Rettilineo finale

In vista della “Grexit”, compiamo un volo di ricognizione sull’Europa per immaginarne l’evoluzione geopolitica. L’uscita di Atene dall’eurozona, resa possibile dal sostegno dei BRICS e dal rifiuto tedesco a proseguire l’esperimento “euro”, innescherà nel lasso di poco tempo il crollo della moneta unica, assestando il colpo di grazia ad una UE già moribonda. Spezzatesi le catene di Bruxelles, agli angloamericani non resterà che la NATO per esercitare il controllo dell’Europa ed impedire che una “Grande Germania” si saldi economicamente alla Russia, sconvolgendo gli assetti internazionali. Se la guerra fredda con Mosca è già in atto, crescono le possibilità di un conflitto convenzionale, utile a Washington anche per uscire dal vicolo cieco di un’economia stagnante e tasso di risconto a zero. Un’incosciente Europa dell’est si appropinqua all’altare per essere immolata dagli angloamericani.

Pars destruens

Curva dopo curva, vediamo davanti a noi il rettilineo finale: da buoni navigatori come siamo stati finora, è giunto il momento di prevedere cosa ci aspetta in fondo all’ultimo nastro d’asfalto.

In questi mesi abbiamo fiutato con anticipo l’abdicazione tedesca alla moneta unica, un progetto imposto dall’establishment euro-atlantico a Helmut Kohl e mai gradito alla Germania, dove la Bundesbank rappresenta un’istituzione autorevole come o più del Bundestag, simbolo della ritrovata sovranità dopo la sconfitta bellica. Abbiamo previsto che la defenestrazione di Antonis Samaras e l’avvento di Alexis Tsipras avrebbe, nel lasso di qualche mese, condotto ad un’irreparabile rottura tra le autorità elleniche e la Troika. Ci siamo infine prodigati nel sottolineare come il golpe ucraino e le provocazioni angloamericani nel cortile di casa di Mosca fossero da collegare all’euro-crisi: lo sfaldarsi della UE compromette uno dei due pilastri (quello economico-politico) con cui gli angloamericani esercitano il controllo del Vecchio Continente. La disperata ricerca di uno scontro con la Federazione russa è quindi riconducibile alla necessità di Londra e Washington di erigere Mosca a nuovo nemico, puntellando l’altro pilastro, quello militare della NATO, con cui si proiettano sul continente.

Ed ora, cosa accadrà all’eurozona quando Atene abbandonerà la moneta unica? Quali saranno i riverberi sul piano economico e finanziario e quali quelli sul piano geopolitico?

Un nuovo assetto internazionale si profila all’orizzonte, con una rinnovata affermazione delle due grandi potenzi terrestri europee (la Russia e la Germania) naturalmente predisposte ad occupare gli spazi lasciati vuoti dalla UE/NATO una volta decomposte. Il naturale transito a questo assetto è però aborrito dagli angloamericani, che nella mutata situazione sarebbero definitivamente espulsi dall’Hearthland, quella regione decisiva per gli equilibri internazionali, resa oggi più vitale che mai dalle ferrovie ad alta velocità che stanno rivoluzionando i trasporti.

Scrive nel 1904 Halford Mackinder (1861-1947), il padre della geopolitica che concepisce l’Hearthland1:

The oversetting of the balance of power in favour of the pivot state (la Russia che occupa il cuore dell’Eurasia, NDR) resulting in its expansion over the marginal lands of Euro-Asia, would permit of the use of vast continental resources for the fleet-bulding (più che la costruzione della flotta, sono importanti gli sbocchi sui mari caldi, vedi i recenti accordi russo-greci NDR), and the empire of the world would be in sight.This might happen if Germany were to ally herself with Russia. The threat of such an event should, therefore, throw France into alliance with the over-sea powers (USA e Regno Unito, NDR) and France, Italy, Egypt, India and Coreawould become so many bridge heads where the outside navies would support armies to compel the pivot allies to deploy land forces and prevent them from concentrating their whole strenght on fleets (preservando così il controllo dei mari esercitato dagli angloamericani, NDR).

A distanza di un secolo, sono sempre i ragionamenti di Mackinder che guidano l’establishment angloamericano, spiazzato dalla dissoluzione dell’eurozona e timoroso che la Russia si insinui tra le crepe del loro dominio.

Partiamo quindi dall’imminente addio della Grecia alla moneta unica, per poi passare alla successiva deflagrazione dell’euro, alle sue ripercussioni sui mercati finanziari e terminare con la situazione nei Balcani e nell’Europa dell’est. Qui gli angloamericani pongono giorno dopo giorno le basi per il prossimo conflitto con Mosca, ultimo e disperato tentativo di impedire che la Germania libera dalla UE/NATO si saldi alla Russia, relegando così Washington e Londra ai margini del mondo.

Se la storia non è un accozzaglia informe di avvenimenti, ma il dispiegarsi di forze che trascendono le singole persone e generazioni, allora è giusto che sia la Grecia, culla dell’Occidente, a compiere il primo passo, uscendo dall’euro e traghettando il mondo dal vecchio assetto a guida angloamericana ad uno nuovo, incentrato sull’asse Europa-Russia-Cina. Il 18 giugno 2015, in particolare, potrà essere ricordato in futuro come il giorno che sancisce la fine del vecchio corso e l’avvio del nuovo.

