Mussolini e Renzi alla prova (decisiva) del petrolio: delitto Matteotti vs Tempa Rossa

A più riprese abbiamo tessuto paragoni tra gli esordi di Benito Mussolini e quelli di Matteo Renzi. I due personaggi, fatte le dovute distinzioni dettate dal contesto storico, presentano significative analogie: l’idea del Partito della Nazione e la legge elettorale “Italicum” ricalcano poi il Partito-Stato teorizzato dalla dirigenza fascista e la celebre legge Acerbo. Sia Mussolini che Renzi conquistano la presidenza del Consiglio con l’avallo di Londra e Washington; entrambi, a distanza di due anni dal loro insediamento, mostrano evidenti velleità autonomiste; su entrambi si abbatte uno scandalo petrolifero che rischia di stroncare loro la carriera. Come l’inchiesta Tempa Rossa è infatti un chiaro tentativo angloamericano di defenestrare Renzi, così è altamente probabile che l’omicidio Matteotti, ruotante attorno alla compagnia petrolifera Sinclair Oil, fosse un’operazione inglese per eliminare un Mussolini “fuori controllo”.

Omicidio Matteotti: il petrolio fu centrale o solo un pretesto?

Nota: per la stesura del paragrafo ci basiamo su “Mussolini il fascista”, Renzo De Felice, Einaudi, 1966; “Mussolini ed il petrolio iracheno”, Mauro Canali, Gli struzzi Einaudi, 2007; “Il golpe inglese”, Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, Chiarelettere, 2011.

Nell’ultimo anno abbiamo tessuto più di un volta paragoni tra Benito Mussolini e Matteo Renzi: i tratti dei due personaggi, il contesto nazionale ed internazionale e le prime mosse dei due presidenti del consiglio ci hanno facilitato l’operazione, senza che dovessimo “forzare” l’analisi che, al contrario, si è dipanata con naturalezza.

Sotto il profilo delle due personalità si possono annoverare tra le similitudini la giovane età cui conquistano la presidenza del Consiglio (entrambi a 39 anni, con un lieve primato di Renzi), l’incarnazione del “nuovo” che si contrappone al vecchio (Mussolini è il “rottamatore” dei vecchi partiti elitari dell’Italia liberale ed il rappresentante del primo partito di massa), l’evidente volontà accentratrice e l’insofferenza verso le figure che facciano loro ombra, le indubbie capacità tattiche parallele all’assenza di qualsiasi strategia all’infuori del durare, così da poter consolidare progressivamente il loro potere.

Per quanto concerne il contesto nazionale, in entrambi i casi le due personalità “forti” emergono in un momento di estrema debolezza, per non dire di esaurimento, dell’Italia, attanagliata da problemi economici e finanziari: il primo dopoguerra ed il biennio rosso nel caso di Mussolini, l’eurocrisi e la drammatica politica di svalutazione interna nel caso di Renzi. Per quanto concerne il contesto internazionale, entrambi assumono la guida in un momento di forte perturbazione che rischia di avere serie ripercussioni sull’Italia: il consolidamento dell’URSS e gli assestamenti post-Versailles nel caso di Mussolini, la destabilizzazione del Mediterraneo e la montante tensione con la Russia nel caso di Renzi.

Le loro prime mosse presentano analogie ancora maggiori: l’idea di Matteo Renzi, risalente sin agli esordi del suo debutto politico e riaffiorante nell’attuale momento di grave di difficoltà, di fondare il Partito della Nazione1 coincide con quella nutrita da molti gerarchi fascisti dopo la marcia su Roma di sciogliere il partito con cui hanno conquistato il potere (PNF vs PD) e creare un partito-Stato o partito-Nazione che, superando le barriere ideologiche, si rivolga genericamente al bene nazionale nel senso più ampio possibile. Ancora più marcata è poi la somiglianza della legge elettorale Italicum (da abbinare all’abolizione del bicameralismo perfetto, non contemplato dallo Statuto Albertino vigente ai tempi di Mussolini) alla legge Acerbo, entrambe fortemente maggioritarie2: fatti i dovuti calcoli, una forza politica attorno al 25% delle preferenze conquisterebbe con le due norme rispettivamente il 55% ed il 66% dei seggi. Palese è poi la volontà, sin dell’uno che dell’altro, di rendere le istituzioni “stabili e funzionanti”, avocando ovviamente a sé la direzione dello Stato.

Entrambi, infine, devono la conquista del potere al determinante appoggio della massoneria (nel caso di Mussolini, con l’avallo della Gran Loggia d’Italia degli Alam e l’ostilità del Grande Oriente d’Italia, mentre nel caso di Renzi il GOI si è limitato ad affermare che il presidente del Consiglio non figura tra i suoi iscritti3), dietro cui si celano le potenze anglosassoni .

Le analogie finiscono qui?

No, proseguono e ci introducono così nel vivo del discorso: entrambi, entrati nel secondo anno di governo, mostrano evidenti velleità autonomistiche di fronte cui le potenze anglosassoni reagiscono con il tentativo di estrometterli dal potere. Sia chiaro: il contesto in cui si muove Mussolini, che segue di pochi anni la guerra, è molto più violento, acceso e vibrante di quello attuale, dove agli omicidi politici si sono sostituite le indagini dei pubblici ministeri. Però, le dinamiche sembrano essere le stesse e, ennesima analogia, in entrambi i casi i tentativi di cacciare il presidente del Consiglio ruotano attorno ad uno scandalo petrolifero.

A questo punto, separeremo le due analisi e, ovviamente, tratteremo prima le vicende di Benito Mussolini ed il correlato omicidio Matteotti.

