Italia, Polonia, russi e anglosassoni

La pandemia prima ed il conflitto russo-ucraino poi, hanno rafforzato una dinamica già visibile nei primissimi anni 2000: alla crescente centralità economico-militare della Polonia nei piani occidentali fa da contraltare la sempre maggiore marginalità dell’Italia, progressivamente indotta sulla via del crack politico e finanziario. La volontà degli anglosassoni è infatti innalzare “l’isoterma del caos” sino alla sponda settentrionale del Mediterraneo, concentrandosi sull’Europa centrale in funzione anti-russa. Solo i russi, “tornati” nel Mediterraneo dopo la conquista del Mar Nero, hanno interesse alla sopravvivenza dell’Italia come fattore potenza.

L’assetto europeo della prossima guerra mondiale

Zero. Zero volte. Questo è il numero delle citazioni dedicate all’Italia dal geopolitico Zbigniew Brzezinski (ebreo polacco naturalizzato americano) nel suo “La grande Scacchiera” del 1997. Il testo è di estrema attualità, poiché descrive alcuni lineamenti geopolitici che solo oggi, a distanza di venticinque anni dalla sua pubblicazione, si stanno pienamente manifestando. Scritto in una fase di egemonia pressoché incontrastata degli USA, l’opera si proponeva di scrivere l’agenda della politica estera anglosassone in vista del prossimo (ed ormai imminente), confronto con “l’alleanza anti-egemonica” composta da Russia, Cina ed Iran. Per quanto concerne la Russia, Brzezinski scriveva che la dissoluzione dell’URSS e, in particolare, la perdita dell’Ucraina, fosse stato un durissimo colpo per il prestigio e la potenza di Mosca: solo riportando l’Ucraina nella propria sfera, la Russia avrebbe potuto riconquistare il rango di impero euroasiatico e riappropriarsi della sua dimensione mediterranea attraverso il controllo del Mar Nero e del vitale porto di Odessa (nell’estate 2022, ancora da conquistare).

In questo quadro, Brzezinski dedicava qualche riga alla Turchia, intesa come possibile bastione della NATO sul lato meridionale della Russia, ma concentrava sopratutto la sua attenzione sulla natia Polonia, intesa come la grande potenza emergente dell’Europa post-Guerra Fredda, nonché “l’asse geopolitico” della nascente Europa orientale inglobata nella sfera d’influenza anglosassone. L’Italia, invece, non è neppure citata nell’opera e le ragioni geopolitiche sono facilmente comprensibili: spostatosi il diaframma tra Occidente ed Oriente lungo l’immaginaria linea Polonia-Turchia, il Mediterraneo centrale è superfluo per le potenze marittime anglosassoni. Non solo: potrebbe addirittura rivelarsi pericoloso qualora servisse alla rinata potenza tedesca per proiettarsi in direzione dell’Africa e del Medio Oriente. L’Italia, che domina naturalmente il Mediterraneo centrale, diventa perciò superflua e, si può anche dire, “nociva”: l’esistenza dell’Italia come fattore potenza è, dopo il collasso dell’URSS e la riunificazione della Germania, contrario agli interessi delle potenze occidentali, che devono prepararsi alla sfida successiva con Mosca e al contenimento di Berlino (fenomeni oggi visibili a tutti).

A partire dal 2000, Polonia e Italia intraprendono perciò un cammino diametralmente opposto: la prima è tenuta fuori dall’euro, è irrorata coi fondi europei e dotata di moderne infrastrutture, è prepotentemente industrializzata dalle multinazionali occidentali, è oggetto di molteplici visite ed attestati di amicizia da parte dei leader anglosassoni, è dotata di un governo nazionalista, centralizzato e semi-autoritario che professa una malcelata politica di potenza anti-russa e anti-tedesca. La seconda è spinta nell’euro, è decapitata della sua classe dirigente con Tangentopoli, indebolita con lo smantellamento dell’IRI, spossata da un trentennio di berlusconismo, austerità e populismo, slabbrata dai regionalismi post-riforma titolo V del 2001, ferita a morte dalla campagna NATO in Libia del 2011. Le finanza pubbliche della Polonia rimangono sane (debito/PIL al 52%), quelle italiane si deteriorano (debito/PIL sopra il 150%): la potenza di Varsavia aumenta, quella di Roma scema. Emblematica la pandemia del 2020, la cui paternità anglosassone è stata più volte evidenziata nelle nostre analisi e confermata dai laboratori batteriologici americani rinvenuti dai russi in Ucraina: il Coronavirus si accanisce con particolare veemenza contro l’Italia (presentata dai media occidentali come uno dei maggiori focolai al mondo dell’epidemia e sottoposta a blocchi multipli del sistema economico che causano l’esplosione del debito pubblico), mentre ha un impatto nettamente minore in Polonia, che supera l’epidemia senza subire gravi disastri economici e finanziari.

L’estate del 2022 segna per certi versi lo zenit delle dinamiche descritte da Brzezinski venticinque anni prima: la Polonia è assurta a bastione occidentale contro la Russia, gli americani progettano di costruirci nuove basi militari e dislocarci nuovi uomini e mezzi, gli inglesi progettano di fare di Varsavia il perno di un alleanza orientale e nazionalista in funzione anti-russa, estesa dal Mar Baltico al Mar Nero, riconoscendo così il diritto di Varsavia di allargare la propria sfera d’influenza alla futura Ucraina “mutilata”, l’ampia disponibilità di carbone consente di far fronte anche ad un eventuale escalation della crisi energetica tra Russia ed Europa. L’Italia, al contrario, è al culmine del processo involutivo iniziato nel 1992: il caos politico si accompagna ad instabilità delle finanze pubbliche sempre più evidente, invano a Roma si chiede che la NATO si concentri sul Nord Africa (dove il carovita causato dalla guerra in Ucraina sta producendo una nuova e prevedibile ondatà di instabilità) quando è stata la stessa NATO a gettarlo nel caos, un’eventuale sospensione dei flussi energetici dalla Russia avrebbe ripercussioni in Italia, che andrebbe incontro ad una paralisi industriale simile a quella tedesca.

La volontà delle potenze marittime anglosassoni è ormai evidente: innalzare “l’isoterma del caos” dall’Africa settentrionale alla penisola italiana, lasciando che il Mediterraneo sia presidiato dalla Francia e dalla piccola Grecia, e focalizzare tutte le energie politico-militari sulla penisola scandinava, sulla Polonia e sull’Europa orientale in vista del confronto diretto con la Russia. Alla strategia “settentrionale” degli anglosassoni”, fa da contraltare la strategia “meridionale” della Russia che, terminata la conquista delle coste ucraine, avrà riscoperto la sua dimensione “mediterranea”: Mosca è già oggi presente in Siria e in parte in Libia. Domani, sarà certamente interessata alla sopravvivenza dell’Italia come fattore di potenza nel Mediterraneo, da opporre agli anglosassoni secondo i rodati schemi della Prima Repubblica (1945-1992). Lo stesso si può dire della Germania: schiacciata tra una Polonia già visibilmente ostile e, un domani, una Francia nazionalista, Berlino avrà anch’essa un interesse maggiore alla sopravvivenza geopolitica dell’Italia, che costituisce la sua naturale proiezione verso il Mediterraneo, l’Algeria e le risorse africane.