Cambi di fronte e propaganda in Siria, aspettando le presidenziali USA

Nell’attuale contesto di deterioramento economico e politico, nessun quadrante merita maggiore attenzione di quello mediorientale, candidato ad essere l’innesco di quella possibile “guerra costituente” che ridisegnerebbe gli assetti globali: in Siria, in particolare, l’attrito tra il declinante impero angloamericano e le potenze emergenti è massimo. L’avvicinamento tra Putin ed Erdogan è la principale novità strategica accorsa nell’estate: ne è seguita una campagna mediatica che presenta Aleppo come “nuova Sarajevo”, vittima di un brutale assedio che invoca l’intervento occidentale. Gli sviluppi sono appesi alle presidenziali americane: l’eventuale elezione di Hillary Clinton renderebbe certo il tentativo di imporre una zona d’interdizione di volo sulla Siria, con alte probabilità che il conflitto degeneri in una guerra di larga scala.

Accordo tra Mosca ed Ankara: vince la ragion di Stato

Negli ultimi due anni il Medio Oriente è stato spesso oggetto dei nostri articoli, per due ragioni: primo, è l’area geopolitica dove l’Italia coltiva i suoi naturali interessi, secondo, come abbiamo sovente evidenziato nelle nostra analisi, la regione si è via via guadagnata la funzione di “Balcani globali”, quell’instabile regione, cioè, idonea a giocare sullo schacchiere internazionale lo stesso ruolo della penisola balcanica nel 1914.

Il Medio Oriente è oggi il campo dove le potenze mondiali declinanti (USA e NATO) ed emergenti (Russia, Iran e Cina) convergono, per una sfida che trascende i confini regionali: la posta non è, infatti, la supremazia in questo o quel Paese mediorientale, bensì l’assetto mondiale. Il Medio Oriente, in sostanza, sì è candidato a fungere da innesco per quella possibile “guerra costituente” (l’argomento sarà oggetto di uno dei nostri prossimi articoli) con cui l’ormai esausto ordine mondiale del 1945 (momentaneamente rafforzatosi nel 1991 con l’implosione dell’URSS ) sarebbe seppellito, per lasciare spazio ad uno nuovo, basato sui mutati rapporti di forza.

Il punto dove l’attrito tra potenze è massimo, la Bosnia del 1914 per proseguire con la similitudine, è ovviamente la Siria. Non è un caso se sui media internazionali la città di Aleppo, dove le operazioni dell’esercito siriano per la sua riconquista si avviano alla conclusione, sia sempre più sovente paragonata sui media ad una “nuova Sarajevo”: il riferimento immediato, certo, è alle vicende dell’assedio della città bosniaca negli anni ’90, ma come non cogliere anche una sinistra allusione all’attentato con cui fu ucciso l’erede al trono d’Austria-Ungheria, inizio di quella reazione a catena che portò alla prima guerra mondiale? L’evoluzione del conflitto siriano merita quindi la massima attenzione, date le sue implicazioni globali.

Una novità di portata strategica è coincisa con la tentata destabilizzazione statunitense della Turchia: il fallito putsch militare si proponeva, infatti, di impedire il riavvicinamento già in atto tra Ankara e Mosca, passo indispensabile per porre fine all’insurrezione armata che dilania la Siria da ormai sei anni e che ha lungo impiegato Turchia come retroterra. Le indiscrezioni riportate dall’ex-ministro libanese1, Wahim Wahab, secondo cui Mosca non solo avrebbe avvertito Recep Erdogan dell’imminente golpe, ma gli avrebbe addirittura dato ospitalità nella propria base aerea siriana durante le drammatiche ore del putsch, corroborano la tesi che un’intesa tra la Russia e la Turchia fosse stata già raggiunta ed colpo di Stato fosse l’estremo tentativo di sabotarla.

Il 9 agosto Recep Erdogan vola a San Pietroburgo, per la sua prima visita all’estero dopo lo sventato golpe. L’incontro con Vladimir Putin verte, ovviamente, sulla Siria, dove i due Paesi hanno militato per sei anni sui lati opposti della trincea: Mosca a sostegno del regime laico di Bashar Assad e dell’integrità territoriale della Siria, Ankara a sostegno dell’insurrezione islamista e della balcanizzazione del Paese, secondo il copione fornitole da angloamericani ed israeliani.

Il faccia a faccia cementa così il riavvicinamento in atto da mesi e scaturito dall’ambigua posizione di Washington sulla questione curda: Erdogan, infatti, ha compreso che l’appoggio statunitense ai curdi siriani ed iracheni (i corpi speciali americani schierati nell’ovest siriano combattono con le insegne delle milizie curde del YPG2), contempla la nascita di uno Stato curdo al ridosso del confine, con forti rischi che le regioni turche dove i curdi sono l’etnia dominante si dirigano a loro volta verso la secessione.

L’accordo tra Mosca ed Ankara è il classico “do ut des”, il trionfo della ragion di Stato a dispetto di qualsiasi impostazione ideologica o rancore: la Russia ottiene la sospensione dei rifornimenti all’insurrezione islamista nel nord della Siria e la condiscendenza di Ankara per la completa riconquista di Aleppo da parte dell’Esercito Arabo Siriano, la Turchia ha luce verde per varcare il confine siriano senza reazioni russe, formalmente per debellare l’ISIS ma in verità per reprimere le milizie curde.

Truppe russe sono così dislocate sull’ultima strada da cui giungevano i rifornimenti turchi alle milizie attive ad Aleppo3, mentre Ankara, nonostante le proteste formali di Damasco4, può lanciare l’operazione “Scudo dell’Eufrate”, calando jet e truppe meccanizzate nel nord della Siria da impiegare contro le milizie curde alleate degli USA: a Washington, già ai ferri corti con Erdogan dopo il fallito golpe di luglio, non resta che far buon viso a cattivo gioco, dando il nulla osta all’operazione turca così da evitare una rischiosa rottura diplomatica con Ankara.

