Ucraina: tranello afgano per Mosca

Se foste fatti di legno, alti un paio di centimetri, in prima fila con i vostri compagni, con una libertà d’azione limitata a 64 caselle, seguiti da cavalli, alfieri e torri, capireste di essere solo un misero pedone, sacrificabile alla prima occasione nella partita a scacchi che si gioca sopra la vostra testa? Probabilmente no. Richiederebbe una capacità d’astrazione ed una lucidità che in un pezzo di legno non si trovano, e non si trovano neppure in molti presidenti che, per stupidità o peggio ancora cattiva fede, non si accorgono di essere banali pedine di un gioco molto più grande, dove loro ed i cittadini che governano, posso essere fatti saltare alla prima occasione e senza nessun rimpianto.

A chi alludiamo? Ma ovviamente all’oligarca della cioccolata Petro Poroshenko, eletto presidente dell’Ucraina il 25 maggio 2014, ed immediatamente lanciatosi in un’operazione “antiterrorismo” contro i separatisti russofoni del Donbass, che nei suoi programmi sarebbe dovuta durare non per mesi ma per poche ore. L’esercito ucraino ottiene in effetti discreti successi contro gli insorti nella tarda primavera ed avanza fino alla seconda metà di agosto: a costo di 2.000 caduti la rivolta a Mariupol è domata, i carri si posizionano alla periferia di Donetsk e Lugansk ed i media occidentali danno per scontata la vittoria1 del governo centrale sui separatisti del Donbass.

A questo punto Mosca, guardandosi bene dal cadere nella trappola di impiegare l’esercito, aumenta il sostegno ai separatisti tramite l’invio di volontari, truppe irregolari ed armi: lo sforzo è sufficiente ad arrestare l’avanzata di Kiev che, perso l’impeto iniziale, mantiene le posizioni fino al tardo autunno ed inizia a dare segnali di cedimento strutturali a gennaio 2015: Mariupol è nuovamente contesa ed i soldati della Novorussia hanno circondato la cittadina di Debaltsevo, nodo ferroviario e stradale strategico per saldare le roccaforti di Donetsk e Lugansk2.

Il partito di Petro Poroshenko nel frattempo non sfonda alle legislative dell’ottobre 2014 e l’oligarca è costretto a formare un esecutivo con il nazionalista ed ardente filo-americano Arseniy Yatsenyuk cui spetta la carica di primo ministro. Allo sfaldamento del fronte militare nella Novorussia, si accompagna il continuo peggioramento dell’economia ucraina, vicina al collasso: se Kiev è riuscita a scaricare sull’Unione Europea e l’FMI il conto delle bollette energetiche, l’inflazione si aggira comunque attorno al 20%, la valuta locale ha perso quasi il 50% del valore rispetto al dollaro nel 2014, i bond sovrani con scadenza 2017 denominati in valuta straniera rendono il 30% e tutte le speranze sono riposte negli aiuti internazionali. Per incoraggiare il soccorso degli USA i dicasteri dell’Economia e delle Finanze sono stati assegnati a banchieri americani e lituani, freschissimi di passaporto ucraino e selezionati dalla fondazione Renaissance di George Soros3.

Se l’Ucraina è economicamente al collasso, ha fallito già ai primi di settembre la riconquista della Nuovarussia, l’operazione “antiterrorismo” è minata dalle diserzioni di massa4, ed a Kiev si respira aria di un secondo golpe da parte degli ultra-nazionalisti5, perché aprire improvvisamente alla fornitura di armi americane che Poroshenko invoca in tutte le sedi, Congresso degli Stati Uniti compreso, almeno dal settembre 20146?

È notizia di pochi giorni fa infatti che il Segretario americano alla Difesa Ashton Carter, ex-consigliere del Goldman Sachs ed ex-borsista ad Oxford della Rhodes Scholarship, si è espresso in favore dell’invio di armi letali al governo di Kiev, ipotesi immediatamente bollata come minaccia alla sicurezza nazionale da Mosca. A distanza di 48 ore il segretario generale della NATO, il norvegese (leggasi quindi britannico) Jens Stoltenberg, annuncia poi la creazione di una forza d’intervento rapida, 5.000 soldati, pronta ad essere impiegata in meno di 48 nell’est-europeo: per pura coincidenza le basi logistiche di questa “punta di lancia” saranno collocate nei paesi visceralmente russofobi (Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia) o comprati con poco dagli americani (Bulgaria e Romania).

Quello che Poroshenko ed i suoi concittadini ucraini ignorano è che sono semplici pedine di una partita a scacchi. In questo gioco Washington cerca ad ogni mossa l’escalation militare nel teatro ucraino, mentre Mosca, sebbene sia cosciente di lottare per la propria sopravvivenza, ha finora evitato l’uso dell’esercito regolare sul suolo di Kiev sapendo che avrebbe compiuto la mossa auspicata dall’avversario: l’ipotesi di inviare armi americane a Poroshenko, qualora si concretizzasse, non è quindi il tentativo di ribaltare la situazione militare sul campo (infattibile) ma è l’ennesima provocazione tesa a scatenare la reazione russa.

