Verità per Giulio Regeni. Richiamare l’ambasciatore a Londra? È il minimo

A distanza di quattro mesi dalla morte di Giulio Regeni, la procura di Roma ha finalmente imboccato il filone inglese delle indagini, concentrandosi sull’attività svolta dal dottorando italiano per conto dell’Università di Cambridge: la rogatoria internazionale si è però infranta contro l’omertà dell’ateneo, che ha classificato le ricerche di Regeni al Cairo come “confidenziali”. La pista inglese è molto solida, come testimonia il traffico delle celle telefoniche concomitante alla scomparsa ed al ritrovamento del cadavere di Regeni: sempre più elementi avvalorano l’ipotesi dell’operazione sporca per sabotare i rapporti italo-egiziani. Di fronte all’omertà ed ai tentativi di depistaggio inglesi, urgono azioni drastiche e tempestive: richiamare l’ambasciatore a Londra? È il minimo.

Dagli amici mi guardi Iddio…

La lentezza è una delle principali accuse rinfacciate alla giustizia italiana, insieme a quella di svolgere le indagini con un tempismo spesso sospetto: rallentando o velocizzando un’inchiesta, scegliendo con cura quando inviare avvisi di garanzia e mandati di comparazione, la magistratura è sovente accusata di imprimere un connotato tutto politico al suo lavoro. Anche nelle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni, è lecito porsi qualche interrogativo sull’azione degli inquirenti: non vogliamo accusare i pubblici ministeri, sia ben chiaro. Diciamo soltanto che la Procura di Roma, cui è spettato d’ufficio il caso Regeni, potrebbe aver ricevuto pressioni ad agire in un determinato momento, anziché in un altro.

Sono infatti trascorsi già ben quattro mesi dal ritrovamento del corpo di Regeni, più volte gli inquirenti si sono consultati con gli omologhi egiziani e si è consumata una gravissima crisi diplomatica tra Roma ed il Cairo, a causa di presunti depistaggi e reticenze egiziane. Solo in questi giorni, quando l’ambasciata italiana in Egitto è ormai vacante da 60 giorni, i pubblici ministeri hanno scelto di seguire la “pista inglese” dell’omicidio Regeni. Secondo la versione ufficiale, la scintilla che avrebbe illuminato i magistrati sarebbe l’analisi del computer del giovane dottorando, su cui è stato trovato materiale sufficiente per avanzare una rogatoria internazionale così da poter “ascoltare1 (i media evitano con cura i termini grevi come “interrogare”, quando si tratta di potenti) i docenti dell’Università di Cambridge che “coordinavano” le ricerche di Regeni al Cairo.

Eppure, eppure.

Eppure di materiale ce n’era in quantità per imboccare da subito la pista inglese, quella che porta dritto all’operazione sporca dei servizi britannici ed americani, senza dover aspettare l’analisi del computer di Regeni e, soprattutto, la grave crisi diplomatica consumatasi tra Roma ed il Cairo. Più elementi emergono, più avanzano le indagini, più l’ipotesi dell’operazione clandestina si rafforza, sino alle ultimissime analisi dei tabulati telefonici effettuate dalla polizia egiziana, analisi che potrebbero avvalorare definitivamente la tesi del delitto politico, perpetrato dagli angloamericani per sabotare i rapporti italo-egiziani.

Vediamo quindi perché qualsiasi investigatore, senza ricorre a paragoni con Sherlock Holmes, quanto mai fuori luogo visto il tenore dell’articolo, avrebbe dovuto gettarsi a capofitto sul filone delle indagini che portano dritto all’università di Cambridge, dove la ricerca vive in simbiosi con i servizi segreti e la sovversione politica.

Il prestigioso ateneo, al centro di intrighi spionistici dai tempi dei “Magnifici Cinque”, ha pubblicato una breve biografia2 del giovane ricercatore, da cui attingiamo le seguenti informazioni: Giulio Regeni, classe 1988, si laurea in “Arabic and Politics” all’università di Leeds, nel 2011 entra all’università di Cambridge per un master in “Development Studies”, consegue ottimi risultati negli studi che gli aprono le porte di un’esperienza lavorativa al Cairo, presso le Nazioni Uniti. Quindi la biografia di Regeni offerta dall’ateneo, presenta un prima, significativa, differenza rispetto a febbraio: dopo le rivelazioni italiane, anche l’università ammette che il giovane friulano ha lavorato per 12 mesi presso l’Oxford Analyitica, società privata che ruota nella galassia dei servizi segreti angloamericani. L’informazione era stata accuratamente taciuta, perché la sua divulgazione cambia drasticamente il profilo di Regeni e dà un altro connotato alle su ricerche. Con l’obiettivo di conseguire un dottorato, Regeni torna a Cambridge nel 2014 e, “attratto dal funzionamento dei seindacati in Egitto, decide di trascorre l’anno accademico 2015-2016 al Cairo, come “visiting scholar” presso l’università americana.

Nel settembre 2015 Giulio Regeni, dottorando presso l’ateneo inglese ma cittadino italiano, sbarca così in Egitto: è lo stesso Egitto su cui Matteo Renzi ha puntato tutto per risolvere la crisi libica, dove l’11 luglio è esplosa un’autobomba davanti al consolato italiano del Cairo con palesi intenti intimidatori e dove l’ENI ha annunciato a fine agosto la scoperta dell’enorme giacimento metanifero di Zohr. È un Egitto, insomma, dove l’Italia è molto attiva, suscitando l’ira di qualche “alleato”.

L’università americana del Cairo (da cui è passato anche Giuseppe Acconcia, la firma de Il Manifesto che svelerà come Regeni fosse con un collaboratore del giornale, rigorosamente anonimo perché “aveva paura per la sua incolumità3) è, come Cambridge, un’istituzione attiva in settori che esulano dall’attività scientifica e sconfinano nella politica, collocandosi in quella zona grigia tra ricerca, sovversione e rivoluzioni colorate.

L’università americana è accusata di aver tramato nel 2011 per la caduta di Hosni Mubarack e la salita al potere della Fratellanza Mussulmana: accusa non peregrina, considerate le pubbliche esternazioni dei suoi docenti a favore dell’islam politico4. C’è una forte affinità di vedute, quindi, tra l’università americana al Cairo ed i docenti inglesi del giovane friulano. Si prenda ad esempio Anne Alexandre, “una delle persone più vicine dal punto di vista accademico a Giulio Regeni all’interno dell’università britannica”5: in un video è immortalata mentre aizza la folla, tra cui sventolano le bandiere dei Fratelli Mussulmani, contro il presidente Al-Sisi in visita a Londra6. Oppure Maha Abdelrahman, la tutor di Regeni: è considerata anch’essa un’aperta oppositrice di Al-Sisi e, come il sullodato Giuseppe Acconcia, collabora con la OpenDemocracy di George Soros7, un’organizzazione non tenera nei confronti del “regime egiziano”.