L’intesa tra Russia e Turchia rende sempre più concrete le probabilità di una vittoria definitiva di Bashar Assad sull’insurrezione armata: né la fornitura di missili terra-aria spalleggiabili (tra luglio e settembre Mosca perde due elicotteri e Damasco tre jet ed un elicottero), né i saltuari raid NATO ed israeliani a sostegno dei ribelli (vedi i bombardamenti “accidentali” della coalizione anti-ISIS contro l’esercito siriano a Deir Ezzor e gli interventi di Tel Aviv a sostegno degli islamisti nel Golan5), sono in grado di invertire la dinamica assunta dal conflitto.

Abortito lo scenario di un “grande Kurdistan”, evaporato il Califfato sunnita dell’ISIS, persa l’influenza in Iraq a vantaggio di Teheran, raffreddatisi i rapporti con l’Arabia Saudita, l’ultimo appiglio angloamericano per scongiurare un disfatta a tutto campo è impedire la caduta di Aleppo, città più popolosa della Siria e centro economico di primaria importanza.

La posta in gioco trascende la Siria e riguarda anche i rapporti di forza a scala globale, dove è chiaro a tutti che la supremazia di una potenza declinante, gli USA, è apertamente contestata dagli sfidanti decisi a difendere la loro agenda: Russia, Iran e Cina (quest’ultima ha recentemente concordato con le autorità siriane un maggiore coinvolgimento sul terreno6, attraverso aiuti ed addestratori militari).

Nella narrativa dei media occidentali Aleppo assurge quindi al ruolo di “nuova Sarajevo”, aprendo la strada ad un potenziale “intervento umanitario” dalle conseguenze imprevedibili.

Aleppo, “la Sarajevo” che aspetta Hillary Clinton

L’importanza assunta da Aleppo nel conflitto siriano è testimoniata dalla campagna mediatica che infuria attorno alla città da quando l’esercito governativo ha preso il sopravvento: si tratta della classica guerra psicologica con cui i centri d’informazione atlantica preparano abitualmente il terreno per un intervento militare, giustificato dalla necessità di difendere i diritti umani.

La Siria non è certo un “terreno vergine” sotto questo aspetto, perché già nell’estate del 2013, quando israeliani ed ampi settori dell’establishment angloamericano spinsero per la prima volta per un intervento militare, era stato orchestrato l’episodio delle armi chimiche nei sobborghi di Damasco, opera, secondo la ricostruzione dei media internazionali, del “regime di Assad”, ma attuato in realtà con gas sarin turco e manovalanza saudita.

La nuova campagna è stata aperta alla fine di luglio, quando l’ong americana Physicians for Human Rights accusa l’aviazione di Damasco del bombardamento di sei ospedali nella zona d’Aleppo, un vero e proprio crimine di guerra. Trascorrono pochi giorni ed i circuiti d’informazione sono sovraccaricati dalle immagini del piccolo Omran Daqneesh, il bambino sanguinante e coperto di polvere, fotografato attonito all’interno di un’ambulanza: “Little boy in Aleppo a vivid reminder of war’s horror” titola la CNN, che ricorda le efferatezze dei bombardamenti russi e governativi in Siria. L’emittente nazionale cinese CCTV controbatte senza esitazione: le foto del piccolo Omran sono state confezionate ad hoc e rientrano nella classica propaganda di guerra7.

Il salto di qualità coincide con la riesumazione dei più recenti “interventi umanitari” condotti dagli USA: sui media internazionali Aleppo comincia ad essere associata al nome di un’altra città tristemente nota per le vicende belliche: Sarajevo. Il blocco di Aleppo da parte dell’Esercito Arabo Siriano è l’odierno equivalente dell’assedio di Sarajevo da parte delle truppe serbo-bosniache: “Siria, Aleppo come Sarajevo: dopo quattro anni di assedio 40mila morti e 300mila civili in trappola” titola il Fatto Quotidano il 31 luglio; Aleppo come Sarajevo? L’accusa delle Ong: Un altro fallimento dell’Onu” ribadisce il Corriere della Sera l’11 agosto; Salviamo Aleppo, Sarajevo del Duemila” insiste l’ex-ministro Andrea Riccardi su Avvenire.

Gli interventi più interessanti, però, si trovano ovviamente sulla stampa americana, come l’editoriale “America’s Retreat and the Agony of Aleppo” apparso il 26 agosto sul New York Times e firmato da Roger Cohen. Al suo interno si tesse il paragone tra le due città, rimpiangendo gli anni ’90 e la risolutezza di Bill Clinton:

Sarajevo and Aleppo, two cities once part of the Ottoman Empire, two cities whose diverse populations have included Muslims and Christians and Jews, two cities rich in culture that have been besieged and split in two and ravaged by violence, two cities where children have been victims — 20 years apart. What a difference two decades make! Sarajevo was headline news through much of its 44-month encirclement. NATO planes patrolled the skies to prevent, at least, aerial bombardment of the population. Blue-helmeted United Nations forces were deployed in a flawed relief effort. President Bill Clinton, after long hesitation, authorized the NATO airstrikes that led to the lifting of the Serbian siege and an imperfect peace in Bosnia. (…) Aleppo is alone, alone beneath the bombs of Russian and Syrian jets, alone to face the violent whims of President Vladimir Putin and President Bashar al-Assad.”

Corre, infatti, l’anno 1994 quando il processo di dissoluzione della Jugoslavia, patrocinato dagli angloamericani ed attuato con l’interessata collaborazione di austriaci, tedeschi e sauditi, compie un balzo in avanti: Bill Clinton avvalla i bombardamenti NATO contro le postazioni dell’esercito serbo-bosniaco attorno a Sarajevo, per poi lanciare, a distanza di un anno, l’operazione Deliberate Force. In entrambi casi il fattore scatenante è un bombardamento al mercato della città, che ha tutto il sapore dell’attentato falsa bandiera: i caschi blu presenti a Sarajevo, infatti, accusano i mussulmani di essere i veri responsabili della strage8 e la velocità con cui le immagini del mercato bombardato rimbalzano sui media anglosassoni desta fin sa subito più di un interrogativo. Quello contro l’esercito serbo è il primo degli “interventi umanitari” con cui l’establishment liberal incarnato da Bill Clinton porta avanti la propria agenda geopolitica, camuffandola come missioni militari a difesa dei diritti umani: seguiranno, di lì a poco, la guerra in Kosovo ed i bombardamenti su Belgrado.