Sull’omicidio del leader socialista Giacomo Matteotti, assassinato nel 1924, si sono svolte ben tre inchieste ufficiali, di cui l’ultima nell’immediato dopoguerra (1947), e la letteratura storica sull’argomento abbonda: tra gli ultimi ad aver riaperto il dossier figurano Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella che, con “il Golpe inglese” (Chiarelettere, 2011), hanno portato alla luce nuovo materiale consultando i documenti, appena desecretati, conservati negli archivi nazionali inglesi di Kew Gardens. Crediamo che Cereghino e Fasanella abbiano intuito quella che noi pensiamo essere la verità, ma ci abbiano girato attorno, facendovi qualche cenno ma evitando di esplicitarla. Proviamo quindi ad esporre succintamente la nostra tesi, riservandoci di trattarla più ampiamente in futuro .

Il “Listone” (fascisti, nazionali e liberali), guidato da Benito Mussolini, conquista alle elezioni del 6 aprile 1924 oltre il 65% delle preferenze, consento così, in virtù della legge Acerbo, di formare un esecutivo forte di 2/3 della Camera: Mussolini non ha rivali a destra ed il suo unico timore è che le opposizioni, allora divise, si coalizzino. Per spiazzare la sinistra, intraprende così un’ardita manovra per traghettare nell’area governativa qualche esponente della Confederazione Generale del Lavoro e del PSU: alla avances mussoliniane si oppone strenuamente Giacomo Matteotti, preoccupato dei cedimenti che intravvede dentro il partito socialista.

L’ultima, dura, requisitoria contro il fascismo è pronunciata da Matteotti alla Camera il 30 maggio 1924. Circa un mese prima, tra il 22 ed il 26 aprile, il leader socialista si era recato in visita nel Regno Unito, dove incontra esponenti del governo laburista. I politici inglesi lo mettono al corrente di alcune tangenti che il fratello del premier, Arnaldo Mussolini, ed esponenti di casa Savoia avrebbero intascato per stipulare una convenzione con la compagnia petrolifera americana Sinclair Oil: in ballo c’è la ricerca del petrolio in Sicilia ed Emilia. Non solo, gli inglesi gli forniscono una serie di documenti per sostenere l’accusa: Matteotti torna quindi in Italia e si propone di denunciare tutto alla Camera, durante la seduta dell’11 giugno.

Nel pomeriggio del 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti è caricato a forza su un’automobile; verso il mezzogiorno del 12 giugno inizia a circolare la notizia della sua scomparsa; pochi giorni ancora e diventa chiaro che il politico è stata assassinato; il 16 agosto, infine, il suo corpo è rinvenuto in avanzato stato di decomposizione nel bosco della Quartarella, a 23 chilometri da Roma.

Fin dai primi giorni successivi alla scomparsa di Matteotti si diffonde la voce che il crimine sia riconducibile agli “affari all’ombra del regime” ed in particolare al sottosegretario Aldo Finzi, fondatore de il Corriere Italiano, nonché uomo della Banca Commerciale e della Sinclair Oil. Per l’esecutivo, e Benito Mussolini in particolare, è un colpo durissimo. Scrive Renzo De Felice, tra i massimi studiosi del fascismo:

“Nei giorni successivi la posizioni di Mussolini e del fascismo si fece difficilissima, pezzo a pezzo tutta la costruzione edificata in oltre un anno e mezzo cominciò a sgretolarsi e a minacciare di crollare. La notizia della scomparsa di Matteotti (passati i primissimi giorni fu chiaro che era stato ucciso) suscitò nel paese una enorme impressione e una reazione vastissima, pressoché unanime. Fosse o no Mussolini il responsabile diretto, per tutti era evidente che il crimine era nato dal fascismo e che i suoi mandanti si trovavano nell’entourage di Mussolini, un entourage che ben presto apparve molto simile a quello di una corte da basso impero (…).”

Da un momento si attende infatti la caduta del governo ed il ritorno di Giovanni Giolitti alla presidenza del Consiglio, se non un golpe militare tout cout; le opposizioni si preparano ad astenersi dai lavori della Camera, iniziando il celebre Aventino; il mercato azionario crolla.

È responsabile Benito Mussolini della morte di Matteotti, benché abbia sempre negato qualsiasi coinvolgimento diretto ed indiretto nell’omicidio? Il 13 giugno, a distanza di tre giorni dalla scomparsa di Matteotti, afferma alla Camera:

“Se c’è qualcuno in quest’aula che abbia diritto più di tutti di essere addolorato e, aggiungerei esasperato, sono io. Solo un nemico, che da lunghe notti avesse pensato a qualcosa di diabolico, poteva effettuare questo delitto che oggi ci percuote di orrore e ci strappa grida di indignazione.”

Scrive De Felice:

“È però un fatto che l’uccisione di Matteotti o anche solo un suo rapimento per dargli una “lezione” che servisse a fargli moderare la sua opposizione non poteva giovare in alcun modo a Mussolini, sia che egli volesse portare a buon termine le sue avances verso i confederali sia che non pensasse per il momento ad un mutamento così radicale della situazione politica. Nell’uno e nell’altro caso anche solo una “lezione” non gli avrebbe portato alcun vantaggio, ma solo difficoltà. E Mussolini era troppo un buon tempista, troppo buon politico per non rendersene conto.

In che ambienti nasce quindi l’omicidio e chi possono essere i mandanti?

Torniamo alla cronaca dei fatti. Responsabile del rapimento e dell’uccisione per accoltellamento di Matteotti è una squadra di quattro o cinque ex-arditi milanesi, nota come la ceka fascista, comandata da Amerigo Dumini ed agli ordini del quadrumviro Emilio De Bono, capo della polizia e della Milizia. È la ceka fascista che il pomeriggio del 10 giugno carica su un’automobile del Corriere Italiano (riconducibile quindi ad Aldo Finzi, “l’uomo della Sinclair Oil”) il leader del socialista, per poi ucciderlo e seppellirlo sommariamente nei boschi fuori Roma.

