Un nuovo principe ereditario per Riad: pessima notizia per il Qatar

Il 23 giugno è stata consegnata al Qatar la lista di tredici punti per porre fine all’isolamento economico e diplomatico con cui l’Arabia Saudita sta strangolando la piccola autocrazia: chiusura della base militare turca, oscuramento del canale Aljazeera, interruzione dei rapporti con l’Iran. “Proposte irricevibili” secondo il Qatar, che attende con ansia lo scadere dell’ultimatum, fissato per il 3 luglio. Nel frattempo, il re saudita ha ufficializzato che il trono passerà al giovane figlio Mohammad Bin Salman, temperamento focoso e già artefice della guerra in Yemen: tutto lascia presagire che la disputa tra Riad e Doha si risolverà con le armi.

Occhio, Qatar: il nuovo delfino saudita ha il sangue caldo

Per interpretare correttamente gli avvenimenti internazionali bisogna liberarsi della mentalità “occidentale” per indossare i panni degli stranieri: quasi sempre l’operazione implica l’abbandono della visione immobile, decadente ed arrendevole della nostra società per abbracciarne altre, più dinamiche e vitali. All’infuori dell’Occidente, il mondo è ancora giovane e gli Stati sono ancora abituati a sudare, sanguinare e morire per raggiungere i propri scopi, giusti o sbagliati che siano. Analizzare il braccio di ferro in atto tra Qatar e potenze sunnite e prevederne l’esito, necessita questa capacità di immedesimazioni: parliamo di società demograficamente giovani, maschiliste, abituate da sempre a tenere in massima considerazione attività come la guerra ed il saccheggio. È improbabile che la crisi in corso nella Penisola Arabica si concluda con un nulla di fatto. Più facile, invece, che si la situazione evolva verso le estreme conseguenze: l’escalation militare e la sopraffazione dello sfidante più debole, il Qatar.

Nel precedente articolo evidenziammo come all’origine della disputa tra il Qatar “islamico-rivoluzionario” ed il blocco “reazionario” capitanato dall’Arabia Saudita, ci fosse una questione di supremazia all’interno dello schieramento arabo sunnita: archiviata l’amministrazione Obama che tanto investì sulla Fratellanza Mussulmana, la posizione del Qatar, che cavalcò sin dalle Primavere Arabe del 2011 la tigre dell’islam politico, si è fatta molto precaria. Sono trascorsi meno di sei mesi dall’insediamento di Donald Trump perché la “reazionaria” casa dei Saud ricevesse dal nuovo inquilino della Casa Bianca l’avvallo per soffocare il piccolo emirato che, durante gli otto anni dell’amministrazione democratica, sembrò ergersi a nuovo padrone del Medio Oriente, finanziando rivoluzioni e partiti islamisti in Tunisia, Libia, Egitto, Siria, etc. etc.

Il 5 giugno piomba sul Qatar il rigido isolamento economico e diplomatico: la misura è, storicamente, il prodromo della guerra. Immediata scatta la reazione degli alleati di Doha e di quelle potenze che hanno interesse a sfruttare l’improvvisa crepa che si è aperta nello schieramento sunnita. La Turchia di Recep Erdogan, che dalla Libia all’Egitto cavalcò col Qatar e l’amministrazione Obama la rivoluzione “islamista” post-2011, si affretta a soccorrere l’alleato, dichiarandosi pronta ad inviare 3.000 soldati nella base qatariota di recente costituzione; l’Iran, accantonando il dossier siriano, si dimostra improvvisamente benevolo e prodigo verso la piccola autocrazia, fornendole per via aerea quei beni di prima necessità che non entrano più dall’Arabia Saudita; ampi settori dell’establishment atlantico (il Dipartimento di Stato americano, il Pentagono e capitali europee come Londra, Parigi e Berlino) esprimo il proprio dissenso contro l’isolamento del Qatar, legato all’Occidente da investimenti miliardari e connivenze politico-terroristiche.

