Olimpiadi, Ucraina, inflazione

Si avvicinano le olimpiadi invernali di Pechino ed è probabile che l’evento coincida con un nuovo round di destabilizzazione in Ucraina, tale da indurre Mosca ad un intervento militare più o meno diretto. Guastare i giochi olimpici cinesi è un obiettivo secondario: gli anglosassoni mirano a mettere la Germania con le spalle al muro e, generando un’onda inflattiva via choc energetico, a innescare quella stretta monetaria che destabilizzerà le piazza finanziarie mondiali.

Due settimane di tensione

Era l’estate 2008: mentre l’attenzione mondiale era concentrata sui giochi olimpici di Pechino, intenta a celebrare la sua rinata potenza, nella lontana Georgia si consumava il primo grande intervento militare russo fuori dai confini nazionali dopo il crollo dell’URSS. In risposta alle provocazioni del presidente georgiano Mikheil Saakashvili (ora emigrato in Ucraina) e alla sua decisione di rompere unilateralmente gli accordi russo-georgiani stipulati negli anni ‘90, Mosca ordinava la fulminea occupazione dell’Ossezia del Sud e Abcasia, due “porte chiave” per l’accesso al Caucaso e quindi al Medio Oriente. Mutatis mutandis, è facile che gli angloamericani vogliano ripetere lo stesso schema nelle prossime settimane, quando (4-20 febbraio 2022) si disputeranno le Olimpiadi invernali di Pechino. Al posto della Georgia, si avrebbe l’Ucraina; al posto del presidente georgiano Saakashvili quello ucraino Zelensky; al posto degli accordi russo-georgiani siglati nel 1992, gli accordi di Minsk firmati nel 2014; al posto di un intervento delle truppe georgiane nelle regioni autonome, un’azione militare ucraina nel Donbass; al posto di un conflitto militare circoscritto e piuttosto neutrale (erano gli anni in cui George Bush combatteva la sua “guerra al Terrore” per il controllo del Medio Oriente), uno choc internazionale di vastissime proporzioni.

Rispetto al 2008, il sistema internazionale di oggi è molto più decomposto, fluido e pericoloso: innescare l’incendio ucraino, inducendo Kiev a lanciarsi in un attacco suicida contro le regioni separatiste dell’Est e contando sulla pronta reazione di Mosca, conviene alle potenze anglosassoni e si inserirebbe alla perfezione nello scenario del conflitto terra-mare sempre più evidente. Diversi sono i “benefici” che le potenze marittime otterrebbero da un’escalation in Europa. Primo e più evidente, si metterebbe la Germania con le spalle al muro, obbligandola ad una drammatica ed inequivocabile scelta di campo. L’intera storia del Novecento è stata scritta all’insegna dell’incubo angloamericano di una collaborazione russo-tedesca o, scenario ancora peggiore, di una collaborazione sino-russo-tedesca: l’impetuoso sviluppo delle ferrovie continentali che uniscono Berlino a Pechino via Mosca e la prospettiva di una prossima entrata in funzione del Nord Stream 2 sono evidenti segnali di una progressiva convergenza della Germania verso Oriente, convergenza da sventare ad ogni costo. Già l’avvelenamento del dissidente russo Navalny ed il suo ricovero in Germania furono il primo eclatante tentativo di sabotare il gasdotto che unisce Russia e Germania. Un’escalation militare in Ucraina avrebbe immediate e profonde ripercussione in Germania, mettendo innanzitutto in crisi il neonato governo rosso-verde: i Verdi di Annalena Baerbock (strategicamente collocata agli Esteri) sono infatti una diretta espressione di servizi segreti angloamericani e invocherebbero l’immediata adozione di una linea dura contro Mosca, cui la SPD aderirebbe con difficoltà. Con l’acuirsi delle tensioni, la Germania sarebbe poi costretta ad una scelta inequivocabile nel campo militare: accettare o meno, cioè, il potenziamento del dispositivo militare occidentale contro la Russia. Tutto lascia propendere che gli angloamericani abbiano già messo in conto di non poter contare, al momento decisivo, sulla Germania. Ne sono una prova il rafforzamento di una Polonia autoritaria e nazionalista che si interponga tra Germania e Russia e la volontà di spostare a destra la Francia (ragione per cui sono da monitorare con grandissima attenzione le prossime presidenziali), così da scardinare definitvamente la UE e l’assetto europeo.

Su posizioni simili a quella tedesche si trova (o meglio, si troverebbe) l’Italia, la cui geopolitica è naturalmente e indissolubilmente legata alla Germania: dal South Stream alla Nuova Via della Seta cinese, non c’è progetto portato avanti da Berlino che l’Italia avrebbe voluto riprodurre specularmente. Se è difficile per angloamericani e francesi servirsi ancora una volta della Germania in funzione anti-russa, lo stesso si può dire dell’Italia: ecco perché la penisola deve essere progressivamente portata al default e alla sua incorporazione politico-militare-economica da parte della Francia. Si arriva così al secondo “beneficio” che gli anglosassoni avrebbero da un’escalation in Ucraina. A suo tempo già abbiamo evidenziato gli obiettivi destabilizzanti dell’inflazione post-covid. In molti Paesi occidentali già tuttora l’inflazione è ai massimi dagli anni ‘80 o ‘90. Un conflitto militare più o meno limitato in Ucraina, distruggendo i normali canali di approvvigionamento energetico, spingerebbe alle stelle i prezzi del petrolio, del gas e delle derrate agricole, imprimendo un’ulteriore accelerazione all’inflazione. Come negli anni ‘70, l’inflazione raggiungerebbe le due cifre. Come negli anni ‘70, le banche centrali occidentali sarebbero “costrette” ad una stretta monetaria per tarpare le ali all’inflazione. Come negli ‘70, quando l’Italia fu costretta a contrarre un maxi prestito dall’FMI, i Paesi altamente indebitati rischierebbero di andare sott’acqua. A differenza degli anni ‘70, gli anglosassoni non avrebbero però alcun interesse a sorreggere l’Italia, il cui debito pubblico è esploso col Covid ed è solvibile solo grazie agli interessi bassi. Nel mondo del 2022, la scomparsa dell’Italia come fattore geopolitico, fa comodo a tanti.

Il nastro delle Olimpiadi di Pechino sta per essere tagliato: si vedranno gli effetti a scala globale.