Il diagramma di Gantt per tuffarsi negli “anni interessanti”, 2008-2016

“Viviamo in anni interessanti, scopri quanto interessanti con l’Economist” recita la campagna pubblicitaria del settimanale britannico, megafono delle oligarchie finanziarie della City: non è necessario abbonarsi alla rivista per capire che il Nuovo Ordine Mondiale, inaugurato all’indomani dell’implosione dell’URSS, sta rovinando al suolo, un pezzo dopo l’altro. Gli “anni interessanti” cominciano con la bancarotta di Lehman Brothers, che mostra al mondo quanto siano deboli le basi su cui poggia l’impero americano; poi è la volta della prima grande ondata destabilizzatrice, quella del 2011, infrantasi contro la barriera russo-cinese; nel 2014, infine, parte l’ultimo, disperato, assalto anglo-americano per difendere lo status quo, soffiando ulteriormente sul fuoco del caos globale. Con un diagramma di Gantt proviamo a sintetizzare visivamente “gli anni interessanti”, spartiacque degli assetti internazionali.

Il diagramma di Gantt per incunearsi negli agitati anni ’10

Esistono più metodi per affrontare un argomento: l’approccio verbale permette di instaurare un rapporto diretto tra persone e di arricchire il messaggio con la gestualità, il tono della voce e la mimica facciale, quello scritto consente una profondità d’analisi impareggiabile ed una cesellatura difficilmente eguagliabile, quello visivo ha il grande svantaggio di fermarsi alla superficie dei problemi, ma un incomparabile punto di forza nella possibilità di sintetizzare in poche immagini quanto descrivibile in pagine e pagine. I cinque sensi di cui dispone l’uomo si sono poi progressivamente atrofizzati ad unico beneficio della vista, abituando così il nostro cervello a lavorare sulle immagini, su cui, non a caso, è basata anche la mnemotecnica. Per una volta, quindi, cambieremo radicalmente metodo d’approccio, dando poco spazio al testo e molto ad un grafico, un diagramma di Gantt in particolare.

Quale diagramma di Gantt?

Bé, quello che prova a riassumere i turbinosi anni ’10 del XXI secolo, compiendo uno sforzo ordinatore sul caos della quotidianità, così da mettere in luce le dinamiche sotterranee che guidano gli eventi. Si tratta di una duplice redenzione: dalla schiavitù dell’informazione giornaliera, che impedisce di cogliere il panorama più vasto, e dal Potere stesso che, guardandosi bene dal rivelare le sue  strategie, è intellegibile solo attraverso un certosino lavoro di studio e comparazione. Se non si intraprende questa strada, l’uomo, davanti all’incalzare di eventi sempre più inquietanti e minacciosi (il terrorismo, la crisi economica, le ondate migratorie, le deflazione, il debito pubblico, le guerre in Medio Oriente, l’escalation con la Russia, etc. etc.) ha solo due possibili soluzioni: la fuga (che assume mille volti, dal menefreghismo ai paradisi artificiali di Baudelaire) o la disperazione. Capire la realtà significa dominarla e, soprattutto, dà la facoltà di agire consapevolmente: nessuno merita  più compassione delle marionette che si credono libere, agendo in realtà secondo il copione dei pupari.

Esponiamo quindi brevemente qualche nozione utile ad interpretare il diagramma di Gantt; poi cediamogli la parola.

Tutto ha inizio nel lontano settembre 2008, con il fallimento di Lehman Brothers e lo scoppio della bolla dei mutui spazzatura: sia ben chiaro, il malessere dell’economia americana risale a decenni prima e l’involuzione è riconducibile perlomeno all’amministrazione di Jimmy Carter ed all’avvento di Paul Volcker alla FED (coincidente con la prima fase della deindustrializzazione degli USA e l’avanzata della finanza), tuttavia è la bancarotta di Lehman Brothers che mostra al mondo la debolezza di Washington. L’impero angloamericano, a differenza di quello britannico dei secoli d’oro, è un importatore netto di capitali, esporta poco o nulla e vive del credito concessogli dal resto del mondo. Le altre nazioni producono beni e servizi  che vendono in cambio di dollari, riproducibili a volontà: la solidità del biglietto verde poggia quindi sull’uso della forza e sulle basi militari disseminate in giro per il mondo. Non ci vuole molto per capire che, presto o tardi, qualcuno si stancherà delle regole del gioco.

