Somalia in fiamme: l’ex-colonia italiana torna nel mirino angloamericano

Infuria la violenza a Mogadiscio, dove una serie di attentati ha mietuto 400 vittime nell’arco di due settimane: gli attacchi, rivendicati dalle milizie islamiche al-Shabaab, sono il pretesto per il ritorno di truppe angloamericane nella ex-colonia italiana, dopo una sostanziale assenza che risale al 1994. Il rinato interesse di Washington e Londra è dettato dalle crescente presenza cinese nel Corno d’Africa e dalla prospettiva di importanti scoperte petrolifere. L’Italia, estromessa dalla Somalia nei primi anni ‘90 con gli stessi metodi poi usati per colpire i nostri interessi in Libia ed Egitto, osserva indifferente l’attivismo dei vecchi rivali. Se con la Prima Repubblica ci proiettavamo ancora nel Corno d’Africa, oggi lottiamo per la nostra stessa sopravvivenza.

La lunga decadenza dell’Italia iniziò in Somalia

Come sottolineiamo sovente nelle nostra analisi, il lungo processo di decadenza italiana, iniziato nel biennio 1992-1993, sta entrando nell’ultima fase: destrutturata la politica, ingabbiata l’economia nell’euro, somministrata una dose letale di austerità, saccheggiate le imprese pubbliche e private, il nostro Paese è pronto per l’assalto finale, che si consumerà nel biennio 2018-2019 col mutamento delle condizioni finanziarie internazionali. l’Italia sarà sottoposta a stress enormi, tali da mettere in forse l’unità stessa del Paese.

L’attuale crisi del sistema-Italia è la fase culminante di un processo iniziato lontano nel tempo e nello spazio: anziché usare come unità di misura gli anni, possiamo infatti valutare la nostra decadenza in termini geografici, analizzando la nostra proiezione all’estero. L’Italia è estromessa dalla Somalia nel 1991-1992, quasi contemporaneamente subisce lo smembramento della Jugoslavia contrario ai suoi interessi, nel 1999 è costretta ad ingoiare il bombardamento della Serbia ed il ridimensionamento, nel 2011 è la volta della Libia. Dopo aver aver assistito inerme alla dissoluzione della sua area di influenza, oggi l’Italia è completamente ripiegata su se stessa: la posta in gioco, nel 2017, non è la difesa di  “un posto al sole”, ma la sopravvivenza del Paese.

In queste settimane la Somalia è spesso sulle prime pagine dei giornali, a cuasa dei sanguinosi attentati “islamici” che flagellano il Paese. L’analisi su quanto sta avvenendo oggi nell’ex-colonia italiana può e deve essere anche un’utile occasione per tornare all’origine della decadenza italiana: quei primi anni Novanta, quando l’establishment atlantico, seppellita l’URSS, decide di liquidare le ambizioni dell’Italia ed il suo status di media potenza. A Washington e Londra, come a Parigi e Berlino, fa molto più comodo che a tavola sieda un commensale di meno: l’insofferenza per l’attivismo italiano si deve, in realtà, retrodatare ai primi anni ‘60, ma sia la relativa solidità della Prima Repubblica che il sistema bipolare avevano impedito aggressioni troppo violente. Il crollo del Muro di Berlino è il nulla osta per procedere con l’assalto all’Italia: la Somalia di Siad Barre è la prima a cadere. La Libia di Muammur Gheddafi sarà l’ultima.

Nonostante il nostro Paese figuri tra le potenze usciste sconfitte dall’ultima guerra, nel novembre 1949 l’assemblea generale delle Nazioni Unite assegna all’Italia i suoi ex domini coloniali in Somalia: si tratta di un’amministrazione fiduciaria, dalla durata di dieci anni (1950-1960), in vista dell’indipendenza. Sulla decisione del Palazzo di Vetro pesa, senza dubbio, l’estrema povertà dell’ex-colonia italiana. Banane, pesce e vacche sono le principali risorse del Paese e non c’è ancora alcuna traccia di petrolio.

Il primo luglio 1960 nasce la Repubblica di Somalia, composta dalla Somalia italiana (a sud) e da quella inglese (il Somaliland, a nord-est). Con un colpo di Stato, il 21 ottobre 1969, il generale Mohammed Siad Barre, formato negli anni ‘50 alla Scuola allievi sottufficiali Carabinieri di Firenze, prende il potere, seguendo così il colonnello Muammur Gheddafi che due mesi prima ha deposto il filobritannico re Idris: sono sviluppi legati al recente insediamento (agosto 1969) di Aldo Moro alla Farnesina? Probabilmente sì, considerato che il 12 dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana inaugura la pluridecennale strategia della tensione che mira a destabilizzare il nostro Paese. L’Italia rafforza le sue posizioni sostenendo l’avvento al potere di nuovi leader “terzomondisti”, mentre le altre potenze europee smaltiscono ancora i postumi della decolonizzazione: bombe, omicidi e rapimenti, che siano “fascisti” o “marxisti”, ricordano a Roma la sua subalternità rispetto a Washington, Londra e Parigi.

Se l’Etiopia è “il feudo” informale della Democrazia Cristiana, la Somalia “socialista” di Siad Barre è la protetta del PSI: le fortune di Bettino Craxi corrispondono con un rilancio delle relazioni italo-somale. Nel settembre 1985, si svolge la storica visita di Craxi a Mogadiscio, accolto con “inni, fanfare, archi trionfali di ghirlande agitate da bambini1: l’Italia, secondo donatore internazionale della Somalia dopo gli Stati Uniti, conferma il “suo rapporto prioritario” con la Somalia e si impegna a risolvere la crisi tra  Mogadiscio ed Addis Abeba, ruotante attorno alla regione contesa dell’Ogaden, che si trascina dal lontano 1977. Nel 1988, infatti, Somalia ed Etiopia riallacciano i rapporti con la benedizione italiana2. L’Italia si rafforza così ulteriormente in Paese strategico per il controllo del Mar Rosso; oltretutto, siamo ora nella seconda metà degli anni ‘80, si inizia a subodorare la presenza di petrolio nella nostra ex-colonia, le cui modeste risorse sono da sempre circoscritte a un po’ di frutta e bestiame.

L’intraprendenza italiana in Somalia non passa inosservata. A distanza di un anno, è avviato infatti quel processo di destabilizzazione che culminerà nel gennaio 1991 con la caduta di Siad Barre, lo scoppio dell’infinita guerra civile e l’estromissione dell’Italia dalla Somalia. È interessante notare come Washington e Londra si avvalgano per rovesciare Barre degli stessi metodi che, a distanza di 20 anni, saranno utilizzati per eliminare Gheddafi e minare i rapporti italo-egiziani: sostegno all’insurrezione armata, appoggio agli islamisti, campagne denigratorie di Amnesty International, attentati terroristici, omicidi eclatanti, utilizzo delle quinte colonne dentro il Parlamento italiano e della stampa “di sinistra”.

Apre le danze agli inizi del 1986 Amnesty International, l’organizzazione umanitaria basata a Londra che nel 2016 giocherà un ruolo chiave nel montare il caso Regeni: mentre Siad Barre è in visita in Italia, per incontri ai massimi livelli col premier Bettino Craxi ed il ministro degli Esteri Giulio Andreotti, Amnesty accusa “il regime somalo” di sistematica violazione dei diritti umani e di detenzione illegale degli oppositori politici. A dare eco alle accuse della ong inglese intervengono i Radicali, nella persona di Marco Pannella e Francesco Rutelli, il Manifesto e la Repubblica di Eugenio Scalfari3: lo stesso milieu che vedremo in azione 30 anni dopo, contro il presidente egiziano Abd Al-Sisi.