Oggi, è il ragionamento di Roger Cohen e di buona parte dell’establishment americano, l’America è “in ritirata”, perché di fronte ad uno scenario simile a quello bosniaco, Barack Obama ha rifiutato l’intervento militare (“No, Syria has been Obama’s worst mistake, a disaster that cannot provoke any trace of pride”), quando nel 2013 le famose armi chimiche glielo avevano servito su un piatto d’argento e sia i falchi democratici che i neocon premevano apertamente per la guerra.

Affinché la ritirata statunitense si fermi e l’esito dell’assedio di Aleppo sia simile a quello di Sarajevo, occorre quindi che alla Casa Bianca sieda nuovamente un fautore degli interventi umanitari “muscolosi”, un degno erede di Bill Clinton: chi meglio, allora, dell’ex-first lady Hillary?

Non c’è alcun dubbio che, se eletta alla Casa Bianca, Hillary Clinton coglierebbe al balzo la situazione ad Aleppo per un radicale mutamento di strategia: archiviate le operazioni sporche della CIA, il discreto sostegno finanziario e logistico all’ISIS ed i saltuari raid a favore dell’insurrezione islamista, si passerebbe all’intervento umanitario con il dispiegamento massiccio della flotta e dell’aviazione, così da creare l’agognata zona d’interdizione di volo nei cieli siriani, già invocata in passato.

Illuminante, a questo proposito, è l’intervista rilasciata dal suo consigliere Jeremy Bash, reduce di un’esperienza nelle più alte sfere del Dipartimento della Difesa ed alla CIA9:

“Hillary Clinton will order a full review of the United States strategy on Syria as a first key task of her presidency, resetting the policy to emphasise the murderous nature of the Assad regime. A Clinton administration will not shrink from making clear to the world exactly what the Assad regime is. It is a murderous regime that violates human rights; that has violated international law; used chemical weapons against his own people; has killed hundreds of thousands of people, including tens of thousands of children. The Clinton campaign strategy as listed on its website revives a long proposed, but never implemented, plan to create “safe zones” on the ground for civilians. This would require a de facto no fly zone to prevent air strikes in the area”.

Non serve lanciarsi in voli pindarici per immaginare che alla zona d’interdizione di volo programmata dalla Clinton in Siria, dove è già massiccio il dispiegamento dell’aviazione e della contraerea russa, seguirebbe a ruota un’escalation militare con Mosca, Teheran e probabilmente Pechino.

Sarebbe, in sostanza, l’avvio di un conflitto con cui la potenza declinante, gli USA, cerca di arrestare la propria ritirata sfidando in campo aperto i rivali che ne contestano l’egemonia: l’incipit di quella guerra costituente con cui le élite senescenti, quelle euro-atlantiche, e le élite emergenti, quelle euro-asiatiche, si sfiderebbero per ridefinire gli assetti globali.

Ecco perché l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca avrebbe reali implicazioni geopolitiche: il suo “America first”, “prima l’America”, tacciato sui media come pericoloso isolazionismo, è in realtà l’ultimo appiglio per scongiurare che Aleppo si trasformi nella peggiore Sarajevo, non quella degli anni ’90, ma quella del 1914.

All’avvicinarsi delle elezioni presidenziali statunitensi, un’analisi dei due sfidanti è quindi necessaria, per comprendere davvero chi sono i due candidati e perché le stesse fazioni che nel 2013 premevano per l’intervento militare in Siria sono confluite oggi verso la candidata democratica: salvo sorprese, ce ne occuperemo la prossima settimana.

 

proganda omran

1https://www.youtube.com/watch?v=NfpyXKtbeH0

2http://www.aljazeera.com/news/2016/05/ypg-emblem-syria-160527185041767.html

3http://www.reuters.com/article/us-mideast-crisis-syria-council-idUSKCN11J1XL

4https://www.almasdarnews.com/article/syrian-government-condemns-turkish-armys-illegal-entry-aleppo/

5http://www.reuters.com/article/us-israel-syria-idUSKCN11J0EY

6https://www.rt.com/news/356161-china-syria-military-training/

7https://www.rt.com/news/356734-aleppo-child-image-china/

8http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/3459965.stm

9http://www.telegraph.co.uk/news/2016/07/29/hillary-clinton-will-reset-syria-policy-against-murderous-assad/

55 Risposte a “Cambi di fronte e propaganda in Siria, aspettando le presidenziali USA”

  1. Il tratto di Tacito era lo stesso di Seneca. Questo nitore del pensiero, che rischiarava le cose.
    Lo stesso fa il Tacito nuovo, naturalmente Romano. Zoon logon echon, gli avevano spiegato i Greci. Dotato di parola. E ci racconta la caduta di un impero che viene da lontano ma che, esattamente come quello di un altro suo adepto che disse che sarebbero andati lontano, cessa proprio in questi giorni e mesi. Volodia quasi non crede ai suoi occhi. Lui gli lascia la loro Elvira a razionare al popolo la moneta fiat e a strozzare per bene l’economia russa; gli concede la tregua ogni poche settimane schiacciati da generali e guerrieri senza tema – e loro rispondono con gli attacchi a tradimento. Se i nostri dante causa vogliono continuare a crearla dal nulla, impossessarsene e imporla a tutti prestandogliela pure con gli interessi, i nostri dante causa hanno una sola opzione. La guerra mondiale. Persi dalla scomparsa in mondovisione della loro controllata, naturalmente esattamente lì dove avevano dato fuoco alle polveri, si apprestano a creare le condizioni per il non ritorno. Volodia, e la vera Chiesa Cattolica, lo sanno. E lo sanno a Pechino e nella Persia grande. Acclamato dal popolo che non chiede che di essere liberato, lo scozzese Donaldo lo sa egualmente. A Zurigo, nel cuore di Londra, in Vaticano e a Betania si vivono giorni di sconcerto. Arrivano.

    1. Il fatto triste è che nel frattempo a calpestare il suolo di Roma antica ci siano solo oscene controfigure. Possibile che la corona di ferro rimanga così a lungo nel fango? Davvero sono scomparsi gli antichi Dei?