Il soggiorno di Regeni al Cairo è finalizzato a continuare gli studi di Maha Abdelrahman sui movimenti d’opposizione in Egitto, ai quali la docente ha già dedicato il libro “Egypt’s Long Revolution: Protest Movements and Uprisings8. È comunque un dottorato, quello del giovane italiano, piuttosto originale. La definizione che ne danno gli anglosassoni è PAR (Participatory action research) e prevede che la persona che studia un fenomeno sociale, non sia un soggetto passivo bensì attivo, ed interagisca con i movimenti presi in esame: non a caso, Regeni non si limita ad osservare le formazioni all’opposizione, ma entra in contatto diretto con il capo di uno di essi, Mohamed Abdallah, leader del sindacato degli ambulanti, e gli promette un finanziamento di 10.000 sterline attraverso la Fondazione britannica Antipode, impegnata, come la OpenDemocracy, a costruire una “new and better society”9.

Si ripropone quindi l’interrogativo: Regeni era o non era una spia?

Il suo possibile inquadramento nei servizi segreti inglesi rimarrà per sempre sconosciuto. Quel che è certo, specie dopo la sua esperienza all’Oxford Analytica, è che Regeni era troppo intelligente per non sapere di essere coinvolto in attività riconducibili allo spionaggio ed alla sovversione politica. Mai, comunque, avrebbe immaginato che lo stesso ambiente cui consegnava i suoi rapporti sull’opposizione egiziana decretasse anche la sua morte: perché non c’è alcun dubbio che l’ordine di uccidere Regeni sia partito dall’Inghilterra, non certo dall’Egitto che, anziché innescare una drammatica crisi diplomatica, avrebbe potuto semplicemente espellere il dottorando se ritenuto pericoloso. La tesi della faida dentro le forze di sicurezza egiziane è un banale depistaggio per tenere concentrata l’attenzione sul Cairo, anziché seguire la pista che porta dritto a Londra.

Veniamo così al rapimento ed all’uccisione di Regeni, arricchiti in questi ultimi giorni di nuovi particolari, il traffico delle celle telefoniche in corrispondenza dei luoghi dove l’italiano sparisce ed è ritrovato, particolari che confermano ancora la pista inglese.

Il 25 gennaio è il giorno in cui scatta l’operazione: la data scelta, l’anniversario della rivoluzione di Piazza Tahrir, è tutto fuorché casuale, perché offre l’occasione di sfruttare le manifestazioni ed il massiccio dispiegamento di polizia per rapire indisturbati Regeni ed avvalorare la tesi del repressione contro i dissenti politici.

Alle 19.40 il giovane friulano contatta Gennaro Gervasio, definito “amico” o “tutor” di Regeni10, dicendogli che sarebbe uscito di casa verso le 20, per raggiungere la fermata della metropolitana di Dokki, scendere alla fermata Mohamed Naguib e raggiungere a piedi il ristorante dove hanno appuntamento. Gervasio è docente presso la British University in Cairo e, come gli insegnanti inglesi di Regeni, studioso di movimenti d’opposizione (“Social and Subaltern Movements in the Arab World”11).

Il dottorando esce di casa ed è rapito, secondo alcune testimonianze anonime12, da uomini che indossano divise della polizia. Dall’analisi dei tabulati telefonici fornite dagli inquirenti egiziani, sappiamo oggi che tra le 19.30 e le 20.30, partono da un telefono inglese tre sms verso altrettanti cellulari egiziani, agganciati alle celle telefoniche attraversate da Regeni13 in quel momento.

Nonostante il Cairo sia una metropoli di sette milioni di abitanti ed il 25 gennaio la situazione sia ancora più congestionata per l’anniversario della rivoluzione di Piazza Tahrir, Gennaro Gervasio, quando alle 20.18 non vede comparire Regeni, si impensierisce e tenta per la prima volta di contattarlo al telefono. Seguono a ruota altre due chiamate (20.23 e 20.25), quindi, il docente della British University lascia passare due ore e, tra le 22.30 e le 23, contatta direttamente il ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari.

Il rappresentante italiano in Egitto ha, stranamente, un profilo molto simile agli altri personaggi comparsi sinora del racconto: assegnato all’ambasciata a Londra dal 1991 al1994, consigliere politico a Washington sotto il secondo mandato Clinton (1998-2001), curatore di un libro (“Le rivoluzioni della dignita. 18 mesi di proteste, di repressione e di rivoluzioni che hanno cambiato il mondo arabo 14) dove, ovviamente, si benedice l’avvento della Fratellanza Mussulmana,la forza politica meglio organizzata in tutto il mondo arabo”, Massari sbarca al Cairo nel gennaio 2013, quando il governo egiziano è ancora retto da Mohamed Morsi.

Anche la reazione dell’ambasciatore, come quella di Gervasio, è anomala e del tutto sproporzionata rispetto alle informazioni di cui avrebbe dovuto essere a disposizione: pochi minuti dopo la telefonata di Gervasio, Massari avverte i responsabili dei nostri servizi segreti sul posto, per poi sollecitarli la mattina successiva. “Alle 15 del 26 gennaio, quando mancano ancora 9 ore al tempo richiesto dalla legge per poter denunciare una scomparsa15, l’ambasciatore manda una nota ufficiale al ministero degli Esteri egiziano (e in copia a quello dell’Interno ed ai servizi segreti) sollecitando ogni sforzo necessario per rintracciare Regeni. Non sono trascorse neppure 24 ore dalla scomparsa di Regeni ed il caso, grazie a Massari, è già una questione di Stato.

Ora, chi è l’esecutore del rapimento, delle sevizie e dell’uccisione di Regeni? Nulla vieta che i responsabili materiali dell’omicidio, da tenere ben distinti dai mandanti, siano effettivamente i cinque criminali specializzati in sequestri di stranieri e rimasti uccisi in un conflitto a fuoco con la polizia a fine marzo16. La banda agiva d’abitudine con divise della polizia e nella loro abitazione sono stati ritrovati i documenti di Giulio Regeni: si tratterebbe in questo caso di criminalità comune, assoldata in loco dai servizi angloamericani per il lavoro sporco, un copione che in Italia conosciamo molto bene.

Trascorrono nove giorni ed il 3 febbraio il cadavere del dottorando è ritrovato ai margini della città, su un cavalcavia dell’autostrada Cairo-Alessandria: grazie ai tabulati telefonici forniti dagli inquirenti egiziani, oggi sappiamo che all’1.45 del 3 febbraio, un’altra utenza inglese invia un sms ad un cellulare egiziano, agganciato alla cella telefonica dello stesso quartiere dove a distanza di poche ore è rinvenuto il corpo17.

Quello stesso giorno è previsto un incontro tra la delegazione economica guidata dal ministro Federica Guidi e le massime autorità egiziane, prontamente cancellata dallo zelante Maurizio Massari appena è divulgata la notizia del ritrovamento del corpo (“per rispetto nei confronti di Giulio e la sua famiglia”).