La morsa dei sauditi, però, non si allenta: c’è la certezza che Donald Trump sosterrà fino in fondo Riad nel braccio di ferro col minuscolo ma influente vicino (“l’isolamento del Qatar ‘potrebbe essere l’inizio della fine del terrorismo” sostiene il presidente americano1) e che gli estremi tentativi qatarioti di accattivarsi le simpatie americane (vedi l’acquisto di aerei F-15 per un valore di 12 miliardi di dollari2) cadranno nel vuoto. Il 21 giugno si consuma in Arabia Saudita un “colpo di scena” solo apparentemente slegato dalle vicende qatariote: l’anziano re nomina come principe ereditario il 31enne Mohammed Bin Salman, scavalcando nella successione il cugino Mohammed Bin Nayef. Bin Salman non è un personaggio qualsiasi: nominato Ministro della Difesa nel gennaio 2015, a distanza di due mesi lanciò l’operazione militare in Yemen per “contenere l’Iran”, rapidamente trasformatasi, com’era facile prevedere, in un “Vietnam saudita”. Il giovane principe ereditario è noto per il suo temperamento focoso ed è considerato in profonda sintonia con l’attuale asse Trump-Netanyahu: l’ufficializzazione della sua investitura, nell’aria da due anni, indica che l’Arabia Saudita ha optato per una politica estera muscolare ed aggressiva. Anche nel vicino Qatar.

Il 23 giugno, non a caso, Riad ed i suoi alleati consegnano al piccolo emirato un ultimatum che, come ai tempi d’oro della politica di potenza ottocentesca, sembra essere scritto per essere respinto. Tredici richieste tra cui figurano l’oscuramento del canale Aljeezera con cui Doha ha diffuso la voce dell’islam rivoluzionario, la fine di qualsiasi sostegno alla Fratellanza Mussulmana, l’interruzione dei rapporti con gli sciiti dell’Iran e di Hezbollah, la rimozione della base militare turca in via di rafforzamento. C’è anche, secondo il classico copione, una scadenza dell’ultimatum: dieci giorni dalla data di recapito che, calendario alla mano, sposta l’attenzione di tutti gli osservatori internazionali al 3 luglio.

Che accadrà in quella data, constato il rigetto da parte di Doha delle richieste saudite? L’interrogativo non è di poco conto, considerando che Ankara ha già iniziato il dispiegamento di truppe e mezzi corazzati nella minuscola protuberanza della Penisola Arabica3.

Bene, è facile prevedere che il perdurante isolamento diplomatico ed economico del Qatar e l’emergere del giovane ed ardente “falco” Bin Salman come re in pectore siano i segnali di una prossima evoluzione militare della crisi. Il sostegno al golpe egiziano del 2013 contro la Fratellanza Mussulmana e la recente avventura in Yemen evidenziano come la casa regnante dei Saud non disdegni una politica estera spregiudicata e conservi nel suo Dna il retaggio dei predoni del deserto: forte dell’appoggio di Donald Trump e del premier israeliano Benjamin Netanyahu, il focoso principe ereditario Bin Salman aspetterà lo scadere dell’ultimatum preparando l’invasione del Qatar od una defenestrazione, tramite colpo di palazzo, degli odiati emiri Al-Thani. Le forze angloamericane, schierate nell’imponente base aerea di Al Udeid, sarebbero costrette a rimanere neutrali di fronte al fatto compiuto e la questione si risolverebbe con conflitto tra le esigue forze armate qatariote, sostenute dal contingente turco, e le preponderanti risorse militari di Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti.

Inglobando il Qatar o installando un regime fantoccio in sostituzione degli Al-Thani, l’Arabia Saudita soddisfarebbe numerosi appetiti, economici e politici: con una mossa degna dei predoni del deserto si accaparrerebbe le enormi risorse finanziarie e naturali della piccola autocrazia (il Qatar ha il più alto PIL pro-capite al mondo ed il suo fondo sovrano vale 335 $mld4), auto-finanzierebbe il costo delle operazioni militari con l’improvvisa fiammata del barile di greggio ed eliminerebbe un fastidioso contraltare politico, riconquistando l’indiscussa egemonia del mondo arabo-sunnita, ricompattato attorno ai Saud. Troppi, ghiotti, obbiettivi perché il giovane ed ambizioso Bin Salman se li lasci sfuggire.