Il 18 giugno si è riunito l’ennesimo, fallimentare, Eurogruppo per decidere le sorti della Grecia, in vista del rimborso al FMI per un importo di 1,6 €mld da effettuare entro giugno: in Lussemburgo si incontrano i ministri delle finanze europee mentre da ogni parte, da ultima la Banca Centrale greca, piovono pressioni sul ministro Yanis Varoufakis e sulla delegazioni greca affinché scendano a compromessi, accettando almeno parte delle politiche di svalutazione interna imposte dalla Troika (decurtazione delle pensioni, taglio dei salari, etc. etc.). Il susseguirsi di incontri, conferenze stampa e quant’altro è in verità solo una costosa dissipazione di tempo, denaro e lavoro: tutte le parti sanno perfettamente che la Grecia è già fuori dall’euro ed il balletto di vertici è utile solo per vendersi alle rispettive opinioni pubbliche come vittima delle iniziative altrui, anziché come carnefice.

Sa di essere già fuori dall’euro in primis il governo ellenico. Il premier Alexis Tsipras non attende ad Atene gli esiti dell’Eurogruppo ma, significativamente, vola il giorno stesso a San Pietroburgo per partecipare al Forum Economico dei BRICS, debitamente ignorato dai media occidentali: qui Tsipras discute il possibile ingresso della Grecia nella Nuova Banca dello Sviluppo, l’istituto con cui i paesi emergenti progettano di divincolarsi dall’abbraccio mortale di FMI/Banca Mondiale. Proverranno infatti dai paesi emergenti (Russia e Cina in testa) le linee di credito da cui attingerà Atene prima che la nuova dracma si stabilizzi, l’economia torni finalmente a crescere ed il Paese attragga investimenti esteri.

Sanno di essere fuori dall’euro i cittadini greci, che tra l’ottobre 2014 ed l’aprile 2015 hanno prelevato 30 €mld da conti correnti, costringendo la BCE a tenere in piedi il sistema creditizio ellenico, ormai fittizio, con i fondi emergenziali ELA il cui tetto ha raggiunto la cifra record di 84 €mld.

Sa che Atene è fuori dall’euro il Fondo Monetario Internazionale che, dall’alto della sua pluridecennale esperienza nel ricattare i governi, è conscio che Alexis Tsipras non è ha margini per accettare ulteriori dosi di austerità, sia perché costituirebbero un suicido politico sia perché l‘ala sinistra di Syriza ha già manifestato il proprio rifiuto a votarle in Parlamento. Il FMI avrebbe peraltro chiuso già da tempo i rubinetti alla Grecia obbligandola al default, se Washington non avesse esercitato pressioni in senso contrario nell’estremo tentativo di tenere compatti euro ed Unione Europea, a costo di trattare con Alexis Tsipras che ha avvallato la costruzione dell’odiato Turkish Stream sul suolo greco.

Sa infine che si consumerà la “Grexit” il governo tedesco. La cancelliera Angela Merkel ed i parlamentari della grande coalizione che la sostengono hanno sicuramente letto con attenzione i sondaggi secondo cui la maggior parte dei dirigenti d’azienda e dei cittadini tedeschi preferisce l’uscita della Grecia dall’euro2. Con un lento ma inesorabile crescendo sono apparse sulla stampa, seguite da repentine smentite, dichiarazioni da parte tedesca di un avvallo alla “Grexit”, finché in questi giorni il quotidiano Bild ha riportato la notizia secondo cui la cancelliera Merkel si starebbe preparando all’addio greco alla moneta unica, dando per scontato il fallimento dei negoziati. La Germania però, memore dell’errore del 1914 quando invase per prima il Belgio, non vuole apparire come la responsabile della rottura dell’euro e quindi, con un estenuante logorio dell’avversario, costruisce le premesse perché sia Atene a sbattere la porta in faccia all’euro.

Siamo ora nella fase zero: la Grecia ha abbondato l’eurozona. Quali sono le reazioni? Le istituzioni europee saranno per prima cosa costrette a riconoscere una verità lapalissiana: i 322 €mld di debiti su cui siede la Grecia sono irrecuperabili e gli Stati dell’eurozona che si sono accollati i costi del salvataggio (sgravando le banche private francesi e tedesche) devono ora contabilizzare le perdite. Si tratta di 60 €mld per la Germania, 46 per la Francia e 40 per l’Italia (il valore di una manovra finanziaria).

Nello stesso momento in cui Atene lascia la moneta unica, è anche svelato “urbi et orbi” che i Paesi dell’euro-periferia, piegati da anni di depressione economica, si incamminano verso l’abbandono dell’euro non appena si insedia un governo che rifiuti le ricette della Troika. Sarà la breccia nella diga della moneta unica.

L’effetto domino innescato dall’uscita di Atene della moneta abbatterebbe, in base agli altalenanti differenziali tra obbligazioni sovrane e bund tedeschi3, le diverse tessere dell’eurozona nel seguente ordine: Portogallo (spread a 230), Slovenia (165), Spagna (152), Italia (151). La particolare rete delle integrazioni economiche e bancarie comporterebbe, nello specifico, che ogni paese ne trascini con sé un altro fuori dall’euro, finché la falla è talmente larga, che l’intera diga dell’euro crolla sotto lo sguardo dell’impotente BCE.