    2. La profezia è nelle cose. Basta seguirle sulle tracce indelebili del passato.
      La fine improvvisa della nuova Roma, la fuga precitosa della controllata britannica in ragione della piena confidenza dello stato della controllante, la resurrezione della terza Roma elegia e patria della nuova sinistra reazionaria e Donald Trump (tuttavia di origine gotica) a riconfigurare sotto segno della normalità le macerie imperiali come l’Ostrogoto Re Teodorico.
      E l’antica milleneria Persia riespansa sulle rive del mediterraneo.
      Sempre profetico herr Willy
      rdk
      PS
      il decesso auspicato della globalizzazione è la conseguenza del rifiuto del tempo e della memoria. Chi abolisce la memoria è inerme nei confronti di chi rivive assiduamente il passato.

    3. @Willy Muenzenberg
      Se i nostri dante causa vogliono continuare a crearla dal nulla, impossessarsene e imporla a tutti prestandogliela pure con gli interessi, i nostri dante causa hanno una sola opzione. La guerra mondiale.

      Forse mi illudo ma potrebbe essercene un’altra di opzione che forse é già in atto: la destabilizzazione interna degli USA.
      Ma forse é solo una naturale manifestazione di un impero morente.

  2. gentile Federico,
    alla base di questo ragionamento, peraltro largamente condivisibile, c’è un presupposto non pienamente dimostrato, né d’altro canto dimostrabile almeno allo stato attuale, e cioé che i rapporti fra Russia e Turchia siano stati del tutto sanati.
    credo diversamente che Erdogan e i circoli islamisti di suo riferimento costituiscano ancora, per tempi indefiniti, una variabile difficilmente prevedibile nello scenario che hai delineato.

    cordiali saluti

      1. Il reggente pro tempore della cerniera euroasiatica e degli Stretti conosce i passi che oscillano tra il panturanesimo e l’islamismo e la “modernità”. Fossimo al suo posto, li conosceremmo (e danzeremmo) a nostra volta. Valessero una Parigi, danzerebbe pure come i dervisci.
        “Chi siamo noi per giudicarlo”?
        Grazie Dezzani.
        DNFTT. IST

      2. Il prossimo giro, lo farà con chi avrà vinto la guerra di Aleppo-Sarajevo…
        Supposto che Clinton ce la faccia.
        indubbiamente, nelle elezioni presidenziali USA, le probabilità vanno ai democratici…
        I repubblicani riescono a vincere, se va bene, 275 a 265….Bush, nell’ultima elezione vinse per 4 senatori…e la volta precedente, per 8, utilizzando il furto della Florida…(dove ancora adesso c’è come Governatore il fratello Jeff… Notate bene, che a scando di equivoci, il vecchio presidente Bush ha detto che lui voterà Clinton…Magari al figlioletto avrà raccomandato se devi fare brogli, falli per favorire Hillary…).
        Se invece la Florida sostiene Trump, può essere che Trump ce la faccia per un filo…
        Ancora una chicca..Da quando il Nord Carolina ha virato da Clinton a Trump- nei sondaggi- hanno scatenato la rivolta afro contro i bianchi. per l’uccisione da parte di un poliziotto….Un sistema per richiamare alle urne l’elettorato nero, che pende per Clinton..

      3. Se Erdogan avesse veramente aderito a un riavvicinamento con la Russia, avrebbe interrotto tutte le operazioni a sostegno dei terroristi che conduce insieme agli americani e agli israeliani ad Aleppo. Il che non è avvenuto. E avrebbe chiuso il passaggio di uomini, armi e materiali per dargli manforte. Invece va a occupare le posizioni tenute in precedenza dall’Isis dandogli tutto il tempo di ritirarsi tranquillamente. L’operatività dell’esercito turco sembra diretta a occupare territorio siriano ed è esercita realmente solo verso i curdi siriani che gli USA ancora dicono di sostenere mentre li hanno abbandonati a Erdogan senza nessuna remora.
        Ad agosto Bashar al-Jafari, rappresentante della siria alle NU, lancia un allarme sull’intervento turco in Siria: “Non c’è dubbio che ci sia pressione russo-iraniana su Ankara per farle cambiare politica verso la Siria. Ma la Turchia dice una cosa e ne fa un’altra. Sentiamo buoni interventi ogni giorno, ma non vediamo nessuna azione reale. Se ci fossero azioni coerenti con le dichiarazioni, non avrebbe iniziato l’operazione a Jarabulus. Gli Stati Uniti usano la Turchia, il braccio armato del PKK, al-Nusra e altri. Questo è noto “. L’ allarme avvalorerebbe la tesi del finto golpe operato con la super visione della CIA. Se le cose stessero effettivamente così, allora Putin sarebbe caduto in una sofisticata trappola che, ancora più di tutte le provocazioni attuate finora per spingere la Russia a una reazione, con una strategia subdola di invasione mascherata, avrebbe creato le condizioni per rendere inevitabile una risposta. Risposta data in questi giorni dopo il raid aereo della coalizione ai danni dell’esercito siriano con il lancio di 3 missili Kalibr sul centro di coordinamento operativo degli ufficiali di NATO e Israele, ad ovest di Aleppo.
        Gli USA vogliono una guerra e la vogliono prima della dismissione del dollaro come valuta di riserva mondiale e di commercio internazionale, perché quando questo avverrà, la strada per la costruzione di un ordine multipolare sarà aperta e loro avranno subito una sconfitta definitiva.
        Quindi diventa vitale, anche se sempre più difficile, trovare il modo per sottrarsi alle provocazioni e stemperare i conflitti. Finché la Turchia e la coalizione occidentale si muovono in una parte del territorio siriano, strategicamente poco rilevante per le sorti della guerra, la Russia ha ancora un po’ di tempo. Il punto è che avere sul territorio siriano truppe di terra appoggiate da un’aviazione, quella della coalizione, pienamente operativa, e con i confini della parte turca che non possono essere presidiati per limitare l’afflusso di terroristi, sarebbe veramente pericoloso una volta che la Clinton fosse eletta.

