Quel filo che unisce i terroristi del 13/11 ai servizi segreti francesi

È stata una settimana di ordinaria follia per la Francia e l’Europa quella che ha seguito gli attentati del 13/11: se non si ha più nessuna remora nell’attuare lo stragismo di Stato, a maggior ragione si perde qualsiasi freno inibitore nell’annunciare reali o potenziali minacce, pur di alimentare il clima di terrore. La Francia di François Hollande è precipitata ai tempi più bui degli Stati Uniti sotto George W. Bush: stesse complicità internazionali e deriva interna. A distanza di sette giorni dalla strage di Parigi è ormai chiaramente visibile il filo che unisce i terroristi al controspionaggio francese.

Il legame tra i terroristi di Parigi e la DGSE

Nota: qualche simpatica “manina” ha manomesso i pulsanti social. Chi volesse diffondere l’articolo, può copiare il link su Facebook o Twitter.

Tempi bui per l’Europa e notte fonda in Francia, così si può riassumere la situazione dopo gli attentati a Parigi di venerdì 13/11: a testimonianza che qualsiasi differenza politica si è ormai liquefatta nel Vecchio Continente e che i partiti conservatori e socialdemocratici sono due diverse facciate dello stesso sistema euro-atlantico, osserviamo un presidente socialista, François Hollande, trasformare la Francia, bastione dell’orgogliosa “Vecchia Europa” ai tempi dell’invasione angloamericana dell’Iraq, nel teatro del più violento e sanguinario stragismo di Stato. È perfettamente corretto parlare di “11 settembre europeo” perché la Francia si è involuta, sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy e François Hollande, allo stadio degli Stati Uniti ai tempi di George W. Bush e dell’attacco alle Torri Gemelle.

C’erano certo stati evidenti segnali che la Francia, a partire dalla presidenza di Sarkozy, avesse imboccato un pericoloso binario: il rientro nel comando integrato della NATO nel 2009, i trattati di Lancaster House del 2010 per rafforzare la cooperazione militare con il Regno Unito, la foga di avventarsi nel 2011 contro la Libia di Muammur Gheddafi nel quadro della più ampia destabilizzazione del Medio Oriente, gli sforzi dei servizi d’informazione francesi per rovesciare Bashar Assad a partire dal 2012, l’appiattimento nel 2013 sulle posizioni del Likud israeliano per quanto concerneva il programma nucleare iraniano1, la crescente dipendenza economica, come nel caso di USA e Regno Unito, dai petrodollari del Qatar e dell’Arabia Saudita2, il sostegno politico e militare di Parigi ai bombardamenti di Riad contro il vicino Yemen3.

La strage di Charlie Hebdo era stato il primo, fragoroso, campanello d’allarme, ma difficilmente qualcuno avrebbe mai immaginato che lo stragismo di Stato raggiungesse i livelli toccati il 13/11.

Rispetto alla nostra ultima analisi del 16 novembre, si allunga la lista dei terroristi ufficialmente coinvolti negli attentati, di cui riportiamo sotto l’elenco.

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Abbiamo evidenziato in giallo i nomi dei terroristi noti alla polizia e/o ai servizi segreti belgi e francesi: come si può constatare sono il 100% dei nominativi, se si esclude il kamikaze dello Stade de France il cui passaporto siriano è di dubbia autenticità. L’attentato non è quindi stato perpetrato da sfuggenti islamisti ignoti alle forze dall’ordine, ma da piccoli criminali (sotto l’effetto di anfetamine) e mussulmani radicalizzati già noti ai servizi: qualsiasi forza di polizia, dopo la lunga serie di attentati di quest’anno, avrebbe tenuto sotto osservazione quei nomi o perlomeno uno di essi, sufficiente a scoprire il resto dell’organizzazione.