Cipro, il cui ministro delle finanze rassicura che qualsiasi legame finanziario con le banche elleniche è stato reciso, difficilmente resisterebbe allo choc politico, considerato che il parlamento cipriota riscontra difficoltà crescenti a deliberare le leggi imposte dalla Troika (da ultima quella che facilità gli espropri di case e negozi4).

In Portogallo il premier Pedro Coelho si prodiga nell’assicurare i mercati finanziari5, sostenendo che il bilancio dello Stato è solido, capace di resistere alla “Grexit” e di chiudere l’anno senza ulteriori soccorsi internazionali: il debito/PIL ha però già raggiunto il 130%, gli istituti di credito sono in pessime condizioni (vedi il fallimento nel luglio del 2014 del Banco Espirito Santo) e le politiche di ottobre rischiano di bloccare, come è avvenuto in Grecia, l’iter delle riforme lacrime e sangue imposto dalla Troika. Se salta il Portogallo, poiché le banche spagnole sono altamente esposte verso le omologhe lusitane, il paese successivo a finire nell’occhio del ciclone è la Spagna: a quel punto la crisi sarebbe sistemica e la deflagrazione dell’euro questione di giorni.

Gli attacchi speculativi tendono però a concentrarsi su Paesi non solo debilitati dal punto di vista economico-finanziario ma anche privi di una guida politica: ragione per cui, accantonando la penisola iberica, le cannoniere della City e di Wall Street potrebbero far rotta direttamente sull’Italia, dove il debito pubblico inanella record mese dopo mese ( 2.194 mld ad aprile, il 140,6% del PIL depurato dalle attività illecite e sconosciute al fisco), la produzione industriale, anziché invigorirsi, ha ripreso a contrarsi ad aprile, le sofferenze bancarie crescono senza sosta e, soprattutto, la politica è acefala, dopo il precoce trapasso politico di Matteo Renzi.

Chi gestirà l’ennesimo ed ultimo assalto speculativo allo Stato italiano? L’ex-sindaco di Firenze, reduce da una sfilza di sconfitte elettorali e senza una chiara maggioranza in Parlamento, o Pier Carlo Padoan che, elargendo i celebri 80 euro, non ha più una pallottola in canna, tanto che il rimborso ai pensionati per i mancati adeguamenti all’inflazione si limita alla simbolica percentuale del 12%?

L’Italia, come la Spagna, è ovviamente, troppo grande per “salvata”, cosicché la nuova ed ennesima “stagione dello spread rosso” sfocerebbe nella dissoluzione dell’euro: la classe dirigente italiana, succube e connivente coll’establishment euro-atlantico, sarebbe tentata di ristrutturare il debito e scaricare le perdite a cascata su banche e poi conto-correntisti pur di rimanere nell’euro, ma un conto è chiedere, come esorta il governatore di Bankitalia Ignazio Visco6, che le banche informino la clientela dei rischi del “bail-in”, un conto è applicarlo col rischio di essere linciati dalla folla.

Merita a questo punto precisare perché le varie banche d’affari ed hedge fund anglosassoni sferreranno l’ultimo e definitivo assalto alla moneta unica.

Nei nostri lavori abbiamo sempre sottolineato come gli attacchi speculativi durante il “biennio dello spread rosso” 2011-2012, puntassero, oltre alla fabbricazione di ingenti utili per gli azionisti, a fornire l’assist decisivo ai collusi politici europei per la fondazione degli Stati Uniti d’Europa, contro la volontà dei cittadini ammutoliti da possibili bancarotte generalizzate. L’euro infatti non hai rappresentato una seria minaccia per la valuta americana o britannica ma, al contrario, è stato fin dagli albori lo strumento principe per introdurre il neoliberismo in Europa, tagliare lo Stato sociale ed impedire l’intervento della cosa pubblica nell’economia.

Perché allora, come sostiene il presidente della commissione europea Jean-Claude Junker7, “il mondo anglosassone” farebbe a fette l’eurozona qualora uscisse la Grecia? Dopotutto, come abbiamo evidenziato nelle nostre analisi, l’emergenza spread non scompare nel momento in cui gli Stati Uniti d’Europa sono abortiti (estate 2012) ed è chiaro che qualsiasi ulteriore assalto della finanza avrebbe realmente provocato la rottura dell’euro?

Rispondiamo che la finanza mondialista è divorata dalla ricerca di un guadagno a breve termine al di là di qualsiasi considerazione politica: si consideri che il Quantum Fund di George Soros, tra i cui azionisti figurano i Rothschild, non si esime nel 1992 da attaccare un’istituzione sacra come la Banca d’Inghilterra, costretta ad uscire dallo SME ed a svalutare la sterlina. Si può protendere che le locuste della finanza non infieriscano contro i Btp fino a spingere l’Italia fuori dall’euro, solo per non rovinare la digestione al venerabile Mario Draghi? È chiedere decisamente troppo.