        1. Nono possono riuscire in una simile impresa, loYuan entra nel DTS il 1° Ottobre, utopia entrare in guerra prima, dopo siamo alla debacle totale.

        2. allora Putin sarebbe caduto in una sofisticata trappola
          noo , niente vietava ad erdogan di fare la stessa mossa anche prima del “golpe”. E il “diplomatismo ad oltranza” e’ nella strategia di putin ( e russa in generale , ricordiamo il patto del ’39), e’ sempre meglio mantenere piu’ a lungo possibile una “falsa pace” prima di una “inevitabile guerra “

        3. 44Prima del golpe… quando? dopo l’abbattimento del sukhoi.
          Purtroppo, nonostante si sperasse in un ripensamento la Turchia afferma di voler giocare un ruolo di primo piano nella ridefinizione del nuovo Medioriente e si candida a diventare il protettorato del nuovo stato sunnita che gli USA vogliono impiantare nell’area ridisegnandone i confini e spezzettando, a questo scopo, Siria, Iraq e Iran. In questo quadro lo scopo dell’abbattimento del Sukoi 24 sarebbe stato quello di mettere la parola fine al tentativo di riavvicinamento tra Russia ed Europa che si stava avviando con i colloqui di pace di Vienna. Il segnale era rivolto all’Europa e aveva lo scopo di escludere qualsiasi influenza su Herdogan il quale, con quella “pugnalata alle spalle della Russia”, sceglieva definitamente di rinunciare a schierarsi a favore di un quadro internazionale multipolare che era la direzione verso cui puntava la proposta di Putin del Turkish Stream. Gli americani e la NATO, con il loro progetto del Grande Medio Oriente allargato, hanno fomentato la megalomania irresponsabile del presidente turco, adombrandogli la possibilità di rendere realtà il grande sogno di un redivivo impero ottomano. Gli Israeliani e i neoconservatori americani hanno trovato in Erdogan, per questo suo profilo criminogeno, un ottimo alleato. Per anni ha sostenuto i tagliagole dell’Isis traendo profitti personali dal traffico di petrolio. Ciò che ha fatto credere a un possibile ripensamento è stata la precedente politica di distensione e collaborazione verso i paesi dell’area (l’approccio della politica estera turca – basato su l’assunto di “zero problemi con i vicini” garantiva impegno e dialogo con tutti i paesi dell’area, senza esclusioni – e garantiva la stabilità dell’area attraverso l’integrazione economica regionale). Inoltre avere la Turchia alleata o, quanto meno, in una posizione neutrale avrebbe permesso di arrivare a concludere rapidamente un conflitto che, come dice Federico, è centrale nella ridefinizione degli assetti globali. Per il resto Putin al “diplomatismo ad oltranza” affianca mosse fulminee che spiazzano i suoi “partner”: l’occupazione militare della Crimea ma solo dopo il referendum; la fornitura all’Iran e, probabilmente alla Siria di S300; il lancio dei kalibr per distruggere il centro di comando USA-NATO-Israele –Arabia Saudita.

  3. Il problema e il principale indizio della sua soluzione sta nella decodifica della neolingua utilizzata per la descrizione dei fatti.

    Si invoca una no fly zone, che fa venire in mente un’interdizione al volo per aerei stranieri che possano compiere atti di guerra in zone popolate. Quando l’ultima no fly zone che ricordiamo è stata quella del 2011 in Libia. Usata però per impedire il volo ai soli aerei dell’esercito regolare. E non per proteggere, ma per bombardare i civili.
    Si parla poi di Sarajevo, quando il paragone che verrebbe più immediato a tutti è invece quello di Stalingrado.

    Maestro indiscusso nell’arte della propaganda è da secoli l’esercito dell’ex impero britannico. Non a caso, nel Regno unito è da circa un anno che si invoca una no fly zone e che se ne organizza giustificazione e inevitabilità con ampio ricorso a eventi e strumenti mediatici mirati. Tra i quali un fiume di materiale fotografico e video, prodotto e diffuso da organizzazioni a guida, e sovente anche con sede, a Londra (o Parigi). Roland Dumas racconta che già nel 2011 gli fu proposto di partecipare all’organizzazione della futura guerra in Siria. In Inghilterra, non negli Stati uniti.
    E’ sempre dal Regno unito che partì, nel 2013, la campagna mediatica per i bombardamenti sui siriani come risposta all’uso delle armi chimiche sui siriani.
    L’arte della propaganda prevede anche, come corollario, l’uso dello slogan armiamoci e partite. La guerra in fondo rimane una cosa sporca, inelegante: facciamo in modo che la facciano gli yankee. Loro che si divertono tanto a guardare guerre stellari in DVD, mentre noi rileggiamo Wiston Churchill sorseggiando un buon the.

    Il presidente americano nicchia, oggi come allora. Così come il segretario di stato. Il pentagono è in maggioranza contrario. Ma al pentagono premono per la guerra alcuni alti ufficiali, che guarda caso fanno frequentemente la spola tra Washington e il Regno unito e che partecipano in pianta stabile a think tank comuni. Alla fine sembra che tutti si sentano in qualche modo costretti ad adeguarsi a questi ultimi.

    Paese strano, gli Stati uniti. Con più centri di comando delle stelle della sua stendardo nazionale e con una politica estera che cambia continuamente direzione. Tranne che in guerra, dove la bandiera è americana, ma il vento è quello inglese.

    https://www.youtube.com/watch?v=1yvyzphoKmc

  4. caro Dezzani , vedo che , rispetto a qualche mese fa adesso prende molto piu’ seriamente in conto la probabilita’ di una WWIII cioe’ luna terza guerra gloabale da combattere (ANCORA ! ) sul territorio europeo ad esclusivo vantaggio del kapitalismo U$A
    Ma noi europoidi , a cominciare da Kraponi Krukki, impareremo mai la lezione dell’ ” altra sarajevo” ?