Amerigo Dumini, il responsabile dell’operazione, non è un fascista qualsiasi: nato nel 1894 negli Stati Uniti, figlio di un mercante d’arte fiorentino e di una nobildonna inglese, “diciannovista”, Dumini bazzica dopo la marcia su Roma il mondo dei servizi segreti. Arrestato a distanza di un mese dalla scomparsa di Matteotti, condannato a cinque anni per omicidio preterintenzionale, amnistiato, spedito in Libia, catturato dagli inglesi nel 1941, “sopravvissuto” ad una finta esecuzione, Dumini rispunta a Salò, dove con alta probabilità lavora per i servizi britannici e termina il conflitto come interprete delle truppe d’occupazione americane. Condannato del dopoguerra a 30 anni di reclusione per l’omicidio Matteotti, la sua pena è quasi annullata grazie ad una serie di indulti. Dumini, in sostanza, è un agente riconducibile agli inglesi già nel 1924, all’epoca del rapimento del leader socialista.

Poi c’è Emilio De Bono: medaglia d’argento al valore militare durante la guerra, noto massone, uomo di fiducia dei Savoia (a loro volta strettamente legati alla Corona d’Inghilterra), capo della polizia, della Milizia e della ceka fascista, è costretto a lasciare ogni carica dopo il rapimento di Matteotti e, sottoposto a processo, è poi assolto. È fucilato a Verona nel gennaio 1944 per il “tradimento” del 25 luglio, dopo aver cercato di salvarsi in extremis consegnando a Mussolini i famosi documenti passati dagli inglesi a Matteotti nel 1924. Anche De Bono, attraverso la massoneria e la famiglia Savoia, è riconducibile al Regno Unito.

Ricostruite le dramatis personae, proviamo anche a ricostruire la dinamica del delitto, “del cadavere gettato tra i piedi di Mussolini”.

Matteotti si reca Londra, riceve il materiale che prova i maneggi attorno alla convenzione firmata con la Sinclair Oil e torna in Italia pronto a denunciare tutto alla Camera l’11 giugno. In contemporanea Londra avverte De Bono e/o Dumini che Matteotti è in possesso di documenti esplosivi e li invita a “sistemare” la questione: la ceka fascista guidata da Dumini, forse eseguendo un ordine esplicito, assassina Matteotti, badando bene di utilizzare per il crimine l’auto del Corriere Italiano, così da inguaiare il sottosegretario Aldo Finzi (che si professerà sempre innocente) ed il governo. L’esecutivo italiano quindi entra in crisi, Benito Mussolini vacilla ed è ad un passo dal baratro: come vogliono gli inglesi.

Questa ricostruzione rende spiegabile l’enigmatico articolo apparso con lo pseudonimo de “lo Spettatore” sul Popolo d’Italia, il giornale di Mussolini:

“Non mi meraviglierei che dovesse risultare domani come la mano stessa che forniva a Londra all’on Matteotti i documenti mortali, contemporaneamente armasse i sicari che sul Matteotti dovevano compiere il delitto scellerato.”

Resta solo più un quesito: perché Londra, coll’omicidio Matteotti, tenta di rovesciare il governo Mussolini, cui ha dato il suo sostegno per la marcia su Roma nemmeno due anni prima?

Le risposte abbondano e proviamo a fornirle in ordine crescente d’importanza: la volontà di eliminare l’esecutivo che faceva affari con le compagnie petrolifere americane e conquistare così il mercato italiano, la stipulazione nel 1923 di un accordo tra Italia e Russia per l’importazione di petrolio (si ricordi che il ministro degli esteri tedesco Walther Rathenau è ucciso nel 1922 per l’apertura all’URSS), la crescente sicurezza di Benito Mussolini in politica estera, culminata con la crisi di Corfù del 1923 che vede Londra schierata a fianco di Atene, contro Roma. Significativo quanto scritto nel dicembre del 1923 dal Foreign Office:

“Gli italiani sono in preda a qualche strana allucinazione circa l’equilibrio di potere nel Mediterraneo, a cui Mussolini aveva fatto vagamente cenno a Losanna. Mussolini, e si presume anche l’esecutivo, è convinto che il governo di Sua Maestà ha una politica mediterranea e che questa politica sia diretta contro l’Italia.

La sollecitazioni cui è sottoposto l’esecutivo italiano, lo abbiamo detto, sono tremende e tra l’estate e e l’autunno del 1924 più di una volta Mussolini sembra vicino alla fine (il Grande Oriente d’Italia, il Corriere della Sera e la Confindustria lavorano per la sua caduta). Se alla fine il governo sopravvive all’omicidio Matteotti è dovuto ad una serie precisa di fattori:

  • non esiste un’alternativa a Mussolini, se non il vecchio Giolitti, e in ogni caso se estromesso Mussolini può scatenare i fascisti intransigenti, trascinando il Paese nella guerra civile;
  • le opposizioni sono frantumate e l’Aventino si dimostra sterile e controproducente;
  • il re, l’esercito non osano forzare la prassi costituzionale, né il Consiglio dei Ministri costringere Mussolini alle dimissioni, consapevoli che il premier è pronto a schierarsi contro qualsiasi suo successore e ad aizzare gli squadristi.

Il famoso, breve, violento, minaccioso ed allo stesso tempo ammiccante discorso del 3 gennaio 1925 alla Camera (“Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di quest’Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di quanto è avvenuto (…) Voi avete creduto che il fascismo fosse finito perché io lo comprimevo, che fosse morto perché io lo castigavo e poi avevo anche la crudeltà di dirlo. Ma se io mettessi la centesima parte dell’energia che ho messo a comprimerlo, a scatenarlo, voi vedreste allora. (…) L’Italia, o signori, vuole la pace, la tranquillità, vuole la calma laboriosa), seguito dalle leggi sulla restrizione alla stampa e sulla chiusura di tutti i circoli politici “sospetti”, getta le basi del regime fascista.