Brutal murder threatens relations between Egypt and Italy” scrive con preveggenza il britannico Financial Times il 9 febbraio, evidenziando come la morte di Regeni rischi di compromettere i rapporti commerciali tra i due Paesi, appena rafforzatisi con la scoperta del giacimento Zohr effettuata dall’ENI, e la collaborazione in Libia, dove il generale Khalifa Haftar, sostenuto dal Cairo e a lungo anche da Roma, è tenacemente osteggiato dagli angloamericani.

Il Financial Times, ovviamente, non sbaglia.

Benché il filone delle indagini che porta dritto a Londra sia più che robusto, gli inquirenti italiani l’ignorano per mesi, subordinandolo all’analisi del computer di Regeni, e si concentrano unicamente sugli sviluppi dell’inchiesta in Egitto.

Una martellante campagna politico-mediatica, guidata da Amnesty International e da vecchi esponenti di Lotta Continua, emette già ai primi di marzo il suo verdetto, stabilendo che il responsabile dell’omicidio è il “regime di Al-Sisi”. Per obbligare le reticenti autorità egiziane a collaborare, è opportuno richiamare l’ambasciatore o, meglio ancora, convincere i “principali investitori italiani18 (leggi ENI) a rivedere le loro attività nel Paese. Il primo aprile Renzi discute del caso Regeni con Barack Obama, a margine del summit sulla sicurezza nucleare a Washinton. L’8 aprile la Farnesina richiama Maurizio Massari per consultazioni, sancendo la crisi diplomatica tra i due Paesi dopo il “sostanziale fallimento” del vertice tra gli inquirenti italiani e gli omologhi italiani, accusati di non aver consegnato i dati sul traffico telefonico.

Non c’è però rischio che Maurizio Massari rimanga disoccupato perché, quando a Bruxelles si libera la posizione di ambasciatore italiano presso la UE, lasciata vacante da Carlo Calenda, lo zelante diplomatico è prontamente promosso grazie, probabilmente, ai servigi resi in Egitto.

Passeranno altri due mesi prima che, finalmente, sia disponibile l’analisi del computer di Regeni e gli inquirenti, appuratone il contenuto, decidano di imboccare il filone inglese del delitto: avanzano quindi una rogatoria internazionale per “ascoltare” i docenti ed i colleghi con cui il dottorando italiano è venuto in contatto all’università di Cambridge.

Finalmente, qualcuno potrebbe pensare, dopo i depistaggi, le reticenze ed i sotterfugi del “regime egiziano”, gli investigatori italiani lavoreranno in ambiente disponibile, trasparente e collaborativo: dopotutto non è partita proprio dall’ateneo inglese la lettera aperta “Egypt must look into all reports of torture, not just the death of Giulio Regeni” per chiedere chiarezza sull’omicidio? Non figurano proprio Anne Alexande e Maha Abdelrahman, i due docenti di Regeni a Cambridge, tra i firmatari?

Ed invece, no!

Il presunto muro d’omertà innalzato dalle autorità egiziane, si trasforma in una fortezza inespugnabile in Inghilterra: Maha Abdelrahman, la studiosa dei sindacati indipendenti e dei movimenti di protesta egiziani, il docente che coordinava la ricerca (o meglio, la participatory action research) di Regeni al Cairo, rifiuta di rilasciare dichiarazioni agli inquirenti italiani, seguendo i consigli legali dell’Ateneo. A nulla serve lo struggente appello dei genitori ai professori affinché “collaborino attivamente per dare una risposta alla crudeltà gratuita che ha sottratto Giulio agli affetti e alla comunità scientifica19, né serve la disponibilità dei nostri investigatori ad attendere più giorni Maha Abdelrahman negli uffici della polizia di Cambridge, dopo averle inviato in anticipo le domande (non è contro il famoso fair play inglese?).

Maha Abdelrahman non collabora. Di più. Gli inquirenti italiani non possono neanche consultare lo studio di Regeni sui sindacati indipendenti, perché “confidenziale20, come se fossero documenti scambiati all’interno di un servizio segreto o di un corpo diplomatico.

Qual è il motivo di questa segretezza? Bé, quasi sicuramente, i nostri inquirenti, sfogliando il lavoro commissionato a Regeni da Maha Abdelrahman, avrebbero scoperto come le ricerche dell’ateneo inglese sconfinino nell’eversione politica.

Aver scelto Giulio Regeni come vittima di questa operazione sporca, implica infatti che tutte le sue attività sul versante inglese debbano rimanere gelosamente nascoste: d’altra parte, come giustificare il rapimento e la brutale tortura da parte del “regime egiziano” di un turista italiano qualsiasi?

Resta il dilemma della condotta che l’Italia dovrebbe assumere di fronte all’omertà inglese: a rigor di logica, dovrebbe richiamare l’ambasciatore a Londra per consultazioni.

La Farnesina richiami l’ambasciatore a Londra

Quali sono le parole chiave della campagna mediatica con cui Amnesty International, un nutrito stuolo di ex-Lotta Continua (Luigi Manconi, Paolo Hutter, Adriano Sofri, etc.), diversi politici espressione dei poteri atlantici (Felice Casson, Laura Boldrini, Francesco Boccia, Pier Ferdinando Casini, etc. etc.) e la Repubblica di Carlo De Benedetti, hanno prima invocato e poi ottenuto la rottura dei rapporti diplomatici con l’Egitto?

Le espressioni più ricorrenti sono: difesa della dignità nazionale, necessità di appurare la verità per rispetto nei confronti di Giulio Regeni e della sua famiglia, l’accusa di omertà e di depistaggio contro il governo egiziano.

Prendiamo ad esempio Luigi Manconi, il senatore del Partito Democratico, già responsabile del servizio di sicurezza di Lotta Continua negli anni di piombo e intimo (come buona parte dei suoi colleghi) dei servizi atlantici. Manconi è stato la punta di diamante del battage mediatico contro l’Egitto, riuscendo a coinvolgere nelle sue manovre anche i famigliari di Regeni. Scrive l’ex “sbirro” di Lotta Continua nell’articolo “Caso Regeni, richiamare l’ambasciatore? È il minimo”, pubblicato il 2 marzo sull’Huffington Post:

“E, poi, un’altra condizione: la piena libertà di accesso a tutta, ma proprio tutta, la documentazione relativa alla morte di Giulio Regeni, finora acquisita e in qualche modo occultata dalle autorità giudiziarie e di polizia egiziane. Ovvero testimonianze, interrogatori, intercettazioni, perizie e risultati delle indagini. Ma anche per questo forse è già troppo tardi. Ora servono azioni tempestive e iniziative drastiche. Ancora, dunque, richiamare l’ambasciatore italiano in Egitto e pretendere dall’ambasciatore egiziano in Italia un atteggiamento di cooperazione che finora non c’è stato in alcun modo.