      1. Beh in effetti il cosidetto BAO vorrebbe un conflitto con la russia “limitato” al solo teatro est-europeo ( + le kurili ) ma i “ribelli all’ impero” ( russia cina iran ) sarebbero veramente dei fessi se concedessero agli U$A questa “guerra limitata” .
        Quindi caro Dezzani vedra’ che una volta dato fuoco alle polveri il botto sara’ “mondiale” .. poi sul numero ( 3-4 o5 ) decideranno gli storic…..DOPO 🙂

  5. Caro Sig. Dezzani, sono concorde in parte con quanto scritto. L’operazione Euphrate Shield non sarebbe mai partita se Erdogan non avesse avuto il beneplacito statunitense. Come scrivo qui: http://pensatoregeopolitico.altervista.org/la-verita-sul-fallito-golpe-turco/ tramite il golpe si è andata a creare in Turchia la sinergia giusta per permettere una invasione di terra della Siria, azione che le forze armate turche secolariste non avrebbero permesso se solo non fossero stati deposti e allontanati tutti i generali ancora in grado di opporsi a Erdogan. Gli Usa non li vedo ideatori del Golpe con il fine di disturbare l’asse Erdogan-Putin, ma piuttosto complici in una manovra mirata a rafforzare il potere del Pres turco

    1. Se vogliamo essere formali, Dott. Dezzani.
      Giusto cercare i retroscenza, ma dire che il golpe turco è una manovra americana per rafforzare Erdogan è senza alcun fondamento.

  6. Siamo tutti dottori qui, Federico. Quali fondamenti ha invece la teoria che a orchestrare il golpe sarebbero stati gli americani? Se avessero voluto rovesciare Erdogan, sarebbe bastato colpire l’aereo presidenziale con gli F-16, un gioco da ragazzi. In strada militari alle prime armi, convinti che si trattasse di una esercitazione, marciavano in un atto dimostrativo più che una rivolta armata. Infatti son bastate poche ore per smutandare i “golpisti”. Se il putsch fosse stato ideato dagli americani per avere successo, oggi al governo turco avremmo uno degli alti Generali

    1. Si è cercata la guerra civile, proprio come in Libia ed in Siria. Nelle prime ore, sembrava effettivamente che stesse attecchendo. La Turchia deve essere destabilizzata, perchè una parte del Kurdistan che dovrebbe nascere occupa l’attuale sud-est del Paese.

  7. …come al solito – seppur un poco criptico – la glossa del Dotto Dottor Muenzenberg è salace e degna di condivisione e di approvazione…

    1. Danilo, il suo genio è stato certamente illuminato dalla tante ore passate a mare.
      Nessuno come lei ha compreso veramente il 68.
      Cui gli amici di un altro blog assai apprezzato si riferiscono
      sintetici: Sessantottini, andate a fare in…

      1. URKA! ….non pensavo certo che i miei modestissimi ‘studi’ avessero qualcuno che li ‘adocchiasse’…. dovrebbe ri-uscire da SOLFANELLI ma ormai è + di anno che è in GESTAZIONE…. si vede che non capisco un’ acca di queste cose…. grazie comunque d’aver scritto….. direi SE POSSO, che il 2° volume LA SUPERFICIE EPOCA gode di una maggior scorrevolezza di testo rispetto al Sessantotto…

    1. No, piuttosto se i sondaggi sono troppo favorevoli a Trump, uccidono la “bionda malata”. Così incolpano lo scozzese e prendono due piccioni con una fava, potere e “opposizione” fuori dai piedi. Donaldo mal che vada dovrà dedicarsi al golf in Scozia (magari indipendente…)

  8. Condivisibile la visione di Willy Muenzenberg. Tuttavia la realtà di quanto sta avvenendo oggi potrebbe spingersi fin dentro la dimensione escatologica della storia, semrpre più chiaramente delineantesi davanti ai nostri occhi.
    Volodia si richiama alla mistica della terza Roma, il Raum imperiale che dall’Urbe passò a Costantinopoli nel mentre che il capoluogo laziale si avviava a diventare pascolo per buoi e pecore. La Roma papalina nacque probabilmente da un progetto egemonico volto a distruggere il potere della Roma sul Mar Nero con il supporto della finanza fiorentina e la falsificazione di documenti storici (tipo la redazione quattrocentesca della Storia di Tacito, l’incoronazione del grande re, il Carolus Magnus, il grande Korol. Il tutto per fornire autorità sacrale alla forza militare dei Germani, fino a poco prima di dottrina ariana, e al loro Heiliges Reich) e a giustificare sacralmente il potere dei tedeschi.
    Non so se la Roma papalina sia schierata dalla parte degli avversari degli adoratori del vitello d’oro, ma è chiaro che Volodia marci ostentando le insegne di Cristo Re/Cesare/Czar.
    Bravissimo Federico che ha compreso, analogamente a Willy, che stiamo vivendo una fase storica importantissima.

    **
    Un consiglio x Federico: non ti curar dei cosiddetti troll che praticano incursioni sul tuo blog, ma sappi che ciò significa che ti stanno tenendo d’occhio. Continua così.

  9. Ottime considerazioni, complimenti. Mi meraviglia solo che non siano stati presi in considerazione alcuni recenti avvenimenti in Siria che preludono ad una escalation militare prima delle elezioni USA che, non escluderei, venissero posticipate dato che la Clinton sembra sia stata formalmente “ritirata” alla commemorazione del 9/11. Non può passare infatti inosservato che i comizi trasmessi di recente dalle TV americane siano palesemente mai avvenuti in pubblico ma a porte chiuse attraverso grafica tridimensionale di un green screen. Si è arrivati ad un livello di falsificazione televisiva tale che nessuno sa dove sia la Clinton durante i finti comizi con pubblico virtuale e applausi registrati da sitcom stile anni ’80, magari è detenuta o in ospedale, chi può dirlo.
    Tornando all’escalation militare abbiamo avuto in sequenza: 1) bombardamento “per sbaglio” operato da una coalizione USA-Australia-Danimarca su forze regolari dell’esercito Siriano costate oltre 60 morti 2) distruzione di un convoglio “umanitario” (si fa per dire…) delle Nazioni Unite, costato 20 morti, che faceva da scudo a trasportatori di armamenti anti- Assad (mortai e altro) operato da sconosciuti che però ben si capisce chi siano 3) distruzione di un centro di comando di ISIS & co. formato da rappresentanti dei servizi segreti di Israele, UK, USA, Qatar, Arabia Saudita e Turchia con missili da crocera di precisione Kalibr sparati da una nave russa. Oltre 30 morti, una rappresaglia in piena regola dei russi che hanno formalizzato, anche davanti all’ONU, che ISIS = Nato e alleati. Da qui a un mese, se continuano così, quanto tempo sapperà prima che un aereo USA o britannico sarà abbattutto da un S300? Mi risulta che già un F16 israeliano, presso le alture del Golan, abbia fatto un atterraggio non esattamente morbido, cioè in più pezzi, completamente distrutto da un missile. Ovviamente da Tel Aviv si sono precipitati a smentire ma ci sono i filmati. Secondo me la terza guerra mondiale è già iniziata