I media tranquillizzano l’opinione pubblica assicurando che la BCE e UE saranno in grado di domare l’incendio scatenato dalla “Grexit”: è però lo stesso governatore di Francoforte, Mario Draghi, che in raro momento di franchezza ammette l’uscita di Atene dell’euro comporterebbe l’ingresso della moneta unica in territorio ignoto8. Si noti come, nonostante siamo entrati nel terzo mese dell’allentamento quantitativo varato dalla BCE (contro cui peraltro crescono in Germania i ricorsi presso la corte costituzionale9), lo spread abbia già rialzato la testa e non siamo ancora nella fase in cui, sentendo odore di sangue, le banche d’affari si sono scatenate contro l’eurozona.

Si potrebbe obbiettare che, dallo scoppio dell’eurocrisi ad oggi, l’eurozona è stata munita di strumenti per affrontare situazioni emergenziali: ma l’Outright Monetary Transactions (OMT) ed l’European Stability Mechanism (il fondo ESM da 700 €mld, di cui ne sono stati raccolti al momento solo 80) sono idonei a fronteggiare crisi di liquidità. Come dimostra il caso greco, siamo ormai di fronte a crisi di solvibilità del debito pubblico, dove nessuno strumento può sopperire alla mancanza di crescita economica ed inflazione, gli due unici fattori che rendono pagabili i debiti.

Siamo quindi nella fase uno: l’eurozona inizia a disgregarsi. Quali sono le reazioni successive?

Pars costruens

Giunti a questo punto, l’interrogativo da porsi è: la sovrastruttura dell’Unione Europea, sopravviverà al collasso della “struttura euro”? Le dinamiche in atto ci invitano a dare una risposta negativa: le pallide, costose, debilitate e superflue istituzioni europee sono destinate ad essere travolte dal crollo della moneta unica.

È da un pezzo che suonano le campane a morto per l’Unione Europea: la commissione europea che, nei progetti della tecnocrazia brussellese avrebbe dovuto essere il motore della UE, è stata progressivamente sopperita prima dalla cancelliera Angela Merkel pedissequamente seguita dal valletto Nicolas Sarkozy e poi dalla cancelliera Angela Merkel pedissequamente seguita da un’ombra, non la sua ma del président de la république François Hollande. I tedeschi rifiutano qualsiasi condivisione del debito pubblico con il resto dell’eurozona mentre i francesi, che inventarono nel ‘300 lo Stato nazionale, rifiutano qualsiasi cessione di sovranità ad organismi sovranazionali.

È dalla Francia, gravata da un debito che veleggia ormai verso il 100% del PIL, da un’industria nucleare un tempo fiore all’occhiello del Paese ed ora in profonda crisi e da una disoccupazione record che aumenta senza sosta10, che è lanciato l’ennessimo pesantissimo schiaffo all’Unione Europea: la sospensione de facto del Trattato di Schengen ed il ripristino unilaterale dei controlli alla frontiere sull’onda dell’emergenza immigrazione. Come abbiamo poi sottolineato nelle nostre analisi e conferma oggi anche l’ex-commissario europeo Romano Prodi11, è Parigi il principale freno alla nascita elitaria ed antidemocratica degli Stati Uniti d’Europa, meta finale per cui l’establishment euro-atlantico ha introdotto una moneta intrinsecamente destabilizzante come l’euro.

Se a questo si aggiunge la debacle del tanto osannato Piano Junker e il rifiuto degli altri membri europei ad accettare le quote di immigrati, si evince che la UE è già trapassata e l’implosione dell’euro martorierà un corpo già morto.

La particolare debolezza in cui versa la Francia, unita ad altri insanabili disequilibri (una bilancia commerciale in permanente e pesante passività, uno stato sociale tra i più generosi d’Europa e delle irrealistiche ma dispendiose velleità da potenza internazionale) impediranno anche la conservazione di un “nocciolo europeo” attorno al già ingrippato motore franco-tedesco: difficilmente i contribuenti tedeschi saranno disponibili a foraggiare la grandeur dei vicini d’oltre Reno come, d’altro canto, difficilmente i cugini transalpini rinunceranno all’euro-tedesco per qualsiasi moneta che non sia il franco.

L’Europa del post-euro, tornerà quindi alla situazione antecedente all’introduzione dell’euro?

Molto difficilmente, perché nel frattempo la Germania è assurta a potenza economica incontrastata del Vecchio Continente, forte di un sistema tra i più competitivi al mondo, perfino davanti agli USA12. Ecco perché è lecito pensare che, al momento dell’implosione dell’euro, la Germania utilizzi il proprio magnete economico per mantenere entro i propri confini monetari, doganali e legislativi i paesi di lingua germanica: Austria, Olanda e (più difficile ma non impossibile) Lituania, Lettonia e Finlandia. Qualora l’establishment tedesco tentasse e riuscisse in questo intento, sarebbero coronati a distanza di un secolo gli obbiettivi bellici della Prima guerra mondiale: la federazione politica ed economica attorno alla Germania dei paesi di lingua tedesca, centro-europei e balcanici (la “Mitteleuropa”)13.

Al termine del processo di dissoluzione dell’euro nascerebbe quindi una “Grande Germania” da 90-100 mln di abitanti, terza economia al mondo dopo Cina e USA, già unita alla Russia da solidi e complementari legami nel settore energetico ed industriale, ed in ulteriore fase di integrazione con l’Asia grazie alle ferrovie ad alta velocità, che abbattendo i tempi di percorrenza comprimono gli spazi toccati dai treni con effetti paragonabili all’apertura del canale di Suez.