Tempa Rossa: un barile di greggio contro il governo

L’affresco che fa Renzo De Felice della società italiana degli anni ’20 è sovrapponibile a quello odierno: una società frantumata, spossata e smarrita, svuotata ieri dalla guerra e dalle agitazioni post-belliche ed oggi dall’interminabile crisi economica, disorientata ieri dall’avvento della società di massa e dalla scomparsa dei vecchi partiti dell’Italia liberale ed in balia oggi di eventi (l’eurocrisi, il terrorismo, l’immigrazione di massa, la montante tensione internazionale) che la sommergono.

C’è, certo, meno violenza politica, ma viene il triste sospetto che ciò, più che alla maturità e civiltà raggiunta dal Paese, sia dovuto al progressivo spegnimento dell’Italia, talmente invecchiata e stremata da non necessitare neppure più dell’uso della violenza per essere controllata ( a differenza della Francia, dove si fa sta facendo largo ricorso allo stragismo di Stato). In questo contesto, ad ogni modo, la riproposizione di un omicidio politico come quello di Matteotti è impensabile: l’eliminazione del Presidente del Consiglio si fa oggi con le più modeste inchieste giudiziarie, scatenate se e quando l’establishment euro-atlantico medita un cambio di regime.

Tra Benito Mussolini e Matteo Renzi esistono senza dubbio forti differenze: i sentimenti erano allora più forti, la politica più sanguigna, la “volontà di potenza” più sostenuta ed il linguaggio più aulico (stupisce l’impoverimento ed il degrado della lingua italiana avvenuto in 90 anni). Ad ogni modo, anche l’ex-sindaco di Firenze sta vivendo la fase “delitto Matteotti”, coincidente anche in questo caso con un scandalo petrolifero e, più precisamente, con l’inchiesta Tempa Rossa. Non è che l’ennesimo capitolo di una manovra a tenaglia che si sta chiudendo attorno al premier, iniziata a fine 2015 con il caso Banca Etruria e proseguita a febbraio con lo requisitoria alla Camera conto “gli Illuminati” e l’inconsueta convocazione dell’ambasciatore americano, dopo le (provvidenziali) rivelazioni sulle responsabilità di Washington nella defenestrazione di Silvio Berlusconi nel 2011.

Perché si è arrivati a questa situazione? Qual è stato lo “sgarro” di Renzi? Le “velleità autonomistiche” sono riconducibili e due filoni: quello europeo e quello mediterraneo. Nel primo si annoverano le tensioni con la UE sulla flessibilità del bilancio italiano e, strettamente collegata, la crescente insofferenza del FMI, conscio che l’Italia, con il suo debito pubblico e l’enorme mole di sofferenze bancarie, rappresenta un rischio sistemico per l’eurozona: Renzi, anziché un ulteriore stretta dei conti, sta progettando una mancia elettorale per i pensionati, che seguirebbe la contestata abolizione dell’IMU sulla prima casa. Al secondo fronte, quello mediterraneo, è ascrivibile il diniego di schierare i 5.000 soldati in Libia per puntellare il governo fantoccio di Faiez Al-Serraj e, nonostante l’omicidio di Giulio Regeni, un certo attivismo in Egitto, seguito dalla recente missione diplomatica in Iran, sufficiente per indispettire le tradizionali potenze egemoni dell’area (Washington, Londra e Parigi).

Veniamo così alla versione renziana dello scandalo Sinclair Oil: già la tempistica è di per sé eloquente, essendo da sempre molto attento l’establishment euro-atlantico a scatenare la magistratura in momenti che non lascino adito a dubbi circa l’identità dei mandanti.

Il 31 marzo, mentre Renzi si trova a Boston, in attesa di partecipare l’indomani al Nuclear Security summit presieduto da Barack Obama4, si diffonde la notizia che cinque dirigenti Eni sono stati arrestati con l’accusa di traffico e smaltimento illecito di rifiuti in Basilicata e altre ventitré persone sono indagate, tra cui il compagno del ministro Federica Guidi, accusato di “traffico di influenze illecite”. Il convivente della Guidi avrebbe sfruttato i suoi rapporti col ministro per ottenere alcuni appalti dalla compagnia petrolifera francese Total, che gestisce l’impianto lucano Tempa Rossa. Spunta anche un’intercettazione telefonica, risalente al 2014, dove il ministro Guidi assicura il compagno che nella legge di Stabilità è stato inserito un emendamento per “sbloccare” l’opera, ferma dal CIPE del 2011 e capace, a regime, di produrre 50.000 barili di greggio al giorno.

L’inchiesta ha l’effetto di una bomba a grappolo: il ministro Guidi si dimette, emerge “un filone siciliano” delle indagini che porta dritto all’ammiraglio Giuseppe De Giorgi (su cui appare presto un dossier, anonimo ma ben documentato), vicino a Renzi a “padre” dell’operazione Mare Nostrum, emerge infine un compromettente incartamento con cui sarebbe stato ricattato il ministro Graziano Delrio. Il governo precipita “nel caos”5, è “amico delle lobby”, è attraversato da faide degne del basso impero romano, sguazza nell’affarismo, è l’esecutivo “dei petrolieri”: argomenti quasi identici a quelli che compaiono sulla stampa dopo il rapimento di Giacomo Matteotti, con la accuse al sottosegretario Aldo Finzi e agli “affaristi” al governo al soldo della Sinclair Oil.

Essendo l’attacco pressoché identico e, per di più, anche identica la fonte, la reazione non può che essere simile: si parte con la requisitoria del ministro Maria Elena Boschi contro i “poteri forti” (“Ci attaccano i poteri proprio perché non siamo schiavi dei poteri forti, non siamo il terminale di niente e di nessuno. Questo non piace a molti.”6) e si procede con un’utile informazione circa l’identità di chi sta guidando l’assalto giudiziario al governo: “Boschi dai pm: –Ecco la mia difesa. Solo l’ambasciata inglese (la britannica Shell ha una quota di Tempa Rossa, NDR) ci sollecitò l’emendamento-.7

L’indole mussoliniana di Matteo Renzi affiora così nuovamente e, mutatis mutandis, pronuncia la versione aggiornata del celebre “io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di quanto è avvenuto”, ossia: “L’emendamento? E’ mio. I pm mi sentano su ciò che vogliono8.