Una simile partita fu condotta dagli Stati Uniti in Afghanistan dove, riferisce l’allora consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski7, i servizi segreti americani riuscirono a trascinare i russi in guerra attraverso il sostegno sempre più palese ai talebani che combattevano il regime filo-sovietico di Kabul.

Il polacco naturalizzato americano Zbigniew Brzezinski, eminenza grigia dell’attuale conflitto ucraino, quando sul finire dell’estate auspicava il maggiore dispiegamento di truppe NATO nei paesi baltici8 o l’invio di materiale bellico a Kiev9 (tutti scenari già materializzatesi o in fase di attuazione), non aveva minimamente a cuore le pedine estoni od ucraine. Al contrario sapeva e sa che saranno sacrificate nel conflitto bellico in cui si vuole trascinare Mosca, ripetendo lo schema che portò all’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979 con il conseguente isolamento internazionale di Mosca (vedi boicottaggio delle Olimpiadi 1980) e l’estenuante contro-insurrezione durata per un decennio che avrebbe accelerato l’implosione dell’URSS.

Lo scenario attuale, accompagnato come la guerra afgana del 1979-89 dal parallelo crollo del greggio, è però enne volte più pericoloso ed imprevedibile: se nel 1979 Mosca combatteva in centro-Asia per l’espansione dell’impero sovietico, ora è spinta a combattere in Europa e per la sua stessa sopravvivenza. Il golpe ucraino, man mano che si chiarisce il disegno sottostante, non ha come obbiettivo l’ingresso di Kiev nella UE o nella NATO, ma il collasso economico e politico della Federazione Russa.

Nella mente di Zbigniew Brzezinsk, la Russia di oggi è come la Jugoslavia del 1991: un’entità sovranazionale in attesa di essere smembrata e sostituita da un mosaico di staterelli dilaniati da faide, corruzione e saccheggi. La differenza sostanziale, che rende esplosiva la situazione, consiste nel fatto che Mosca è la seconda potenza militare al mondo ed è dotata di testate nucleari tattiche e strategiche.

Sulle motivazioni che animano Washington e Londra abbiamo già parlato: in un contesto dove le barriere ideologiche sono crollate e gli Stati Uniti d’Europa sono abortiti, il terrore dell’establishment euro-atlantico è che l’Europa Occidentale, nonostante tutto ancora un polo all’avanguardia per tecnologia e produttività, si saldi alla Russia, enorme bacino di risorse umane e naturali, ed un domani si congiunga via ferrovia alla Cina, già prima economia al mondo. Per gli anglo-americani significherebbe essere espulsi dalla quella regione, definita “Heartland” dal padre della geopolitica Halford Mackinder nel 1904, che decide gli equilibri mondiali.

Indipendentemente dagli accordi di Minsk e dagli appelli del Papa, (è un indizio significativo che i media anziché usare toni concilianti scivolino ogni giorno di più verso l’interventismo[10]), nelle prossime settimane assisteremo ad un crescendo di tensione (fornitura di armi NATO a Kiev, attentati falsa bandiera, stragi di civili) con cui Washington ed i suoi satelliti tenteranno ad ogni di trascinare Mosca in un conflitto aperto con Kiev: l’escalation che ne seguirebbe ha esiti attualmente imprevedibili.

Possiamo solo ricordare che gli ultimi due imperi che hanno controllato l’Europa continentale sono caduti quando chi li guidava, nel tentativo di mettere in sicurezza il proprio dominio, ha deciso di debellare la Russia lanciandosi in disastrose campagne contro Mosca: Napoleone Bonaparte nel 1812 e Adolf Hitler nel 1941.

È altamente probabile che la storia si ripeta identica anche questa volta: la scacchiera su cui sarà giocata la partita è però ancora una volta l’Europa.

 

1http://www.lettera43.it/cronaca/ucraina-il-piano-di-kiev-per-vincere-la-guerra-nel-donbass_43675138417.htm

2http://www.metronews.it/15/01/31/ucraina-12-civili-morti-nodo-strategico-donetsk-lugansk.html

3http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-02/l-ucraina-vara-governo-ministri-stranieri-selezionati-cacciatori-teste-202117.shtml?uuid=ABjsv6KC

4http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/diserzione-di-massa-e-ammutinamento-delle-truppe-di-kiev-nell-est-ucraina-24148b8f-3e59-425b-917e-0f0a5ac4deb2.html

5http://www.internazionale.it/notizie/2015/02/02/i-volontari-del-battaglione-aidar-protestano-a-kiev

6http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2014/09/18/poroshenko-lucraina-e-come-israele_296a60ac-1ff5-48b5-8b11-831f18c669dd.html

7http://dgibbs.faculty.arizona.edu/brzezinski_interview

8http://www.kavkazcenter.com/eng/content/2014/09/02/19484.shtml

9http://www.huffingtonpost.com/2014/09/03/zbigniew-brzezinski-nato-putin-ukraine_n_5760068.html

10http://www.corriere.it/esteri/15_febbraio_02/gli-usa-puntano-ad-armare-kiev-guerra-ucraina-l-escalation-d792d302-aacf-11e4-87bf-b41fb662438c.shtml