Brexit, sette giorni dopo: la miccia brucia

Non riserva sorprese la Brexit, attenendosi al copione già anticipato: lo choc generato dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sta fungendo da innesco alla dinamite accumulata sul continente dopo otto anni di eurocrisi. Se la nascita degli Stati Uniti d’Europa, fuori tempo massimo nell’attuale contesto politico,  è ormai tramontata, è invece certo che la ricaduta della Francia  in recessione o l’aggravarsi della crisi bancaria italiana implicherà la dissoluzione dell’eurozona e delle istituzioni brussellesi: il precipitare di una situazione economica e sociale già critica, renderà improcrastinabili risposte a livello nazionale.

Grande è la confusione sotto il cielo

La situazione è paragonabile al collasso della Germania guglielmina nel 1918, alla caduta della DDR nel 1989 od all’implosione dell’URSS nel 1991: il caos è grande, la situazione è concitata, gli scenari più disparati si aprano e si chiudono nel volgere di poche ore, è un fioccare di illazioni e congetture. Lo choc è tale da lasciare l’opinione pubblica spaesata. Ma come: è stata Brexit? Ne siamo sicuri?

Lo stordimento è chiaramente percettibile anche tra la tecnocrazia brussellese ed i capi di Stato europei, chiamati a gestire l’ennesima crisi europea, benché ormai completamente esautorati: il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, è l’equivalente dell’imperatore Guglielmo II all’indomani dell’armistizio o di Erich Honecker all’indomani delle grandi manifestazioni dell’ottobre ’89 contro il regime socialista. Il residuato di un’epoca che fu. Non è un caso che sia proprio la stampa tedesca, esperta in materia di crolli politici, a lanciare l’appello: sconfitto, vecchio e malato, Juncker deve gettare la spugna.

Abdicare in favore di chi? Una comparsa che nella migliore delle ipotesi durerà 12 o 24 mesi? Un commissario liquidatore?

È forte, infatti, la sensazione che si respiri aria di smobilitazione in Europa, che l’ancien régime stia velocemente crollando giorno dopo giorno. Sensazione plasticamente raffigurata dalla foto di rito scattata al vertice di Berlino del 27 giugno, il primo summit dopo il clamoroso addio del Regno Unito all’Unione Europea: Angela Merkel, visibilmente invecchiata, dimezzata dalle recenti sconfitte elettorali ed a capo di una Grande Coalizione che sta scivolando sotto il 50% delle intenzioni di voto, a fianco di François Hollande, ai minimi storici in termini di popolarità ed alle prese con un Paese in ebollizione, e di Matteo Renzi, a sua volta esautorato dalla recente sconfitta elettorale ed appeso ad un referendum costituzionale che ha alte probabilità di sancire la sua fine politica. Detriti di un’epoca passata: qualcuno crede davvero che questo “super-Direttorio” possa con un colpo d’ala traghettare l’Unione Europea verso la federazione, gli agognati Stati Uniti d’Europa?

Già perché, come avevamo anticipato, è forte la tentazione nell’establishment euro-atlantico di portare alle estreme conseguenze la strategia del “più crisi per più Europa”, sfruttando i frangenti della Brexit per realizzare una qualche forma di unione fiscale e politica. Come emerge dall’articolo “Brexit and the Future of Europe1 firmato da George Soros, è ancora viva nei circoli finanziari la speranza di poter salvare l’Unione Europea ridisegnandola, magari in forma confederativa, se non federativa: “After Brexit, all of us who believe in the values and principles that the EU was designed to uphold must band together to save it by thoroughly reconstructing it. I am convinced that as the consequences of Brexit unfold in the weeks and months ahead, more and more people will join us”.

La missione appare, oggettivamente, difficile, se non impossibile.

Persa l’occasione al culmine della prima onda dell’eurocrisi (estate 2012), è lecito domandarsi come l’operazione possa riuscire a distanza di quattro anni, dopo che la disoccupazione ed il malessere sociale ha gonfiato i partiti anti-europeisti e la deflazione ha portato allo stremo la finanza pubblica e privata.

Il primo documento sfornato a caldo dal motore franco-tedesco, “A strong Europe in a world of uncertainties2, è sul solco delle decine e decine di proposte concepite negli ultimi anni per fronteggiare l’eurocrisi: molta retorica e poche misure concrete. Si contempla un patto per la sicurezza e la lotta al terrorismo (sfugge il nesso con lo sfaldamento politico dell’Unione in atto), un diritto d’asilo europeo ed una comune politica migratoria (ma non è stato proprio il timore dell’immigrazione incontrollata il cavallo di battaglia dei “leave”?), una qualche forma d’unione fiscale, che “should start by 2018”, dovrebbe iniziare entro il 2018, ossia tra due ere geologiche. L’ultimo punto, l’unico rilevante per la sopravvivenza dell’euro, è stato peraltro prontamente smentito da Wolfgang Schäuble: “avulso dalla realtà politica3è la definizione data dal ministro delle Finanze tedesco

Come non capire la posizione di Schäuble?

Nel 2017 si voterà per il rinnovo del Bundestag e per scegliere il nuovo inquilino dell’Eliseo: considerata l’aperta ribellione dell’elettorato contro le élite europeiste ed i progetti di maggiore integrazione europea, quali sarebbero le possibilità per la Grande Coalizione tedesca di conservare il potere e quali quelle di bloccare l’ascesa di Marine Le Pen? Il realismo politico di Schäuble è condiviso dal presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, che ha evidenziato quanto sia sciagurata l’idea di scongiurare l’implosione della UE avanzando proposte di una federazione del continente, un’utopia del tutto scollegata dalla realtà (“The spectre of a break-up is haunting Europe and a vision of a federation doesn’t seem to me like the best answer to it. We need to understand the necessity of the historical moment”4).