Riuscirà Renzi a superare il suo “delitto Matteotti”, consolidando il suo potere come fece Mussolini?

Tutto dipende dall’esito del referendum costituzionale di ottobre e dalla concomitante archiviazione del PD in favore del Partito della Nazione, coll’obbiettivo di occupare le praterie abbandonate da Silvio Berlusconi e pescare magari qualche voto nell’enorme bacino dell’astensionismo.

Vinto il referendum che abroga il bicameralismo perfetto, indette a ruota le elezioni, superato il ballottaggio contro il M5S ed ottenuto il 55% dei seggi con l’Italicum, il premier potrebbe edificare su basi più solide il traballante “renzismo”. Si porrebbe però a quel punto lo stesso interrogativo cui Mussolini non seppe mai rispondere, finché non fu il contesto internazionale (dal 1935 in poi) a rispondere per lui: finita la fase del durare, che fare?

 

Il delitto Matteotti di Florestano Vancini, 1973

 

1http://federicodezzani.altervista.org/aspettando-il-partito-della-nazione/

2http://federicodezzani.altervista.org/la-legge-acerbo-si-ripete-con-la-farsa-italicum/

3http://www.iltempo.it/politica/2016/04/03/verdini-e-il-premier-renzi-non-sono-massoni-1.1525125

4http://www.askanews.it/politica/prosegue-il-viaggio-di-renzi-negli-stati-uniti-oggi-e-a-chicago_711772563.htm

5https://www.lastampa.it/2016/04/01/italia/politica/una-norma-ad-hoc-per-il-compagno-caos-nel-governo-si-dimette-la-guidi-1Q6spdyZQY6qnKNxFOszHM/pagina.html

6https://www.lastampa.it/2016/04/03/italia/cronache/boschi-posso-sbagliare-ma-mai-in-malafede-i-poteri-forti-contro-di-noi-5OgOuM1wC2iFhR3J7RnezN/pagina.html

7http://www.repubblica.it/politica/2016/04/03/news/il_retroscena_per_il_colloquio_con_i_giudici_i_punti_sono_gia_tracciati_ne_la_total_ne_altre_aziende_italiane_fecero_pr-136787772/

8http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2016/04/03/inchiesta-petrolio-la-sfida-di-renzi-lemendamento-e-mio.-i-pm-mi-sentano-su-cio-che-vogliono_d05dfb3c-2e77-4eff-a528-e47060504852.html

36 Risposte a “Mussolini e Renzi alla prova (decisiva) del petrolio: delitto Matteotti vs Tempa Rossa”

  1. Caro Professore,
    Mussolini era un nostro caro amico, a Zurigo. Fummo noi in Urss i primi a riconoscergli piena legittimità. Churchill era certo di poterlo controllare come faceva col suo eponimo austriaco. Tutti lavoravano per gli svizzeri e i loro dante causa. Il compito era comune: prendere le Russia e vivere di rendita schiavizzandone il popolo; cancellandolo la religione. Cuius religio, eius regio. Noi non ci credevamo. Ma lo scoprimmo vivendo. Ho idea che stavolta quel popolo non si fermerà a Berlino. Questo giovane toscano rischia di vederne le truppe nella piazza dedicata a Pietro.

      1. @Willy Muenzenberg
        Questo giovane toscano rischia di vederne le truppe nella piazza dedicata a Pietro.
        @Paolo
        non credo proprio che gli yankees lo permettano.

        No, gli yankees non lo gradiranno anche se le popolazioni italiche e non le invocheranno ed é per questo che scoppierà la 3.a Guerra Mondiale.
        Vi é pure più di una profezia in merito, ma al punto in cui siamo arrivati non é più necessario appoggiarsi alla fede, basta la logica.

  2. Ottimo come sempre . Tre piccole chiose
    1) il paragone tra “duce” e ” ducetto” confermerebbe la famosa frase di marx sulla storia che da “tragedia” si ripete in “farsa” 🙂
    2″) laddove si ipotizza l’ idea del ” ducetto” di pescare magari qualche voto nell’enorme bacino dell’astensionismo la vedo difficile : chi si astiene oramai lo fa per senso di schifo e non per mancanza di un “prodotto sistemico” pure gia’ sul “mercato”.
    3)IPer ora renzi non ha ” ricambi equivalenti” e non credo che lo si voglia davvero “rovesciare” ( cosa che sarebbe facilissima) quanto ” ammonirlo” a ” rigar dritto” (cosa che sicuramente fara’)

  3. Il tuo racconto della vicenda Matteotti mi ha fatto ricordare parecchio il caso Regeni/Al Sisi… il cadavere gettato ai piedi… usano sempre gli stessi sistemi, questi qua.

    1. In effetti, continuando sull’azzeccatissimo parallelo, l’omicidio di Regeni appare essere molto più funzionale ai “poteri forti” che la vicenda giudiziaria su Tempa Rossa.
      Non capisco pero’ tutti questi favori ai francesi (royalties basse a Total e zone di mare regalate).

      1. Italiani e francesi hanno sempre trattato e scambiato. Almeno negli ultimi tre secoli, quindi anche quando non esisteva un governo italiano, bensì otto stati preunitari.

        I francesi hanno sempre spuntato migliori risultati, partendo da posizioni di forza sia militare che politica, usando la corruzione e la diplomazia in modo molto efficace.

        La Francia, il paese che fece abbattere l’aereo dell’Itavia presso Ustica; lo stesso paese che diede ordine alle sue truppe coloniali, nel 1944, di usare violenza di ogni tipo sulla popolazione civile italiana, per lo più donne, bambini e anziani disarmati, delle province di Frosinone, Viterbo, Siena …, è lo stesso paese che prima di ottenere delle pescose zone di mare territoriale italiano a largo della provincia di Imperia e tra la Sardegna e la Corsica, ha ottenuto, nel tempo e in vari modi: la Corsica, circa l’ottanta per cento delle opere contenute nel Louvre (inizialmente praticamente il cento per cento), la Savoia, gran parte delle Alpi Marittime (Nizzardo), il via libera su Gibuti, la Tunisia (nella quale abitavano dieci italiani per ogni francese), Briga , Tenda, il Moncenisio, il Monginevro e, senza valide basi giuridiche internazionali, la vetta del Monte Bianco.

