Finlandia nella NATO, la “contromossa” anglosassone

Lento ma costante, procede il consolidamento delle posizioni russe nel sud-est dell’Ucraina: man mano che la resistenza nemica è neutralizzata, Mosca rafforza il controllo sul ponte terrestre con la Crimea e quindi sul Mar Nero. In risposta al rafforzamento dei russi “nell’ala meridionale” dell’Europa, gli anglosassoni stanno attuando una contromossa lungo la stessa longitudine che rafforzi la loro “ala settentrionale”: l’ingresso della Finlandia nella NATO.

Mossa e contromossa

Fin dall’inizio del conflitto russo-ucraino, si è scelto di adottare nelle nostre analisi un approccio “geopolitico” che andasse oltre la cronaca quotidiana: è l’approccio più saggio e interessante, perché consente di elevarsi al di sopra della propaganda bellica e di cogliere le dinamiche più profonde e veritiere della guerra. Su questa strada, intendiamo continuare.

All’avvicinarsi dell’80esimo giorno di guerra, sfumato il piano di rovesciare Zelensky e di instaurare un governo che ristabilisse la storica collaborazione russo-ucraina (piano che aveva condotto i russi sino alle porte di Kiev), si registra il lento ma costante rafforzamento della Russia nel quadrante sud-orientale dell’Ucraina, secondo logiche non più politiche ma prettamente strategico-militari. L’incessante demolizione delle difese ucraine nel Donbass consentirà di allargare in profondità la fascia di sicurezza che protegge il collegamento terrestre con la Crimea, il cui l’entroterra è stato allargato sino a raggiungere il fiume Dniepr, riattivando quindi i canali per l’approvvigionamento di acqua dolce: in questo modo, l’affaccio al Mar Nero della Russia (che ha terra in abbondanza e da sempre cerca di raggiungere i mari caldi) sarà definitivamente blindato, assicurandole il controllo di questo bacino che è di vitale importanza per proiettarsi verso il Mar Mediterraneo ed il Mar Rosso. Diversi fattori, come l’incessante aumento della tensione in Transnistria, lasciano inoltre supporre che nei prossimi mesi che le operazioni militari si estendano anche all’ultimo affaccio al mare dell’Ucraina, per sancire chi dovrà controllare un porto chiave come Odessa.

In base ad approccio ereditato dalla Seconda Mondiale, si tende infatti a leggere l’attuale conflitto secondo chiavi obsolete: terra, grano, acciaio, carbone, olio di semi. Tutti beni di cui la Russia dispone già in abbondanza in casa e che non giustificherebbero certamente uno sforzo bellico prolungato. Ogni giorno che passa, emerge invece con chiarezza sempre maggiore che il conflitto russo-ucraino sta assumendo i connotati di un conflitto per il controllo del Mar Nero, che costituisce una delle principali “porte” per il transito dall’Heartland al Rimland e viceversa. Per fare un esempio chiarificatore, difficilmente la Russia avrebbe potuto condurre le operazioni militati anti-ISIS (e quindi anti-anglosassoni) in Siria, senza il controllo della Crimea. La centralità sempre maggiore del Mar Nero nel conflitto è testimoniata dagli sviluppi di questi ultimi giorni: in risposta al consolidamento russo lungo la costa ad est del fiume Dniepr (la regione di Kherson dovrebbe entrare nella federazione russa entro la fine dell’anno), il governo di Kiev, su chiara pressione anglosassone, ha tentato di riconquistare la piccola, ma cruciale, Isola dei Serpenti, al largo delle coste ucraino-rumene. L’assalto ucraino è stato respinto con pesanti perdite ma indica chiaramente la centralità sempre maggiore del Mar Nero nelle considerazioni dei due schieramenti opposti.

È ormai evidente che il conflitto si protrarrà finché Mosca non avrà raggiunto una nuova posizione ritenuta “soddisfacente” nel Mar Nero, tale da garantirle una solida base da cui proiettarsi nel Mediterraneo. È quindi anche evidente che il conflitto innescato dalle potenze marittime anglosassoni con lo scopo di indebolire la Russia e di isolarla dal resto dell’Europa, si concluderà col suo rafforzamento geopolitico lungo il “fianco meridionale” dell’Europa. Settima dopo settimana, si prefigura quindi una vera e propria partita a scacchi geopolitica, dove ogni mossa è seguita da una contromossa dell’avversario. Gli anglosassoni hanno fatto la prima, armando Kiev e spingendola ad attaccare il Donbass; i russi hanno fatto la seconda, lanciando l’operazione speciale per rovesciare il governo fantoccio di Kiev; gli anglosassoni l’hanno neutralizzata, salvando Zelensky ed il suo governo; i russi hanno risposto puntando alla conquista manu militari del Mar Nero: tocca quindi agli anglosassoni muovere la prossima pedina.

La contromossa delle potenze marittime anglosassoni, come dimostra la cronaca di questi giorni, concernerà la penisola scandinava: l’11 maggio, infatti, quando non si era ancora spento l’eco della battaglia per il controllo dell’Isola dei Serpenti, il premier britannico Boris Johnson è volato in Svezia e Finlandia, elargendo le vecchie “garanzie” che ricordano sinistramente i fatti europei del 1939: qualora Svezia e Finlandia dovessero essere attaccate durante il loro iter per l’ingresso nella NATO, il Regno Unito si impegna a difenderle militarmente. Così facendo, Johson ha di fatto già allargato l’alleanza nord-atlantica alla penisola scandinava, perché un ipotetico confronto tra Mosca e Londra in Svezia o Finlandia, molto difficilmente rimarrebbe circoscritto. Come già lucidamente intuito dal “geopolitico” Stalin negli anni ‘30, la Finlandia e il Mar Baltico si confermano così i due principali punti da cui le potenze marittime anglosassoni cercano di attaccare la Russia. In questa sede, ci interessa però sopratutto inquadrare l’allargamento della NATO a Helsinki (che ha promesso di presentare la domanda formale per l’adesione all’alleanza nei prossimi giorni) e Stoccolma in relazione ai fatti del Mar Nero.

