occidente non porta grandi vantaggi.

    1. Secondo me, siamo un passo avanti ancora: stiamo già assistendo alla morte dei falsi-populisti del M5S, dopo i quali il sistema non sembra avere molte cartucce.

  9. Signor Dezzani, la seguo da poco tempo e sono un completo ignorante in materia di finanza ecc., ho iniziato a seguirla leggendo i suoi articoli sulla vittoria di Donald Trump, Brexit, le verità sul M5S e sul come l’UE impedisca lo sviluppo dell’Italia, però leggendo il suo articolo mi viene spontaneo da chiedermi una cosa. Se hanno impedito a tutti i costi l’uscita della Grecia dall’euro e dall’unione europea, stanno temporeggiando il più possibile l’uscita dall’unione del Regno Unito, è realmente possibile che ci lasceranno andare così? Poi insomma (questo perchè sono ignorante) una grave crisi bancaria non ci metterebbe al livello della Grecia o peggio dato che col vuoto o comunque scossone politico che si verrà a creare con l’oramai probabile vittoria del No il 4 Dicembre rischiamo addirittura un commissariamento da parte dell’UE?

    1. Trump ha dato il colpo di grazia al sistema euro-atlantico: non ci sarà più nessuna Troika, perché gli USA ora sono favorevoli alla dissoluzione dell’euro-UE.

      1. Dici che gli USA sono favorevoli alla fine dell’euro? Perché dici questo? Va bene approccio post-imperiale di Trump, ma non cercheranno di salvare a tutti i costi la loro creatura?

        1. Il candidato pro-UE era la Clinton. Con Trump cambia tutto: è capace di schiantare l’euro solo per vendicarsi degli attacchi di Soros.

      2. Dezzani lei è un inguaribile ottimista..ma davvero ci crede? O meglio, tutti ci speriamo, ma onestamente non vedo tutta questa voglia di uccidere la UE nei discorsi di Trump. Spero di sbagliarmi, ma secondo me non cambierà nulla. Forse sarebbe stata meglio la Clinton, almeno avremmo saputo di che morte morire…Trump mi spaventa a morte.

    2. Non “rischiamo” , avremo per certo . Non c’e’ dubbio che la SStoria verra’ presto a farci una visitina per vedere di che pasta siamo fatti

  10. coda di paglia?

    PIACENZA, 21 NOV – “Italia a rischio di uscita dall’ euro se vince il “No”? Mi sembra una prospettiva francamente poco realistica”. Lo ha detto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio a margine di un incontro con i “Comitati del Si'” di Piacenza. “Se vince il “No” – ha aggiunto – si apre un periodo di instabilita’ politica, ma per fortuna abbiamo un Presidente della Repubblica capace e saggio, quindi l’Italia non deve avere paura del suo futuro e i cittadini devono scegliere liberamente”. (ANSA).

    1. Quello che tu descrivi è lo scenario più plausibile, ma credo che Dezzani quando menziona l’Italexit si riferisce alla possibilità che la vittoria del NO, senza un Governo coeso (sempre che Renzi si dimetta) possa innescare il bail-in agli Istituti coinvolti nella crisi (anche senza la troika), provocando reazioni di una tale violenza politica da rendere necessaria l’uscita dall’Eurozona per nazionalizzare il sistema bancario.
      Secondo me insisto, senza elezioni immediate, con un eventuale governo formato dai peggiori esponenti europeisti (PD e minoranze solidali della sinistra, CDU e gran parte di FI, compreso Berlusconi) e nonostante le violente ripercussioni politiche di cui sopra, per uscire dall’Euro dovremo forse aspettare le elezioni di Francia e Germania.

      1. Come scrivo nell’articolo (Italexit? L’imminente crisi bancaria), ciò che spingerà l’Italia fuori dall’euro è la CRISI BANCARIA. Il referendum può, al massimo, essere un innesco.