Lo scoppio della crisi dei mutui spazzatura infligge un durissimo colpo al sistema di potere americano, minato da un malessere che lo divora dall’interno: il debito pubblico a stelle e strisce lievita nel volgere di pochi anni dal 60% al 105% del PIL, la Riserva Federale abbassa il tasso di riferimento allo 0% (inondando di liquidità i mercati finanziari, non l’economia reale, che soffre di una cronica carenza di capitale, come dimostrano le obsolescenti infrastrutture americane), la povertà e la popolazione inattiva raggiungono record che non si vedevano da quarant’anni. Che fare? Come preservare la supremazia angloamericana?

Due sono i cardini su cui è impostata la risposta delle oligarchie atlantiche: l’evoluzione dell’Unione Europea negli Stati Uniti d’Europa, così da diluire le nazioni europee in un soggetto politico facilmente manovrabile, e la balcanizzazione del Medio Oriente, così da rovesciare i regimi ostili, ristabilire una gestione di stampo coloniale delle risorse petrolifere, impedire lo sviluppo economico dell’area e la penetrazione politico/commerciale di Russia e Cina (qualcuno ricorderà forse che il Colonnello Gheddaffi, prima di essere rovesciato, aveva firmato accordi con ditte italiane e russe per la costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità tra le maggiori città libiche). I due cardini della strategia, come si intuirà chiaramente negli anni successivi, interagiscono tra loro: i disperati e diseredati in fuga dal Nord Africa e dal Levante, sono impiegati per alimentare le ondate migratori che si riversano in Europa, così da accelerare l’estinzione delle nazionalità europee e generare domanda di “più Europa” (si veda, in questi giorni, la proposta di Matteo Renzi di impiegare i famosi eurobond per gestire la crisi migratoria).

Parte quindi la prima grande onda destabilizzatrice, quella del 2011: l’eurocrisi, gestita dalla City e da Wall Street, e la “Primavera araba”, gestita dalla CIA/Mossad/MI6/petromonarchie sunnite. Il fallimento di Lehman Brothers e la successiva recessione economica rappresentano, infatti, l’atteso choc esterno che mette alle corde l’eurozona, un banale regime a cambi fissi, tale e quale al gold standard: impiegando i cavalli di Troia scientemente introdotti nell’unione monetaria (in primis la Grecia) si crea il panico, si saccheggiano i risparmi ed i beni statali, si minacciano fallimenti generalizzati, fornendo l’occasione alla collusa tecnocrazia mondialista (i vari Mario Monti, Mario Draghi, Lucas Papademos, etc. etc.) di svuotare i Parlamenti nazionali ed accentrare il potere negli organismi brussellesi.

anni-interessanti2011

L’onda lunga della destabilizzazione si inoltra nel 2012: le borse ai minimi e i rendimenti dei titoli  “periferici”  ai massimi coincidono con l’inizio dell’estate, quando sui media appare il “Manifesto per gli Stati Uniti d’Europa“, firmato dai soloni della tecnocrazia europea, da Romano Prodi a Jacques Delors. Nel frattempo, l’ambasciatore americano in Libia, Christopher Stevens, si prodiga per traghettare miliziani islamisti e moderni sistemi d’arma dalla Libia alla Siria, via Turchia, così da infliggere il colpo di grazia a Bashar Assad: sfortunatamente per lui, qualcosa va storto, ed il diplomatico (o agente CIA?) perde la vita durante l’assalto al consolato di Bengasi dell’11 settembre 2012.