Le ong, sebbene fondamentali per screditare i Paesi ostili, non sono però sufficienti per rovesciare i loro governi. Nel maggio del 1988, il Somaliland inglese insorge contro il governo centrale di Mogadiscio: i ribelli del Somali National Movement prendono il controllo della parte nord del Paese, costringendo Siad Barre a ricorrere all’aviazione per reprimere i secessionisti. Gli insorti del Somaliland britannico trovano un immediato appoggio anche nell’Italia filo-Barre, grazie ai Radicali di Marco Pannella e alla Democrazia Proletaria di Mario Capanna (trotzkismo pro-NATO)4. Amnesty International torna all’attacco: i ribelli sono massacrati, gli oppositori sono sistematicamente torturati ed il famigerato Servizio di Sicurezza Nazionale è artefice di rapimenti e omicidi politici5.

Inoculato il germe dell’insurrezione armata, è ora di legittimare i ribelli che combattono per rovesciare il “dittatore Siad Barre”: nell’ottobre 1988 si riunisce a Washington una “storica” assemblea degli oppositori somali, per chiedere “la fine del corrotto, brutale e oppressivo regime di Barre”.6 In Italia, Craxi ed Andreotti hanno ormai capito l’antifona: gli angloamericani vogliono sbarazzarsi del governo filo-italiano e spetta a loro difenderlo fino in fondo.

Di fronte alle chiare manovre angloamericane per defenestrarlo, Barre lancia un’offensiva diplomatica in Libia, Iraq, Egitto e Kuwait. Una nutrita delegazione somala arriva anche in Italia nel gennaio 1989: c’è il timore che Roma, su pressione di Washington e Londra, neghi a Mogadiscio gli aiuti finanziari generosamente elargiti dal nostro Paese (1.150 i miliardi di lire stanziati tra il 1981 ed il 1987). Le accuse di Amnesty? Tutte fandonie, ribadiscono i rappresentanti somali7.

La delegazione di Barre sortisce i suoi effetti ed il presidente della Repubblica, “l’anglofilo Francesco Cossiga8”, è costretto ad aggiungere (su pressione del PSI) una tappa al viaggio in Africa orientale allora in corso: il capo dello Stato atterra anche a Mogadiscio, nonostante la visita fosse stata inizialmente esclusa (si noti che la Somalia è il Paese africano più legato all’Italia9!). Dopo che Stati Uniti e Regno Uniti hanno bloccato gli aiuti ed avviato il cambio di regime, Barre non può che ringraziare Cossiga per l’incontro: i rapporti italo-somali sono più solidi che mai, assicura il presidente somalo. Scrive la Repubblica10:

“A Siad Barre non è rimasto altro che ringraziare, appellarsi agli storici legami e ancora ringraziare. Appena poche settimane fa, infatti, la credibilità del regime di Mogadiscio appariva compromessa. Alle accuse di malversazione lanciate da un ex ministro sulla destinazione finale degli aiuti, si era aggiunta una ben più grave campagna lanciata da Amnesty international e da altre organizzazioni umanitarie.”

L’Italia (DC e PSI) non demorde dunque e anche in Vaticano vedono di cattivo occhio la destabilizzazione di un regime che protegge la piccola comunità cristiana: il 9 luglio 1989 il vescovo di Mogadiscio, Monsignor Salvatore Pietro Colombo, è ucciso con un colpo al cuore dietro la cattedrale. “Un delitto perfetto, senza colpevole né movente, su cui nessuno ha mai indagato11”. A distanza di pochi giorni dalla misteriosa morte di Colombo, l’insurrezione armata raggiunge Mogadiscio: non si tratta dei ribelli del Somaliland britannico, ma di un’altra buona conoscenza di Londra e Washington, l’estremismo islamico. Integralisti sunniti e forze governative si fronteggiano per una settimana nella capitale, lasciando sul campo non meno di 400 vittime. La cifra è fornita dall’americana Africa Watch Human Rights, che segue da vicino gli scontri: i soldati di Barre, secondo l’ong, giustizierebbero sommariamente gli oppositori sulla spiaggia alle porte di Mogadiscio12. Nel mese di ottobre la stampa riporta la notizia di alcune defezioni nell’esercito, compensati dall’arrivo di rinforzi libici: il colonnello Gheddafi, già ai ferri corti con Reagan, invia 700 soldati in Somalia, essenzialmente piloti, tecnici ed artiglieri13.

L’anziano Siad Barre vacilla dunque, ma finché gode dell’appoggio italiano (e, di conseguenza, libico) è difficile assestargli il colpo di grazia: come scavare un incolmabile fossato tra Roma e Mogadiscio, così da convincere gli italiani a mollare il vecchio sottufficiale dei Carabinieri? Si potrebbe gettare un cadavere tra i due Paesi, ad esempio: è lo stesso tipo di operazione sporca che sarà utilizzata dagli angloamericana nel 2016, per incrinare i rapporti italo-egiziani, uccidendo il giovane Giulio Regeni.

Nella notte tra il 17 ed il 18 giugno 1990, il biologo Giuseppe Salvo, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, è misteriosamente ucciso a Mogadiscio in una cella di sicurezza: le autorità somale, intuendo che l’assassinio è finalizzato a esacerbare gli animi in Italia, provano a minimizzare, parlando di suicidio. Poi sono costrette a ritrattare: il biologo è stato ucciso a bastonate, sebbene non siano chiari né gli autori né il movente14. Con la brutale morte di Salvo, si fornisce un prezioso assist a quelle forze politiche (PCI, Radicali ed al alcuni settori della DC) che premono perché l’Italia abbandoni Siad Barre, secondo la volontà angloamericana.

Scrive la Repubblica15:

“L’ assassinio di Giuseppe Salvo deve essere stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ieri i rappresentanti di Dc, Pci, Psi e Sinistra indipendente hanno chiesto al Governo italiano di operare con lo scopo di creare le condizioni favorevoli ad una sostituzione di Siad Barre, attraverso un passaggio indolore, ripensando anche a questo fine la politica di Cooperazione svolta dall’ Italia verso la Somalia.”

Tolto il puntello italiano, calcolano a Londra e Washington, il governo somalo cadrà. Per essere sicuri che Barre non abbia scampo, bisogna però che anche la Repubblica Federale tedesca segua l’esempio angloamericano, sospendendo gli aiuti economici: si procede così con un’operazione analoga all’omicidio di Giuseppe Salvo, mirando però ad un cittadino tdesco. Il 28 giugno 1990, un tecnico della Lufthansa è ucciso da una “squadraccia somala” nella propria abitazione16: Bonn recepisce il messaggio e, entro un paio di mesi, sospenderà la cooperazione economica con Mogadiscio.

La rete internazionale attorno a Siad Barre è sempre più sfilacciata: basta poco per isolarlo totalmente e procedere così con la sua defenestrazione.

Il 6 luglio 1990, i disordini scoppiati ad una partita di calcio cui presenzia anche Siad Barre terminano nel sangue: il filo-britannico Somali National Movement parla di 80 morti, accusa di strage i pretoriani di Barre, denuncia per l’ennesima volta “le barbarie del regime”17. L’episodio consente all’ala atlantica del PCI, Giorgio Napolitano e Giancarlo Pajetta, di attaccare il governo italiano, l’unico, ormai, a non avere preso ancora le distanze da Barre: l’ambasciatore a Mogadiscio, secondo il futuro capo di Stato, andrebbe richiamato e gli aiuti immediatamente sospesi. La Repubblica di Scalfari copre l’assalto e getta fango sulla cooperazione italo-somalo, accanendosi in particolare sulla nostre università operanti a Mogadiscio18 perché Roma sospenda l’invio di docenti.

La pressione sul governo italiano sta diventando insostenibile. Il 10 luglio 1990 arriva la svolta: la Farnesina annuncia il rimpatrio dei 56 militari, piloti e tecnici aerei, impegnati nella formazione dell’aeronautica somala19. L’Italia, che è anche il maggior fornitore di armi della Somalia, invia quel “segnale” tanto atteso dagli angloamericani. Non resta che assestare qualche ultimo colpo alla traballante impalcatura somala, gettando nel caos la capitale: una serie di attentati dinamitardi sconvolge Mogadiscio, colpendo le poste centrali20, la sede di Radio Somalia, la caserma centrale della polizia ed altri obiettivi governativi. Muoiono decine di persone, senza che nessuno rivendichi le bombe21.