        Nel 1947, durante la conferenza di pace di Parigi, arrivò ad occupare e pretendere la Valle d’Aosta e l’isola d’Elba..
        Votò (insieme a Regno Unito e Stati Uniti d’America) per il passaggio dell’Alto Adige all’Austria (che rimase italiano solo per il voto contrario dell’allora Unione Sovietica)… e favorì il terrorismo suedtirolese, dal Nordtirol che occupava.

        Ha acquistato, a prezzi da rapina, quella che era la prima banca italiana fino agli anni ottanta (BNL ora BNP Paribas), la Caiparma (ora Credit Agricole)…
        Ha contribuito in modo determinante all’eliminazione di Alitalia quale primo vettore aereo concorrente in Europa e nel Mediterraneo…

        Ha contribuito, dalla fine degli anni novanta, all’emarginazione dell’Italia nell’Unione Europea, ha votato per l’eliminazione della lingua italiana quale lingua di lavoro delle istituzioni europee (nonostante l’Italia sia un paese fondatore e l’italiano, quale lingua madre, nella U.E. sia la terza lingua dopo il tedesco e il francese, prima di inglese, spagnolo e polacco…

        Si potrebbe andare avanti a lungo.

        Il governo Renzi sta seguendo un percorso “anti-italiano” che ha origine da prima di Napoleone.

        E non a caso l’Italia ha persino nei nomi dei suoi organi costituzionali, nelle istituzioni, nella stessa bandiera, “dovuto” copiare la Francia.

        1. La strategia fancese di inglobare l’Italia è evidente: si parte da BNP e si finisce con Telecom, passando per Lactalis, Edison, Bulgari, etc. etc. Si tratta cmq di forza relativa, perchè anche la Francia in termini assoluti è in caduta libera: vedi la disfatta strategica in Siria.

  4. Paragonare Renzi a Mussolini e’ assurdo. Pure in un contesto troppo grande per le sue capacita’ , il Duce , grazie al suo carisma , seppe ritagliare per l’Italia uno spazio tra i grandi. Eravamo un paese povero, e i poveri non avevano niente; il Duce con il suo socialismo paternalista , costrui’ case, bonifico’ paludi, dette ai bambini poveri quello che mai avrebbero potuto permettersi: le vacanze al mare . Fu , sempre e comunque un uomo del popolo . Renzi e’ solo uno sciocco, parla da sciocco , si muove da sciocco, si pa
    voneggia tra leccapiedi interessati e cretini integrali, fa ridere solo a guardarlo, se parla poi…
    L’idea di un partito della nazione, in bocca ad un servo di interessi che operano per distruggere quel poco che resta di identita’ e di sovranita’ nazionale, e’ un paradosso intellettuale oltre ogni logica.
    Il solo fatto che un giuggiolone con la faccia da pizzicagnolo paraculo faccia il presidente del consiglio,
    e’ la prova che viviamo in un mondo totalmente sovvertito , degradato fino al surreale. Chissa’ magari Luxuria alle pari opportunita’? Saviano alla cultura? Sofri alla giustizia?
    Discutere di Renzi, conferendogli una qualche dignita’ di statista e’ fuori dalla realta’ .

    1. Concordo. Ci sono analogie di fatti e contesti, ma tutto qui, stiamo parlando di personalità diversissime e poco paragonabili se non nell’avidità di potere, più egoistico quello di Renzi, al contrario degli intenti di Mussolini, dettati dalla vanità di piacere al popolo, dedicati a fare il bene della nazione e non gli affari propri. Per non parlare dello spessore di Mussolini contro un Renzi che manca di cultura e soprattutto carisma. Renzi ha un carattere forte ma non ha la struttura mussoliniana. Chissà come andrà a finire

      1. Anche le vite parallele di Plutarco paragonavo personaggi diversi, con percorsi simili.

    2. invece mandare a crepare migliaia di giovani italiani (residenti sul suolo italico che, giustamente, della patria non importava nulla) in tutto il mondo (africa balcani russia ecc ) x nente!!!! per poi finire colonizzati x sempre dagli yankee è stata una genialata da grandissimo statista. Saremo stati anche poveri ma non è che senza il Duce, e le sue politiche, siamo ritornati poveri. Dalla fine del regime/guerra siamo diventati talmente ricchi che ora i poveri (faccette nere) ci tocca pure importarli e mantenerli…. P.S. renzi non l’ho mai votato e non lo voterò mai

      1. @Paolo
        invece mandare a crepare migliaia di giovani italiani (residenti sul suolo italico che, giustamente, della patria non importava nulla) in tutto il mondo (africa balcani russia ecc ) x nente!!!! per poi finire colonizzati x sempre dagli yankee è stata una genialata da grandissimo statista.

        Mussolini si alleò alla Germania per necessità non certo per convinzione. Era la Germania quella in grado di fornire il carbone alla Italia per far funzionare le ns. industrie dopo che l’Inghilterra non ne potè più esportare, non perchè perfida ma perchè le sue miniere erano in via di esaurimento.
        L’industria petrolifera era agli albori e la trasformazione da carbone a petrolio avvenne dopo la guerra.
        Oggi é facile e pure comodo incolparlo di tutto.

        1. Quello dei combustibili fu certamente un fattore che spinse Mussolini verso la Germania, senza peraltro che Berlino rispettasse MAI gli accordi stipulati. A Londra c’era cmq timore ed ostilità dopo la conquista dell’Etiopia, non perché stesse a cuore agli inglesi il negus, ma perché “l’impero italiano” rappresentava ormai una minaccia per il controllo del Mediterraneo/Suez/Mar Rosso.