Bisogna quindi attendere con trepidazione la scadenza dell’ultimatum del 3 luglio, perché è altamente probabile che il principe ereditario saudita cerchi, sfidando il Pentagono ed il Dipartimento di Stato americano e contando sull’appoggio personale di Trump, la legittimazione interna ed esterna con una guerra contro l’odiato Qatar. Storie di Medio Oriente, dove gli uomini uccidono ancora con la spada e non soltanto con la penna.

 

 

1http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/06/06/qatar-trump-inizio-fine-terrorismo_b53086cf-a12d-4c71-81c3-5dfda4f120b1.html

2http://it.reuters.com/article/businessNews/idITKBN1960PF-OITBS

3http://www.telegraph.co.uk/news/2017/06/26/bahrain-accuses-qatar-military-escalation-turkish-tanks-roll/

4https://www.bloomberg.com/news/articles/2017-01-11/qatar-sovereign-wealth-fund-s-335-global-empire

42 Risposte a “Un nuovo principe ereditario per Riad: pessima notizia per il Qatar”

    1. O forse una più modesta Guerra Fredda islamica tra Riad e Teheran. Cmq il Qatar salta.

      1. Versione moderna di Ali Babà e i 40 ladroni .
        IL Quatar è praticamente spacciato . MBS ( Mohammed Bin Salman ) sarà certamente coadiuvato da MZN ( Mohammed bin Zayed Al Nahyan ) principe ereditario e ministro della difesa di Abu Dhabi, il più popoloso e più ricco dei sette emirati che costituiscono gli Emirati Arabi Uniti. Ricopre la carica di Capo di stato maggiore dell’aviazione militare emiratina e alleato di ferro di MBS in tutti i progetti internazionali, dalla azione militare in Yemen, al recente isolamento del Qatar. Non ha NESSUNISSIMA importanza lo scacco militare di MBS nello Yemen perché lo Yemen è stato per MBS quello che è stata la
        Crimea per Cavour . In pratica MBS ha ottenuto il vero scopo dalla guerra allo Yemen
        mettersi a capo di una coalizione di un’alleanza militare che coinvolge il suo Paese come capofila di un gruppo di oltre 34 stati mediorientali e nordafricani a maggioranza islamica.I 34 Paesi che partecipano all’alleanza con l’Arabia Saudita sono: Giordania, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Bahrein, Bangladesh, Benin, Turchia, Ciad, Togo, Tunisia, Gibuti, Senegal, Sudan, Sierra Leone, Somalia, Gabon, Guinea, Palestina, Comore, Qatar, Costa d’Avorio, Kuwait, Libano, Libia, Maldive, Mali, Malaysia, Egitto, Marocco, Mauritania, Niger, Nigeria, Yemen.Sono presenti nel gruppo anche diversi Stati africani, a testimonianza che i Sauditi vogliono essere responsabili di un impegno che comprende anche una parte dell’area africana . Quindi vedremo nascere a breve una NATO ARABA .

        1. Quanto affollamento.Eppure,nonostante tutta questa moltitudine,non riescono a sconfiggere gli yemeniti in ciabatte,che fini strateghi,che menti geniali.I russi,gli iraniani con l’ausilio dei cinesi e lo SCO alle spalle non molleranno.Gli americani con i loro compagni di merende hanno finito di distruggere paesi e culture a loro piacimento,il dollaro e’ agli sgoccioli e nella loro furia distruttiva questi psicopatici si perderanno

      2. E’ molto probabile. Infatti la caduta di quasi il 2% del dollaro, avvenuta tra ieri ed oggi, servirà a diminuire le conseguenze per le economie occidentali della fiammata dei prezzi petroliferi che avverrà in seguito all’invasione…
        Io ho comprato saipem…vediamo se ci ho azzeccato tra quindici giorni..(posso scriverlo? Se no, bannami pure. No problem)

  1. Penso sia iniziata la strategia americana dello “sganciamento”, dato che non sono più in grado di mantenere il controllo su quella parte di mondo cercano di far scannare tutti fra di loro il più possibile, divide et impera al suo massimo ( che sarà seguito da un bell’addio).