  10. Se si trattasse di una guerra costituente per ridefinire gli assetti globali, per qualcuno finirebbe molto male. Una cosa è gettare nel caos Afganistan, Iraq e Siria stando nell’ombra, o vestiti da comunità internazionale. Un’altra è destabilizzare un Paese come la Turchia e andare dritti in guerra (a casa loro) contro Russi, Cinesi e Iraniani dopo averli provocati per vent’anni violando ogni regola di diritto e di buonsenso. Più che indebolire i suoi presunti nemici l’Occidente li ha ipermotivati e compattati. E nel frattempo ha disfatto l’Europa (anche se camion frigo e pentole a pressione sono sempre pronti all’uso) e reso la propria finanza più precaria che mai.
    Gli altri a questo punto sono preparati alla guerra (anzi sono già in guerra, Cina a parte), l’Occidente no. Quindi dietro a tutta questa voglia di attaccare e rilanciare sempre e comunque o c’è un bluff molto azzardato, o c’è disperazione. L’Occidente si comporta come se avesse davanti Gheddafi e niente da perdere (tanto incasiniamo eventualmente l’Italia e più a Nord non succede niente). Perché? Si pensa che i Russi cederanno? Putin, compostamente, fa il suo e dimostra il contrario in ogni modo. Si pensa di aver già perso tutto e quindi tanto vale? Allora altro che guerra costituente di nuovi assetti, molto peggio.
    Capire meglio l’agenda di chi sta dietro Trump e dietro la Clinton sarà molto utile. Quindi tanti complimenti a Dezzani e al bellissimo blog (indispensabile, in un periodo come questo) che ha messo su.

  11. Federico, sull'”october’s surprise” avevi espresso parere negativo. La peni sempre così o dobbiamo aspettarci qualcosa? Grazie e continua così.

    1. Sulla sospresa di ottobre non mi sono mai espresso. Non è escudibile qualche scherzo pesante per modificare l’esito delle presidenziali: Trump è dato leggermente in vantaggio negli Stati decisivi…

  12. eccellente puzzle..
    ma quello che succede oggi in siria è cominciato tanti,tanti anni fa…
    (e non riguarda solo le pipeline e gli idrocarburi)
    se interessa aggiungo un link esplicativo..
    solo se autorizzato..

  13. ok, silenzio assenso:

    https://wikileaks.org/clinton-emails/emailid/18328

    commento:
    IN SIRIA NON è UNA GUERRA CIVILE quella in atto,DATO CHE I CIVILI SCAPPANO E SONO QUASI TUTTI MERCENARI STRANIERI GLI ANTI ASSAD..
    E OLTRETUTTOsembra, anzi è UNA SFIDA STILE “OK CORRALL” FRA BANDE CHE SI CONTENDONO PORZIONI DI TERRITORIO PER LA MAGGIOR PARTE DESERTICHE.
    ..non solo per le pipeline degli idrocarburi dei paesi del golfo verso il mercato europeo, come potrebbe apparire..
    24sett16

    =In siria lo scopo degli usa e dei suoi alleati(petrobeduini,israele,turchia-“ ue”-si fa per dire-)non è solo quello di rovesciare assad, ma appare sempre piu palese l’intento non solo di frammentare la siria, ma di creare nuove entità territoriali costituite da un califfato sunnita compreso tra il nord ovest dell’iraq e il sud est della siria, ed inoltre come sorta di compensazione la creazione di uno stato curdo tra l’estremo nord iraqeno, il nord est siriano che lambisca il sud est turco.
    Una risoluzione strategica necessaria a spezzare un asse,quello sciita che collegherebbe l’iran al mediterraneo attraverso l’iraq,la siria e fino in libano.
    Ipotesi questa(l’asse sciita) osteggiata fortemente dagli usa ma soprattutto dai petrobeduini ed israele, le quali simmetrie politiche sono equivalenti nell’avversare l’iran ed i suoi alleati.

    E un muro sunnita nel territorio fra siria ed iraq(ed entità curda) interposto all’iran attraverso appunto il califfato relegherebbe ai margini del medio oriente ogni velleità iraniana di “allargarsi” ed al tempo stesso israele con la creazione di un entità curda posta al confine nord del califfato sunnita, si doterebbe di uno scudo, di un muro di interposizione( e sicurezza seppur relativa), dato che da sempre i curdi sono stretti alleati di israele.
    (oltre al fatto che da un divisione della siria,Israele potrebbe annettere definitivamente al suo territorio le alture del golan illegalmente occupate dal 1967 )

    Questa ultima proposta, quella dell’entità curda, però è avversata fortemente dalla turchia e soprattutto dalla sua attuale dirigenza, ragione per quale da quasi un anno a questa parte la posizione del governo turco nel contesto della guerra in siria, si sta dimostrando ambigua, al punto tale che il presidente turco Erdogan ha allacciato contatti molto stretti con la russia fin dall’inizio dell’intervento aereo di mosca del settembre scorso nel conflitto siriano.

    Erdogan vorrebbe un califfato ai suoi confini, ma assolutamente evitare ogni riconoscimento all’entità curda, che considera terrorista e quindi nemica.
    E probabilmente è questa la ragione per cui erdogan,prima ancora di assad, ha avallato ed appoggiato l’intervento russo in siria nel settembre 2015.
    Lo stesso motivo è sicuramente la causa dell’abbattimento del mig russo nel novembre scorso ed il successivo tentativo di colpo di stato contro erdogan tentato-e fallito forse proprio con l’aiuto russo-in scorso luglio.