C’è un però: alcuni insormontabili problemi si stagliano all’orizzonte. I due azionisti di maggioranza della UE, Germania e Francia, si dimostrano all’atto pratico recalcitranti a cedere sovranità a Bruxelles e, specialmente, gli elettori tedeschi sono allergici all’unione fiscale, che implica necessariamente il trasferimento di denaro dal centro alla periferia (vedi il “nein” agli eurobond e la polemica sulla “transfer union”): serve l’intervento di Mario Draghi nel luglio 2012 (il famoso “whatever it takes“) per sedare la speculazione di rischia di portare al collasso l’eurozona. Dall’altra parte del Mar Mediterraneo, Vladimir Putin non commette lo stesso errore che è costato la tragica fine del Colonnello Gheddaffi: invia denaro, armi ed istruttori per impedire che l’Esercito Arabo Siriano sia sopraffatto dai “ribelli”, finanziati dalle autocrazie sunnite.

Il 2013 è lo spartiacque tra la prima e la seconda onda destabilizzatrice. La crisi di Cipro, con l’introduzione del principio del bail-in, sancisce l’inizio dell’involuzione dell’eurocrisi: anziché maggiore integrazione, il malessere della moneta unica si traduce in una rinazionalizzazione del mercato dei capitali.  I poteri atlantici, consci della gravità della situazione politica europea, studiano un “piano B” per inglobare il Vecchio Continente: non più gli Stati Uniti d’Europa, ma il segreto trattato commerciale TTIP, con la stessa funzione di  “NATO economica” che avrebbe dovuto svolgere la UE. La fermezza russa sventa poi i propositi angloamericani di bombardare l’esercito siriano (agosto 2013) , mirati a  precipitare il Paese nel caos e velocizzarne la frammentazione del Paese su basi etniche e religiose.

Si arriva così alla seconda onda destabilizzatrice, quella del 2014, concepita su due pilastri: il colpo di Stato in Ucraina e la materializzazione in Medio Oriente dell’ISIS che, grazie alle connivenze turco-saudite, si avvicina nell’estate alla conquista di Baghdad. L’impero angloamericano infligge così un duro colpo a Mosca, il più temibile rivale geopolitico in Europa e Medio Oriente, e rimette stabilmente un piede in Iraq, da cui le ultime truppe si sono ritirate nel dicembre 2011.

anni-interessanti2014

La perdita dell’Ucraina, seppur alleviata dall’annessione della Crimea e dalla secessione de facto del Donbass, è un duro colpo per la Russia: nuovi sforzi sono profusi di conseguenza in Siria ed Iraq per vanificare il progetto angloamericano di creare un Califfato sunnita a ridosso di Siria ed Iraq. Allo stesso tempo si intensifica la collaborazione russo-cinese, che fa un salto di qualità: nella seconda metà dell’anno è siglato sia lo storico accordo energetico tra i due giganti continentali sia l’intesa per la costruzione (con tempi cinesi) delle ferrovie ad alta velocità nel cuore dell’Eurasia. Dulcis in fundo, durante il summit dei BRICS a Fortaleza, sono gettate le basi della Nuova Banca dello Sviluppo, strumento con cui i Paesi emergenti auspicano di seppellire il FMI e l’egemonia del dollaro. Controreazione: l’abbattimento del volo Malaysia Airlines 117, nei cieli dell’Ucraina, è il prodromo delle sanzioni economiche a Mosca.

Nell’Unione Europea la situazione, come facilmente prevedibile, peggiora: senza l’unione fiscale, l’euro rimane un regime a cambi fissi e l’unico modo per allungarne l’agonia è l’imposizione delle politiche di svalutazione interna, che generano deflazione e disoccupazione, che rendono a loro volta insostenibili i debiti pubblici. Se la UE è costruita attorno al motore franco-tedesco, non può che destare allarme la condizione economica della Francia: disoccupazione record, debito schizzato dal 60% al 100% del PIL in pochi anni, bilancia commerciale in cronico disavanzo.