L’Italia, costretta ad abbandonare a Siad Barre, non per questo getta la spugna: coordinandosi con il Cairo, il nostro governo tenta di organizzare una transizione ordinata del potere, coinvolgendo sia il regime, ormai agli sgoccioli, che le opposizioni. Se l’operazione andasse a buon fine, l’influenza italiana in Somalia sarebbe salva: di conseguenza, il filo-britannico Somali National Movement e gli altri movimenti di opposizione basati a Londra boicottano l’iniziativa22. Nel dicembre 1990, gli sforzi italo-egiziani per ricomporre le diverse fazioni ed evitare la “libanizzazione” del Paese (termine che sarà poi sostituito con “somalizzazione”) falliscono23. L’ambasciata USA si prepara ad evacuare il personale ed i ribelli premono sulla capitale. Il processo di dissoluzione della Somalia, sostenuto in ogni modo dagli angloamericani24, entra nella fase finale.

Nel gennaio 1991 l’ambasciata italiana, l’ultima ancora operativa, chiude. Le offerte di Siad Barre di instaurare una tregua si scontrano con la ferma determinazione del Congresso della Somalia Unita, basato a Londra, di procedere con la conquista manu militari della capitale25. Negli ultimi giorni di gennaio Barre lascia Mogadisco (morirà nel 1995 a Lagos, Nigeria) e gli insorti proclamano la vittoria: per l’Italia, che ha investito ingenti somme in Somalia, ha finanziato grandi opere ed industrie, ha speso molto capitale politico, è una debacle.

Tuttavia, DC e PSI non si arrendono. Roma ed il Cairo avviano nuovamente i negoziati per riunire attorno ad un tavolo le diverse fazioni. Neppure l’ennesima uccisione di un nostro connazionale, il missionario Pietro Turati26, ferma la diplomazia italiana: tra le proteste dei soliti movimenti d’opposizione basati a Londra, l’ambasciatore Mario Sica torna in Somalia, dopo appena 50 giorni di assenza27. Le faide tra le diverse etnie corrodono velocemente lo Stato somalo e bisogna trovare in fretta una soluzione politica, prima che la caduta di Barre degeneri nella guerra civile: Italia ed Egitto si prodigano ancora perché tutti i clan partecipino ad una conferenza di pace. Sforzi inutili. Nell’estate del 1991 le lotte tra fazioni prendono vigore e nel mese di settembre è ormai guerra aperta tra il presidente provvisorio ed il capo del parlamento, il generale Mohamed Aidid28, che sta emergendo come il nuovo padrone della Somalia.

Il divampare della guerra civile tra il 1991 ed il 1992 apre le porte all’intervento dell’ONU (missioni UNOSOM I e II).

Gli Stati Uniti boicottano ancora i tentativi italiani di conservare un’influenza preponderante in Italia e, il 24 gennaio 1993, esce sul Washington Post il sintomatico articolo “The Italian Connection: how Rome helped ruin Somalia29 firmato da Wolfgang Achtner: le cause profonde dell’agonia somala sono la corruzione endemica che affligge l’Italia, trasmessa anche all’ex-colonia (si ricordi che, nel frattempo, il pool di Mani Pulite teleguidato dal Consolato americano sta decapitando la Prima Repubblica) . All’interno dell’articolo si legge:

“-Italy is definitely responsible for the tribal warfare and the genocide in Somalia-, says Francesco Rutelli, a congressman for the environmentalist Green Party, which has played a leading role in exposing what has become a scandal in Italy. (…). The reality of Italy’s cynical role in Somalia is clear from documents made available to Parliament by the Italian Foreign Ministry. They show that Italy sponsored 114 projects in Somalia between 1981 and 1990, spending more than a billion dollars. With few exceptions (such as a vaccination program carried out by non-government organizations), the Italian ventures were absurd and wasteful. Approximately $250 million was spent on the Garoe-Bosaso road that stretches 450 kilometers across barren desert, crossed only by nomads on foot.”

Secondo il blasonato giornale liberal, la rapida dissoluzione della Somalia, dilaniata da guerra civile e carestia, va ricondotta ai progetti infrastrutturali ed industriali finanziati dalla “corrotta” Italia!

La citazione, in particolare, della strada che unisce l’interno della Somalia a Bosaso, affacciata sul golfo di Aden, non sfugge al socialista Francesco Forte, ex-responsabile di quel Fondo Aiuti Italiani che finanziava le grandi opere somale: “Viene attaccata la strada Garoe-Bosaso perchè è una strada costruita in Migiurtinia, la regione su cui punta la multinazionale del petrolio Conoco. Circa un anno fa è stato scoperto del petrolio, guarda caso nella zona dove è stata costruita la famosa strada30”.

In Somalia, ormai è assodato, c’è il petrolio e le compagnie angloamericane vogliono una Somalia a pezzi ed un’Italia ridotta all’impotenza, per stipulare lucrosi affari con i ras locali.

Nell’ottobre 1993 il famoso abbattimento del Black Hawk a Mogadiscio, seguito dall’uccisione di 18 militari americani, giustifica il disimpegno americano: il Paese è abbandonato alla guerra civile, il Somaliland britannico, ricco di idrocarburi, ottiene la secessione de facto da Mogadiscio, idem il Puntland. La Somalia si trasforma in una comoda base per esportare il terrorismo islamico in tutto il Corno d’Africa e la penisola arabica. L’Italia, seppellita la Prima Repubblica, perde persino memoria di quella sua strategica ex-colonia, lasciando che la Turchia erediti progressivamente il suo ruolo.

L’organizzazione terroristica Al-Shabaab, partorita come Al-Qaida e l’ISIS dall’establishment atlantico, nasce nel 2006. Anno dopo anno, si allarga alla Somalia centrale e meridionale: l’attività di “contenimento” dell’amministrazione Obama, condotta ricorrendo ai soliti bombardamenti mirati, rafforza anziché indebolire (c’è da stupirsi?) le milizie islamiste. Dopo anni di attentati e stragi saltuarie, a partire dalla primavera del 2016 l’attività di Al-Shabaab riesplode31, culminando con le stragi a Mogadiscio del 15 ottobre 2017 (300 morti) e del 28 ottobre (almeno 25 morti). Come nel 1990, sono oggetto degli attentati i palazzi del potere: ministero degli Esteri, ambasciate, alberghi internazionali, il Parlamento.

Perché destabilizzare ulteriormente la già travagliata Somalia, se dal 2012 è installato a Mogadiscio un governo filo-americano, presieduto da Mohamed Farmajo, già ambasciatore presso gli Stati Uniti? L’escalation di violenza degli ultimi due anni, accompagna e “lubrifica” il crescente coinvolgimento angloamericano in Somalia, sull’onda del rinato interesse per l’ex-colonia italiana. “In Somalia, U.S. Escalates a Shadow War32scrive il New York Times nell’ottobre del 2016, asserendo che l’amministrazione Obama ha “segretamente” portato il numero di truppe speciali presenti in Somalia (diverse centinaia) ai livelli più alti dal 1993. Il presidente Donald Trump, appena insediato, non solo conferma la linea del predecessore, ma addirittura la ufficializza, inviando per la prima volta dall’abbattimento del Black Hawk soldati regolari33. The Guardian titola senza fronzoli il 15 ottobre, subito dopo il sanguinoso attentato: “Mogadishu atrocity may provoke deeper US involvement in Somalia34”. Le bombe di Al-Shabaab riportano l’attenzione di Washington e Londra sulla Somalia e giustificano un maggiore coinvolgimento angloamericano nel Corno d’Africa e nell’intero Continente Nero.