        2. mussolini “devio'” dai suoi tirafili nel 1933 con l’ IRI e la nazionalizzazione delle banche .
          Poi le sue furono tutte mosse “obbligate” come i tonni nella ” camera della morte”. Mica aveva la raffinata intelligenza politica di un giolitti che tra l’ altro nemmeno a lui servi’.
          Quando un stato nasce di “obbedienza inglese” e’ difficile poi “disobbedire” e farla franca . : roll:

        3. mhmhmhhh, analisi poco valida. Non si può capire l’asse germania-italia-giappone senza conoscere un minimo di massoneria. Le tre di cui sopra avevano in progetto il ritorno al “classicismo”, un nuovo-vecchio modo di intendere la vita sociale e politica dei 3 paesi in perfetto stile roma antica, per re-instaurare la decantata società ideale discendente dagli iperborei. Il tutto doveva passare dalla continuazione della distruzione del cristianesimo (iniziata con la rivoluzione francese) e la sua sostituzione con gli dei classici dell’olimpo greco-romano e norreni. Tutte le simbologie dei tre paesi in questione facevano riferimento a tale disegno. E tutta la vita sociale era organizzata in stile loggia, con il gran maestro e i suoi sacerdoti, che in questo caso in germania erano le SS (dalla runa siege..). Tale massoneria si rifaceva alla teorie ariosofiche di madame blavatsky, della quale si dice che il padre di Casaleggio fosse grande estimatore. Le stelle, il maestro, il non statuto (codice o codex), tutto torna…. soprattutto se si sa che i reali d’inghilterra, la casata windsor, prima era casato sassonia-coburgo gotha. e sappiamo tutti che a capo della massoneria c’è la casata windsor.
          Saluti
          https://books.google.it/books?id=Oip_CwAAQBAJ&pg=PR193&lpg=PR193&dq=blavatsky+casaleggio&source=bl&ots=4oZkoWGLDq&sig=S6Srg71fW5O_PGZ6RZuH_M_2GD4&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjmua2x_JrMAhXCtxQKHYKOAkcQ6AEILzAD#v=onepage&q=blavatsky%20casaleggio&f=false

    3. La descrizione di Renzi è assolutamente perfetta, ogni volta che lo vedo e lo sento parlare rimango basito e mi chiedo come possa essere diventato Presidente del Consiglio. Sembra una caricatura, uno scherzo. Un Monti, un Letta almeno sapevano formulare delle frasi corrette e non avevano un aspetto da idioti. Ma gli italiani sono ormai completamente anestetizati, lo schifo e l’indifferenza hanno permesso tutto ciò, spero che diventi almeno rabbia quanto prima…

  5. Mi pareva un’ardita comparazione, nel leggere il titolo, eppure lo svolgimento m’ha fatto ricredere e riflettere. Solo due osservazioni. Sul riconoscimento al Pnf dello status di primo partito di massa non sono così d’accordo, i socialisti e, forse, i cattolici venivan prima. Secondo: Mussolini durò a lungo e segnò un’epoca che ha inciso profondamente sull’Italia del Novecento. Mi pare molto difficile pensare che il renzismo potrà rivelarsi come qualcosa di paragonabile (neppure lontanamente) sia al ventennio fascista che, perfino, al ventennio berlusconiano. L’Italietta alla deriva non sembra avere gli anticorpi per respingerlo, ma la forte instabilità dei governi, e il rapido ricambio di leader divenuti assai deperibili mi fanno pensare a una breve durata del cabarettista fiorentino.

    1. il cabarettista fiorentino durerà fintanto che non sorgerà un nuovo soggetto che meglio tuteli i conservatori italioti che garantisca loro le rendite i vari vitalizi privilegi e benefici costruiti in decenni di voto di scambio. Potete chiamalo forza italia, Pd, partito della nazione, movimento 5 stelle o vatelapesca ma quello che è certo è che moriremo democristiani

  6. Ma a questo punto, non sarebbe meglio un Renzi che un “Monti2”? Me lo chiedo spesso

    1. No, almeno Renzi ogni tanto esce dalle righe. L’altro era il tirapiedi del Bilderberg.

      1. e questo dico, meglio Renzi allora. Caro Dezzani cominci a mancarmi. Cmq Renzi, o il suo staff, è un tipo strano. Mi ero avvicinata alla sua politica in questo periodo, confesso, lo seguivo. Ricevevo le sue nwesletter ecc. mandavo mail con le mie considerazioni. Poi non so cosa sia successo e cosa abbia detto di male. Sono stata bannata dalla sua pagina Fb e addirittura penso che mi abbiano cancellata anche dalle newsletter…Non ti sembra un po’ strano? Trattano tutti così o ce l’hanno proprio con me? Mah (scusa se ho scritto sta cosa qui, ma è così insolita che cercavo un tuo parere). Spero che vada tutto bene e noi ti aspettiamo con un nuovo articolo!!

  7. Seguo con molto interesse i tuoi articoli; ma questa volta non mi trovo daccordo. Paragone inverosimile tra un uomo (Mussolini): sttatista, studioso, politico, stratega, giornalista, socialista, etc… e un imbecille emerito (Renzi). Assurdo e inammissibile il paragone. Questa volta hai cannato di brutto! Detto da un Rossobruno e Socialista Nazional-Patrottico convito … alla prossima!

    1. Sono passati anche anche 90 anni dagli esordi di Mussolini: il mondo è completamente cambiato. Qui si vuole evidenziare le similitudini nella scalata al potere e nelle prime mosse adottate: ovvio che la politica allora era un mestiere da esperti. Oggi chiunque, vedi Renzi e Di Maio, si può improvvisare presidente del Consiglio.