Non c’è quindi da stupirsi che  il 2015 si apra con la strage a Charlie Hebdo, primo capitolo della strategia della tensione “gallica”, culminata nel mese di novembre con la mattanza del 13/11 e la dichiarazione dello stato d’emergenza: l’obbiettivo è quello di distogliere l’attenzione dalla gravita della situazione economica ed alimentare la domanda di sicurezza e di normalità, così da arginare lo smottamento dell’elettorato verso il Front National, anti-UE ed anti-NATO. Sforzi inutili, considerato che alle elezioni di dicembre il partito guidato da Marine Le Pen si afferma come prima forza del Paese: la dinamica è peraltro comune a tutta l’Europa dove, dopo quasi sette anni di crisi economica, il malessere si è trasformato in voti per i partiti populistici, alla ribalta in Polonia come in Austria. Se per la Francia c’è il terrorismo islamico, per il resto d’Europa c’è l’ondata migratoria indotta che investe il continente dall’estate: si inaugura la via balcanica che riversa un milione di persone in Germania in solo anno. Lo scopo è quello di diluire le nazioni e, ora e sempre, incoraggiare la domanda di maggiore integrazione europea: diritto d’asilo europeo e ripartizione obbligatoria dei “flussi epocali di migranti”. I Paesi dell’Est, immuni dal multiculturalismo imperante nell’Europa occidentale, insorgono, gli accordi di Schenghen sono sospesi ed Angela Merkel precipita nei sondaggi: la via balcanica sarà chiusa nei primi mesi dell’anno successivo, dopo la disfatta elettorale della Cancelliera nelle elezioni dei Land di marzo.

La situazione economica nella UE peggiora: a marzo è avviato il primo allentamento quantitativo della BCE. Berlino, conscia che l’euro è ormai destinato all’implosione, si premura però che l’80% dei titoli di Stato acquistati da Francoforte sia riversato nei bilanci delle banche centrali nazionaliL’eurozona è un relitto in balia del mare in tempesta: nessuno sa come possa sopravvivere alla prossima recessione globale, non più escludibile in base ai dati che arrivano gli USA ed al rallentamento dell’economia cinese.

L’assalto al Medio Oriente culmina con la conquista di Palmira da parte dell’ISIS (maggio 2015),  un duro colpo per Damasco, che sente il peso di quasi cinque anni di guerra: trascorrono pochi mesi perché Mosca invii un corpo di spedizione (settembre 2015) che, debellato il traffico di greggio tra l’ISIS e la Turchia di Recep Erdogan, mette velocemente in ginocchio lo Stato Islamico, palesando al mondo come l’operazione “Inherent Resolve”, condotta da angloamericani, francesi ed autocrazie sunnite, servisse a diffondere più che a combattere il Califfato. La Russia soffre certo la caduta pilotata del greggio (partita nel settembre 2014), ma, a differenza degli anni ’80, il primo produttore che rischia il collasso economico è questa volta l’Arabia Saudita. Pechino, invece, incassa l’assalto di George Soros e della finanza atlantica alla borsa cinese, reagendo con la vendita a man bassa i titoli di Stato americani: per gli USA, gravati da un debito/PIL ormai vicino al 105% del PIL, è una minaccia esiziale.

Si entra così nel 2016, etichettatile come “l’anno del crollo”: le forze che corrodono gli USA e le UE già da anni raggiungono un’intensità tale da schiantare il sistema atlantico (venduto a livello mediatico-culturale come “l’Occidente”, quando ne è solo l’ultima degenerazione economica, politica  e sociale): la deflazione nella UE si aggrava, il sistema bancario traballa, l’economia americana si dirige verso una nuova recessione, i tassi di riferimento delle banche centrali rimangono schiacciati allo 0%, i partiti populistici si rafforzano, in Europa come negli USA (vedi il successo di Donald Trump), la Grexit e la Brexit sono scenari più concreti che mai, primo passo verso la dissoluzione della UE.

anni-interessanti 2016

Il lettore, scorrendo il diagramma, avrà notato come le ultime righe siano dedicate all’Italia: che possiamo dire della situazione nazionale?