  2. Non credo che semplicemente l’Arabia Saudita abbia le capacità di coercire militarmente la dinastia regnante del Quatar.
    Non mancherebbero, certamente, le velleità, ma come si sono infrante contro la realtà nello Yemen, altrettanto lo faranno nel Quatar.
    Innanzitutto dubito che l’Egitto, che è l’unico dei Paesi a sottoscrivere l’ultimatum a avere reali capacità militari, si attiverà militarmente. Con le porta-elicotteri già destinate alla Russia e recentemente acquistate in Francia?
    Gli Huthi, nello Yemen, non stanno che aspettando il momento propizio per scatenare un’altra delle loro offensive contro i Sauditi.
    Gli Emirati Arabi Uniri, le Seychelles, la Cirenaica … lasciamoli perdere.
    Quelli dell’ultimatum possono bloccare il Quatar solo alla frontiera terrestre, ma non dall’aria, né dal mare. Dovrà riorganizzarsi, ma con i soldi di cui dispone non avrà difficoltà a riorganizarsi. Tanto più che tra i Paesi confinanti né l’Irak, né il Kuwait, né l’Oman, nè l’Iran sono così ostili.
    Il Quatar, poi, ha tutti i numeri per negoziare una “pace separata” con l’Egitto, con le le Seychelles, cedendo, magari su qualche punto, ma indebolendo, sostanzialmente, il fronte avversario. L’Egitto in questo momento ha interesse a schierarsi con il Regno Saudita, ma per l’ordinario continuerà a preferire il barcamenarsi tra i due petrostati arabici.

  3. Ma l’Iran potrebbe tollerare passivamente una espansione ed un rafforzamento dei loro contendenti sauditi a spese di uno stato semi-amico come il Quatar?
    E la posizione della Russia quale sarebbe? Avrebbero dei vantaggi o dei problemi da un tale scenario?

  4. Trump appoggerà MBS perché sconfiggerà cosi la cricca Obama Clinton che gli stanno procurando tanti guai in Patria . La Russia non interverrà perché ha da guadagnare dal rafforzamento politico di Tramp e quindi premerà per mantenere buoni gli alleati. Avremo cosi invece della guerra dei trent’anni la guerra dei trentenni

      1. Caro emanuele777 mai sentito parlare della Fondazione Clinton ?
        Le donazioni da parte di governi stranieri ad un candidato in un qualsiasi ruolo pubblico sono illegali negli Stati Uniti (in seguito ad una sentenza della Corte Suprema) e sono di conseguenza malvisti dall’elettorato statunitense. Dopo un polverone di polemiche, l’amministrazione Obama chiese la pubblicazione dei donatori . E la fondazione diffuse un elenco ( parziale ) composto da circa 200mila nomi. Tra questi, un oligarca ucraino, il governo del Qatar e potenti uomini d’affari come il magnate dell’editoria Rupert Murdoch , altre dinastie arabe e persino la Germania della Merkel . Tutta questa montagna di soldi sono in varie casseforti del Pianeta di cui una di queste è il QATAR con cui la fondazione continua a fare affari .
        Mettere le mani su questa cassaforte qatarese significa indebolire finanziariamente i Clinton e prosciugare un canale finanziario nello sputtanamento di Trump .
        L’ amministrazione Obama-Clinton è invece legata a filo doppio e triplo dal 2011 ad oggi a tutta la classe dirigente qatariota con le implicazioni geopolitiche descritte da Dezzani . Con la scomparsa del Qatar viene amputata una testa dell’Idra dei neocon .