  8. Seguo con molto interesse i tuoi articoli; ma questa volta non mi trovo daccordo. Paragone inverosimile, tra un uomo (Mussolini): statista, studioso, politico, stratega, giornalista, socialista, etc… e un imbecille emerito (Renzi). Assurdo e inammissibile il paragone. Questa volta hai cannato di brutto! Detto da un Rossobruno, Previano, Socialista Nazional-Patriottico convinto … alla prossima!

  9. e se, quindi, questo referendum di domani e tutto il corollario di contrapposizioni falsamente interessate, altro non fosse che un “false flag” per allontanare e distogliere ancora di più la voglia di politica seria e la morale degli italiani?

  10. chiedo scusa: correzione al precedente post:
    non “la morale”,
    ma “il morale” degli italiani.
    grazie

  11. 1925-1935.
    2016-2026.
    Buona domenica (vista l’ora). Dunque potremmo attenderci dal nipotino della Thatcher una decina d’anni di tutele dei Parchi nazionali, dei minori e del genere femminile sul lavoro, della salute agli incapienti, assicurazioni obbligatorie invalidità e vecchiaia anche per partite IVA ed atipici/precari, professionale per RC ai professionisti; una limatura delle riforme scolastiche, l’acqua potabile bene comune, lavorare meno, meglio e tutti, rinascita del servizio civile per tutti e militare per chi lo sceglie, treni/voli popolari per famiglie, trigenerazione e teleriscaldamento alle cento città d’Italia, i Lincei sul web e la Crusca on-demand, la messa a reddito nazionale dei beni confiscati alle maffie, incrocio dei dati tributari e fiscali, asili accessibili e cofinanziati da Istruzione e Lavoro, tutela della maternità indesiderata e parificazione dei contributi datoriali tra i generi, coordinamento collocamenti al lavoro e riscatto del TFR da confindustrie o sindacati, il quoziente famigliare nell’IRPeF, investimenti lato carriers per la banda larga, ristrutturazioni e riconversioni produttive siti industriali, far pagare l’IMU ai beni vaticani non luoghi di culto, registro malattie croniche e professionali su base generalizzata, lotta al lavoro nero, separazione bilanci assistenza e previdenza INPS, edilizia popolare nuova, rappresentanti dei lavoratori nei CDA aziendali con facoltà di decisione sugli utili/perdite…
    Vasto programma. Scrivevi che non avrebbe spessore, che gli andavan dietro solo i fighetti della Leopolda, che addavenì Di Maio. Teniamo aperte tutte le opzioni, Dezzani?

  12. Per coloro che non condividono il parallelo Renzi-Mussolini. Credo che Dezzani ci presenti piuttosto una situazione tipica in cui chi detiene il potere in questo paese prima o poi dovrà imbattersi, specie in quelle fasi storiche in cui il nostro spazio di manovra in politica estera è più ristretto.
    I Mussolini, Berlusconi, Renzi, non arrivano al potere se non con l’appoggio degli angloamericani. Tutto funziona finché gli interessi del paese mettono i ducetti davanti ad un aut aut: o favorire gli interessi dei loro patrocinatori o quelli dell’Italia. Così, quando provano a fare gli interessi del paese (che nella storia repubblicana coincidono spesso con la “politica estera” di Eni), scatta lo scandalo che riesce ad affossare il ducetto, gli interessi del paese e ci propina un nuovo salvatore della patria (Di Maio? Io opto anche per Rossi).

    Rodolfo Walsh giornalista e militante rivoluzionario argentino ucciso dalla dittatura di Videla, diceva ai propri compagni guerriglieri che per conquistare il potere era più importante conoscere la propria storia e quindi i modi in cui i vari presidenti avevano avuto accesso e consolidato il proprio governo, piuttosto che studiare la presa del palazzo di inverno durante la rivoluzione russa.

  13. Forse l’unica vera similitudine sarà nel futuro: la guerra…e poi la resa dei conti ‘civile’ ( si fa per dire … )

  14. Le analogie fra l’ascesa di Mussolini e quella di Renzi, da lei evidenziate, mi convincono fino a un certo punto …
    Esiste una grande distanza (economica, sociale, politica e culturale) fra il ventennio fascista e questo particolare periodo storico. Per quanto mi riguarda, il modo di produzione che oggi domina non è più il capitalismo del secondo millennio (ai tempi del Duce).
    All’epoca, lo stato italiano era sovrano, per quanto attiene la politica monetaria, economica, industriale e anche quella estera (per quanto con qualche limitazione dovuta allo strapotere inglese, e francese, dopo la grande guerra). Oggi, siamo davanti a un semi-stato non leninista ma neocapitalista, privo di sovranità, occupato dai collaborazionisti dei poteri sopranazionali … fra i quali il piccolo Quisling Renzi. Mussolini era sovrano, Renzi non lo è. Infatti, il Duce è stato “dimissionato” a causa di una guerra ormai perduta (e da lui voluta, anche contro il parere molti generali e gerarchi), mentre Renzi sarà dimissionato da chi lo ha installato al governo e alla guida dell’entità collaborazionista chiamata piddì (cioè, le maggiori City finanziarie, la troika, le grandi banche d’affari, eccetera). Questa è una differenza rilevantissima, di cruciale importanza che, a mio dire, taglia la testa al toro e impone di ripensare, alla luce della diversa situazione storica, le analogie da lei (ben) evidenziate.

    Cari saluti

    Eugenio Orso

    1. Certo Eugenio, molto è cambiato: a me premeva evidenziare come alcune linee di fondo fossero simili. Se uno si attenesse ad una comparazione troppo rigida, ogni episodio risulterebbe essere unico, mentre credo che alcune dinamiche siano ricorrenti.

      1. http://monetafiscale.it/
        Buonasera, Federico. Che ne pensi, lo scriviamo anche qua? Il dibattito glielo prepariamo? Intanto, parliamone, dei CCF. Che poi sia egli o Di Maio o un Sig. Rossi, l’importante è che sia un Nostro son-of-a-bitch.

        1. Caro Mihai, spezzare il monopolio della moneta non è una passeggiata. Molti ci hanno già rimesso le penne.

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