Russia e Cina hanno infatti siglato a gennaio un accordo da 240 $mld per la costruzione di un treno ad alta velocità che consentirà a persone e merci di muoversi da Pechino a Mosca in due giorni, coprendo oltre 7.000 km di distanza14. Come muterebbe l’ordine mondiale se Cina, Germania, e l’unico vero rivale militare e geopolitico degli USA, la Russia, fossero unite da un treno che consente di viaggiare da Pechino a Berlino in due giorni e mezzo?

Intermezzo bellico

Come sarà ormai chiaro al lettore, il mondo che si delinea per l’era post-euro è abbastanza chiaro: con la dissoluzione dell’eurozona e dell’Unione Europea si spezzerebbero i legacci con cui gli angloamericani tengono imbrigliato il Vecchio Continente e la Germania in particolare, compromettendo in maniera irreparabile la capacità di Washington proiettarsi oltre oceano. Scrive infatti lo stratega americano Zbigniew Brzezinski (che non a caso preme affinché gli USA armino il governo di Kiev15) nel 1997, al culmine del mondo unipolare16:

“But first at all, Europe is America’s essential geopolitical bridgehead on the Eurasian continent. America’s geostrategic stake in Europe is enormous. Unlike America’s links with Japan, the Atlantic Alliance entreches American political influence and military power directly on the Eurasian mailand. At this stage of the American-Europeans relations, where the allied Europeans nations still highly dependent on US security protection, any expansion in the scope of the Europe becomes automatically an expansion in the scope of direct US influence as well”.

Se queste parole dovrebbero togliere qualsiasi dubbio sull’identità di UE e NATO e sulle finalità sottostanti, resta da studiare la reazione degli angloamericani al prossimo crollo della moneta unica e delle istituzioni di Bruxelles. Ebbene, man mano che diventa certa la “Grexit”, si rafforza la relazione direttamente proporzionale con le tensioni nell’Europa balcanica e dell’est: trovano conferma i timori che la deflagrazione dell’Unione Europea sarà accompagnata da un conflitto militare, ultimo e disperato tentativo angloamericano per non essere espulsi dall’Hearthland e impedire l’integrazione tra Germania e Russia.

Ci siamo già focalizzati più volte sull’argomento e di conseguenza passiamo velocemente in rassegna le novità intercorse dalla nostra ultima analisi, dal Baltico ai Balcani, passando per l’Ucraina:

Il 14 giugno il capo dei negoziatori dei separatisti filorussi, Denis Pushilin, sostiene che l’Ucraina “si trova sull’orlo di una grande guerra che potrebbe scoppiare nel volgere di ore”17. Il rischio di un nuovo conflitto, continua Pushilin, non è un evento isolato ma deve essere inquadrato in una più ampia cornice, che comprende quanto accade in Siria, Yemen e Macedonia18.

Non a caso, sempre il 14 giugno, si svolge in Macedonia una protesta della minoranza albanese contro il premier filorusso Nikola Gruevski, disposto ad indire nuove elezioni entro un anno pur di disinnescare la rivoluzione colorata finanziata dagli angloamericani: dopo i sanguinosi scontri di maggio tra la polizia macedone ed i guerriglieri albanesi dell’Uçk, non sono da escludere altri tentativi di destabilizzazione della Macedonia, con un effetto a macchia d’olio nei Balcani.

Il 15 giugno due soldati governativi sono uccisi in Ucraina negli scontri con i separatisti filorussi e, sul fronte che separa i due schieramenti, cresce incessante la tensione19.

Il 15 giugno il ministero della difesa russo definisce la decisione americana di schierare 250 carri armati tra i Paesi baltici e la Bulgaria come “la più aggressiva mossa della NATO e del Pentagono” dal termine della Guerra Fredda20. I panzer statunitensi si sommerebbero ad altri 220 carri inglesi e 1.000 veicoli da combattimento, violando così gli accordi tra Russia e NATO del 1997 che proibiscono lo stazionamento permanente di forze dell’alleanza nord-atlantica ad est della Germania. Il dispiegamento di carri alimenta così la tensione parossistica accuratamente coltivata dagli angloamericani:  da ultima l’esercitazione BALTOPS (5-20 giugno 2015) che coinvolge nel mar Baltico 49 navi, 61 aerei, un sottomarino ed una forza di sbarco di 700 soldati.

Non ha alcun dubbio circa il rapido deteriorasi della situazione internazionale il Cremlino, dove, nonostante il fardello delle sanzioni europee ed americane, non si fanno economie per equipaggiare ed ammodernare le forze armate: nei primi tre mesi del 2015 la spesa militare schizza al 9% del PIL (per tornare ai livelli sovietici Mosca dovrebbe destinarne il 12% 21) e 40 moderni missili intercontinentali sono aggiunti all’arsenale nucleare russo.

Siamo quindi nella fase tre, il futuro più remoto su cui azzardiamo comunque una previsione: l’eurozona si è dissolta, l’euro è scomparso o è sopravvissuto solo attorno al “nocciolo tedesco” che trasforma la Germania nel gigante economico d’Europa, capace di spostare il baricentro del mondo integrandosi con Russia e Cina.