La consegna di tutta, ma proprio tutta, la documentazione relativa alla morte di Regeni è considerata la conditio sine qua non per evitare la rottura diplomatica. Cosa ne pensa il senatore Luigi Manconi del rifiuto dell’università di Cambridge di mostrare agli inquirenti italiani le ricerche di Regeni, perché “confindenziali”? Finora non sono pervenute reazione da parte di Manconi per l’oltraggioso rifiuto inglese di condividere le informazioni e, purtroppo, c’è il forte sospetto perverranno mai, perché Manconi non può certo schierarsi contro i suoi mentori della NATO.

Passiamo ad Amnesty International, un’organizzazione talmente “non governativa” che i vertici americani sono occupati da ex-personale del Dipartimento di Stato. Amnesty International è stato il principale strumento della guerra psicologica con cui Washington e Londra hanno martellato l’opinione pubblica e la politica italiano, sino ad ottenere l’auspicata crisi diplomatica tra Roma ed il Cairo. Ha protestato davanti l’ambasciata egiziana, ha avuto, grazie a Luigi Manconi, il privilegio di discettare in Senato sulle “gravi violazioni dei diritti umani” nel “regime di Al-Sisi21, ha appeso sulla facciata di buona parte degli edifici pubblici italiani lo striscione giallo e nero “Verità per Giulio Regeni”. Il presidente di Amnesty International, Antonio Marchesi, ha dichiarato il 24 marzo:

“La richiesta di ‘Verità per Giulio Regeni’ è stata fatta propria da tutta la società italiana, che non accetterà versioni di comodo, né permetterà che cali il silenzio sulla vicenda.22

Che ne pensa Antonio Marchesi, oppure Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty International, dell’omertoso silenzio di Anne Alexande e Maha Abdelrahman, le due docenti che seguivano le ricerche in Egitto di Giulio Regeni e si rifiutano oggi di rilasciare dichiarazioni agli investigatori italiani? Protesterà Amnesty International davanti all’ambasciata britannica a Roma (Via XX Settembre, 80, per chi fosse interessato…) per impedire che cali il silenzio sulla vicenda? Chiederà questa volta che “il Governo vada oltre l’iniziativa diplomatica e valuti l’uso di tutti gli altri strumenti possibili”, “se non ci saranno al più presto progressi verso la verità”?

Altamente improbabile: già, perché la sede centrale di Amnesty International è a Londra, Regno Unito.

Veniamo ora a la Repubblica di Carlo De Benedetti, che in questi mesi è stato il megafono della campagna mediatica contro l’Egitto di Al-Sisi. Il giornale sarà forse fazioso, ma è sicuramente molto ben informato: il giornalista Fabio Scuto è stato il primo (6 febbraio) a chiedere di congelare i contratti tra l’ENI ed il Cairo allora in fase di perfezionamento, quando la notizia circolava solo tra gli addetti ai lavori (“l’Italia attraverso l’Eni firmerà con l’Egitto la prossima settimana un accordo per lo sfruttamento di un giacimento di gas nel Mediterraneo. Un contratto che vale solo per i primi 3 anni 7 miliardi dollari. Congelarlo, fino ad una chiara identificazione e punizione degli assassini di Giulio, potrebbe essere una buona arma (diplomatica) di pressione”).

Scrive la Repubblica l’8 aprile, in occasione della rottura diplomatica tra Roma ed il Cairo23:

“Si è rivelato un sostanziale fallimento il vertice tra Italia ed Egitto sul caso Regeni. È quanto si è appreso in ambienti giudiziari della Capitale. Dal comunicato diramato dalla Procura di Roma emerge la forte delusione di inquirenti e investigatori che non hanno viste soddisfatte le richieste avanzate per rogatoria l’8 febbraio scorso. Di fatto la collaborazione con le autorità giudiziaria egiziane è interrotta. L’Italia ha richiamato l’ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari.”

Perché Repubblica ha sostanzialmente taciuto il rifiuto dell’Università di Cambridge, un ente pubblico a tutto gli effetti e quindi riconducibile a Westminster, di collaborare con gli inquirenti italiani, trincerandosi dietro un omertoso silenzio? Cosa ne pensa Repubblica del fallimento della rogatoria internazionale in Inghilterra, persino più umiliante di quello in Egitto, dove perlomeno le autorità hanno fornito qualche straccio di informazione? Perché Repubblica, anziché mettere in primo piano il vergognoso rifiuto inglese di collaborare con la procura di Roma, ha pubblicato il 9 giugno l’ennesimo dossier anonimo sul caso Regeni (“Caso Regeni, la faida tra Servizi dietro la fine di Giulio. Accanto al corpo una coperta militare24) che ha tutto il sapore del depistaggio?

E dove sono oggi Giuseppe Acconcia, Felice Casson, Francesco Boccia, Paolo Hutter, Adriano Sofri, Laura Boldrini e tutta l’allegra comitiva del #veritàpergiulio?

Perché nessuno parla dell’umiliazione inflittaci dal Regno Unito? Perché nessuno alza la voce contro il silenzio di Anne Alexande e Maha Abdelrahman, che boicottano deliberatamente le indagini della Procura di Roma?

Poco importa, se siamo in pochi: lanciamo comunque un appello al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ed al Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, affinché difendano la dignità dell’Italia ed il dovere di far luce sul caso Regeni, intraprendendo azioni drastiche e tempestive contro il Regno Unito ed utilizzando tutte le risorse capaci di esercitare un’adeguata pressione su Londra, anche attraverso un’azione concertata con i principali investitori italiani in quel Paese.

Non possiamo accettare versioni di comodo da parte del Regno Unito e dell’Università di Cambridge, né permettere che cali il silenzio sulla vicenda.

Richiamare l’ambasciatore a Londra? È il minimo.

 

veritàregeni

 

REGENIDRAMATISPERSONAE

1http://espresso.repubblica.it/inchieste/2016/06/07/news/caso-regeni-anche-la-facolta-di-cambridge-sceglie-di-non-collaborare-1.269973

2http://www.devstudies.cam.ac.uk/news/giulio-regeni-1988-2016

3http://www.radiopopolare.it/2016/02/giulio-regeni-aveva-paura-per-la-sua-incolumita/

4http://www.asianews.it/notizie-it/La-libert%C3%A0-%C3%A8-il-pi%C3%B9-grande-nemico-del-fondamentalismo-islamico-21782.html

5http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/02/22/giulio-non-era-in-pericolo-per-colpa-nostra15.html

6https://www.youtube.com/watch?v=_zMmQfzIt6g

7https://www.opendemocracy.net/5050/maha-abdelrahman/egyptian-opposition-from-protestors-to-revolutionaries

8http://www.polis.cam.ac.uk/Staff_and_Students/dr-maha-abdelrahman

9https://antipodefoundation.org/scholar-activist-project-awards/

10http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/regeni-indagini-funerali.aspx

11http://www.mq.edu.au/about_us/faculties_and_departments/faculty_of_arts/mhpir/staff/staff-politics_and_international_relations/professor_stephanie_lawson/gennaro_gervasio/