Perché quest’improvviso ritorno di fiamma per l’ex-colonia italiana, dopo anni di sostanziale disinteressamento? Da un lato, c’è ormai la certezza che i fondali somali sono ricchi di idrocarburi e la loro estrazione è economicamente remunerativa35. Dall’altro c’è l’esigenza statunitense di contenere l’attivismo di Pechino (si veda la recente ferrovia Addis Abeba-Gibuti) in una zona strategica per il controllo dei mari. L’AFRICOM è stato costituito nel 2008 con il preciso scopo di contenere la Cina nel continente africano ed il dispiegamento di truppe statunitensi in Somalia rientra proprio in questa strategia.

E l’Italia? Ahinoi, è ormai completamente esclusa dai giochi somali, tanto che l’ENI neppure opera nel Paese36. Soltanto 25 anni, ai tempi della Prima Repubblica, l’Italia si proiettava ancora nel Corno d’Africa. Oggi, dopo aver contribuito allo smantellamento della propria zona di influenza nel Mediterraneo, l’Italia lotta per la sopravvivenza. È il prezzo che paghiamo per aver lasciato che le quinte colonne straniere si impadronissero, dopo Tangentopoli, dello Stato.

1http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/09/21/craxi-accolto-da-re-nella-somalia-di.html?ref=search

2http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/03/24/etiopia-somalia-accordo-per-le-trattative.html

3http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/02/12/amnesty-accusa-barre-deve-liberare-subito-detenuti.html?ref=search

4http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/07/10/guerriglia-all-attacco-battaglie-profughi-nel-nord.html?ref=search

5http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/06/30/torture-in-somalia-rapporto-di-amnesty.html?ref=search

6http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/10/29/riuniti-washington-tutti-gli-oppositori-del-somalo.html?ref=search

7http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/01/26/il-regime-somalo-teme-di-perdere-fondi.html?ref=search

8http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/11/17/la-stampa-inglese-irritata-con-cossiga.html

9http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/01/28/cossiga-aggiunge-una-tappa-al-lungo-viaggio.html?ref=search

10http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/02/11/grazie-amica-italia.html?ref=search

11https://www.avvenire.it/attualita/pagine/morte-del-vescovo-colombo-troppi-silenzi-sul-suo-omicidio

12http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/07/22/quattrocento-morti-mogadiscio.html?ref=search

13http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/10/19/ammutinamenti-nel-sud-difficolta-per-siad-barre.html?ref=search

14http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/06/28/somalia-stato-ucciso-il-ricercatore-italiano.html?ref=search

15http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/06/29/basta-con-siad-barre.html?ref=search

16http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/06/29/mogadiscio-una-squadraccia-uccide-un-tedesco.html?ref=search

17http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/07/08/strage-mogadiscio-pretoriani-di-siad-sparano-nello.html?ref=search

18http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/07/11/il-pci-richiamare-ambasciatore.html?ref=search

19http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/07/12/italia-richiama-dalla-somalia-56-uomini.html?ref=search

20http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/09/07/mogadiscio-una-bomba-alle-poste-due-morti.html?ref=search

21http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/09/30/quindici-morti-in-un-attentato-mogadiscio.html?ref=search

22http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/12/05/somalia-difficolta-per-le-trattative-fra-siad.html?ref=search

23http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/12/07/somalia-bloccato-il-negoziato-di-pace.html?ref=search

24http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/12/06/mogadiscio-assediata-retate-tra-gli-oppositori.html?ref=search

25http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/01/19/siad-deve-lasciare-il-potere-niente-tregua.html?ref=search

26http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/02/12/frate-francescano-italiano-ucciso-coltellate-in-somalia.html?ref=search

27http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/03/05/italia-riapre-ambasciata-in-somalia.html?ref=search

28http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/09/08/violenti-scontri-mogadiscio.html?ref=search

29https://www.washingtonpost.com/archive/opinions/1993/01/24/the-italian-connection-how-rome-helped-ruin-somalia/cd843c56-6443-42e4-98b6-0f0a9147cee3/?utm_term=.a171c3acac4f

30http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/01/26/attacchi-usa-all-italia-perche.html?ref=search

31http://www.aljazeera.com/indepth/interactive/2016/08/al-shabab-attacks-somalia-2006-2016-160830110231063.html

32https://www.nytimes.com/2016/10/16/world/africa/obama-somalia-secret-war.html

33http://www.newsweek.com/us-troops-somalia-donald-trump-al-shabab-586004

34https://www.theguardian.com/world/2017/oct/15/mogadishu-atrocity-may-provoke-deeper-us-involvement-in-somalia

35https://www.reuters.com/article/us-africa-oil-somalia/prospect-of-offshore-oil-offers-mixed-blessing-for-somalia-idUSKBN1321IW

36https://www.eni.com/it_IT/media/dossier/nostra-africa.page

81 Risposte a “Somalia in fiamme: l’ex-colonia italiana torna nel mirino angloamericano”

  1. Magari dalle colonie prima o poi gli angloamericani sarebbero cmq riusciti a cacciarci, i governi di allora si sono battuti, ed erano diversi da quelli di adesso. Ma che ci si sia fatti smantellare lo Stato in così poco tempo, in un periodo in cui mai l’Italia era stata così forte economicamente e con un’immagine di prestigio nel mondo, e da un personaggio come Di Pietro… E’ una cosa normale? Ed è normale che 25 anni dopo, nelle condizioni in cui siamo, il 30% del Paese possa votare Grillo? E’ un comico, è simpatico, e quindi cosa fai, lo mandi al governo?
    Nel codice genetico italiano qualche rotella storta ci dev’essere per forza. Raccontate agli italiani qualunque cazzata basta che non abbia a che fare con la realtà. Se psicologicamente questo Paese è fatto così non è colpa degli angloamericani.

    1. No, non c’entra il codice genetico degli italiani. C’entra il cappio al collo che dicevo altrove, e la nostra assoluta sudditanza post bellica da ormai più di 70 anni: tanti, troppi per non lasciare tracce sullo spirito di un popolo che così finisce per diventare schiavo dentro, prono a tutto perché reso debole.
      La rinascita dell’Italia non passa per il dna, passa per l’estromissione dei cowboy dal territorio nazionale al loro alveo naturale oltreatlantico.
      Questi, col Mediterraneo, non c’entrano proprio nulla.

      1. Resta il fatto che in questi 70 anni, quelli che più di altri hanno davvero tenuto (e creduto) a questo Paese, cercando di farlo diventare adulto e farlo stare con dignità nel mondo, senza cappi al collo, hanno raccolto ben poca complicità e gratitudine.
        Moro, Craxi e Andreotti hanno fatto quella fine perché non erano degli infami e non si sarebbero mai piegati. Sono stati “processati” (tra gli applausi, nel caso di Craxi) e ammazzati (di fatto, tutti e tre) dai loro “connazionali”, non dai cowboy.

        1. Sì, ma sempre su input dei cowboy. Mani pulite è stato un menù cotto e servito da oltreoceano, e i cuochi ormai li conosciamo bene.
          Del resto i cappi al collo non lasciano di solito molte alternative a chi vorrebbe liberarsene. Più di 100 basi americane in Italia stanno lì a ricordarcelo. Poi, per chi non si rassegna ad essere subalterno in casa propria, c’è sempre un processo farsa al momento giusto o un’auto (o un aereo) che saltano in aria: un ‘avvertimento’ difficile da ignorare.

        2. senza contare che i ns padroni USA sono anche loro sempre più nella cacca, e la disperazione li porta ad essere più esigenti e spietati nei confronti dei loro servi. E poi un traditore della propria terra lo trovi sempre, pagando, specialmente in italia.

      2. no , così si giustificano i vizi nazionali; i nostri “ammeregani” sono ovunque ,i “di pietro” gli “scalfari/o” e i “napolitano” non sono accidenti della storia, e nella SSTORIA , quella VERA la colpa è sempre di chi perde.

        1. Ammerregani locali ne esistono dappertutto. Ci saranno in Francia, in Germania, come anche in Russia. La differenza è che da noi essere ammerregani è normale. Anzi, fa proprio figo.
          Se così non fosse questo Paese, nelle condizioni in cui è e con quello che rischia nei prossimi mesi, da due o tre anni avrebbe un governo di unità nazionale con 2-3 priorità supercondivise e ministri supercazzuti. Mentre si continua a giocare con le elezioni farsa, le leggi elettorali burla, e i primi ministri nominati dal blog.