Gli USA già attualmente versano in pessime condizioni. Nonostante il tasso di sconto della Riserva Federale sia a zero da sette anni, il debito pubblico in costante aumento ha già raggiunto il 103% del PIL22e l’economia flirta nuovamente con la recessione.

L’implosione dell’euro si abbatte su un’economia americana già stremata e senza più pallottole in canna: Wall Street crolla e l’oro raggiunge livelli mai toccati prima. La crisi innescata in una propaggine europea dell’impero americano raggiunge il cuore degli USA ed in mondo a stelle e strisce entra nella fase terminale.

Gli angloamericani, aizzando l’Ucraina ed i Paesi baltici, attaccano: la guerra è ora regionale.

zibi

pivotarea

1The Geographical Journal, Vol.23, NO.4, Aprile 1904, pag. 421-437

2http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-05-06/laa-maggioranza-manager-tedeschi-ora-vuole-l-uscita-grecia-dall-euro–161036.shtml?uuid=ABLQfWbD

3http://it.investing.com/rates-bonds/government-bond-spreads

4http://www.businessinsider.com/afp-cyprus-bailout-on-track-after-foreclosure-law-passed-2015-4?IR=T

5http://www.foxbusiness.com/markets/2015/06/17/portugal-seeks-to-calm-investors-over-risks-that-greek-crisis-might-destabilize/

6http://www.agi.it/economia/notizie/visco-banche-avvertano-clienti-potrebbero-dover-risanare-una-banca

7http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11583755/Anglo-Saxon-world-would-rip-apart-Europe-after-a-Grexit-says-Juncker.html

8http://economia.ilmessaggero.it/economia_e_finanza/draghi-grecia-accordo-default-grexitterritorio-inesplorato/1412219.shtml

9http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/08/quantitative-easing-da-giuristi-tedeschi-ricorso-a-corte-costituzionale-contro-bce/1759029/

10http://www.rfi.fr/economie/20150601-nouvelle-augmentation-chomeurs-avril-chiffres-chomage/

11http://espresso.repubblica.it/archivio/2015/06/18/news/la-mia-europa-non-c-e-piu-eugenio-scalfari-intervista-romano-prodi-1.217771?ref=HREC1-12

12http://www.dw.de/germany-moves-up-in-wef-list-of-most-competitive-economies/a-17066230

13Assalto al potere mondiale, Fritz Fischer, Capitolo VI, Giulio Einaudi Editore, 1965

14http://rt.com/business/225131-russia-china-speed-railway/

15http://www.newsmax.com/Newsfront/Zbigniew-Brzezinski-Ukraine-Russia-NATO/2015/02/06/id/623211/

16The Grand Chessboard, Basic Books, pag. 59

17http://www.agi.it/estero/notizie/ucraina_negoziatore_filorusso_siamo_sull_orlo_di_grande_guerra-201506141153-est-rt10024

18http://it.sputniknews.com/mondo/20150614/555694.html?utm_source=t.co%2FuJMOUSFVaF&utm_medium=short_url&utm_content=t5P&utm_campaign=URL_shortening

19http://www.reuters.com/article/2015/06/15/us-ukraine-crisis-idUSKBN0OV18J20150615

20http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/poland/11675648/Russia-condemns-aggressive-US-plan-for-tanks-in-Eastern-Europe.html

21http://www.globalsecurity.org/military/world/russia/mo-budget.htm

22http://www.forbes.com/sites/mikepatton/2015/04/24/national-debt-tops-18-trillion-guess-how-much-you-owe/

28 Risposte a “Rettilineo finale”

  1. Per questo il capo dei nostri in Germania, noto come Misha Wolf, si era cresciuto questa ragazza: Krasner. Angela Krasner. Preso il potere, facesse di tutto per fermare l’amore stesso che lega i tedeschi ai russi. Come ai tempi di quell’Adolfo austriaco. Distruggesse lui la Russia: e c’è la consegnasse. Non avevamo noi tedeschi mostrato allo Zar Giovanni come si faceva l’industria? Il 18 Giugno. San Calogero. Torna la libertà in Europa. Annunciata anche dal genio dell’autore di questo blog: lei, caro professore. Mi consenta solo una nota. Attaccherebbero attraverso l’Ucraina. Ma, vede, per combattere serve innanzitutto credere in quello che si fa. Gli ucraini non durerebbero 3 giorni: sono al 90% fratelli dei russi. Gli altri sono come la Krasner. Lei Pensa che i giovani del Dorset o del Vermont avrebbero una sola ragione per partecipare a una simile guerra? Per chi: per quelli che li hanno indebitati tutti, e inebetiti senza più industrie e lavoro tutte trasferite in Cina? Come dice lei, la Storia ha una sua logica.

    1. L’ultima volta che gli angloamericani inviarono truppe in Russia fu a sostegno del generale Pyotr Wrangel… finì come finirà

  2. Come sempre, ringrazio per l’analisi della situazione attuale.

    Viene da chiedersi quale sarà il destino dell’Italia. Secondo la logica che ha esposto sopra, riguardo la prossima egemonia della Germania sulla Mitteleuropa, l’Italia potrebbe flirtare con il commercio Eurasiatico, soprattutto il Nord Italia, e unirsi alla Germania.

    E’ possibile che le velleità secessionistiche del Veneto (e della “Padania”, per estensione) possano essere alimentate e sfruttate dalle élites italiane (o tedesche) in una situazione di disordine quale sarà il crollo dell’euro?