        1. Ottimo. Ci sono anche i soldi del partito Democratico italiano di Renzi. Avendone molti qualcosa si può spenducchiare a c**o, tanto poi mica sono loro i soldi…

  5. … e, soprattutto, vuoi che gli Stati Uniti (o meglio, il Deep State americano) e Israele non approfittino del casino per sferrare l’agognato colpo decisivo ad Assad? Nella baraonda tra semiti sarebbe più facile inscenare il false flag che funga da casus belli: con l’attenzione dell’audience mondiale spostata in Qatar, le forze americane già presenti sul suolo siriano potrebbero far esplodere il famoso deposito nascosto di gas “di Assad” e provocare l’agognata ecatombe di siriani che dia il pretesto ai caccia americani di mettersi in volo e bombardare. Il dubbio è come reagirebbe la Russia : dato per scontato che non si farebbe prendere alla sprovvista, avrebbe però il coraggio di colpire i mezzi americani/Nato? Il Deep State probabilmente conta sulla responsabilità della Russia, fiducioso di poterla mettere davanti al fatto compiuto, cavandosela anche stavolta con una semplice reprimenda diplomatica. E fine della Siria.

    1. si come no i russi lasciano perdere tutta la baracca dopo la vagonata di soldi che i contribuenti ci hanno messo per mandare avante le loro forze militari dal 2016 fino adesso……ma mi faccia un piacere!!!!

      in siria Putin (ed il suo entourage) si giocano la carriera politica ( eforse anche la vita) e questo LUI lo sa benissimo

      il giorno dopo Putin verrebbe appeso per i piedi sulla piazza rossa

      1. Purtroppo temo che la questione sia meno banale. E’ la stessa probità e senso di responsabilità di Putin, e dell’Iran, a farne un trattenitore solo parziale. Le forze del male lo sanno, sanno che Putin ci penserebbe due volte prima di rischiare una deflagrazione incontrollata (lo ha già dimostrato in più di un’occasione, ingoiando rospi su rospi), e osano sempre di più.

        1. beh con questa “logica” a U$rael basterebbe ” fare il matto” per prendersi tutto .
          In realtà putin e’ si un “ragionevole” ma ancora di più è un freddo “attendista” che sa che lo scontro è inevitabile . Quindi “ragionevolmente” “attenderà” fino a quando provocazione dopo provocazione , non potrà più fare il “ragionevole” e reagirà con estrema durezza.
          E nello specifico la russia potrà anche “sorvolare” sulla fine meritata del fastidioso qatar ( non scordiamoci di quando addirittura anni fa il qatar minacciava la russia ) , ma non sulla siria , Invece già la questione qatar è gravissima per l’ altrettanto “ragionevole” Iran che non potrà lasciare per sempre l’ iniziativa all’ alleanza U$rael-sauditi

    1. @Daniela

      gia dubito che Salame e Maccherone possano essere un buon abbinamento culinario, Politico poi….

      Mi auguro che alla fine si ottenga un Salame in Lasagna (Maccherone stirato). Condimento a piacere 🙂

  6. Federico, sembri quasi compiaciuto che ci sia una nuova guerra. A me mette tanta malinconia….

    1. A volte le guerre sono necessarie purtroppo, non è questione di compiacimento. Ciao Federico, saluti a tutti.

  7. Il sistema dei petrodollari degli Stati Uniti è in gravi difficoltà mentre il più grande produttore di petrolio del Medio Oriente continua a soffrire perché il basso prezzo del petrolio ne devasta la base finanziaria. L’ Arabia Saudita, fattore chiave del sistema dei petrodollari, continua a liquidare le proprie riserve valutarie, poiché il prezzo del petrolio non copre i costi della produzione e del finanziamento del bilancio nazionale.
    Il sistema dei petrodollari fu avviato nei primi anni ’70, dopo che Nixon abbandonò il gold standard, scambiando il petrolio saudita coi dollari USA.
    L’accordo affermava che i sauditi avrebbero scambiato solo in dollari USA il loro petrolio per reinvestirne le eccedenze nei buoni del tesoro USA.
    Ciò permise all’impero statunitense di persistere per altri 46 anni, in quanto possedeva la carta di credito energetico, e tale carta funzionò sicuramente.
    Il sistema del petrodollaro funziona quando un Paese esportatore di petrolio ha un “surplus” da reinvestire nei buoni degli Stati Uniti.
    E questo è esattamente ciò che l’Arabia Saudita fece fino al 2014, quando fu costretta a liquidare le riserve in valuta estera (per lo più buoni del tesoro USA) quando il prezzo del petrolio scese sotto i 100 dollari.
    Il crollo del sistema dei petrodollari significherebbe la fine della supremazia del dollaro statunitense e con essa, la fine dell’intervento sul mercato dell’oro.