  11. Altro segnale importante:Erdogan ha dichiarato che potrebbe andarsene con Cina e Russia sfanculando la cricca criminale di Juncker e Merckel di cui non ha bisogno.
    L’ aria per i criminali di Bruxelles si sta facendo pesante e irrespirabile…sono soli contro i popoli europei…sfanculati da Inglesi,USA,Russia e ora Turchia.
    Tic Tac….

  12. Planet Trump.
    La copertina dell’Economist “The world in 2017” con i tarocchi, un gioco o altro Dezzani?

  13. fa un certo effetto rimeditare il libro del tuo professore Franco Treviglio
    dal titolo COME SIAMO ENTRATI IN EUROPA (e perchè potremmo uscirne)
    ( prima edizione maggio 1998).
    passiamo dal timore all’auspicio……
    è proprio vero che il tempo macina tante cose….
    cordialmente

  14. Salve dottor Dezzani, la seguo da ormai un anno e aspetto sempre con ansia i suoi nuovi articoli.Mi petmetto di commentare pet la prima volta perché nella mia famiglia dopo la lettura dei suoi ultimi articoli siamo un pó in ansia in relazione all’uscita dall’euro (che date le sue capacitá predittive sembra certa).Volevo chiederLe, avendo in famiglia diversi mutui a tasso variabile é secondo lei oppurtuno convertirli a tassi fissi?e se si, quale sarebbe il momento migliore per farlo? Grazie per l’attenzione e sentitissimi complimenti per il suo lavoro

    1. Non voglio assolutamente trasformare il blog in un sito di consulenza finanziaria. Dico soltanto che mutui a tassi fissi, convenienti come oggi, non torneranno mai più.

  15. La riforma costituzionale serve a non far uscire l’Italia dall’euro per questo ci sono tutte queste fibrillazioni. Se qualcuno si fosse degnato di leggere il nuovo articolo 70 avrà notato che il monocameralismo funziona per il 98% delle leggi. Tra le 13 eccezioni contemplate nel nuovo articolo 70 ci sono la revisione delle leggi europee e la legge di stabilità. Può vincere anche cetto la qualunque, con la riforma costituzionale dobbiamo sottostare ai regolamenti europei e a una finanziaria a loro gradita. È impossibile per un partito populista avere uno straccio di maggioranza nel nuovo senato. Se vuoi fare una legge sui gay o le coppie di fatto puoi governare da solo, ma se vuoi stampare lire scordalo!!!

  16. Dove ci stiamo dirigendo adesso? La Bibbia dice: “[il re del nord = Russia a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Daniele 11:27)] ritornerà nel suo paese con grandi ricchezze [1945], e il suo cuore sarà contro il patto santo [l’ostilità nei confronti dei cristiani], e agirà [attività in ambito internazionale], e tornerà al suo paese [1991-1993. La disintegrazione dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia. Le truppe russe restituito alla paese]. Al tempo fissato [il re del nord] tornerà.” (Daniele 11:28, 29a) Il ritorno della Russia significa qui crisi, che eclisserà la Grande Depressione, la disgregazione non solo dell’area euro, ma anche dell’Unione europea e della NATO. Molti paesi dell’ex blocco orientale tornerà nella sfera d’influenza della Russia. Tale è il piano di Dio.

  17. tutto bello tutto vero

    aggiungo quello che dice Bagnai: WS si sta preparando a scaricare DB dopo il mancato accordo di Basel in Cile, dove tedeschi e americani hanno interrotto le contrattazioni

    di base i tedeschi non vogliono andare incontro agli americani, quindi sarà guerra bancaria

    se vincerà Capitan America invece che Thor, come pensa un amico di Bagnai, non è scontato affatto, vista la tenuta dell’ euro contro il dollaro e il rafforzamento dello stesso in caso di Italexit

    a quel punto, ci sarebbero i famosi accordi del ‘ Plaza Hotel’

    dove stavolta, però, quello che deve accettare di svalutare una moneta troppo forte che nientifica le altre, non sarebbero gli USA come negli anni 80, ma la Germania.

    vado a prenotare franchi svizzeri e BFP indicizzati all’ inflazione italiana.

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