L’Italia è senza dubbio tra i Paesi che ha sofferto maggiormente  gli anni ’10 del XXI secolo: la perdita del 10% del PIL, la scomparsa del 25% della base industriale, un debito pubblico che ha superato il 140% del PIL (in base alle statistiche in uso fino a ieri), sofferenze bancarie superiori ai 200 €mld, il record negativo di nascite e l’emigrazione sempre più massiccia dei già rari giovani, parallela a flussi incontrollati di immigrati senza alcuna preparazione tecnica o scolastica, sono pochi dati sufficienti a descrivere lo stato critico in cui versa il Paese.

L’Italia è rimasta schiacciata tra l’incudine dell’eurocrisi ed il martello della destabilizzazione del Mediterraneo: di fronte alla drammaticità della situazione, l’establishement italiano si è appiattito su tre esecutivi di fila guidati da premier non eletti, fedeli esecutori, chi più chi meno, della volontà di quelle capitali (Washington, Londra, Parigi e Berlino) che sono all’origine delle nostre sciagure.

L’approssimarsi del collasso del sistema atlantico offrirà l’imperdibile occasione di plasmare ex novo strategie ed alleanze e tornare, finalmente, a parlare di interesse nazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

52 Risposte a “Il diagramma di Gantt per tuffarsi negli “anni interessanti”, 2008-2016”

      1. Ottimo lavoro, potebbe mantenere aggiornato il diagramma, con magari un link permanente a inizio schermata?

      1. Le elite transatlantiche non resteranno certo con le mani in mano mentre l’edificio imperiale viene giù.

    1. Caro Willi, i pupari sono sempre all’opera. Ma la tua Zurigo non è “la sede”: è una “delle sedi”.

      1. Uno solo è il Paese al mondo, con la bandiera quadrata. Ne ha scritto anche lei, immenso Professore, parlando della banca che i zurighesi vollero a Basilea. Quella dove si crea dal nulla il denaro per tutte le altre banche. Indebitandole tutte. Si crea il denaro dal nulla. E lo si dichiara proprio. E tutti gli altri Paesi, con bandiera rettangolare, accettano questo sistema senza nulla obiettarvi. Ipnosi?

        1. I tuoi amici di Zurigo, Willi, erano però coordinati da Londra… Tu stesso lavoravi per il Foreign Office: mentre Lenin appiccava il fuoco alla Russia, tu dovevi gettare nel caos la Germania…

  1. Auguriamoci che l’impero angloamericano, se e quando morirà, non ci trascini tutti con sé, Dezzani.

  2. Grazie per questa analisi molto chiara.
    Temo che presto vedremo tremendi attentati in qualche capitale asiatica e, successivamente, un attentato false flag in occidente per dare l’avvio alla fase C, la guerra in versione estesa. Esagero?

    1. L’altro giorno il direttore di Europol ha affermato che un altro grande attentato è “inevitabile”… Sono talmente sfacciati che lo dicono pure.

  3. Vorrei sbagliare, ma non è affatto detto che il sistema non tenti prima di salvarsi con una guerra con la Russia (o forse con la Cina). Sarebbe l’alibi perfetto per saldarsi al potere e far dimenticare le proprie nefandezze. Una guerra provocata, magari, da una false flag che costringa l’opinione pubblica a distogliere l’attenzione dai disastri compiuti dalla sciagurata classe dirigente che ci governa. A quel punto la gravità della situazione, gli effetti catastrofici di un tale scenario non permetterebbero il necessario ricambio della classe dirigente e, soprattutto, dei principi ontologici cui fa riferimento.

  4. Articolo come è stato definito, di cesello.
    Una domanda, ma all’interno degli USA, vi sono delle forze che si oppongono a questi delinquenti?
    Mi spiego, sappiamo che sia i “democratici” che i “repubblicani” sono al soldo delle banche e delle lobbie, abbiamo Trump per i repubblicani che Sanders per i democratici che mi sembrano delle pedine non manovrabili dal potere, o così danno “l’impressione”….. metto molti puntini in quanto non è chiaro il loro intento.
    Che ne pensa?
    In merito al Sudamerica, trovo che anche qui tentano in tutti i modi di riprendersi il potere, alla faccia della correttezza, se mai l’hanno mai avuta.
    Distintamente.