12http://www.askanews.it/esteri/regeni-nyt-fu-prelevato-da-agenti-polizia-lo-ritenevano-spia_711734506.htm

13http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/caso-regeni-sms-inediti-delusione-famiglia-atteggiamento-professori-giulio-5473b01c-882c-4f47-9d46-741a2502592c.html?refresh_ce

14http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/ministero/2013/01/23/Italia-Egitto-Maurizio-Massari-nuovo-ambasciatore-Cairo_8124692.html

15http://www.corriere.it/esteri/16_febbraio_11/regeni-l-allarme-servizi-era-partito-notte-sequestro-3e8793ea-d04f-11e5-b46f-b6e34893b4a5.shtml

16http://www.repubblica.it/esteri/2016/03/24/news/egitto_5_uccisi_polizia_legati_a_omicidio_regeni-136219764/

17http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/caso-regeni-sms-inediti-delusione-famiglia-atteggiamento-professori-giulio-5473b01c-882c-4f47-9d46-741a2502592c.html?refresh_ce

18http://www.huffingtonpost.it/luigi-manconi/caso-regeni-richiamare-lambasciatore-e-il-minimo_b_9364496.html

19http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/06/06/news/caso-regeni-il-discorso-della-madre-a-cambridge-per-la-commemorazione-di-giulio-1.269774

20http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-06-08/cambridge-gli-studi-regeni-sono-segreti-063814.shtml?uuid=ADXYmAY

21http://www.repubblica.it/esteri/2016/03/16/news/amnesty_regeni-135631279/

22http://www.amnesty.it/verita-per-giulio-regeni-marchesi-tante-adesioni-ora-necessario-passo-avanti-da-parte-dell-italia

23http://www.repubblica.it/esteri/2016/04/08/news/caso_regeni_incontro_secondo_giorno-137167603/

24http://www.repubblica.it/esteri/2016/06/09/news/la_faida_tra_servizi_dietro_la_fine_di_regeni_accanto_al_corpo_una_coperta_militare-141606948/

59 Risposte a “Verità per Giulio Regeni. Richiamare l’ambasciatore a Londra? È il minimo”

  1. Caro federico,
    puoi pubblicare o meno questa mia mail a Italians, del 15 aprile scorso. Qui definivo Regeni “spia a sua insaputa”, il che , forse, è anche probabile. Certo, non potevo definirlo “spia” da allora. Mi sembra che la manina inglese fosse evidente. Finalmente abbiamo qualche prova a sostegno di cervelli non allineati alle edizioni di Repubblica.
    Ecco la lettera.

    Caso Regeni: qualcuno vuole lo scontro fra Egitto e Italia

    Caro Beppe, cari Italians, l’insistenza con cui quasi quotidianamente la stampa italiana torna sul caso Regeni, mostra che qualche manina nascosta manovra per l’inasprirsi delle relazioni Egitto-Italia. Due i problemi nascosti dietro il mistero. 1) La scoperta da parte dell’ENI di un enorme giacimento di oil e gas a pochi chilometri da Alessandria d’Egitto. E’ evidente che lo sfruttamento di questo giacimento fa gola ai nostri concorrenti che vogliono partecipare all’affare, sottraendo quote all’Italia. Non ci vuole una grande fantasia a vedere la mano di Londra dietro questa manovra. 2) Il governo egiziano non gode i favori degli USA, per la sua politica estera nel caso Libia. L’Egitto appoggia, a causa dei propri interessi il governo di Tobruk e il generale Haftar, che ha un solido esercito in Cirenaica. La comunità internazionale, con mandato ONU, ha inviato il proprio uomo Serraj, che non possiede truppe. Gli USA hanno cercato di spingere l’Italia alla manovra suicida dell’invio di 5000 uomini, ma Renzi si è finora abilmente sottratto all’abbraccio. Il caso Regeni viene utilizzato anche per rompere l’asse Egitto-Italia nella politica libica. A causa di questi reali problemi, la politica estera di Renzi è entrata in collisione con quelle forze atlantiche, come già accaduto ai tempi di Berlusconi, silurato per la sua politica favorevole agli scambi commerciali con Gheddafi e Putin. Perciò deve essere chiaro che Regeni, forse spia a sua insaputa per aver frequentato centri inglesi con duplici funzioni di intelligence, è continuamente citato, non per scoprire la verità sulla sua fine, ma per creare le condizioni psicologiche dello “scontro” tra Egitto ed Italia. Quindi investigare da parte dei nostri magistrati è doveroso. Ma cercare la manina che ha mandato il nostro giovane ricercatore allo sbaraglio nelle faide egiziane, è cosa necessaria. Potrebbe venirne fuori una sorpresa.
    Guido Bocchetta, guidobocchetta@tiscali.it

  2. Un bel ragionamento , “inutile” come sempre ma sicuramente assai “fastidioso”
    Quindi caro Dezzani attenzione attenzione….( a cosa se lo può immaginare)

      1. Finalemente qualcuno che imperterrito e con prove documenta e informa sapientemente il gregge italiano.

        Grazie Federico non farti intimidire

  3. Caro Dezzani,ho l’impressione che il suo appello cadrà nel vuoto. Mercoledì scorso ascoltavo su radio 1 una trasmissione radiofonica sull’argomento tornando dal lavoro, parlavano esperti e giornalisti ben al corrente di tutta la vicenda, la loro preoccupazione era quella di sottolineare come non si potesse mettere sullo stesso piano la reticenza degli egiziani con quella dei professori inglesi. I primi sono colpevoli di gravissimi reati, i secondi sono solo timidi?
    L’Italia non è mai stata libera dal giogo dell’impero britannico (nemmeno nella II guerra mondiale, quando molti ammiragli della regia marina dei Savoia combattevano più per la “perfida Albione” che per la propria patria), lei pensa che oggi esista una minima possibilità che la magistratura o il governo siano in grado di riconquistare un barlume di libertà?
    Mi sembra assai improbabile!