Se la politica balbetta e l’unione fiscale (ossia il trasferimento di denaro dalla Germania verso il resto dell’eurozona) rimane una chimera, l’unico salvagente cui aggrapparsi nei frangenti della Brexit rimane la politica monetaria.

Peccato però che Mario Draghi abbia pronunciato il “whatever it takes” per salvare l’euro già quattro estati fa e l’allentamento quantitativo abbia già compiuto 18 mesi, con scarsi risultati: certo, la forbice tra i rendimenti dei titoli periferici ed i Bund è stretta e la Brexit, che nel 2011 avrebbe fatto precipitare il valore dei Btp, non ha scatenato tempeste nel mercato dei debiti sovrani, ma resta il fatto che l’eurozona è in sostanziale deflazione dall’autunno del 20145 e lo choc economico causato dalla Brexit ha portato al minimo storico le aspettative sull’andamento dell’inflazione nella zona euro6, con pesantissime ricadute per la tenuta della finanza pubblica e privata. Non solo, il venerabile Mario Draghi è stato costretto ad ammettere che la Brexit rischia di indebolire ulteriormente l’anemica crescita dell’eurozona nel prossimo triennio.

“Fate presto a risolvere i problemi delle banche!”, sollecita Draghi sull’orlo di una crisi di nervi, con un chiaro riferimento alla garanzia europea sui depositi bancari, ferma da mesi a causa del rifiuto tedesco a sobbarcarsi il salvataggio degli istituti dell’europeriferia.

Recessione e banche, quindi: la dinamite pronta alla deflagrazione.

Recessione e/o crisi bancaria: l’esplosione annunciata dell’eurozona

Si consuma veloce la miccia innescata dal Brexit e si avvicina inesorabile all’esplosivo ammassato sul continente. Già prima del Brexit erano stati pubblicati dati che attestavano un peggioramento economico nell’eurozona, nonostante il potenziamento della politica monetaria della BCE: l’Istat segnalava un preoccupante rallentamento dell’asfittica crescita italiana ad inizio giugno7 e la situazione non era certo migliore varcando le Alpi. In Francia, infatti, era sicuro che l’effetto congiunto di un contesto globale in deterioramento e degli scioperi che paralizzavano da settimane il Paese avrebbe impattato l’asfittica crescita, come poi testimoniato dalla caduta dell’indice PMI, un anticipatore dell’andamento economico, sotto la soglia che separa la crescita dalla recessione8.

Il quadro, già molto precario di suo, è stato ulteriormente aggravato dalla Brexit, dallo choc finanziario annesso e da tutte le incertezze del caso: lo scenario dell’ennesima recessione in eurozona diventa ogni giorni più concreto. Il quesito da porsi. a questo punto, è: quante sono le possibilità che la moneta unica sopravviva ad una nuova contrazione dell’economia?

Modeste, se non nulle.

Subentrata una fase di disgregazione non più solo sostanziale, ma anche formale dell’Unione Europea, la ricaduta della seconda (Francia) e della terza (Italia) economia dell’eurozona in recessione implicherebbe automaticamente lo smantellamento dell’euro, per una lunga serie di motivi. L’inasprimento della disoccupazione, già a livelli record in Francia ed Italia, il repentino peggioramento delle finanze pubbliche (il rapporto debito/PIL francese sfonderebbe velocemente il 100%) e la necessità di un nuovo salvataggio del sistema creditizio, renderebbe necessario per Parigi e Roma abbandonare ipso facto il regime a cambi fissi, chiamato “euro”. Solo svalutando rispetto all’euro-marco ed iniettando moneta fiat nell’economia, attraverso la nazionalizzazione delle banche ed il varo di opere pubbliche, sarebbe possibile salvare il sistema creditizio, reflazionare l’economia e contenere l’aggravarsi della disoccupazione.

Già, gli istituti di credito: il vero punto dolente dell’europeriferia. Il Financial Times, all’indomani del voto inglese, non ha tardato ad evidenziare l’impatto del Brexit sull’industria finanziaria europea e su quella italiana in particolare: nell’articolo “Italy may be the next domino to fall” del 26 giugno il sistema creditizio è indicato tra le maggiori minacce per la permanenza dell’Italia nella moneta unica.

Protetti i titoli di Stato dallo scudo della BCE, la speculazione all’indomani del referendum inglese si è riversata, non a caso, su quanto di più simile ai Btp esista, cioè le banche: gonfie di titoli di Stato, appesantite da 200 €mld di sofferenze, strangolate dai tassi a zero della BCE che riducono i margini d’interesse, azzoppate dalla severa normativa del “bail in”, gli istituti di credito sono il perfetto surrogato dei Btp per scommettere sull’addio italiano alla moneta unica. Un quarto della capitalizzazione delle banche italiane è stato spazzato via nei giorni successivi alla Brexit, aggravando le perdite già pesanti innescate dall’adozione del “bail in” ad inizio gennaio (Unicredit ha lasciato sul terreno il 60% del valore in borsa negli ultimi sei mesi, MPS, ormai allo stremo, il 70%): il crollo borsistico complica non poco la ricerca di capitale fresco, indispensabile per puntellare i bilanci che scricchiolano sotto il peso delle sofferenze e di profitti sempre più magri.

Si sono accavallate, in questi pochi giorni, le voci più disparate sull’incipiente crisi bancaria italiana: dall’ingresso di Cassa Depositi e Prestiti direttamente nel capitale degli istituti (si è parlato di un’iniezione da 40 €mld di denaro pubblico), alla costituzione di un secondo fonte Atlante (essendosi il primo già esaurito nella fatica, non proprio titanica, di ricapitalizzare Veneto Banca e la Banca Popolare di Vicenza), alla cessione a valore di carico del 25% delle sofferenze alla Cassa Depositi e Prestiti o ad Atlante 2 (sempre partecipato dalla Stato attraverso la Cdp, che si accollerebbe così l’enorme minusvalenza sui crediti in sofferenza)9.