    https://aurorasito.wordpress.com/2017/06/18/i-petrodollari-in-difficolta-mentre-i-sauditi-liquidano-le-riserve-valutarie/

  8. Gheddafi è stato eliminato perchè voleva introdurre il dinaro d’oro africano al posto del franco e del dollaro, Saddam Hussein è stato attaccato perchè aveva deciso di farsi pagare il petrolio in euro anzichè in dollari.
    Dal 2012 l’Iran accetta yuan legati all’oro in cambio di idrocarburi, mentre il Qatar non riuscendo più a mandare il gas verso l’Europa a causa della guerra in Siria utilizzerà i gasdotti iraniani per rifornire la Cina facendosi pagare sempre in moneta cinese, che rischia in breve tempo di mettere in pericolo il ruolo del dollaro come mezzo di pagamento privilegiato nel settore energetico.
    Inoltre, il 14 aprile 2015, il Qatar ha inaugurato il primo centro di cambio in yuan del Medio Oriente, per sostenere commercio e investimenti tra Cina e Golfo Persico.
    Quindi, oltre a questioni ideologiche, legate al ruolo della Fratellanza Musulmana, sostenuta dal Qatar e Turchia e osteggiata dai sauditi, ci sono concreti problemi economici e monetari.
    La Cina propone una moneta basata sull’oro, gli USA sostengono la loro con la supremazia militare e chiunque si opponga rischia una rivolta colorata, un colpo di Stato o, nella peggiore delle ipotesi, una guerra civile “alla siriana”.

    1. A questo proposito vorrei prospettare uno scenario, nemmeno troppo irrealistico:
      se il Quatar riuscisse, in un eventuale scontro, a resistere “miracolosamente” ai sauditi grazie alla forza dei suoi amici (Turchia) e dei suoi semi amici (Iran, Cina etc.)?
      Dopo tutto quel che accade in Yemen non è affar da poco! E poi queste avventure militari si sa sempre come iniziano e mai come finiscono …
      In questa ipotesi Trump e il dollaro Usa come se la passerebbero?

  9. Un paese sovrano? avvisa un entita’ terza non eletta da nessuno
    che forse sara’ costretto a chiudere i suoi porti a certe navi
    L’ entita’ non eletta da nessuno risponde al paese non sovrano (a cui i cittadini figli di un Dio minore pagano le tasse e imposte-senza servizi) che tutto deve procedere secondo gli accordi (di cui i cittadini non sanno nulla…ma avvertono il pericolo) e che sono disposti a stampare altro denaro per finanziare gli arrivi dei piu’ bisognosi.
    Siamo alla frutta.
    Se non fosse tragico ci sarebbe da ridere per l’evidente incredibile comicita’ delle giustificazioni nell’esecuzione del ruolo delle singole parti.
    Povera Italia Spa marchio che gestisce il territorio conosciuto come ITALIA.

  10. Mentre gli Stati del Medio Oriente allargato si dividono tra sostenitori e oppositori del clericalismo, Washington, Mosca e Pechino negoziano un nuovo accordo. Thierry Meyssan valuta l’impatto di questo terremoto sui conflitti palestinese, iracheno-siriano e yemenita.

    Aggiustamenti in Medio Oriente di Thierry Meyssan
    http://www.voltairenet.org/article196910.html

