Coronavirus: fronte italiano e fronte cinese

Lo sviluppo della crisi globale innescata dal Coronavirus conferma, settimana dopo settimana, la validità delle nostre analisi concepite inizialmente su basi solo geopolitiche: di tanto in tanto, ci occorre solo aggiornare il quadro, annotando come i fatti intercorsi confermino le nostre analisi. In Italia, tanto la situazione economica-finanziaria peggiora, quanto aumentano le spinte secessionistiche ed il rischio di una recrudescenza della violenza mafiosa, sul modello del 1992. In Estremo Oriente, prosegue il tentativo del Five Eyes di usare il Coronavirus per isolare la Cina: nuove evidenze confermano che il virus sia stato inoculato a Wuhan dagli americani proprio durante i Giochi Militari Mondiali dell’ottobre 2019.

Analisi geopolitiche col pilota automatico…

Sempre sia lodata la Geopolitica, quella sana e coerente, la cui utilità emerge sempre di più negli attuali frangenti politici. Una buona analisi geopolitica non soltanto può sostituire la costosa raccolta di dati grezzi con cui cercare di capire “cosa capiti nel mondo”, ma consente anche di prevedere con ampio, talvolta ampissimo anticipo, il decorso degli avvenimenti, consentendo agli Stati di approntare tempestive mosse e contromosse difensive (ahinoi, non è il caso dell’Italia del 2020). Se un’analisi geopolitica è valida non deve mai essere drasticamente rivista, né tanto meno stravolta: come un missile ben costruito, essa prosegue la sua traiettoria e, di tanto in tanto, è necessario al massimo darle qualche colpetto di aggiustamento. Seduti alla nostra postazione, osserviamo la nostra analisi geopolitica-missile librarsi nel cielo con incredibile perfezione e, di tanto in tanto, annotiamo qualche dato per verificare che tutti i parametri siano corretti. È più ormai un’attività di “verifica” che di “analisi”, perché il nostro impianto analitico è stato ormai costruito e lanciato nella stratosfera. Al momento ci interessano sopratutto due fronti, quello italiano e quello cinese: su questi ci soffermiamo, dunque, per seguire gli sviluppi della crisi innescata dal Coronavirus.

Fronte europeo-italiano: fin dalle primissime battute dell’emergenza Coronavirus abbiamo sottolineato che gli angloamericani avessero inoculato il virus in Italia (e in Spagna) in ossequio alla consueta “pheriperal strategy” delle ultime due guerre mondiali, con cui Londra e Washington diedero l’assalto al Continente concentrandosi soprattutto sul suo versante meridionale: spingere al default Italia e Spagna, la terza e la quarta economia d’Europa, per causare il collasso dell’eurozona, destabilizzare il Vecchio Continente, preparare il terreno per una nuova ondata di nazionalismo e ritardare l’integrazione euroasiatica lungo l’asse Pechino-Lisbona. A livello nazionale, avevamo poi evidenziato come tale strategia angloamericana rappresentasse per l’Italia una vera e propria “discesa agli Inferi”: nell’auspicato assetto che dovrebbe uscire dall’eurocrisi in atto, l’Italia è infatti non solo inutile a Londra e Washington, ma addirittura dannosa. Un’Italia unita, come già capito con grande lungimiranza da Cavour, è infatti naturalmente protesa verso il canale di Suez e si allaccerebbe perciò con facilità (e grande profitto) alla Via della Seta marittima che risale proprio dal Mar Rosso, dopo aver toccato le ex-colonie italiane del Corno d’Africa. Non solo, la spinta dell’Italia verso Suez rende la penisola perfettamente complementare alla Germania, secondo il vecchio schema della Triplice Alleanza del 1882: se, come accadrà nelle prossime fasi della politica internazionale, il focus militare angloamericano dovesse concentrarsi si nuovo su Berlino, l’Italia non soltanto sarebbe inutile, ma pure dannosa. Come potrebbe Roma fare la guerra a due potenziali ottimi partner geopolitici come Berlino e Pechino? L’Italia unita, come abbiamo già evidenziato a suo tempo, è perciò ormai controproducente per le potenze marittime anglosassoni: urge annienterla.