    1. C’è un filone di pensiero secondo cui gli USA vivono in un colpo di Stato permanente dall’assassinio di Kennedy. Credo che sia un’ipotesi non molto distante dalla realtà.

  5. ok per il collasso del sistema atlantico, da diversi anni oramai sublterno al sistema pacifico (Trans Pacific Patnership ), ma da qui a parlare di interesse nazionale svincolato dai diktat di washington ne deve scorrere di sangue per le strade

  6. un bel lavoro ma … trovo alquanto difficile vedere un finale ” positivo” ad un tale accumulo di “crisi” , specie per questo disgraziato paese ormai ridotto ad una trave corrosa che non reggera’ a nessun vento .
    Per tornare poi alla tempistica sono daccordo che il 2016 sara’ un anno di accelerazione della crisi ,ma alla fine la situazione dovra’ precepiterare in una guerra e gli U$A non vanno mai alla guerra l’ anno delle elezioni presidenziali ( ma statisticamente l’ anno dopo ) e la anticiperebbero solo all’ autunno del 2016 e solo per gravissimi fattori interni ( ad esempio un trump inarrestabile ed ingestibile dall’ establishment)

  7. Spero che la traiettoria (da lei indicata in questo ottimo articolo) evolutiva degli avvenimenti geostrategici-economici da lei descritti si concluda quanto prima nella nostra liberazione da questa gabbia euristica,in tal senso,mi permetto di chiederle se e’ possibile da parte sua fare una previsione temporale ragionevole per quanto riguarda la dissoluzione della zona euro.

    1. Credo che i prossimi 3-6 mesi saranno decisivi: i grandi capitali hanno già preso il volo…

  8. L’Italia non ha molte speranze, a differenza degli altri Paesi. Non esiste un partito “dell’interesse nazionale”: Salvini è un riciclato con dietro un partito di papponi attovagliati da Seconda Repubblica, e i grillini si stanno rapidamente normalizzando. Probabilmente finiremo in mano ad Alexis Di Maio, e la nostra agonia continuerà per parecchio.

    1. La parabola “ribelle” di Salvini è già conclusa: ora è un semplice “omologato” che segue lo spartito da destra.

  9. Complimenti Federico ma, una domanda – Trump è davvero un populista o gioca a farlo prendendo in giro chi lo vota? – Un milione di euro se dai la risposta esatta.

  10. Grande capacità di analisi, seppure hai vent’anni meno di me sei riuscito a capire cose che io ho capito in molto più tempo seppure con un lavoro che porta ad indagare dietro le quinte del potere. ma in alcuni testi non dici ancora tutto, forse perché stai pure tu indagando ancora. spero non per omissione voluta. complimenti comunque per la chiarezza e la semplicità di esposizione.

  11. Dezzani, cosa ne pensa di questa nuova creatura politica: “Alternativa per l’Italia”, fondata da Antonio Maria Rinaldi e altri, tra cui Nino Galloni ed a cui ha aderito la senatrice De Pin?
    Il programma sembra in buona parte interessante, ma i fatti?

    1. Nino Galloni dice cose molto sensate, come pure Rinaldi: è però sempre difficile raggiungere la massa critica indispensabile per affermarsi sulla scena politica.

  12. Le sue sintesi sono sempre preziose, ora possiamo misurare la crescita di intensità dello sciame sismico. Il terremoto ci sarà: tutti i segnali indicano recessione. E’ possibile però che gli “atlantisti” siano anche in grado di trarne vantaggio. L’obiettivo è ridimensionato: niente più mondo unipolare ma semplicemente isolare e bloccare Cina e Russia. Destabilizzare e razziare è molto più facile (e nel breve anche proficuo) che costruire e creare prosperità. Anche per questo i capitali, nel momento in cui la temperatura dello scontro dovesse salire, tenderebbero a cercare rifugio negli Usa piuttosto che altrove. Lehman Brothers ha insegnato molto. Per rimettere al posto loro i risparmiatori in coda agli sportelli ora c’è il bail in, i controlli di capitali “contro i terroristi” sarebbero tempestivi, e l’esperimento sociale greco dice che, tutto sommato, in sette anni si può portare una nazione indietro di cento senza che nessuno se ne lamenti troppo.
    I capitali di sicuro lasceranno a razzo l’Europa e il nostro caro debito pubblico. L’epicentro dell’evento, probabilmente, saremo noi. Viviamo proprio in anni interessanti, ed è importante è saperlo.