Le ipotesi figurerebbero, quindi, come un vero e proprio aiuto di Stato, in deroga al principio del “bail in” che prevede di azzerare preventivamente azionisti, creditori subordinati e correntisti sopra i 100.000 €: secondo le ricostruzioni fornite dalla stampa, il governo italiano avrebbe cercato di giustificare l’intervento adducendo come presto le circostanze eccezionali, la Brexit appunto. Circostanze eccezionali che, secondo l’art. 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea10, consentirebbero allo Stato di soccorre le imprese private.

Ipotizziamo per un attimo che Bruxelles acconsenta agli aiuti di Stato: benché Cassa Depositi e Prestiti sia una spa controllata all’80% dallo Stato ed al 20% da privati, motivo per cui il suo debito non è consolidato dallo Stato, trascorrerebbe poco tempo prima che il Ministero del Tesoro debba a suo volta aprire il portafoglio, per ricapitalizzare la Cdp trasformata in “discarica” del sistema creditizio italiano. Il denaro che occorre per puntellare le banche, finirebbe così inevitabilmente per sommarsi ai 2,230 €mld di debito pubblico, allontanando per sempre l’ipotesi, non di una sua riduzione, ma del suo contenimento.

È questa la principale ragione, oltre alla necessità di non perdere la faccia revocando una norma appena introdotta, che ha indotto il 29 giugno, prima il francese Benoit Courè, membro esecutivo della Bce, e poi la stessa cancelliera Angela Merkel, a scartare qualsiasi eventuale deroga al “bail in”, nonostante la Brexit.

Il rifiuto tedesco agli aiuti di Stato, nonostante l’oggettiva eccezionalità della situazione, è in linea con la condotta sinora seguita da Berlino: “nein” agli eurobond, “nein” all’iscrizione nel bilancio della BCE dei titoli di Stato acquistati da Francoforte (riversati per l’80% nei bilanci delle rispettive banche centrali nazionali), “nein” alla garanzia europea sui depositi. È almeno dal 2012 che la classe dirigente tedesca è intimamente convinta che l’eurozona, nella sua attuale configurazione, sia destinata inevitabilmente a scomparire: accetta di prolungare l’esperimento (oggettivamente conveniente per le casse di Berlino), purché sia l’europeriferia ad addossarsene i costi per il mantenimento.

Il momento della verità per il sistema creditizio e l’Italia stessa, quindi, si avvicina: nubi nere, foriere di tempeste finanziarie, si addensano sull’estate 2016, che si prospetta persino più drammatica di quella del 2011.

La miccia accesa dalla Brexit si consuma veloce e, tra nuovi rischi di recessione e banche alle corde, non manca molto all’esplosione.

 

BREXIT-CARTA

1https://www.project-syndicate.org/commentary/brexit-eu-disintegration-inevitable-by-george-soros-2016-06

2http://static.presspublica.pl/red/rp/pdf/DokumentUE.pdf

3http://www.wsj.com/articles/germany-says-u-k-shouldnt-let-uncertainty-over-brexit-drag-out-1467028584

4http://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2016/05/30-pec-speech-epp/

5https://www.ecb.europa.eu/stats/prices/hicp/html/inflation.en.html

6http://it.reuters.com/article/itEuroRpt/idITL8N19J3G2

7http://www.repubblica.it/economia/2016/06/07/news/nuovo_allarme_dall_istat_rallenta_la_crescita_dell_economia_italiana_le_imprese_sono_sfiduciate_-141471891/

8http://it.reuters.com/article/economicNews/idITL8N19F0UA

9http://it.reuters.com/article/businessNews/idITKCN0ZE16T

10http://www.consiglioregionale.calabria.it/upload/istruttoria/TRATTATO%20art.%20107,108,109.pdf

43 Risposte a “Brexit, sette giorni dopo: la miccia brucia”

  1. Ottimo articolo! Arrivati a questo punto Renzi dovrebbe andare in Parlamento e spiegare la situazione di emergenza. Dopo di che dovrebbe salire al Quirinale e chiedere il nulla osta per creare un governo di unità nazionale. Occorre finalmente parlare di interesse nazionale e unire intorno al tavolo le persone che ci stanno. Non vanno piu’ bene accordi sottobanco come il patto del Nazareno. Servono accordi chiari fatti alla luce del sole a vantaggio della nazione. Questo nuovo governo potrebbe dare l’incipit al nuovo partito, che se parte bene, parlando finalmente di quello che a noi conviene, ha delle praterie davanti lasciate dai grandi vuoti nell’elettorato di centro-destra soprattutto.

  2. Tacito intravede di nuovo Roma nella sua terza forma: La Russia. E disegna la mappa che vedrà presto un doppio cambiamento di colore. Se lei potesse scegliere, chiedono i sondaggisti ai francesi, chi vorrebbe come presidente? Putin, per oltre l’80% del campione.

    Prima di noi riuniti a Zurigo 100 anni fa, a sconvolgere il mondo deformando Marx giovane e il pensiero romano europeo, a Berlino, fu Hegel. Per negare la fede e l’evidenza della storia come teologia, parlava di Spirito del Tempo. A pagarlo e stamparlo, erano gli stessi che pagavano noi. Roma, è rediviva in Russia. E cosa attende, Roma, se non civilizzare e ricivilizzare?

    1. ma che accidenti significa deformando marx giovane se hegel muore nel 1831 quando marx tiene 13 anni?????

    2. concordo con Muenzberg ma per civilizzare serve un katechon….. ed (ovviamente) la Modernità ha fatto di tutto per dimidiarlo.