    (cioè colpo di stato tentato perché erdogan non è del tutto ubbidiente ai dettami imperiali?

    e quindi il dispetto contro i russi..abbattere il mig e far ricadere la colpa al sultano?e rompere gli accordi con putin? che parlava di pugnalata alla schiena?che ti da solo qualcuno di cui ti fidi ?)

    In questo marasma quindi ogni soluzione politica è impossibile?
    Impossibile si, perché la presenza di Assad significa il mantenere l’integrità territoriale della siria e in suo aiuto sono accorsi tutti gli alleati prossimi dell’iran, cioè il vero bersaglio strategico di questa guerra, in una lotta non solo per la resistenza , ma anche per la loro stessa esistenza, coinvolgendo anche la russia e con l’avallo politico(per ora)cinese, dato che queste due potenze nucleari sono consapevoli del fatto che la creazione di un entità sunnita con ramificazioni wahabite salafiste nel territorio siriano-iraqeno, potrebbe mettere in serio pericolo la stabilità in quei territori asiatici popolati da musulmani con sacche molto consistenti fin dentro sia la stessa russia che la stessa cina.

    Questo senza considerare gli interessi economici di portata strategica come sono quelli inerenti le vie commerciali, su tutte le pipeline e ovviamente i giacimenti di idrocarburi.

    Quindi impossibile ogni soluzione concordata e pacifica, perché oltre alle mire imperiali politico economiche egemoniche degli usa, bisogna considerare che per la prima volta(almeno ufficialmente) c’è la convergenza di interessi vitali e quindi l’alleanza strategica fra i petrobeduini ed israele.
    (Un alleanza talmente ambigua, “onerosa” nel senso di pesante, che rischia di far affondare l’arca?
    I petrobeduini si contano a decine…i musulmani sono oltre un miliardo.. )

    E in tutto questo marasma, però, non si comprende ancora alcuna ragione pratica, ma neanche teorica della posizione della UE(si fa per dire).

    a parte lo ZERBINAGGIO…….
    Per ora di certo l’europa,o meglio tutti i cittadini europei ne stanno pagando i costi, che diventeranno sempre piu elevati.

  14. certo è che assistiamo al tentativo di assassinare l’Impero nel modo più miserevole , per dissanguamento .

  15. Occorrerebbe anche considerare la posizione Italiana in questo frangente. Non perchè ad essa possa essere attribuito qualche peso nella determinazione degli eventi ma perchè essa influenzerà senz’altro le vite dei cittadini, soggetti del tutto inermi. Parlo di cose semplici: se si procede verso un punto di discontinuità traumatico, forse è meglio che ciascuno assuma le precauzioni che gli sono possibili.

  16. Salve Dezzani, quali sono le sue opinioni sulla figura di Assange? Come giudica le sue parole in favore dei 5 stelle? Grazie

      1. Mi dispice contraddirla ma l’attività di Julian Assange, ben che meno l’uomo, non ha nulla a che fare con la mitomania, anzi direi il contrario visto che le fonti di Wikileaks sono molto circostanzite ed attendibili. Assange è una lavanderia a gettoni di panni sporchi, un outlet limitato di intelligence rappresentato come alternativo dal mainstream. Questo è, e basta conoscere il contesto in cui è cresciuto da bambino per capire che è manovrato e inserito in un certo programma, ma ciò non toglie che il materiale che diffonde sia attendibile e, fino ad ora, mai smentito. Assange va giudicato per ciò che pubblica ma, soprattutto, per ciò che non pubblica, cosa che ben ci fa capire in che contesto inquadrarlo. Si noti, nel rapporto col 5 stelle, imbastito da circa 3 anni, che solo ora è ufficializzato, qualcuno si chiederebbe come mai sia gunto l’endorsement adesso e quache malizioso magari risponderebbe che è perché il movimento di Grillo è la forza politica italiana che meglio si è accreditata presso il Cremlino negli utimi tempi…

        1. Ho voluto puntualizzare perché “mitomane” ha un significato molto preciso e non attiene all’attività che svolge l’impiegato Assange. Non si tratta di fabbricazioni o invenzioni di un esaltato ma di intelligence che serve un’agenda. Anche su Snowden ci sarebbe da scrivere un libro, queste persone a mio avviso sono un sistema di ricatto globale tanto potente quanto più cresce la loro credibilità e presunta imparzialità

  17. Caro Dezzan, analisi lucida e inquietante la sua. C’è però un punto su cui varrebbe la pena soffermarsi. Le YPG, che io personalmente sostengo, sono state le principali forze anti isis. Perchè gli Usa, che secondo la sua ricostruzione hanno appoggiato gli islamisti contro Assad, avrebbero avuto interesse ad appoggiarle? Se in atto vi è veramente una “guerra costituente”, perchè gli antimperialisti non si schierano con le YPG, che sono in realtà alternative ai due contendenti e rappresentano una cultura politca innovatrice? Cordiali saluti. Giorgio Monestarolo

    1. Gli americani e gli israeliani sostengono SIA l’ISIS SIA l’YPG, perchè dovrebbero nascere due entità separate: Califfato e Kurdistan. La “guerra costituente” sarà tra USA, Russia, Iran e forse Cina: non sarà circoscritta al MO.

      1. CONCORDO IN TOTO CON DEZZANI: Guénon sosteneva la tesi degli “errori contrapposti” come motori dei ‘centri iniziatici’.
        Si foraggia Hitler per poi annientarlo.

  18. la Siria è uno dei pochi paesi Rothschild-free, come lo era l’Iraq di Saddam, e la Libia di Gheddafi.
    Nei conflitti moderni non c’entrano niente il gas o il petrolio. Sono briciole. Il vero obiettivo nello scacchiere globale è il completo controllo delle Banche centrali. (Per loro) non deve esistere alcuna nazione al mondo fuori dallo schema dell’indebitamento, che possa ergersi come esempio di sviluppo e benessere alle altre.

I commenti sono chiusi.