  13. L’articolo è molto interessante, l’ho riletto varie volte e ne condivido in pieno l’analisi. Tuttavia lei scrive anche che presto si aprirà una finestra di opportunità. Anch’io sono portato a concludere in questo senso, non fosse altro che il caos in cui sta sprofondando il sistema troverà comunque un limite ultimo, come sempre. Ma – ed è questa la mia domanda – chi potrà mai “agire” davvero in un simile contesto? Non certo i “players” in campo, che se non sono direttamente corresponsabili dell’attuale situazione di degrado, di certo non hanno (o non manifestano) le qualità necessarie per porvi un serio rimedio… Ed allora chi?

    1. Grazie, Luca! Sono felice che l’articolo ti abbia così interessato da leggerlo più volte!
      A livello internazionale, è palese lo spostamento di potere verso Oriente: in Eurasia ci sono i grandi attori di domani. A livello nazionale, italiano per intendersi, è presto per dire chi prenderà le redini: bisogna prima aspettare che la collusa e fallimentare classe dirigente “atlantica” sia spazzata via (non manca molto).

  14. Ottimo articolo, lucidissima e condivisibile analisi.
    Mi permetta di porle una domanda: l’attuale Pontefice, che definirei “CIA-friendly”, potrebbe risultare decisivo nel far pendere i destini del cosiddetto occidente verso una omologante pax-americana?
    Dopotutto l’Argentina, dove Francesco un po’ d’influenza ce l’ha, ha svoltato sul liberismo spinto. Per non parlare del “lampo di genio” di portare in Italia un gruppetto di “profughi” da Lesbo, giusto per indicargli la strada ora che i Balcani sono sbarrati…

    1. Visto il clamoroso fallimento del Giubileo e le piazze domenicali sempre più deserte, collocherei il gesuita Bergoglio non tra il “nuovo che avanza”, ma tra il “vecchio che si decompone”.

  15. Ciao, come vedi scrivo da uno dei luoghi (l’altro mi dicono che è dove opera la KFOR) colle opt-out alla balcanica che consentono adoperare € senza i fastidi gravanti noi.
    2 domande tecniche:
    Quale freeware adoperi per i gantt?
    Hai salvato backuppato e ci disporrai file stampabile, oltre al permalink sull’intestazione al gantt refreshed?….

    1. Fai una scampagnata fino alle bocche del Cattaro. Per il Gantt ho semplicemente “colorato” un foglio di Excel: c’è però la funzione apposita di Office… Appena stamperò qualcosa, sarai il primo ad averne una copia 😉

  16. Leggerti è sempre godibilissimo, Federico.
    Se ti avessi avuto come docente di storia a scuola, forse oggi la ricorderei con ben più gusto.
    Come sempre sei inarrivabile quanto a chiarezza.
    Bravo!!

  17. Buongiorno, ti seguo da un pò e trovo i tuoi interventi molto interessanti, ben documentati e scritti bene, complimenti!

    In questo articolo vedo però molti argomenti tutti assieme, forse per la leggibilità sarebbe auspicabile una sorta di “indice” interno agli articoli.

    Ritengo la tua analisi però viziata da un “bias” importante, che traspare nel modo in cui scrivi: hai analizzato i dati a tua disposizione e durante la spiegazione induci nel lettore (almeno in me), la sensazione che tutto sia inevitabile, preordinato.
    Personalmente ritengo il mondo un caos multipolare come mai nella storia, dove i blocchi evidentemente non esistono più da un pezzo ed ogni alleanza, nazione, gruppo, persegue i propri obbiettivi, spesso in contrasto tra loro. La tua lettura quindi cerca di dare un pò di ordine al caos, andando ad analizzare laddove forse ordine non c’è. La mia proposta é quindi: perché non fornire più angolazioni alle tue analisi, dentro l’articolo, anche a costo di confondere il lettore meno attento ?