  2. Un altro capolavoro di ricostruzione, Dezzani.
    Pare quindi che non si possa rimproverare alla diplomazia italiana di aver mollato troppo presto. Cos’è mancato allora all’Italia, per prevalere? Perché “Mani pulite” ha trionfato all’interno e uno alla volta tutti gli stati dove l’Italia aveva interessi sono stati fatti a pezzi? Sono mancati gli statisti? Il potere economico? Quello militare?

    1. Già, ricostruzione magistrale.
      Ex post si capisce tutto, il metodo è sempre lo stesso (Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Venezuela ecc.)

  3. Pio XII vi si sarebbe recato. E avrebbe mobilitato tutta la Chiesa africana. Ma vennero uno dopo l’altro gli effetti del finto Concilio: fra cui la fine di Roma e il suo trasferimento nella terza ed ultima sede. Il disfarsi italiano che Tacito disvela, e affligge proprio come Roma allora il suo degno predecessore, consegue da questa apostasia. Che poi sia proprio l’Africa ad opporvisi non fa che confermare ciò che noi marxisti mai comprenderemo.

  4. A questa ottima analisi aggiungo un piccolo contributo. Ho conosciuto personalmente alcuni docenti universitari che negli ’80 passavano, con le rispettive famiglie, periodi di vacanza-lavoro di alcuni mesi in Somalia invitati dalle universita’ locali, e dicevano che era un paese sicuro. In effetti la caduta di Siad Barre e’ stato cronologicamente il primo di una serie di cambi di regime e di distruzione di paesi promosso dagli americani. Giustamente e’ stato poi anche citato nell’analisi il pessimo Pannella, il clown a servizio dell’establishment.

  5. La storia del Black Hawk Down, ricostruita fedelmente da Scott nel suo film, io l’ho vissuta attraverso i racconti dei soldati americani che passavano, dopo mesi di stazionamento a Mogadiscio, a Mahè. Sono stato, peraltro, testimone delle condizioni psichiche in cui versavano, dopo mesi di Somalia. Non è un bel ricordo, misto come è della sensazione di paradiso, le Seychelles, con l’orrore dei racconti di ciò che avveniva a 1500 chilometri di mare da Mahè. Mi sembra ieri, ma non lo è. Complimenti a Dezzani. Mi faccia sapere quando/se partiamo con una dichiarazione congiunta di astensione dal prossimo voto. Io ho già le idee/immagini/argomentazioni di supporto.
    Saluti da Entendance

      1. Sono pronto, quando Lei reputerà che il timing sia adatto, allora potrebbe seguirmi su twitter e/o registrarsi, prego, alla spiaggia, così da poterLe fornire un po’ di materiale visivo e delineare una strategia, via server overseas, fuori dalle grinfie che ben conosciamo (è vero, Lei ha la mia mail, ma non mi fido; i private messages sul mio sito americano sono da preferire).
        Occorre smetterla di sperare invano; tanti tafani della tastiera, ancora con la televisione e i giornali del sistema, a dire/scrivere: guarda questo, leggi cosa ha scritto quello. Fanno followers perché attizzano i bassi istinti ma sono uguali a ciò che fingono di contrastare. Ne ho piene le scatole. Qua occorre un sostanziale reset. Discutiamone, noi che ci siamo fatti il mazzo a costruire un proprio sito, invece che abboccare a farcebook googl etc. At your service. E.

        1. Ho l’impressione che l’astensione sia il sogno di ogni classe politica corrotta; il loro zoccolo duro votera’ comunque e permettera’ a gente col 12% di governare dichiarando pure di avere la maggioranza.Penso che i numeri cosi’ bassi non consentiranno a nessuno di governare spianando cosi’ la strada a Supermario che ci salvera’ tutti nel 2018.Secondo me bisogna votare tutti,in massa ,anche partiti allo 0,1,ma votare e sfanculare al piu’ presto gli artefici di questo disastro.Cordialmente

  6. Articoli che bisogna diffondere !
    E’ grazie all’opera di sbugiardamento condotta in rete dai vari (pochi, per la verità) Dezzani se ha potuto diffondersi la consapevolezza che Mani Pulite è stato un golpe. Oggi è il segreto di Pulcinella, e i protagonisti lo sanno, hanno sempre più la coda di paglia.
    Non per niente Antony Checiazzecca Dipietro ha avuto un mancamento alla trasmissione L’aria che tira quando Diego Fusaro gli ha ricordato davanti a milioni di telespettatori che Mani Pulite è stato, appunto, un golpe.

  7. Federico, come al solito sei una fonte inesauribile di fatti, spunti e riflessioni e soprattutto riesci ad incastrare i tasselli come pochi. Fenomenale poi la citazione del Washington Post (“how Rome helped ruin Somalia”): questi americani sono davvero incredibili, fanno sfracelli in giro per il mondo e riescono ad addossare la colpa a qualcun altro. Motivo in più per considerarli ciò che realmente sono: né amici né alleati ma solo infidi rivali e concorrenti senza scrupoli, con la pretesa di dettar legge a casa nostra. Ma ora la domanda cogente è: dato che l’Italia col loro cappio al collo sarà sempre un cagnolino al guinzaglio…come facciamo a toglierceli dai maroni?

  8. Complimenti per l’ottimo articolo.

    Intanto, sul citato più volte caso Regeni, Repubblica fa lo “scoop”….a scoop..pio ritardato.
    Dopo ben due anni da quando lo scriveva Regeni si sono accorti del ruolo oscuro di Londra. I magistrati avviano la rogatoria internazionale per interrogare la docente. Mah, qualcosa si è mosso. Mi piacerebbe sapere perché ora, cosa è successo perché sia messa Londra nel mirino?
    Alla ricerca della verità non credo, essendovi di mezzo Repubblica, quindi cosa?

    1. Ottima domanda; già, che cosa ? Il PD che diventa xenofobo e si accorge dopo anni che i migranti non sono più’ una risorsa, mettendosi all’improvviso a parlare come la Lega (cambiando cioè “narrazione” direbbero i fini radical shit). La Repubblica che vira di 180° ed abbandona la bella e comoda “storia” del povero Regeni torturato dal truce governo di Al Sisi, dopo oltre un anno che i più’ accorti (tra cui questo sito in primis) avevano disvelato ben altre trame di politica criminale. Ora è il momento di regolare i conti internamente (internamente alla UE, s’intende) e Londra dovrà pur in qualche modo essere ricondotta alla ragione, dopo questa “fuitina” del Brexit.

  9. Scusate, errata corrige.

    Ho scritto “dopo ben due anni da quando lo scrisse Regeni”.
    Intendevo, da quando lo scrisse Dezzani

  10. eh…..RUTELLI….c’è un bel ritrattino di questo “esimio” personaggio nel voluminoso testo IL CASO GENCHI…. un altro degli svariati testi che dovrebber esser materia di insegnamento in scuole di ogni ordine e grado quando invece l’onusta classe dirigente attuale caldeggia l’uso dello smartphone…

    1. Rutelli non ha colpe.
      Ha un bel sorriso, una testa leonina, il capello riccioluto…
      Che volete ancora da un politico?
      Anche il cervello?….Ma via,…siamo seri.

      1. No. Sono d’accordo con Danilo. Rutelli é un infame da non sottovalutare. Gentiloni, ad esempio, esce dalla sua nidiata. Renzi idem.