  3. Ottimo articolo.
    Ma….per salvarsi il c…. comprare un po’ di oro potrà servire ???

  4. A mio modesto parere è che da questa crisi l’Italia esce distrutta non solo sul piano economico, ma anche su quello politico-istituzionale: la corruzione e la pochezza di una classe politica che docilmente ha operato in un contesto coloniale impedirà quel salto di qualità necessario per riappropriarsi della propria sovranità, monetaria e non. Il paese (definizione mai fu più appropriata, essendoci il termine Nazione estraneo) è completamente allo sbando e mostra segnali di una crisi irreversibili sul piano istituzionale. E non credo che nel breve termine sia possibile che una qualsivoglia forza politica possa operare il miracolo di eliminare le profonde incrostazioni che ingessano la società italiana sin dalla sua formazione, un secolo e mezzo fa. Ci sono degli errori di fondo che purtroppo sono ineliminabili, democraticamente parlando. E quindi, “chi seppellirà la balena bianca?” per usare le parole del saggio Montanelli?

    1. Nel 2008 parlando con un amico, in risposta al suo entusiasmo per l’esito delle elezioni politiche affermavo che per districare la matassa Italia e decidere cosa vogliamo far da grandi era quasi inevitabile una guerra civile, che tornando a noi , mi pare rispecchi il pensiero espresso dal suo commento. Io naturalmente spero di sbagliarmi e che non sia necessario l’uso della violenza per riappropiarci della nostra sovranita’.

    2. Saggio Montanelli? Ma allora non avete capito proprio niente. Montanelli è diventato Montanelli ricettando sovranità italiana agli americani. Basta solo dire che a causa delle sue campagne contro Mattei il Corriere della Sera che lo ospitava perse centinaia di milioni dell’epoca di commesse pubblicitarie dell’Eni. Chi pensate che pagasse? E perché Mattei avrebbe finanziato e fondato il quotidiano “Il giorno” se avesse beneficiato di un minimo di informazione imparziale? Il primo passo da fare in Italia è eliminare il cancro delle “democrazie” massonico-atlantiste, cominciando dallo smascherare quelli che, come Montanelli, hanno fatto fortuna grazie ad esse.

  5. Guardando alla concorrenza tra grandi sistemi economici si può considerare un certo progetto di Unione europea come l’ennesimo tentativo di contenimento della crescita tedesca e della sua storica espansione verso est.

    Saturato di automobili e lavatrici tedesche il mercato comunitario e vietato ogni commercio con la Federazione russa, gli industriali tedeschi hanno incominciato a soffrire la stagnazione, causata da contenimenti e punizioni che considerano sleali.
    Sono state allora loro offerte la Grecia e l’Ucraina. Che si sono rivelati però palliativi di breve periodo.

    La Confindustria bavarese ricorda che la Germania è stata messa nella CECA in forza di una sconfitta, è entrata nella CEE malvolentieri, è stata indotta a firmare nel 1989 l’Atto unico europeo in cambio della Germania est, si è vista costretta a rinunciare al marco per accettare l’euro. E’ una storia fatta da una continua successione di devo ma non voglio. Eppure continua a ricevere una pessima stampa.

    Alla prima occasione utile – che non sembra tanto lontana – ritornerà ad avere mani libere.
    Dipenderà allora in buona parte dalla capacità politica dei suoi leader di prefigurare un destino che porterà a un nuovo bombardamento su Dresda oppure un ruolo di testa di ponte per un’Eurasia nella quale la sua capacità industriale non dovrà più essere contenuta, ma sarà messa a frutto per lo sviluppo e la prosperità di alcuni miliardi di persone.

  6. ..E CONTINUANO AD ACCUSARE ANALFABETI ED ANZIANI DI AVER VOTATO LA BREXIT!!!!!!!

    Traité UE-Canada : Juncker favorable à une adoption sans avis des parlements nationaux
    29 juin 2016, 17:55 – Avec AFP
    https://francais.rt.com/economie/23024-traite-ue-canada–juncker

    quando invece è tutto cosi palese, diabolicamente certo
    e che SIAMO SOTTO DITTATURA, di una ideologia dominante che critica trump salvini farage e non si rende conto di essere assolutamente piu fascista di costoro..
    non basta leggersi commenti dei nostri pennivendoli di punta?
    di chi addirittura vorrebbe negare il voto ai non laureati e agli ultrasessantenni????

    NON DOVREBBE FARE PAURA LA TECNOCRAZIA DI BRUXELLES, MA QUANTO PIUTTOSTO IL PENSIERO FORTE DI CHI IN OGNI PAESE LA SOsTIENE…
    e a sostenere questo fascismo ibrido camuffato da democrazia è proprio chi dall’euro ha tratto vantaggi….chi non ha visto il proprio potere di acquisto dimezzarsi dall’oggi al domani, chi la questione immigrazione ed insicurezza sociale non la vive sulla propria pelle…

    attenzione….siamo nell’anticamera della dittatura vera..
    uno stato autoritario non deve fare paura perché usa la forza,,
    UNO STATO è AUTORITARIO QUANDO è SOSTENUTO DALL’IDEOLOGIA,DALLA COSIDDETTA BASE CULTURALE….da media sia televisivi che stampati ne suonano la grancassa…

    prima ancora di liberarci dalle girnfie di questi juncker DOBBIAMO PRIMA ELIMINARE,,CANCELLARE TUTTI I LORO MEGAFONI,,,
    e non serve fare i nomi, basta cliccare sulle maggiore testate mediatiche e vomitare…

  7. “L’inasprimento della disoccupazione, già a livelli record in Francia ed Italia, il repentino peggioramento delle finanze pubbliche (il rapporto debito/PIL francese sfonderebbe velocemente il 100%) e la necessità di un nuovo salvataggio del sistema creditizio, renderebbe necessario per Parigi e Roma abbandonare ipso facto il regime a cambi fissi, chiamato “euro”.

    Solo svalutando rispetto all’euro-marco ed iniettando moneta fiat nell’economia, attraverso la nazionalizzazione delle banche ed il varo di opere pubbliche, sarebbe possibile salvare il sistema creditizio, reflazionare l’economia e contenere l’aggravarsi della disoccupazione.”