Come? Ma è molto semplice: portando a compimento il lontano processo iniziato nel 1992. A molti lettori potrà certamente sembrare un concetto difficile da digerire, ma l’attuale crisi economica-finanziaria generata dal Coronavirus altro non è se non l’ultimo stadio del processo di distruzione pilotata dell’Italia iniziato con Tangentopoli: l’Italia, in circa trent’anni (il lasso di tempo abbracciato da qualsiasi seria strategia geopolitica) è stata trasformata da fiorente economia del G7 a Stato “spazzatura”, perché col suo default causasse il collasso dell’Europa unita: gli angloamericani non hanno certamente combattuto due guerre mondiali per poi regalare il Vecchio Continente alla Germania su un piatto di argento. Nella primavera del 2020 riappaiono dunque in Italia le dinamiche di 28 anni fa e, nei circoli che contano a Londra e Washington, si spera oggi di condurle sino alle loro estreme conseguenze: la scomparsa, cioè, dell’Italia come Stato unitario in grado di esprimere una politica estera in Europa, nel Mediterraneo ed in Asia. Ci basta annotare pochi fatti intercorsi dalle nostre ultime analisi per verificare la validità della nostra teoria. Come ricorderanno gli studiosi o i meno giovani, un potente fattore destabilizzante del 1992 fu la Lega Nord, sulle cui origini massoniche-atlantiche avevamo già scritto: era Lega Nord, ma soprattutto era “Liga”. Non c’è alcun dubbio che il distacco del Lombardo-Veneto dal resto della compagine nazionale causerebbe il crollo dell’intero Stato nazionale, non fosse altro per ragioni fiscali: urge pertanto riesumare le vecchie tendenze secessionistiche dei primi anni ‘90. Salvini e la sua “Lega nazionale” sono ormai superflue agli angloamericani, cui preme ora che l’ala autonomista del partito prenda di nuovo il sopravvento: l’articolo del Financial Times del 4 maggio, “Political hero of Italy’s coronavirus crisis takes shine off Salvini”, sancisce l’inizio di una nuova fase della strategia della finanza angloamericana, che punta ora tutto sul veneto Luca Zaia. È lo stesso Zaia, si ricordi, che agendo in perfetta sintonia con i secessionisti della Catalogna storicamente legati a Londra, aveva indetto il referendum per l’autonomia nell’autunno 2017. Portare un secessionista a Palazzo Chigi, subito prima o subito dopo il default, significherebbe assestare il colpo di grazia allo Stato centrale e a qualsiasi politica estera italiana di respiro regionale, per non dire mondiale.

Altra preoccupante analogia col 1992 da tenere sotto osservazione: la “trattativa Stato-Mafia”. Come evidenziammo in un nostro brevissimo libricino, l’inizio del processo di distruzione del sistema-Paese, coinciso soprattutto con lo smantellamento dell’IRI e dell’economia mista, coincise con le bombe “mafiose” del 1992-1993, con cui, servendosi come paravento di “Cosa Nostra”, i servizi angloamericani e la manovalanza locale costrinsero la riottosa politica italiana (e pure il Vaticano di Giovanni Paolo II) a seguire la suicida politica di vendita delle imprese pubbliche strategiche. È lecito sospettare che le rivolte nelle carceri delle scorse settimane, i disordini registrati in alcune città meridionali sull’onda della crisi economica e la recente scarcerazione di diversi capi mafia a causa dell’emergenza sanitaria, siano i segnali di una nuova “trattativa Stato-Mafia”, con annesse bombe che potrebbero accompagnare o seguire la crisi finanziaria italiana in preparazione. Chi ricorda il biennio 1992-1993 sa che allora lo Stato tremò: il 2020-2021 rischia di essere peggio, perché Londra e Washington intendono a portare a compimento la balcanizzazione del Paese.

Chiuso il fronte italiano, si passa rapidamente a quello cinese. Nella nostra ultima avevamo evidenziato come la crisi del Coronavirus stesse evolvendo a livello internazionale verso una seconda fase che, tra l’altro, rendeva anche spiegabile il dilagare dell’epidemia negli Stati Uniti con annesse gravi conseguenze umane ed economiche: polarizzare l’opinione pubblica americana e la comunità internazionale contro la Cina. Dopo aver inoculato il Coronavirus in Cina, gli angloamericani accusavano cioè la Cina di essere il responsabile dell’epidemia globale, cercando imputarle tutti gli enormi costi annessi. Tale strategia, che si incastra perfettamente nel tentativo dei Five Eyes di costruire un cordone politico-militare tutt’intorno a Pechino, ha conosciuto un ulteriore salto in avanti nella prima settimana di maggio, quando sia il presidente Trump che il Segretario di Stato americano, l’ex-CIA Mike Pompeo, hanno asserito di avere concrete prove che il virus sia stato sprigionato dal “laboratorio batteriolitico di Wuhan”: come dimostrano i ben noti casi del Nigergate e della fialetta di antrace di Colin Powell, le prove possono essere fabbricate a piacimento se servono a supportare aggressive politiche militari. Tanto gli angloamericani tentato accusare Pechino dell’epidemia, quanto nel frattempo emergono prove che sia stata proprio Washington a liberare il virus a Wuhan nell’autunno 2019 in ossequio alla classica “guerra senza limiti”. In tempi non sospetti, nel marzo scorso, le autorità cinesi avevano lasciato intendere che fosse stata la delegazione americana a Giochi Militari Mondiali di Wuhan a liberare il virus: in queste ore sta emergendo come gli atleti reduci della manifestazione mostrassero già nell’autunno del 2019 i sintomi del Coronavirus e che siano stati propri quei giochi internazionali il motore iniziale della diffusione della malattia… Piovono conferme, piovono ovunque conferme.