  11. brillante lavoro.
    E adesso c’è pure da temere la “somalizzazione” dell’ Italia; daltronde i “coloni afroislamici” già ci sono e altri ne “importeremo” ( grazie Pdoti di merda ! )

  12. Alla luce delle interessanti considerazioni di Dezzani, lasciando un po correre la fantasia, se ne potrebbero immaginare di scenari interessanti. Poniamo che in Italia venga eletto un governo che, infischiandosene dei “campieri” Usa, inizi a stringere accordi e collaborazioni con le potenze emergenti (Cina, Russia, Egitto, Turchia etc.) ricollocandosi al centro della politica del Mediterraneo e riprendendo la sua naturale proiezione in Africa. In breve, l’Italia, potrebbe tornare ad essere quella potenza di medio rango che merita di essere, quanto meno, nell’area Mediterranea.
    Bisognerebbe anche capire quanto costerebbe questo biglietto di sola andata verso l’Eurasia!

    1. Costerebbe senz’altro qualche vittima, ma purtroppo nella storia non c’e’ stato mai alcun cambiamento importante senza vittime.

  13. A questo idilliaco quadretto, mirabilmente descritto dal Dezzani, per comprendere tutte le forze in campo ci sarebbero da aggiungere pure le morti per “mano ignota” di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e dell ufficiale di Gladio Vincenzo Li Causi,nonché della commissione d inchiesta successivamente guidata, se non erro, dall “onorevole” Taormina.
    @Danilo Fabbroni “Il caso Genchi” ma non solo, è uno di quei testi indispensabili per comprendere il passato, il presente e pure il futuro.

  14. Già… mamma mia, Rutelli Clinton faceva già casino trent’anni fa, che testa di cazzo. Del resto le elezioni del 2001 furono in realtà Bush contro Clinton in Italia… Pur con tutti i loro difetti (erano umani, per carità) i politici dell’epoca avevano dignità e senso del dovere e facevano gli interessi della nazione. è per questo che li hanno zittiti. Dezzani, credo le sia sfuggito un refuso, ha scritto Turchia quando in realtà intendeva Cina, immagino. La Alpi e il suo cameraman Hrovatin avevano scoperto roba che non dovevano scoprire, traffico di materiale radioattivo, ufficialmente, ma in realtà, sono sicuro, si trattava di ben altro, o se anche fosse stato per quello i responsabili non erano i signori della guerra, ma chi aveva fatto precipitare il Corno nella più completa anarchia. Gli stessi che non manderanno in galera il pilota della strage del Cernis in quanto loro uomo. Gli stessi che volevano uccidere Giuliana Sgrena ma non avevano previsto che Calipari si sarebbe messo in mezzo. Gli stessi che hanno sostituito Berlusconi con Monti. E via dicendo

    1. Nessuno refuso. La Turchia é molto attiva in Somalia: basi militari, aiuti, contratti.

  15. ..analisi da “incorniciare”…

    …il problema è che, sia ampi settori della destra che ampi settori della sinistra coscienti o incoscienti, hanno contribuito alla riuscita di questa strategia (in questo caso anglo/americana). Il problema è, appunto, che l’italietta è un pesce troppo piccolo e non può competere con un pesce più grande. Non dimentichiamoci, comunque, che il falso concetto di italia è stato creato a suo tempo proprio dal suddetto potere anglo (in solitaria questa volta).
    ..e quindi dovremo essere coscienti che gli interessi italici hanno una libertà di movimento all’interno del contesto atlantico, ma limitati al benestare di interessi più grandi…
    …in fondo anche la nostra massoneria è definita “di campagna”….

  16. Finchè è durata la Guerra Fredda l’Italia ha conservato una grande importanza strategica, posta com’era sul confine col mondo comunista e sempre a rischio di un cambio di regime, vista la presenza del più grande partito comunista d’Europa.
    Finita quella fase, col crollo del muro di Berlino e lo spostamento degli interessi americani verso altre aree del globo, siamo diventati vulnerabili e pronti per il saccheggio.
    La nostra classe dirigente si è mostrata succube dei Paesi stranieri e pronta a vendere i suoi cittadini per una poltrona nelle istituzioni europee o mondiali controllate dall’elite angloamericana.
    Credo, comunque, che i poteri globali che si sono messi in movimento negli ultimi vent’anni, portandoci via aziende pubbliche e private e destabilizzandoci con invasioni migratorie di ampia portata, erano troppo determinati e forti per poter opporre una qualunque strategia difensiva.
    L’unico timido tentativo di opposizione attuato da Berlusconi, quando ha minacciato l’uscita dall’euro, si è concluso con la vendita in massa dei nostri titoli del debito pubblico, l’aumento dello spread e la caduta del governo.
    Quando Papa Benedetto XVI ha cercato di avvicinarsi alla Chiesa ortodossa organizzando l’incontro con il Patriarca di Mosca Alessio II, la mossa è stata interpretata dal Dipartimento di Stato americano come una minaccia da parte dei russi e immediatamente il Vaticano è stato escluso dall’organismo che regola le compensazioni interbancarie, lo SWIFT, fino all’abdicazione del Papa.
    Questo per dire che non solo l’Italia, media potenza regionale, ma anche una grande realtà mondiale come la Chiesa Cattolica ha dovuto chinare il capo davanti all’elite liberal-globalista dei centri finanziari angloamericani.

    1. Mah, non sono mai troppo proclive a queste letture, diciamo così’, oggettive, per cui è sempre a causa di circostanze esterne che l’Italia abdica alla sua sovranità cedendola ad altri. Diciamo che è la natura stessa dei nostri governi e del nostro personale politico a favorire queste scorrerie da parte di coloro alle cui alleanze aderiamo sempre volentieri e per primi. I fatti e le analisi, impeccabili e ben documentate, riportati qui, su questo blog, ci stanno a dire che una visione strategica propria, questa disgraziata Italia non ha mai neppure azzardato a figurarsela. In definitiva la presenza, che abbiamo dovuto subire, del più’ grande partito comunista dell’occidente dopo quello sovietico, ha lasciato i suoi segni indelebili rendendoci succubi di una subcultura pesantemente ideologizzata e antindustriale. Siamo usciti dalla 2a guerra mondiale sconfitti ma con un patrimonio industriale di gran lunga più’ avanzato rispetto ai nostri vicini europei. Non avevamo acciaio in quanto non possedevamo miniere, né di carbone e né di ferro al contrario della Germania e del Nord Europa, ma ci eravamo inventati il forno elettrico e la colata continua. La nostra industria aeronautica era la più’ avanzata del mondo (ma senza acciaio non si poteva fare alcunché) e i caccia americani sembravano dei frigoriferi al cospetto dei nostri Reggiane 2000 e 4000. E non menziono i velivoli tedeschi, ancora a carrello fisso come gli Stukas. I nostri ingegneri e ricercatori aeronautici erano copiati negli USA (Crocco su tutti) fin dagli anni ’30.
      Fu lo stesso patrimonio di cultura scientifica, tecnica ed industriale, proprio quello rimastoci in eredità dal fascismo, che ci consenti’ di dar vita al nostro “miracolo economico”.

      Non passerà molto ed anche ciò che resta delle nostre aziende più’ significative, quelle ex Finmeccanica, passerà le Alpi e, nell’interesse superiore di una fumosa ed irrealizzabile difesa europea, diventerà francese.

      Chi dovremo ringraziare se non un personale politico ignorante, mediocre e fallito?

      1. Purtroppo per Lei, Alberto,
        l’aereo «Re(ggiane) 4000» non è mai esistito, i motori italiani non erano all’altezza di quelli inglesi e americani, per non parlare del… «personale politico ignorante, mediocre e fallito» dell’epoca fascista, che si fece trascinare in guerra dalla “perfida Albione”.
        Quanto al PCI di Togliatti, è stato uno dei fattori principali del boom economico degli anni 50 e 60, prima della svolta atlantista di Berlinguer.