    Sarebbe interessante, a questo proposito, valutare il fattore tempo, cioè cosa cambia negli esiti dell’operazione tra l’intraprenderla prima o dopo l’annunciata esplosione.

    Prima o dopo aver sacrificato CDP, tanto per fare un esempio concreto.

  8. L’Italia è una bomba ad orologeria. Ci ho indovinato (e guadagnato) sulla Brexit. Vediamo se ci indovino di nuovo. L’ euro e l’Europa non crollano altrimenti si tirano dietro il mondo intero ed allora terza guerra mondiale. Il mio pronostico è che in questi mesi hanno preparato la vaselina con i casi Veneto banca e Popolare Vicenza e Banchette Boschi & co. Solo che stavolta a pagare saranno in tantissimi. Ho fatto due conti e dovrebbero azzerare gran parte delle obbligazioni per circa 150-180 miliardi. Una cosa mai vista. La cosa più bella è che mentre scrivo il 95 % degli Italioti pensano alla partita di Sabato.

    Pagheranno i dipendenti delle banche giustamente in quanto sovradimensionate come ha ribadito Padoan. E alla fine arriverà la Troika e lacrime e sangue per tutti compresi dipendenti statali parassiti. Sarà una bella cura dimagrante per persone che sono state all’ingrasso senza produrre un tubo.

    Non sarà un bello spettacolo. Lo sto dicendo da tempo. Per di più il 70 % delle persone con mutuo sono state richiamate a rinegoziare il mutuo con la scusa che fosse a loro vantaggio e che scendevano gli interessi. Peccato che nel nuovo contratto ci fosse la nuova clausola sul patto marciano e 3 rate non pagate bye bye casa senza passare per tribunale (7 anni).

    Ripeto NON SARA’ un bello spettacolo. Prepariamoci al peggio.

    PS Quel semi-analfabeta di Renzi (luis tesso ammise di non capire un cavolo di economia e finanza all’inizio) è il classico cog…one che crede di aver fatto carriera perchè bravo, e che invece i vecchi volponi tutti scomparsi (Berlusconi. Prodi, Monti, Bersani, Veltroni, Fini, Casini etc.) gli hanno lasciato la guida dell Azienda Italia iper inguaiata. Penso che Renzi dopo quello che accadrà avrà serie difficoltà a girare per strada.

    Dopo la Troika arriverà il M5 stelle tra un Helicopter money che di fatto già esiste con bonus bebè, 80 euro, 500 euro insegnanti, 500 euro bimbiminchia, 80 euro alla polizia e tutti felici e contenti.

    Intanto gli immobili si deprezzeranno di un altro 15 % – 20% nei centri città e di un altro 30 % in provincia fino a picchi di circa il 50 % nelle periferie di provincia desertificate. Nelle stime sono sempre ottimista.

    Un cordiale saluto a tutti e occhi aperti che il periodo è pericoloso ( non escludo attentati in Italia a firma ISIS-CIA ) giusto per non farci mancare nulla. L’Italia è il vero problema, altro che Grecia e Spagna…

    1. Condivido, spero che la rpima parte si avveri, quando taglieranno gli stipendi statali ci sarà da ridere per molti.

      1. buongiorno.
        nel senso che un’altra mazzata sulla domanda aggregata interna fara’ ridere? si, certo, parecchi… le conseguenze le conosciamo, storicamente. chi non lavora, o si nasconde nel nero, non paga tasse. chi le paga ne paga sempre di piu’ finche’ rinuncia ad intraprendere (o non investe affatto in Italia). distruzione dei redditi=sofferenze bancarie. recessione si somma a recessione. biglietti di Stato a corso legale non si possono emettere… https://1.bp.blogspot.com/-ePlqsQVz2KA/V1MWGBnX2zI/AAAAAAAAEqg/cdpaR4m0OOQAr003xFmTQjIu2b67h2g4gCLcB/s1600/Immagamanbagbatine.png
        Sentiamo che info ci sarebbero dall’isola cinese ( http://kk.org/ct2/china-is-an-island/ ) che potrebbe avere interesse sulla Corporation DB, grazie.

        1. Buongiorno,

          conosco giovani che hanno già messo basi per loro progetti lavorativi (studi professionali, piccole imprese, commercio, investimenti finanziari) in altri paesi europei. Persone con idee, con capitale (seppur piccolo), con competenze e senza paura di andare fuori. In Italia non viene voglia di fare investimenti. E’ il capitale che scappa. Il capitale (umano e finanziario) vuole la libertà e si dirige in quella direzione. In Italia non cambierà mai niente perchè lo status quo è in perpetua rigenerazione. Nelle mie zone ci sono circa 15 supermercati (studio di mercato ne basterebbero 10 per avere un equilibrio), sapete che se ne apriranno altri due? Sapete che il capitale è prestato? Di sicuro 4-5 falliranno nel giro di 2-3 anni mentre non si prosciuga il cash flow. Si riequilibrerà il mercato? Certo che no ! Le banche finanzieranno altre 3-4 supermercati per nuove aperture. Ed e’ così in tutti i settori. E’ la nuova guerra dei poveri. A tutto ciò aggiungete la tassazione italiana. Ovviamente il profilo dei proprietari è sempre lo stesso: Italiano meridionale, diplomato ad un ITC, che avendo avuto il finanziamento crede di sapere tutto della vita e del mondo. 3-4 anni e scopre di essere stato fregato. Intanto però ha avuto l’illusione.

          Il problema è che finchè ci saranno soggetti del genere il sistema Italia non fallisce e continua ad Auto-rigenerarsi e credetemi di cog…oni là fuori ne è pieno zeppo.