    Ovviamente, geopoliticamente parlando, gli USA si opporrebbero alla perdita delle basi militari nel Nord Italia, come nel Sud.

    Parlando da Veneto, la preoccupazione di vivere in un’altra Ucraina è grande, e non del tutto infondata, dato che la morte dell’UE (e la diminuita influenza atlantica) riporterà il mondo alle logiche geopolitiche di inizio ‘900.

    1. L’Italia ha grandi opportunità davanti a sé. La Pianura Padana è attraversata dalla ferrovia Lisbona-Kiev ed i porti di Genova e Triese torneranno strategici. La più grande opportunità ce l’hanno però la Sicilia e la Calabria: il porto di Augusta e di Gioia Tauro, se debitamente integrati con le ferrovie, possono diventare snodi internazionali, come Amburgo o Rotterdam.

        1. La Sardegna ha sofferto moltissimo la crisi degli ultimi 6 anni e la demografia ne ha risentito parecchio. I poligoni ed i depositi NATO sono ormai insostenibili, specialmente in una regione a vocazione turistica. Il gasdotto GALSI è sempre più in forse e difficilmente sarà realizzato nei prossimi anni. Senza costruire nuove cattedrali del deserto, quando lo Stato avrà riacquistato capacità di spesa, ci vorranno seri investimenti pubblici: per il collegamento al continente, per migliorare la recezione turistica e sfruttare al meglio le competenze acquisite nel petrolchimico.

        2. Nessuna possibilitá quindi di sfruttare la nuova ” via della seta e, magari, lo sviluppo del nord africa come i porti di Sicilia e Calabria ( come da lei segnalato)? Grazie

        3. Una maggiore integrazione industriale con l’Algeria, possibile un domani grazie al Galsi, sarebbe senza dubbio proficua. A differenza della Sicilia e della Calabria che sono a due passi da Suez, è più difficile agganciarla alla via della seta. Il potenziamento degli aeroporti consentirebbe però di intercettare parte dei centinaia di milioni di nuovi “borghesi” asiatici. E’ inutile plasmare una vocazione diversa dal turismo, per la “perla del Mediterraneo”.

  3. Grande federico … come sempre … ma l oro che raggiunge livelli mai raggiunti prima … si alza ?

  4. Grazie per questa analisi
    Avrei tre domande/ proiezioni “fantapolitiche” (si prenda questo aggettivo assolutamente non in chiave ironica):
    1-per cementare l’eurasia con un sistema di trasporti merci all’avanguardia sicuramente manca il tassello dell'”americana” Polonia, vedremo una nuovo patto Molotov-Ribbentropp?
    2-La Turchia dopo le recenti elezioni e’ praticamente spaccate in tre con Il sultanetto Erdogan alle prese con un bel rompicapo per formare un governo, vedremo la possibilita’ della creazione di un Kurdistan? nel caso come si destabilizzerebbe questo grosso rompicapo mediorientale?
    3- La nostra Italietta riuscira’ a rimanere integra oppure dopo i, non impossibili, disordini nati dalla situazione stagnante e da una probabile, disgraziata, avventura nordafricana vedremo un nord che si sfila, anche non se non ufficialmente, per aderire alla Mitteleuropa?

    1. 1. Polonia: situazione molto delicata. Se si presta, come sta facendo, al gioco americano, la vedo grigia.
      2. Turchia: dopo quattro anni non è riuscita a piegare la fiera Siria, ragion per cui mi sembra che le ambizioni neo-ottomane siano sproporzionate ai mezzi reali. Il progetto Kurdistan è nei cassetti di Londra, Washington e Tel Aviv dagli anni’70 ed in Iraq ne stanno tentando la nascita. La reazione turca è imprevedibile.
      3.L’Italia è e sarà sottoposta a grandissimi sollecitazioni. Nei nuovi assetti, noi saremo il punto d’arrivo della nuova via della seta marittima, che passa per Suez: l’unità logistica e commerciale del Paese sarà conservata, se ne dedurrebbe anche quella politica.

  5. Analisi che personalmente trovo lucida e argomentata robustamente, un piacere ( mi si conceda il termine nonostante la drammaticità dei temi e dei tempi) da leggere. Al prossimo post e buon lavoro, Federico!

  6. Stupefacente analisi Federico. Leggendo anche i tuoi precedenti interventi mi hai illuminaTo su molti aspetti… ti chiedo: a fine luglio mi si svincolano i depositi e mi torna piena liquidità, credi mi convenga ritirare tutto?se si tenere semplicemente denaro liquido per non rischiare un prelievo forzoso o destinarsi ad altri? TU cosa faresti al mio posto?

    1. Mi pare saggio destinare almeno un 10-15% in oro. Personalmente diffido degli etf.

  7. Mi piacerebbe sapere che lavoro fa, perchè ha una capacità straordinaria di partire da dati giusti per arrivare a conclusioni sbagliate.