        1. Volarono un paio di prototipi. Ma neppure il 2000 se la passava tanto bene: ne furono realizzati pochissimi esemplari, proprio a causa della completa mancanza di acciaio. Per questi ultimi vi fu uno scontro sul Mediterraneo con gli Spitfire inglesi (considerati velivoli molto avanzati e performanti) e questi ebbero la peggio. Del resto basta guardarli e compararli con la concorrenza per capire dove stavano gli italiani, anche senza essere esperti di aerodinamica. Non entro nel merito delle sue altre affermazioni poiché, essendo emiliano, e per di più’ con qualche annetto, ho potuto godermi dal vivo il dominio “culturale” di quel “grande partito”, grazie al quale la nostra politica è stata di fatto congelata per 50 anni con i risultati che ci sono sotto gli occhi. A lei forse, quella che chiamavano'”anomalia italiana” dice poco e se anche dicesse, probabilmente non sentirebbe.
          Un piccolo aneddoto: dopo l’8 Settembre, una delle prime cose che fecero i tedeschi fu irrompere alle Reggiane e portare via tutto il patrimonio di ricerche e progetti che vi era.
          Provi anche a chiedersi come mai tutta la nostra industria a più’ elevato contenuto tecnologico sia stata piano piano alienata all’estero (e fra non molto lo sarà pure l’Agusta Westland). Se vuole che glielo spieghi non ha che da chiedere.
          Ah, dimenticavo la sua affermazione sullo scarso valore dei motori italiani: deve migliorare le sue conoscenze. Lo sa che il primo velivolo al mondo, con motore turbogetto fu italiano, costruito da Caproni, e volò sui cieli italiani pochissimi anni dopo la conclusione della WW2?
          Le dirò di più’, la nostra supremazia in fatto motoristico spaziava in tutti i campi: lei forse non ricorda i 12 cilindri Alfa Romeo, quelli che poi Ferrari copiò per le sue automobili. Erano motori unici al mondo per tecnologia e prestazioni. Ed erano in linea, quando gli americani, per poter frazionare i loro motori, li costruivano con architettura “stellare”. Per questo i loro arerei sembravano dei frigoriferi.
          Ma, come le ho detto, non avevamo acciaio e se ne poterono costruire solo pochi esemplari. Altra cosa da quella che afferma lei.

        2. Scusi il ritardo, Alberto.
          Il Re.2000, come si può leggere in Wikipedia (, purtroppo unica fonte disponibile, dato che l’originale saggio di Nico Sgarlato in “Aerei nella storia” è non solo esaurito, ma introvabile su ebay e perfino nel catalogo ACNP), è stato sostanzialmente un clone del Seversky P-32, caccia americano ma progettato da ingegneri russi e georgiani rifugiati negli USA dopo la Rivoluzione d’ottobre. Del resto anche il motore del Re.2000, un Piaggio, era di derivazione straniera (francese, Gnome et Rhône): un motore notoriamente molto potente, ma poco affidabile, tanto che «più di una volta si verificarono … perdite di cilindri in volo».
          Questo, e altro (come il fatto che il capo del progetto Re.2000, Longhi, non era nemmeno laureato, e dopo la guerra si dedicò alla proficua attività di vendita di macchine utensili per un ditta di emigrati russi negli USA), è ciò che si può leggere sulla banalissima wikipedia, che Lei non ha nemmeno consultato, forse perché Lei credeva di sapere tutto sul Re.2000.

          E non commento il resto del Suo post, per carità di patria.

  17. Gli scenari, di questi tempi, cambiano continuamente. E creano anche spazi per riposizionarsi decentemente. Trump è diverso da Obama. E oggi un’Italia in grado di badare un minimo a se stessa sarebbe forse più utile agli angloamericani di un Paese che ormai sembra chieda solo di farsi commissariare da Germania e Francia. O di una bomba finanziaria innescata al centro dell’Europa. E’ probabile che puntino su Mario Draghi a fine 2018 e che in tal senso vada interpretato il teatrino elettorale di questo periodo.

    1. L’Italia, oggi, per ritrovare un minimo di autonomia dovrebbe:

      1) Bonificare le basi militari di Ghedi e il bunker Usa di Aviano dai 70 ordigni atomici americani, presenti su suolo nazionale e il cui costo di manutenzione e gestione è a carico dell’Italia. Roba da barzelletta nel contesto geopolitico attuale http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/07/01/news/ecco-le-bombe-nucleari-di-brescia-1.171372

      2) “Eliminare politicamente” l’intero establishment italiano attuale, salvo rarissime eccezioni di menti libere e patriottiche ( la maggior parte sono prostrati e asserviti al potere straniero, spesso inconsapevolmente, ovvero come pedine di partito, il che è ancora peggio… ) puntando ad un governo tecnico/militare, di transizione della durata di due o tre anni.

      3) Il governo tecnico/militare di transizione, dovrebbe adoperarsi per bonificare il territorio nazionale, di ogni mafia, associazione segreta, cellule di servizi segreti esteri. Tutto dovrebbe, insomma essere portato alla luce del sole e postato sul web al giudizio del popolo con tanto di nomi e cognomi.

      4) Al termine dei due, tre anni di governo tecnico/militare il potere passerebbe al popolo sottoforma di “Democrazia Rappresentativa Digitale” ( Insomma quella stessa democrazia di cui blateravano all’inizio quei “traditori della patria” grilloidi che saranno spediti al confino. Le idee iniziali invece le salveremo e le applicheremo )

      5) Al termine del processo, non ci sarà più bisogno di nessun politico. Ospedali, comuni, regioni, scuola, sanità, acqua pubblica, telefoni, ambiente….tutto sarà gestito da Manager laureati e con Master, preparati e formati appositamente per quei ruoli. L’operato dei Manager sarà gestito e valutato H24 da un computer centrale accessibile nei dati da qualunque cittadino che ne darà valutazione, suggerimenti, consigli e voto. Rimarranno in carica solo i Manager cn voti alti.

      6) Esisterà solo uno sparuto gruppo di politici, deputati ai rapporti con le altre nazioni, rappresentanza e coordinamento che però non riceverà alcun compenso economico di modo da filtrare solo coloro che davveroo lo fanno per spirito patriottico e di abnegazione per il proprio popolo.

      1. La democrazia rappresentativa “popolare” di cui parli, con tanto di “computer centrale H24 accessibile nei dati ad ogni cittadino” è già operativa da qualche decennio: sono i cosiddetti “mercati”. Danno continuamente valutazioni, normalmente assai oggettive e dettagliate, a qualunque ora del giorno e della notte. E sono piuttosto efficienti (anche quando decidono di collassare).

        Gli italiani oggi farebbero bene a tutelare i propri risparmi (almeno per avere poi una possibilità di ricominciare) prima del collasso. Monitorando per esempio quanto accade ora in sede Ue alle normative sugli Npl (mirate sostanzialmente alle banche dove gli italiani hanno i risparmi), e le contemporanee tensioni che si sono accese attorno alla Banca d’Italia (Renzi che sfiducia Visco e Gentiloni che lo riconferma).
        Come ricordava Guido: “i titoli ritirati dalla BCE sono in carico per l’80% a bankitalia, e solo il 20% alla BCE..”. Si stanno creando condizioni che renderebbero all’eventuale troika vita molto facile.

        Per quanto riguarda tribunali popolari e governi tecnico militari di transizione, sbagli indirizzo di parecchio: il sottoscritto è un liberale.
        E il problema di questo Paese è l’ignoranza diffusa e la cultura anti industriale.

        1. Ovviamente è una provocazione. Ciò che, oggi, possiamo fare per dare un “segnale forte” è:

          NON ANDARE A VOTARE !
          NON ANDARE A VOTARE !
          NON ANDARE A VOTARE !

      2. @Marco

        Il tuo commento sarebbe scusabile se fossi un ragazzino delle superiori, ancora imbevuto dei miti sulla “democrazia” e “gestione manageriale” appresi da scuola e televisione.