  4. resta da spiegare come mai l’intelligence atlantica, se veramente ha sacrificato Giulio Regeni all’altare dello scontro diplomatico italo-egiziano, l’abbia fatto in modo cosi maldestro da farsi scoprire in poco tempo perfino dalla neghittosa magistratura italiana ottenendo l’effetto opposto, visto che ora è palmare la reticenza della Gran Bretagna nel disvelare l’accaduto

    1. Cosa avrebbero dovuto fare? Negare che Regeni aveva lavorato per loro e liquidare genitori, amici e congiunti?

      1. No, scegliere un obbiettivo senza anello di congiunzione con la loro intelligence, un italiano qualunque al Cairo. L’effetto sarebbe stato equivalente e il rischio minimo. Era prevedibile che prima o poi si sarebbe risaliti ai legami con Giulio Regeni

        1. Un italiano qualunque, rapito e torturato dalla polizia? Ma neanche a Raqqa…

        2. Sicuramente è opera, mentre faceva jogging da quelle parti, di Vladimir Vladimirovich Putin, il “male” assoluto per i circoli atlantici per bene, profumati di rosa, gelsomini, fiori d’arancio e polvere pirica…

  5. Grazie mille,
    Oggi ero curioso di vedere come avrebbe reagito la banda “Verità per Regeni”.
    Ecco due esempi uno Mainstream

    http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/regeni-la-verita-che-non-si-vuole/

    L’altro “de sinistra”

    http://contropiano.org/news/internazionale-news/2016/06/09/regeni-lunica-verita-lomicidio-regime-080239

    Ci vuole stomaco per arrivare in fondo, ma vale la pena: capriole degne del Cirque du soleil, dignità e intelligenza buttate nel cesso. Tuttavia leggendo i commenti mi sono consolato. Forse non siamo tutti rincoglioniti

  6. Ciao Federico, io non ho mai capito l atteggiamento dei genitori, quello schierarsi aprioristicamente con Manconi e Amnesty International contro l Egitto quando probabilmente la situazione richiedeva per lo meno di temporeggiare quel tanto che bastava per capire meglio gli accadimenti, credo che Regeni fosse sicuramente una mente brillante e visto che la mela non cade mai molto lontano dalla albero non credo che neanche i genitori siano degli sprovveduti. È chiaro il dolore umano per la perdita di un figlio e la fretta di capire il perché, ma ho trovato comunque stridente tutta la questione delle conferenze stampa etc etc….
    “La Repubblichina”sta aspettando le mail della fonte anonima interna alla università, così come qualche mese fa ci riportò quella interna alla polizia egiziana, non preoccuparti i liberal sono sempre un passo avanti.

    1. Credo che i genitori non siano stupidi e sapessero perfettamente che lavoro facesse il figlio in Egitto…

      1. Dezzani, secondo lei la sezione italiana di Amnesty è complice del segretariato internazionale o sta giocando una partita diversa?

        1. Se non fosse per quell’avverbio di modo direi che è una supposizione azzardata. Ma evidentemente lei ha buone informazioni.

        2. Amnesty international è un’associazione composta per il 99% da persone genuinamente convinte di dare un contributo alla difesa dei diritti umani in modo “indipendente da governi, partiti politici, chiese, confessioni religiose, organizzazioni, enti e gruppi di qualsiasi genere e svolge la propria attività prescindendo da ogni tendenza a loro propria” (dallo statuto di AI).
          L’attività svolta è però troppo politicamente delicata e influente sull’opinione pubblica per esimere l’organizzazione da tentativi di infiltrazione al vertice. Riusciti soprattutto nella sezione statunitense, in quella inglese e, soprattutto, nel segretariato internazionale, che ha sede a Londra. Si può ipotizzare che fino agli anni ’90 una pari infiltrazione di alcuni volontari del blocco sovietico e di quello dei Paesi non allineati sortisse l’effetto di mantenere un buon equilibrio tra condizionamenti diversi e un elevato grado di imparzialità. Dall’inizio degli anni ’90 in poi è iniziata la trasformazione. Con esiti un tempo impensabili, come la pubblicità nel 2012 promossa dalla sezione USA con lo slogan “NATO: Keep the Progress Going!”. Roba che fino agli anni ’90 sarebbe stata da deferimento immediato ai probiviri.
          La sezione italiana deve attenersi, come tutte le altre, alla scelta delle campagne e alle direttive decise da Londra.

        3. Si però se non sbaglio ha dei margini di libertà rispetto a campagne che trattano questioni di rilevanza Nazionale. Il mio auspicio è che la sezione italiana sia composta anche da persone valide che non consentano al segretariato internazionale di usare I volontari dei gruppi italiani per finalità ‘poco nobili’. Credo comunque che il caso Regeni diventerà un caso di scuola.

  7. Ottima analisi Dezzani… Cos altro possiamo aspettarci dagli inglesi?
    tra il 1944 e 1945 ci fecero firmare gli accordi di Roma e, ci furono anche gli americani se non ricordo male ,dove a guerra finita dovevamo cedere la sovranità militare , consegna delle armi e scioglimento delle bande armate e dare tutto a loro….La lettura del Golpe Inglese e Colonia Italia di Fasanella e Cereghino aiuta molto ma è anche un cazzotto allo stomaco..

  8. Se i genitori, che non sono stupidi e al corrente del lavoro di Giulio al Cairo, non hanno difeso la dignità e la memoria del figlio, come si potrà pretendere da altre persone? Il dolore di una madre , cui hanno massacrato un figlio, può rivoltare il mondo…Non lo farà sicuramente Renzi e il suo governo,che hanno ormai le ore contate

  9. “Se l’asse avesse vinto, oggi Scalfari scriverebbe com’e bella la famiglia numerosa”, spiega il nuovo Tacito. Quanto ai nostri che voi chiamate inglesi, a capirli fu uno di noi fra i pochi che non riuscivo ad irretire proprio per conto loro che mi pagavano. Vivere nella verità, scriveva Franz. Loro vivono nella menzogna.

  10. Nel 2008,parlando con un amico gli dissi che a mio parere per far uscire l’Italia dalla gabbia neo-coloniale in cui si trovava a causa delle quinte colonne sempre pronte ad offrire i loro servigi ai potentati esteri,sarebbe stata necessaria una guerra civile,per mezzo della quale avremmo chiarito una volta per tutte cosa vogliamo fare da grandi! Questo suo articolo purtroppo rafforza tale mia convinzione,anche se spero di sbagliarmi,prima o poi arriveremo ad una resa di conti cruenta.

      1. le guerre le combattono i “ggiovani” ..e loro “generali” hanno sempre settantanni … 🙂

  11. Questo improvviso cambio di rotta della magistratura non può che spiegarsi con un indirizzamento politico. Evidentemente si sta annusando l’uscita della Gra Bretagna dall’UE. Di conseguenza la GB perderebbe molto del suo appeal verso gli Stati Uniti che hanno agito attraverso di essa per controllare l’UE. Questo aprirebbe degli spazi geopolitici di manovra in cui l’Italia sta già cominciando ad occupare partendo proprio dall’Egitto. Teniamoci forte che tra un po’ si balla…

  12. Se i genitori ,che erano perfettamente al corrente del lavoro di Giulio al Cairo, ,non hanno difeso la dignità e la memoria del figlio, lo faranno altre persone? Il dolore di una madre, cui hanno massacrato il figlio, può rivoltare il mondo….altro che conferenza stampa con Manconi e compagnia cantante….

  13. Ottimo articolo, Federico Dezzani; davvero ottimo; ed esaustivo.
    Un unico appunto alla ottimistica conclusione; sottoporre questa richiesta al ministro degli esteri Conte Gentiloni-Silverj, paggio di corte di suamaestà e fedele servitore della corona, già pronto a consegnare il maxigiacimento di Zhor alla Bp.
    Temo proprio che se gli italiani vorranno tutelare i propri interessi, NON potranno fare affidamento su questo governo.