    In questo articolo, per esempio, dai per certa la dissoluzione della UE, ma se questo scenario non si verificasse ?
    Lo stesso dicasi per il fatto che l’ISIS é in ginocchio.

    Ribadisco, la mia é una proposta, per rendere questo blog ancora più interessante.

    1. Come vedi, in quest’articolo non ho neppure inserito le note, perché il testo è secondario rispetto al grafico che è il cuore dell’argomentazione. Io mi limito ad individuare quelle che sono le principali dinamiche ed i loro probabili sbocchi: la dissoluzione della UE mi sembra molto alta nel 2016, come pure l’ISIS è oggettivamente in forte difficoltà, tanto che gli angloamericani stanno studiando il piano “B”, ovvero armarlo con missili spalleggiabili antiaerei. Nel caso del crollo borsistico cinese, sono state le stesse autorità di Pechino ad accusare George Soros e le banche americane; sull’eurocrisi ho davvero già scritto molto e non ho voglio di iniziare ogni volta ab nihilo: presuppongo di avere un pubblico che ormai un po’ mi conosce.
      Per “angolazione” credo che tu intenda i diversi possibili sbocchi alla situazione attuale: scenario 1,2,3, etc. E’ interessante, ma è anche una dispersione di energie: preferisco presentare quello a mio avviso più plausibile.

  18. in ogni modo il Ttip è un programma degli anni 90 del secolo scorso all’epoca chiamato partenariato transatlantico(o euroatlantico) .
    Col senno del poi La delega del potere nazionale(dei vari stati europei) alla cosiddetta ‘unione europea,ai tecnocrati di bruxelles avrebbe dovuto essere,anzi è la maniera più logica(e subdola) di mettere tutti d’accordo, nel senso che per i demoni imperiali(PERCHé SONO DEMONI IMPAZZITI QUELLI SEDUTI NELLA STANZA DEI VERI BOTTONI)è più semplice trattare o meglio imporre le proprie regole ad una sola entità(la tecnocrazia europea)piuttosto che ad una disordinata miriade di stati democratici ognuna con la sua storia e le sue velleità.(vedasi i francesi o gli olandesi).

    Quello che comunque è ASSOLUTAMENTE CERTO è che quanto sta succedendo oggi,dalla cosiddetta crisi del 2008 in poi non è una mera casualità,ma un deliberato proposito,un piano architettato in ogni minimo particolare diversi decenni fa e che è riassunto nel famigerato PNAC!

    ps. i due ufficiali cinesi autori del libro non hanno fatto altro che osservare trattare e raccontare la questione attraverso il loro punto di vista.
    Poiché fino a quel momento,ad eccezione dei fatti di piazza tienammen di qualche anno prima, la cina a quell’epoca, come entità, come stato sovrano era solo uno spettatore,magari morbosamente interessato, ma comunque solo uno spettatore rispetto a ciò che stava combinando il cosiddetto occidente.
    Uno spettatore senza il riflesso emotivo che coinvolge invece chi come noi ,già nel 1999 dentro questa MERDA c’eravamo fino AL COLLO!!!!!

    saluti e buon lavoro!!!!

  19. pubblicato su FB questo interessantissimo e lucido resoconto di storia contemporanea, definendolo diagramma apocrifo degli anni ’10

    1. Grazie Marco, ma questo è il vero “diagramma Dezzani”, apparso per la prima volta nel lontano maggio 2016. Ne sono poi apparse imitazioni negli anni successivi, quelle sì, apocrife. 🙂

      1. Ciao. Aspetta un poco, per favore, non lasciarti influenzare dal fateprestismo. Dagli una settimana agli spagnoli e ascolta gli spifferi della BRI prima di aggiornare i gantt. Grazie.
        Do not feed the trolls. I starve them

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