  18. Che sia mario Draghi il prescelto dalla massoneria internazionale, non c’è dubbio.
    Ieri il Corriere diceva di probabili rielezioni a giugno, se quelle di marzo non danno risultati con formazione di un nuovo governo.
    Ecco perchè bisogna votare entro il 4 marzo.
    Ma io non credo che i 1000 morti di fame ( hanno un appetito formidabile) appena eletti, vogliano riaffacciarsi alle urne. Spero quindi che un Governo di interesse nazionale si faccia.
    Magari cinque stelle+lega+ Berlusconi….non di persona, ovviamente, ma è lo stesso, magari lega+5 stelle+Renzi (che sostiene Berlusconi)
    Non poniamo limite alle caselle…..
    Si devono parare le manovre di Draghi, colui che ha distrutto MPS, rovinato la Banca d’Italia con il quantitative di cui verrà a chiedere conto l’anno venturo….(ricordo che i titoli ritirati dalla BCE sono in carico per l’80% a bankitalia, e solo il 20% alla BCE…)

    1. Ma quelli come Marco qui sopra credono che, se non andremo a votare, I nostri politici si spaventeranno e cercheranno di salvare il popolo italiano. Magari credono anche a Babbo Natale.

    1. Già ! Fra l’altro nel periodo in cui “Killary” era segretario di stato https://it.wikipedia.org/wiki/Segretario_di_Stato_degli_Stati_Uniti_d%27America, esattamente il 22 luglio 2011, in Novergia sulla piccola isola di Utoya un tale Breivik https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera/20110724/284739153254882 massacrava ben 77 studenti fra i 15 e i 25 anni.

      Mi piacerebbe che anche su quella storiaccia della strage di Oslo e Utoya che costò la vita, complessivamente a 90 innocenti, prima o poi, venisse fatta chiarezza,

  19. Il rischio che l’italia si sfasci c’è eccome. D’ altronde ognuno ha sempre quello che si merita.

      1. Seguo sempre con molto interesse le lucide analisi di Dezzani , ma non ho la velleità di pensare di poter cambiare le cose. L’ unica persona che posso cambiare sono io. E dovrei anche evitare di commentare, per quello che serve……

  20. Caro Federico Dezzani, degli intelettuali somali dicono che Mario Sica, L’ambasciatore italiano, ha versano benzina sulla scintilla della guerra civile a Mogadiscio, tra fazione del “presidente provissorio” e il generale Mohamed Aidid. non presidente del parlamento (non esiste parlamento) ma presidente del fronte di liberazione USC (United Somalia Congress)

  21. Benito aveva visto bene, dal “marsala” al petrolio, sempre loro !
    Fasanella scriverà la continuazione di “Colonia Italia” ?

  22. Scusate il fuori tema, ma credo che la notizia non sia da poco:
    (ANSA) – RIAD, 5 NOV – Undici principi e un totale di 38 tra ex ministri, ex vice ministri e uomini d’affari sono stati arrestati in Arabia Saudita nell’ambito dell’operazione anticorruzione voluta dal re Mohammed Salman e sono detenuti in queste ore in alberghi a cinque stelle di Riad. Lo ha reso noto un funzionario del governo saudita vicino ai servizi di sicurezza.
    Come è noto, tra i principi arrestati c’è anche il miliardario Alwaleed bin Talal. Secondo fonti dei media, alcuni dei detenuti si trovano all’hotel Ritz-Carlton della capitale.
    Un’operazione di questa portata lascia pensare al fallito tentativo di un colpo di stato in Arabia Saudita o qualcosa di simile…

    1. Non è una notizia da poco. Sicuramente è il segnale d’importanti evoluzioni in corso. Foriere di grandi perturbazioni future.

    2. ..non solo..c’è anche il 5% di Aramco sul mercato (cosa storica)…è l’effetto Trump…ma sono liti in famiglia…e la parte perdente sarà connessa alle diatribe in altri luoghi…è in atto una guerra tra due visioni della stessa visione…

      1. Dalle notizie che filtrano non sembra affatto una questione interna all’Arabia Saudita, le dimissioni del premier libanese Hariri e le dichiarazioni contro Hezbollah sembrano preludere a qualcosa di eclatante. Sarebbe interessante poter disporre di maggiori dettagli per approfondire, perché i delicatissimi equilibri dell’area mediorientale possono essere distrutti nell’arco di poche ore, con conseguente deflagrazione di un conflitto pericoloso.

    1. http://riforma.it/it/articolo/2017/07/19/la-morte-scomoda-di-ilaria-alpi-e-miran-hrovatin-un-delitto-di-stato
      «Da tempo si parlava di una nave della Shifco denominata 21 Oktoobar II (poi Urgull sotto bandiera panamense) che il 21 aprile 1991 avrebbe partecipato a una operazione segreta per trasportare armi statunitensi provenienti dall’Iraq e temporaneamente depositate a Camp Derby (Pisa).
      E’ accertato che qualche giorno prima, in particolare la sera del tragico 10 aprile 1991, nella rada di Livorno stazionavano varie navi militari USA. Godendo dello status di segretezza militare non erano tenute a rispettare divieti e regole del porto, tantomeno rivelare la loro identità e posizione (quindi sotto falso nome o con nomi di copertura). E non si esclude che alcune viaggiassero a luci spente. Forse a seguito di una manovra avventata una di queste navi avrebbe tagliato la strada al traghetto Moby Prince [!] che si vide costretto a virare bruscamente entrando in collisione con la petroliera Agip Abruzzo. Dinucci segnalava una ulteriore incongruenza. Ufficialmente la petroliera era appena arrivata dall’Egitto, ma con tempi record: 4,5 giorni invece dei 14 canonici.
      Quella sera anche la 21 Oktoobar II si trovava nel porto e non si può escludere che l’intervento estremamente tardivo dei soccorsi fosse dovuto all’interdizione di varcare le aree militari.
      Una “tragedia annunciata” in cui persero la vita equipaggio e passeggeri:140 persone. Bruciate vive o soffocate dalle esalazioni.»

  23. Caro Dezzani, quando voglio che qualcuno di mia conoscenza si chiarisca un po’ le idee in merito ai fatti di politica , non faccio altro che segnalargli il tuo sito. Il mio caro amico Ennio Bordato ad esempio , che di politica ne capisce eccome , ti segue sempre con attenzione e condivide il mio giudizio sulle tue analisi. E’ il responsabile della onlus tramite la quale anch’io aiuto per quanto mi è possibile i bambini del Donbass.Io non sono in grado di vedere il mondo con i tuoi occhi e per questo li uso anch’io per vederci un po’ meglio. In Italia non vedo alcuna possibilità , troppa è la corruzione. Alle prossime elezioni sulla scheda scriverò DUMA.

  24. Pensando agli Npl (nuovi parametri operativi dal 1 gennaio) e ai titoli in carico a bankitalia, ci stavamo scordando di Target 2.

  25. Che ne pensate della svolta nelle indagini sul caso Regeni?
    Come è possibile che si stiano rivolgendo alla docente di regeni? E che i media manstream non stiano tentando di insabbiare la cosa?

  26. Ci sono pagine di storia che rimangno sepolte nell’oblio e sfuggono anche alle ricostruzioni più volenterose.

    Chi ricorda la Domenica dell’11 Ottobre 1948 ?

    Chi si ricorda quella bella bella mattinata di sole, quando, all’uscita della Messa, sul sagrato della Cattedrale Cattolica di Mogadiscio si attardavano le famiglie italiane prima di tornare alle loro case?
    Chi ricorda di quelle raffiche di mitra sparate da sconosciuti comparsi all’improvviso, del terrore e della fuga in Chiesa?
    Chi ha memoria di quei 50 cadaveri di donne, bambini, anziani e ragazzi, del sagrato rosso di sangue e del dolore, dello smarrimento profondo che colpì la comunità Italiana di Somalia?

    In quel momento hanno capito che nulla sarebbe stato più come prima.

    Le parole di un superstite, riportare dal quotidiano “Avvenire”, possono aiutare la comprensione storica di quel momento tragico:

    https://www.avvenire.it/agora/pagine/eccidio-mogadiscio-11-gennaio-2016

    E’ iniziato tutto da li. E’ stato il massacro di quelle famiglie innocenti a mostrare che chi avevamo davanti non si sarebbe fermato davanti a nulla.

    1. C’è qualcosa che non torna, se è vero che l’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) è un’entità finanziata da Soros…

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