  14. Anch’io credo che i padroni atlantisti non siano eccessivamente preoccupati dall’ipotesi di poter essere scoperti, eventualità che devono aver messo in conto.
    Hanno superato indenni gli sbugiardamenti delle “provette” di Colin Powell; della pista nigeriana di Tony Blair; delle stesse Torri Gemelle … In fondo l’apparato manistream della comunicazione mediatica ce l’hanno in mano loro, e anche se la rete è (per il momento) ancora libera, le voci discordanti hanno l’effetto di punture di zanzara; possono essere tranquillamente decretate “eretiche” e bypassate in varie maniere. L’importante è che i pezzi grossi – che agli occhi dell’opinione pubblica sono istituzionali, credibili – decretino quale deve essere la verità. Un sistema già ampiamente collaudato in campo storiografico (chi ha orecchie intenda).
    Verosimilmente, anche per Regeni riusciremo ad approssimarci con una certa vicinanza alla realtà di ciò che accadde, ma la cosa rimarrà confinata agli ambienti “complottisti”, non farà breccia nel muro dell’informazione ‘seria’. Al-Sisi verrà fatto fuori in una maniera o nell’altra e a nessuno interesserà più il povero Regeni nè appurare la verità. Tutti tireranno un respiro di sollievo perché il mostro è stato abbattuto, e nessuno avrà più voglia di rinvangare il passato. Come è stato per tutti i governi abbattuti dall’Impero (tranne uno, per il momento : la Siria, solo perché si è intromessa la Russia).

  15. come “spia” era sicuramente inconsapevole, lui svolgeva le sue attività per ideali pur essendo manovrato dall’università di cambridge/oxford analytica & company come “drone semovente”, in grado di procurare informazioni con il suo lavoro di ricerca e di lotta politica svolto in assoulta buona fede.
    se voglio mettere una spia in egitto, piazzare un giovane ricercatore che collabora con l’opposizione apertamente non è il massimo della copertura.
    al massimo lo mando avanti, lo uso come cavallo di troia, e non mi serve a nulla rivelargli di essere un cavallo di troia, è l’ultima cosa che mi verrebbe in mente di fare.

    comunque personaggi come Gheddafi e Bashar al Assad sono dei Francisco Franco che hanno sbagliato epoca, siamo negli anni 2000, dittatori simili andavano bene negli anni 30 e 40, adesso non reggono più perchè anche questi popoli calpestati per secoli vogliono un minimo di diritti, la gran parte dei combattenti di Libia, Siria etc fanno parte di un’onda spontanea che certi servizi segreti hanno cavalcato e amplificato, vorrei che ogni tanto questo aspetto venisse ricordato, altrimenti sembra che sono tutti dei mercenari o dei terroristi, ed è irriguardoso per tutti quelli che hanno tirato fuori i coglioni e con ak47 degli anni 70-80 sono scesi in strada contro carri armati e bombadieri.
    Non erano e non sono scemi, semplicemente preferiscono morire dignitosamente, sacrificare tutto piuttosto che vivere come scarafaggi caplestati da tiranni piscotici ai confini del ridicolo.

    l’onda rivoluzionaria araba è la naturale conseguenza di un processo inarrestabile e genuino, che come al solito viene inquinato dai serivizi segreti colonialisti.

    Assad, Al Sissi, persino Erdogan : sono tutti fantasmi, ologrammi di sistemi repressivi destinati alla inesorabile decadenza semplicemente perchè i popoli che hanno avuto la disgrazia di subirli hanno detto basta, semplicemente perchè fanno parte di un’altra epoca.

    quando sento Giulietto Chiesa che glorifica Assad mi viene il vomito, siamo sempre qui a pensare che il mondo debba girare come fa comodo a noi, che se mettiamo dei dittatori in sti paesi di beduini è meglio, stiamo più tranquilli, loro fanno il lavoro sporco e noi ci godiamo le ferie in pace.

    un razzismo culturale inaccetabile, sti beduini adesso vogliono scrivere la loro storia, tracciare i confini dei loro stati con le loro mani e non farseli tracciare dai colonialisti, e non è detto che sceglieranno istituzioni laiche, se voglio farsi un califfato noi dal nostro pulpito che gronda sangue dobbiamo avere solo la decenza di stare zitti e sperare che i veri islamici prevalgano sui mercenari dell’ISIS : il mondo come lo conoscevamo è finito, ed è giusto così, meglio che ne prendiamo atto e smettiamo di definire i Franciso Franco degli anni 2000 come “male minore”, e di infagare tutti quelli che lottano contro sti pagliacci assassini definendoli terroristi e mercenari.

    grazie a Dio, c’è ancora gente sulla terra che ha il coraggio di alzare la testa, per farlo serve aggrapparsi a qualcosa quando non hai nulla, se è Allha io non ho nulla da ridire, come occidentale posso solo stare zitto e vergogarmi della mia stessa civiltà che a parte guardare dall’alto basso è inutile, parassita, una vera e propria piaga.

    detto questo, ottimo articolo come sempre.
    scusa la sfogo 🙂

    1. Intanto sotto Gheddafi era in cantiere l’alta velocità ed il libici erano la nazione più ricca dell’Africa: oggi il Paese è in macerie. Assad paga il prezzo di essere l’unico della regione cui frega ancora qualcosa dei palestinesi…

      1. Certamente ai sionisti estremisti non piaceva e continua a non piacere il punto di vista dalla famiglia Assad sul conflitto israelo palestinese.
        https://www.youtube.com/watch?v=A0nASbOg3B8
        Però con la guerra Hezbollah e contingenti iraniani sono arrivati a ridosso delle alture del Golan e questo non è che li faccia più di tanto contenti. Tranne per la possibilità di farne fuori più facilmente uno ogni tanto.

        Non dimentichiamo però che tra la fine del 2010 e la metà del 2011, ovvero nel periodo della deflagrazione della primavera araba siriana e delle riunioni angloamericane per la ricerca di alleati per un cambio di governo in Siria (come ricorda l’ex ministro degli esteri francese Roland Dumas), al-Assad aveva deciso di mandare in fumo il progetto di metanodotto che avrebbe interessato Qatar, Arabia saudita, Siria e Turchia, per permettere invece il transito di quello proposto dall’Iran, che sarebbe arrivato attraversando l’Iraq.
        Se è vero che storicamente è più il settore energetico a decidere la politica estera degli stati che non la politica estera a decidere la politica energetica, allora tra i diversi vettori di forza in gioco si può ipotizzare che questo sia stato quello determinante.