      1. Dalle analisi che fa direi che non mi stupirebbe selei avesse venduto bond greci.
        Tuttavia, io non ne ho mai comprati, per mi fortuna. Leggo il suo blog con interesse, perchè in effetti fornisce molto informazioni interessanti. Sfortunatamente, le conclusioni che lei trae non mi vedono d’accordo. Ad esempio considerare Grillo un’emanazine della CIA è piuttosto risibile, considerato che il loro programma e le prese di posizione del M5S lo portano molto ma molto lontano da quelle rive. E’ interessante anche il fatto che lei riporti scrupolosamente le fonti delle notizie che riporta. Mi sono dilettato a leggerle, ma anche qui io e lei abbiamo visioni alquanto diverse: vediamo le stesse cose, indubbiamente, ma le leggiamo in modo molto diverso. Comunque oggi va molto di moda il catastrofismo, stile Benetazzo o Uriel Fanelli, per intenderci, sono certo che le sue posizioni le porteranno moltissime visite, cosa per lei senz’altro vitale. Buona giornata.

        1. Catastrofismo? Stiamo semplicemente vivendo il collasso dell’impero angloamericano che dallo Yemen alla Ucraina, dalla Libia alla Siria, da Hong Kong alle isole Diaoyu cerca disperatamente l’incidente. Tucidide, per rimanere in tema Grecia, chiamava “pronoia” la capacità di leggere gli avvenimenti e trarne gli sviluppi.

        2. La ringrazio per la risposta e le rinnovo gli auguri, pur non concordando con lei continuerò sicuramente a seguirla.
          Buona serata.

  8. Gli ultimi aggiornamenti stanno prendendo una strana piega, e come se Tsipras avesse ceduto su buona parte della linea alle richieste della Troika, di riduzione del debito pubblico greco non se ne parla piu, sembra invece che la Germania si comincia a tirare indietro, come se alle belle parole della Merkel non corrispondesse la reale volonta del popolo tedesco, rimango dell’idea che si procedera ad un allungamento dei tempi per la restituzione delle scadenze che dia la possibilita ai poteri forti di destituire il governo greco o di riportarlo a piu miti consigli, e il teatrino ricomincia….

    P.S. Nessuna concessione alla Grecia in vista delle elezioni in Spagna, solo l’ossigeno necessario a non affogare, vedi prestito ELA, quindi in attesa lo show si fermera per almeno sei mesi

    1. Seguiamo attentamente gli sviluppi. Schäuble avrebbe raccolto 60-70 parlamentari della CDU contrari al compromesso. L’ala sinistra di Syriza invece contempla apertamente l’addio all’euro. Domani ci dovrebbero già essere difficoltà di contante agli sportelli. Il rimbalzo di oggi dei mercati, privo di qualsiasi fondamento, è una mossa disperata per dipingere la situazione come normale. In altri tempi (2010-2012) i mercati si sarebbero avvitati.

  9. Il mondo sta cambiando a nostra insaputa, perché nessuno ce lo racconta, con la costituzione di un sistema di integrazione finanziaria da parte dei BRICS che sarà definitivamente lanciato a Mosca il 7 luglio e che sfiderà il dollaro e le istituzioni del Washington Consensus. Esisterà forse a breve un’alternativa alle catene dell’euro e del Fondo Monetario Internazionale che hanno distrutto benessere, democrazia e diritti, come dimostra in modo non più opinabile il caso della Grecia. Per ora l’Italia ha scelto la via dell’eutanasia economica con la partecipazione ad un’unione monetaria fallita e con le sanzioni ad un partner economico e commerciale fondamentale come la Russia che ci costano e costeranno miliardi di euro (-18% nella meccanica, -19% nei semilavorati, -22% in moda e accessori, -45% nell’alimentare, -22% nell’arredamento ed edilizia e -59% nei mezzi di trasporto).
    L’Italia deve dire no alla corsa verso il baratro che Washington e Bruxelles hanno imposto al nostro Paese e che il governo sta portando a compimento. Noi siamo pronti a guidare il Paese fuori dal guado ma, prima, tutti insieme, dobbiamo cacciare i delinquenti che ci governano.

    Queste parole sono in prima pagina oggi sul blog di Grillo.
    Giusto per far vedere ai suoi lettori come siano ridicole le sue ipotesi sul M5S.
    Ora la sfido a trovarmi dichiarazioni tanto chiare CONTRO il sistema di potere occidentale su uno qualsiasi degli organi ufficiali di tutti gli altri partiti.
    Vabbè forse qualcosa troverà da qualche esponente di un micro-movimento sullo 0,2 % del consenso elettorale.
    Più probabilmente farà finta di niente.
    Tanto l’acredine anti-M5S che trasuda dalle sue parole è evidente a tutti.
    Solo che essendo un professore dovrebbe parlare dei fatti partendo dai fatti.
    Come per esempio della battaglia che il M5S a Bruxelles sta portando avanti contro il TTIP.
    Cosette che per lei nemmeno esistono.
    Cordialità.

    1. Un partito d’opposizione fittizio deve comportarsi come un partito d’opposizione: catalizzare il malcontento e sterilizzarlo. Lei legge il blog di Grillo, è felice perché qualcuno dice quello che lei pensa, lo vota, e poi il suo voto va al macero.
      Mi stupisce che tutti i grillini continuino a farmi leggere gli articoli del blog di Grillo, anzichè cercare di smontare la mia chiarissima ricostruzione. Gente che non crolla davanti ad una foto, ha una fede più forte dei santi. Beati voi, vivrete felici.

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