          Gli investimenti in Italia li devono fare i fessi. Da Europeo ho già tre destinazioni in mente dove stanziare le attività: Portogallo, Malta, o Spagna anche se in Spagna la tassazione è leggermente superiore alle precedenti ma comunque un buon 20 % che in Italia.

          L’Italia è in mano ai mediocri in tutti i campi. Cordiali saluti

        2. Caspita che pessimismo e che odio verso i meridionali e gli statali, in questi commenti e dichiarazioni. Vi pregherei di moderare i termini. Sono moglie di un professore e so quanto ha lavorato e continua a farlo nonostante l’età. Perché non accusare tutti quelli che lavorano in nero, non parlo solo di piccoli imprenditori da quattro soldi, ma anche di professionisti, medici ecc., che si arricchiscono alle spalle degli altri e lavorano molto meno di mio marito! Ridete pure, so solo io la vita di sacrifici che abbiamo fatto e siamo un po’ stanchi! Unico errore, forse, siamo stati troppo onesti, e in questo paese (di furbi e ladri) l’onestà è dei fessi! Non è un bel momento per tutti, ma vorrei un po’ di giustizia…un accenno proprio

        3. Io, francamente, non intervengo. Più che invitare tutti a discutere dell’argomento trattato nell’articolo, non so che fare.

        4. Gentile Francesca,

          Nessuna cattiveria, ci mancherebbe. Vedi che non vi è nessuna accusa verso tutti gli statali. Non abbiate la coda di paglia. Ho solo rimarcato che in Italia lo stato è troppo grande, e non si può avere il 135% di rapporto debito/Pil. Così come molti statali onesti si sono guadagnati (studiando, facendo concorsi onestamente) il loro lavoro e contribuiscono in maniera positiva al funzionamento di una nazione. C’è però una gran parte di Stato parassitario che non produce nulla (non produce istruzione, non produce cure mediche, non produce servizi effcienti) che blocca investimenti da parte dei giovani che giustamente decidono di andare fuori e portano capitali fuori. Io sono nato Italiano ma il mondo globale è bello per questo, per muoversi e operare in tutto il mondo il mondo. Una domanda: come ti senti quando vedi che a Sanremo vanno a timbrare in mutande? Come ti senti quando vai al Catasto e non trovi personale? E potrei farti altre mille esempi sui parassiti che campano di stipendio statale e non rischiano nulla perchè a fine mese lo stipendio arriva. Hai sentito la notizia che l’Articolo 18 non si applica ai dip. pubblici? Lo so che ci sono tanti statali onesti che si sono sudati il loro lavoro e a loro va tutto il mio apprezzamento. Ma ci sono anche tanti giovani onesti e preparati ai quali vengono bloccate le ali e gli investimenti perchè la tassazione che devono sopportare (per mantenere i nullfacenti di cui sopra) è troppo alta. Ce ne faremo una ragione. Quel piccolo capitale (umano e moentario) di cui disponiamo lo investiamo all’estero. Saremo sostituiti da Africani (massimo rispetto verso queste persone che sono davvero disperati). Io in Italia gli investimenti non li faccio. E come me tanti altri giovani. Spero di essere stato chiaro e che la mia critica non è generica ma solo verso quella parte di stato 30 % che non funziona e verso la quale dovreste lamentarvi anche voi. Cordiali Saluti

  9. Eccoci qua: http://www.wsj.com/articles/european-commission-authorized-italian-government-to-support-banks-1467297630

    Articolo del Wall Street Journal. Interverrà lo stato con garanzie per oltre 150 MLD. Avevo fatto bene i conti. Il diavolo però sta nei dettagli. L’articolo dice che il fondo NON è per tutte le banche, ma solo per quelle solventi. Per capire chi è solvente basta osservare gli indici di borsa dei prossimi giorni. Oggi per esempio molte banche da negativo sono passate in positivo.

    Mi sa che in Italia la musica suonerà ancora per un poco. Dal 2019 col cambio alla guida della BCE finisce la pacchia.

    Un cordiale saluto

    1. Resta il fatto che nel momento in cui Francia ed italia ricadono in recessione, l’euro è finito.

      1. E’ probabile. Però considero la risoluzione bancaria dei prossimi mesi come la fine e quindi l’inizio di un nuovo macro ciclo economico. Molti ci lasceranno le penne, molti si arricchiranno e molti saranno i prossimi fregati. D’altronde l’Euro all’inizio è stato un Festival di denaro gratis per tutti, dal 2002 al 2008 ho visto persone che non hanno mai lavorato comprarsi Mercedes e Appartamento (Campania very good subprime). Nel 2016 con la lavanda gastrica in atto sulle banche le si ripuliranno e con gli interessi sotto zero cominceranno a rigonfiare la bolla. Là fuori c’è gente che ancora si fa mutui di 30 anni con il metro quadro a 3000 € nella provincia Campana. Conosco persone che per € 70.000 di finanziamento firmerebbero ovunque. Con persone finanziariamente così è facile ricreare una bolla. Chi votano queste persone? Quelle che consiglia il caro bancario. Anche se perdono il 15 % di elettorato troveranno sempre nuovi disperati da indebitare e assoggettare al voto. E’ così in italia e in Francia e in Spagna. Penso che Marine Le Pen avrà un buon risultato ma non andrà al governo. Non sono socialista e men che meno (visto l’età giovane) Craxiano. L’Europa nel migliore dei casi sarà un limbo, nel peggiore sarà un inferno. Penso che stiamo nel limbo e ci staremo per parecchi anni. Io appena posso faccio le valigie, perchè da europeo non mi va di mantenere la pletora statale e pagare il 65 % di tasse. Al posto mio arriverà un bravo Africano come predisse Kalergi, crederà di aver trovato l’America, faticherà come un mulo, forse avrà dei figli e poi i figli si indebiteranno e il gioco continua. E’ così in USA, in Germania, in Italia. Socialmente in Italia la riproduzione povera debitoria la faceva il cosiddetto “popolo”. A Napoli anche il popolo si è fatto furbo. Le popolane non fanno più 7-8-9 figli come 20 anni fa. Le signorine si sono fatte furbe, non si sposano, aspettano il “borghese”, fanno al massimo 2 figli ed ecco il crack demografico. Questo vale per tutto il meridione da sempre vera risorsa umana dell’Italia. No problem. Ci sono gli immigrati come tu stesso hai sociologicamente spiegato nel post “Crisi demografica: oltre l’euro, dentro il pensiero neomaltusiano”. L’euro e l’Europa non crolleranno il perchè è troveranno sempre nuovi ingenui da indebitare e che voteranno (poi che le elezioni sono truccate comunque è un motivo in più).Un cordiale saluto