In termini di longitudine, l’Isola dei Serpenti ed Helsinki sono quasi equipollenti. In risposta al rafforzamento russo lungo l’ala meridionale dell’Europa, l’adesione della Finlandia alla NATO rappresenta una vera e propria “contromossa” lungo l’ala settentrionale. All’avanzata dei russi nel Mare corrisponde quindi, in questa partita a scacchi geopolitica, un’avanzata degli anglosassoni nel Mar Baltico ed un crescente impegno atlantico nel Mare di Barents, con la conseguente necessità, da parte di Mosca, di aumentare il proprio impegno militare nella penisola di Kola. Qualora la partita dovesse “interrompersi” nei prossimi mesi su queste posizioni, Mosca potrebbe comunque vantarsi di aver vinto: il controllo del Mar Nero, crocevia tra Europa ed Asia, trampolino di lancio per il Mediterraneo e naturale sbocco di tutto il bacino del Dnepr, non è lontanamente paragonabile a quello del Mar Baltico. In ogni caso, il conflitto tra Terra e Mare lungo le zone marginali dell’Europa è sempre più evidente e sarebbe errato pensare che l’Italia possa uscirne indenne.

5 Risposte a “Finlandia nella NATO, la “contromossa” anglosassone”

  1. Sia Ungheria che Croazia si sono espresse per negare il consenso all’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. Non so se serva unanimità o maggioranza e se questi due paesi mantengano il punto: all’uopo il taglio del transito del gas ad opera degli Ucraini (su mandato USA) potrebbe essere il ricatto ai recalcitranti per aderire alla richieste Finlandesi. Poi con insistenza si parla dell’ingresso dei Polacchi manu militari in Ucraina (forse insieme ai Britannici). Mi pare che si sia declinando verso un allargamento del conflitto con conseguenze imprevedibili. E noi Italioti più servi dei servi ne subiremo le conseguenze.

  2. “Abbiamo a che fare con due problemi: le controversie ideologiche all’interno del governo e la nostra, a volte molto marcata, diffidenza nei confronti delle autorità. Tutti questi problemi risalgono alle lotte prima dell’Operazione Z e sono diventati una sorta di auto-sabotaggio. Non siamo in grado di lottare per il potere e un conflitto sfrenato tra di noi potrebbe portarci a perdere tutto. La nostra vittoria dipende dal consolidamento della nostra sovranità e unità.”
    https://giubberosse.news/2022/05/12/sulla-creazione-di-una-tecnocrazia-sovrana/

    “Agli ucraini rimarranno soli morti, macerie e qualche aiuto interessato della Polonia. Zelensky scapperà a Londra, gli europei penseranno alla crisi finanziaria, Trump o chi per lui sposterà il focus sulla Cina.”

    Domanda: cosa accadrà alla Russia?

    1. Nessun collasso in vista della Russia che, finita la campagna ucraina, deve reintegrare il prima possibile le energie spese in vista degli impegni futuri.

  3. La dislocazione di basi e strutture militari sono importanti nelle guerre convenzionali, ma saranno sempre meno importanti nel futuro, soprattutto nelle forze strategiche. La tecnologia, nuovi sistemi d’arma, la profondita del territorio russo agireranno la vicinanza NATO ai confini. Certo il sistema industriale e produttivo strategico lentamente dovrà essere ridislocato. Ma già oggi le industrie militari sono dislocate lungo gli Urali, abbastanza in profondità. Questo è dovuto alla assimetria geografica tra un impero territoriale euroasiatico e un impero talassocratico. Sono elementi questi ineliminabili nel medio lungo periodo.

  4. Quando si inizia una guerra ognuno dovrebbe avere la propria visione del “dopo”. La geopolitica anglossasone degli ultimi 3 decenni sembra essersi votata alla geografia degli idrocarburi. I disordini finanziari, economici e politico-militari vengono direzionati e/o “appiccati” sapientemente ed elettivamente nei confronti delle entità nazionali che li posseggono. Cecenia, Iraq, Iran, Venezuela, Libia, Georgia etc. Dopo tutto anche la crisi ucraina sembra avere lo scopo di ribaltare e consolidare il mercato energetico anglossasone, piuttosto che altro. Quale potrebbe essere il nuovo assetto geopolitico-energetico del mediterraneo di matrice anglosassone? Gli enormi giacimenti di gas che si estendono dalle coste egiziane a quelle siriane, croce e delizia della sfortunata striscia di Gaza e del Libano, quegli stessi giacimenti sui quali “galleggia” Cipro e che gli hanno regato una crisi bancaria senza precedent e la perdita dei diritti di estrazione, quei giacimenti che lambiscono le coste turche e che hanno già casuato tensioni con alcune importanti aziende italiane. Israele sarà la nuova Russia per il continente europeo? Le primavere arabe, la destabilizzazione di Libia, Siria e Libano e ora la spinta per allontanare la Turchia dalla Nato sono solo il primo passo per instaurare Isreaele come nuova repubblica marinara nel mediterraneo?

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