    2. Quindi, secondo lei, dato che siamo in era moderna, tutti dovrebbero abbandonare le proprie tradizioni e diventare occidentali. Mette in mezzo anche Putin, tra questi “vecchi dittatori” ormai demodè, essendo lui un conservatore? Certo, è vero, ci sono ancora dittatori sanguinari, ma ce ne sono altri che guardano allo sviluppo del proprio paese e se non ci fossero i colonizzatori sarebbe già realtà. Io penso che ognuno debba rispettare la propria storia, evolversi, civilizzarsi, a proprio modo personale e tradizionale. Persino la nostra Italia è stata violentata da quest’ondata di occidentalità che non le apparteneva per niente. Noi facciamo parte del Mediterraneo e non dei nordici, soprattutto noi del sud, stanno cancellando tutto di noi per omologarci. Sono contro la globalizzazione, vorrei che il mondo mantenesse le sue bellissime diversità culturali. Ovviamente nel rispetto e libertà. Troppo idealista, missione impossibile, purtroppo

    3. Come tutti gli utopismi, anche questo antirazzismo acritico non tiene conto della realtà e vagheggia un livellamento culturale che non esiste.
      A me “viene il vomito” non a sentire Chiesa che difende Assad, ma il coro del 99,9999% degli opinionisti e dei pincopallini che reclama la cacciata di Assad, seguendo – in mala o buonafede – i dettami dell’Impero anglo-******.

  16. Buona domenica. Terminiamo ora di ascoltare lo speciale in diretta su Radio3.
    Si estenderanno i viaggi della speranza dei genitori (next: Consiglio d’Europa, Corte di Strasburgo?) e la campagna gialla AI (caso da portare alle United Nations, annunciano).
    I seggi in UK: “polls close at 22:00 GMT Thursday, 23 June”. Tenendo conto anche dei postali, la BBC stima che “It is a safe bet that from 4am onwards there should be pretty clear picture of which way the vote is going.”.
    Il Nostro nipotino della Thatcher da buon politico può agire suonando un fresco notturno, in quelle ore estive postsolstiziali.

    1. I reati d’opinione, per i profani. Magari faranno un leggina ad hoc anche per l’omicidio Regeni: vietato negare che sia stato Al-Sisi…

  17. L’università di Cambridge è un ente pubblico. Il suo personale risponde alle direttive dell’ente. Il quale risponde a quelle del primo ministro. In misura diversa non molto diversa a quella per cui i servizi interni e quelli militari egiziani rispondono al presidente della repubblica egiziano. La posizione di David Cameron e di al-Sissi sono quindi perfettamente sovrapponibili rispetto alle richieste dei magistrati italiani inquirenti. Il primo per i fatti utili alla ricostruzione della verità processuale che si siano consumati su suolo britannico, il secondo per quelli in territorio egiziano. Collaborazione piena o atteggiamento reticente dovrebbero essere parimenti valutati e generare le stesse rispose nell’opinione pubblica e nel governo italiano. Si può chiedere conto al primo ministro di Her Most Gracious Majesty su un caso che è stato fatto diventare di rilievo pubblico e internazionale oppure è troppo disturbo?

    La fidanzata ucraina di Giulio Regeni tempo fa disse che avrebbe tenuto la bocca cucita perché allora era “troppo presto”. Da allora sono trascorsi due mesi. Il suo profilo di Project manager è stato cancellato dal sito della InCompass International di Londra e il dolore per la perdita dell’amato e la bruciante esigenza di verità si sono tradotti finora soltanto in un discreto e muto riserbo. Anche in questo caso: è doveroso oppure rappresenta un incomodo eccessivo collaborare senza riserve con la giustizia italiana?

  18. Comunque, nonostante il collare sia misurato anche per noi, e nonostante la volontà dei nostri amministratori di compiacere i padroni (volevo usare un’espressione più genuina ma volgare), si ha come la confortante impressione che rimanga ancora un certo spazio di manovra. Per quanto tempo ancora non si sa, anche perché nel frattempo il figlio della Nirenstein è assurto a vertici della nostra intelligence … Però da noi la prevenzione dei servizi funziona. Almeno volendo interpretare ottimisticamente la mancanza di attentati false flag ‘ISIS’ sul nostro suolo. Non credo che non siamo uno scenario appetibile, abbiamo anche il Vaticano, e le nostre città sono dei veri e propri simboli della cultura europea e occidentale. Siamo perfetti per un capitolo della pantomima ‘ISIS’ dei neocon.
    Probabilmente, i nostri servizi sono sì infiltrati, ma non al punto degli altri Paesi occidentali. Le talpe sono ancora a livello basso, forse. E, da bravi italioti, come quando eravamo occupati dai tedeschi facevamo mostra di essere diligenti ma poi trasgredivamo gli ordini.
    Forza Totò.

    1. probabilmente siamo così “obbedienti” che per ora non c’è bisogno di mobbbilitarci con il solito “terrorismo”; magari anche perchè in genere siamo meno ” ‘mbocconi” di altri, ma di certo perche ‘LORO non hanno dubbio che quando schiocchera’ la frusta “obbediremo” , magari alla totò , ma “obbediremo”.

  19. O forse sono troppo ottimista nell’interpretare così la volontà dei nostri magistrati inquirenti di andare a interrogare le docenti di Regeni?
    Non credo siano così sprovveduti da non intravvedere che il sondare l’ambiente universitario di Regeni non serve alla pista egiziana ma porta alla pista inglese. E intanto, anche se hanno rifiutato – anzi proprio per questo – i docenti inglesi hanno gettato i riflettori e l’ombra del sospetto su loro stessi e sul governo inglese.
    Speriamo che non ci arrivino ritorsioni.

  20. Secondo il taglione satanico che seguono i padroni del mondo, un atto di insubordinazione come quello dei magistrati italiani merita come minimo un aereo dell’Alitalia in mare.

  21. Ma questo Regeni sarà morto davvero? Scusate la domanda ma noto che foto di cadaveri non se ne vedono più dagli anni 70, 80, circa (da Moro forse?). Oggi sparire (o far sparire) è diventato facile come bere un bicchier d’acqua. Reazione dei genitori un po’ strana e troppo di parte (partito). (Non guardo la tv, ma per ciò che ho letto…boh)

  22. Ma io non capisco, storicamente non abbiamo mai mosso un dito all’estero senza nullaosta anglofono, abbiamo un governo che conta al di la delle montagne come il sorbetto alla fine del pranzo, quale sarebbe il motivo di creare ora la zizzagna vs england? Oppure è l’ennesimo caso che dalla merda che abitualmente prendiamo nelle questioni estere vogliamo almeno salvare un po’ di faccia in proporzione 1 a 100 e non di più?

  23. Mi associo al senso di conforto. Questo contributo fa dire anche a me “forse non siamo tutti rincoglioniti”. Tuttavia è del tutto inutile e autolesionista rompere relazioni diplomatiche con chicchessia. Regeni risorsa di intelligence è incorso in rischi “fisiologici” per le condizioni operative. Penso invece che vada chiarito in quale misura Regeni fosse consapevolmente arruolato e quanto fosse strumentalizzato.

    1. Allora, se non vogliamo rompere le relazioni con Londra, riallacciamole col Cairo: non sono tollerabili due pesi, due misure.

I commenti sono chiusi.