        1. Ed ai voglia a volte a “consigliare” per il loro bene, sono pure convinti… Quando dico che siamo messi male a questo mi riferisco. Il problema non è tanto la povertà, bensì la mentalità. Per estirpare dei modi di pensare ci vogliono decenni… Fortunatamente conosco anche pochi ai quali il cervello funziona ancora.

        2. “hai” invece di “ai” maledette tastiere touch. Che altrimenti la figura di “capra” la faccio io. Saluti

        3. CONCORDO con Maltese…basta veder la congerie di cerebrolesi che si è assiepata sulla striscia galleggiante di Iseo…

  10. Federico, la bomba atomica Deutsche Bank, secondo te salterà? Come andrà a finire questo mostro?

  11. Aggiornamento Borse.
    Dopo due giorni d’inferno, a seguito del brexit, venerdì e lunedi’, le borse hanno fatto tre giorni di recupero. La cosa curiosa è la seguente: USA hanno perso il 5% e recuperato il 5%.
    L’Inghilterra di cui ci si preoccupa, ha perso il 6% ed ha recuperato il 7%. Era a quota 6500, ed adesso è a quota 6600 ( in pratica, ha guadagnato 1,5%). La germania ha recuperato il 70% e l’Italia il 60%. In pratica, è successo pochissimo. Tranne l’Inghilterra che ha stupito.
    Nelle monete, in realtà, l’Inghilterra ha “svalutato” la sterlina dell’8% circa. Quindi la Borsa inglese ha guadagnato per la svalutazione della moneta.
    ma oggi inizia il mese di luglio. Come diceva Rossella O’ Hara, “Domani è un altro giorno”.

  12. …………….. su Deutsche Bank arriva anche una doccia fredda da parte del Fmi che, alla luce di un’esposizione ai derivati pari a circa quindici volte il Pil tedesco, la considera la maggiore fonte potenziale al mondo di shock esterni per il sistema finanziario………………….

    …………………… “il più rilevante contribuente netto ai rischi sistemici tra le banche di rilevanza sistemica globale, inoltre, il sistema bancario tedesco pone il maggior grado di rischi di contagio esterni in proporzione ai rischi interni
    A rendere vulnerabile l’istituto teutonico è la colossale esposizione a derivati, stimata dalla Banca dei Regolamenti Internazionali come superiore a 50 mila miliardi di dollari, una cifra pari a duemila volte la capitalizzazione di mercato dell’istituto.
    http://www.repubblica.it/economia/finanza/2016/06/30/news/stress_test_della_fed_in_difficolta_santander-143111362/?ref=HRLV-5

    ,E I TEDESCHI CONTINUANO AD ALZARE LA VOCE???
    vero che se crollano le banche italiane cade tutto il sistema euro..

    MA SE COLLASSA LA DEUTCH BANK ALTRO CHE EFFETTO LEHMANN???!!!!
    viene giu tutto….

    vero pure che in fin dei conti i derivati sono una scommessa a somma zero..
    MA è ANCHE VERO…secondo non trascurabili calcoli di probabilità che può accadere il non allineamento simultaneo delle colonne dare ed avere, OVVERO CHE LE SCOMMESSE SI ALLINEANO TUTTE NELLA STESSA COLONNA…cioè la perdita…

    può sembrare assurdo ma se si vuole comprendere perfettamente il ruolo dei derivati bisogna compararlo alle assicurazioni sulle calamità naturali(GRANDINE per esempio) contratte dagli agricoltori per proteggere i loro frutti(nel vero senso della parola).

    chi emette l’assicurazione il 90% delle stagioni guadagna poiché i fenomeni di grandine il 90% delle volte avvengono a fasce ovvero colpendo zone sporadiche e non sempre le stesse fasce..
    (e bastano 4-5 stagioni senza grandine che il contadino si è giocato il guadagno,,però..non si sa mai)

    MA SUCCEDE ANCHE che in particolari stagioni i fenomeni di grandine colpiscano a tappeto e le assicurazioni devono raschiare il barile per coprire i danni…

    E PIU I DANNI SONO AMPI E COLPISCONO ZONE ESTESE E PIU C’e il rischio che l’assicurazione vada a gambe all’aria…

    ecco,,,negli usa per esempio la società aig e la lehmann si erano allargate un pò troppo nel valutare i rischi di una grandine che si è poi rivelata ampia e disastrosa..

    MA bene o male nel 2008 la falla fu turata trasferendo i debiti al pecorume ed alle colonie europee..

    ma oggi in caso di grandinata estesa e imprevedibile se il pecorume è sfiancato ed IL JOLLY DELLE BANCHE CENTRALI è STATO GIOCATO…e dopo cosa rimane????
    se crolla tutto. che succede???
    … RIMANGONO LE ARMI…?????????????????

  13. Hanno annullato le elezioni presidenziali austriache!!!!
    Gli scricchiolii di eurolandia diventano sempre più forti.