    Tuttavia ho dubbi, perchè la situazione è molto offuscata da troppi attori evidenti e molti non evidenti.
    Spesso i migliori piani stabiliti dagli uomini (e dai topi, che sono intelligentissimi) vanno a monte, e così le interpretazioni di questi piani, perchè le informazioni non sono complete e i dati non ci sono tutti e le informazioni sono in continuo work in progress.
    Infine come fidarsi di gentaglia, diciamo stronzi nucleari, che avrebbero dovuto fare una cosa e invece ne fanno una opposta?
    La situazione è instabile, la guerra dei trentenni (Grande Gianni Barbato!) non c’è, se non in Yemen, vero, sono predoni del deserto, un modo di pensare che in Occidente nemmeno comprendiamo, ma hanno solo armi mentre l’esercito non è poi così ben addestrato, i bordelli che la geopolitica USA (Kissinger redivivo e ecco nuovi casini in tutto il Mondo) sta mettendo in atto (senza un filo apparente conduttore) ma al momento le cose sono instabili e facilmente potrebbero devolvere nella terza guerra mondiale.
    Tuttavia succede anche che cose apparentemente insolubili inizino a trovare “soluzioni” che però potrebbero portare a nuovi problemi se non saranno attuate.
    Tuttavia il timore di una terza guerra mondiale sta facendo paura anche a molti falchi USA. Nikki Haley esclusa, degna erede imbecille di una Samantha Power che adesso mi sembra Bismark…

  11. La decisione americana di cercare di mantenere ad ogni costo un sistema di potere mondiale unilaterale si sta scontrando con la realtà.
    Rifiutarsi di accettare l’ascesa di nuovi protagonisti come Russia, Cina e India poteva andare bene se gli USA fossero stati, come 50 anni fa, il motore economico del pianeta, ma la finanziarizzazione, la globalizzazione e la delocalizzazione del suo apparato produttivo li ha resi vulnerabili e dipendenti dalle decisioni economiche delle altre nazioni, dalla forza militare e da quella del dollaro.
    Negli ultimi anni abbiamo assistito al tentativo di molti Paesi di ridurre le riserve valutarie in dollari, di acquistare ingenti quantità di oro, di pagare l’energia con monete alternative a quella statunitense, di creare organismi intergovernativi come è avvenuto con l’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, in cui fossero esclusi gli USA e alleati come Israele.
    Sappiamo che la cocciutaggine con cui l’elite americana rifiuta di riconoscere la fine del dominio assoluto anglosassone è dovuto alla forte presenza dei neoconservatori e degli internazionalisti liberali ai piani alti del sistema politico.
    La prima corrente è più rappresentata nel partito repubblicano, la seconda in quello democratico, ma negli ultimi anni si sta rafforzando all’interno dell’establishment una terza forza, quella dei cosiddetti “realisti”, favorevole ad un’uscita, concordata con le altre potenze, dal pantano mediorientale e al riconoscimento di una gestione collegiale della politica mondiale.

    1. ….MAGARI…la terza forza prevalesse…ma finchè nel Bilderbergh non caambiano le teste antiche di novantenni…tipo Rothschilds e Kissinger..

  12. Non sarei tanto sicuro che il Qatar ceda: lo schiaramento saudita ha la forte debolezza data dalla presenza sciita nelle zone petrolifere, e non caso il Golfo si chiama “Persico”.
    Fossi in Trump mi preoccuperei non poco per queste basi, grandi e piccole (al confine Siria-Iraq), ficcate in posti irraggiungibili ed indifendibili.

  13. …mah…e se tutto questo farebbe parte di una strategia per cui l’importante alla fine è che si crei un sistema di mercato?…al di là del concetto di nazione che tende a non esistere più il mercato è accettato da tutto il pianeta…che sia in cina, in russia e altrove…alla fine è un sistema che ha vinto e più soggetti a gestirlo invece che i soliti…si andrebbe allora ad attuare la famosa globalizzazione con governo centrale….la vittoria del concetto…

  14. Da Moon of Alabama, uno dei siti più affidabili: Qatar e Iran stanno vincendo contro i sauditi, Bin Salman e Bin Zayed stanno perdendo la faccia. Non solo, circolano voci di un possibile colpo di stato per rovesciare l’attuale governo saudita. Sembra che qualcosa sia andato storto…

    The Saudi-Qatar Spat – Qatar And Iran Are Winning – MbZ, MbS Lose Face

    http://www.moonofalabama.org/2017/07/the-saudi-qatar-spat-qatar-and-iran-are-winning-while-mbz-and-mbs-lose-face-.html

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