  14. Norbert Hofer sarà il prossimo Bundespräsident austriaco.
    A parte Vienna, gli austriaci hanno un’idea chiara del proprio destino. Altro che tedeschi e italiani. Sono molto più simili agli svizzeri (Ginevra esclusa).
    L’Austria è un paese relativamente sovrano, non più occupato dal 1955 (l’Italia e la Germania lo sono ancora, come il Giappone), entrato nell’Unione Europea solo nel 1995, già con i “parametri necessari” per aderire all’unione valutaria e agli accordi intergovernativi di Schengen.
    I due pilastri della costruzione europea: l’euro e l’abolizione dei controlli ordinari alla frontiera, non sono infatti un risultato del lavoro della Commissione Europea né del Parlamento Europeo né del Consiglio d’Europa (che servono solo a foraggiare migliaia di dipendenti “pubblici”, pure con regime fiscale agevolato), bensì di accordi intergovernativi, cioè tra stati, tra le cancellerie e i ministeri degli affari esteri di ogni paese.
    L’Italia era ancora fuori dall’area di Schengen quando l’Austria ne faceva già parte. In origine il progetto riguardava i paesi fondatori dell’allora Comunità Europea meno l’Italia, più l’Austria, appena entrata.
    Già negli anni novanta, ancora con le singole valute nazionali, si poteva ben constatare quale era il cuore del progetto europeo: Germania, compresi i nuovi Laender appena annessi, Francia, BeNeLux e l’Austria che aveva bruciato quarantacinque anni di trafile e entrava nel 1995, avanti al nostro paese. Noi fuori.
    Nonostante le tante panzane scritte da esperti e giornalai, l’Italia non partecipò affatto ai primi incontri nel 1949 né per la furura C.E.C.A. né per il Patto di Bruxelles, alla base dell’OTAN/NATO.
    Chi ha studiato gli atti di quei lavori sa bene che il nostro paese non era né invitato né gradito né informato.
    Non avevamo infatti nulla a che fare né con il Nord Atlantico né con la produzione del carbone e dell’acciaio nella Saar tedesca, occupata e amministrata dai francesi, né con l’internazionalizzazione del fiume Reno, né le lingue di lavoro (tedesco, francese e olandese).
    Inoltre non si fidavano di noi né gli ex nemici né gli ex alleati.
    Avevano invitato la Svizzera che declinò l’invito, come sempre.
    La nostra presenza fu imposta, vincendo la forte e unanime resistenza di tutti i partecipanti, dagli Stati Uniti d’America per note ed evidenti ragioni.

    L’annullamento del secondo turno delle elezioni presidenziali austriache è un altro passo verso la fine dell’Unione Europea (e dell’OTAN/NATO).
    Si preparino le migliaia di funzionari europei che lavorano a Bruxelles, Strasburgo, Lussemburgo, L’Aia, ecc..
    La “pacchia” sta per finire. A quelli italiani toccherà una scrivania alla Farnesina o, ai più raccomandati, in qualche consolato o ambasciata italiana (ce ne saranno di nuovi perché ci saranno anche nuovi stati nei prossimi anni).
    Il punto è se resterà o meno l’unione valutaria (l’Euro).. La politica economica e finanziaria tedesca è tutta tesa a raccogliere i benefici di questo periodo di “cuccagna” finché dura. Agli altri paesi converrebbe uscirne subito, ma non conviene alle élites benestanti e ben retribuite che li dirigono e governano.
    Paradossalmente l’Euro e la Banca Centrale Europea (che non è un’Istituzione dell’Unione Europea, bensì una sorta di Società per Azioni, di diritto privato internazionale) potrebbero sopravvivere proprio grazie alle élites nazionali, minacciate di perdere parte delle proprie ricchezze (il cambio con il franco svizzero a 1,58 contro euro, di pochi anni fa, non tornerà più e cambiare ora è una follia).
    Tra l’altro l’Euro è la valuta usata anche in paesi non membri dell’U.E. (ad esempio Montenegro, Macedonia, ma di fatto in una ventina di paesi, europei e non, al di fuori dell’area euro).
    Parimenti la BCE ha tra i suoi azionisti anche banche centrali di paesi non aderenti all’euro. La più importante tra queste è, naturalmente, la Bank of England (tra l’altro governata da un non europeo: Mark Carney è infatti quell’alto dirigente canadese di Goldman Sachs che, nel 1998, si occupava della speculazione sulle obbligazioni russe, scommettendo e guadagnando sul loro ribasso e rapinando il popolo russo… poi nel 1999 arrivò Putin, con i suoi, e Carney fuggì via… Dal 2011 è Prsidente del Financial Stability Board del G20 e, dal 2012, anche Governanto della Bank of England ).
    Non solo Brexit dunque.
    Viene giù tutto tranne la Federazione Internazionale di Croce Rossa e Israele.

    1. Dicono che anche la Federazione Italiana Bocce dovrebbe sopravvivere alla tempesta.

  15. Ormai il sito che consulto tutti i giorni, anche più volte al giorno in cerca di analisi è il blog di Federico Dezzani. Non ha senso infatti stare a sentire una serie di eventi a raffica raccontati in modo da far spettacolo dal mainstream, senza invece avere una analisi concreta ed approfondita che li colleghi tra di loro e faccia capire il contesto generale in cui viviamo. Federico Dezzani è un’analista che fa capire a fondo il mondo che ci circonda e le cause per cui è così. Da non perdere i suoi libri, che ho divorato, compresi i due romanz-rotocalchi “Dalla parte di chi scegli” e “Alle porte del caos” che creano una vera dipendenza dalla lettura. Speriamo che Elena Soldati e Viktor Lisin ce la facciano. Спасибо большое!

  16. basta creare periodicamente ad hoc un bell’attentato tipo parigi o aereoporto di bruxelles nella mitteleuropa eseguito da cellule transitate per mezza europa (quindi coinvolgendo tutte le capitali e responsabilizzando tutte le polizie e i servizi) per riunire tutti i popoli + o – euroscettici sotto la bandiera dell’antiterrorismo islamico

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