Nel pomeriggio di martedì 17 arriva la rivendicazione “ufficiale” degli attentati (nel senso che le autorità e la stampa le attribuiscono tale ufficialità): è un audio, il cui contenuto è diffuso da “fonti vicine all’inchiesta”, dove il francese Fabien Clain, attualmente in Siria, legge un proclama dell’ISIS4:

“Un groupe ayant divorcé avec la vie d’ici-bas s’est avancé vers leur ennemi, cherchant la mort dans le sentier d’Allah (…) Huit frères portant des ceintures d’explosifs et des fusils d’assaut ont pris pour cible des endroits choisis minutieusement à l’avance au cœur de la capitale française: le stade de France lors du match des deux pays croisés la France et l’Allemagne (…), le Bataclan où étaient rassemblés des centaines d’idolâtres dans une fête de perversité ainsi que d’autres cibles dans les Xe, le XIe et le XVIIIe arrondissement et ce simultanément. “Ils ont déclenché leurs ceintures d’explosifs au milieu de ces mécréants après avoir épuisé leurs munitions, qu’Allah les accepte parmi les martyrs. Cette attaque n’est que le début de la tempête”.

La rivendicazione è una semplice cronaca dei fatti, condita con qualche spruzzata di islamismo a buon mercato.

Ciò che è invece interessante è il personaggio cui appartiene la voce della registrazione, ossia il 35enne francese Fabien Clain: convertito all’Islam negli anni ’90, radicalizzatosi nel 2004, gestisce un flusso di jihadisti francesi verso l’Irak finché nel 2008 non è arrestato e condannato a cinque anni di prigione. Poi, nell’agosto del 2012 esce dal carcere, si trasferisce in Normandia, nel giugno del 2013 intenta causa ad un’emittente televisiva sull’onda di un reportage in cui è citato5 e, quel punto, “sfugge ai controlli” dei servizi segreti francesi per ricompare, nel primo semestre del 20146, come volontario in Siria.

Perché Fabien Clain, un personaggio cui non interessa molto difendere il suo buon nome dati i trascorsi giudiziari, intenta nel 2013 una causa per diffamazione contro l’emittente France Télévisions?

L’oggetto della disputa è un reportage di France TV dove si asserisce che Fabien Clain è stato un intimo amico di Mohamed Merah, autore nel marzo degli 2012 degli attentati di Tolosa e Montauban durante cui sono uccisi nell’arco di due settimane tre militari e quattro civili di religione ebraica, tra cui tre bambini. Clain controbatte dicendo che quando Merah commetteva gli assassini lui era in carcere e, soprattutto, negando di essere mai stato un amico del terrorista che semina il panico a bordo dello scooter TMAX.

In realtà più inchieste giornalistiche hanno stabilito che Fabien Clain e Mohamed Merah si conoscono fin da quando il francese convertito all’islam organizza il trasferimento di volontari in Iraq: Clain è infatti una sorta di guida spirituale nella comunità islamista di Tolosa, tanto che quando Merah sarà arrestato per reati comuni si metterà in contatto con Clain tramite corrispondenza7.

Perché un personaggio come Fabien Clain, da sempre associato agli ambienti islamisti, con una condanna alle spalle per favoreggiamento del terrorismo internazionale nonché futuro volontario in Siria contro Bashar Assad, intenta una causa per diffamazione contro France TV per essere stato associato a Merah?

Ci deve qualche sfaccettatura del profilo Mohamed Merah che non vuole assolutamente sia traslata su di lui e difficilmente, dato il personaggio, è la natura di terrorista. Come emergerà nel tempo, mese dopo mese, Mohamed Merah non è un piccolo delinquente qualsiasi, un magrebino radicalizzatosi in carcere e convertitosi al terrorismo una volta libero, bensì un collaboratore della DGSE, il controspionaggio francese: secondo il famigliare di una delle vittime degli attentati di Tolosa e Montauban, al padre di Mohamed Merah sarebbero stati dati 30.000 euro per la consegna di due video-confessioni, ciascuno dalla durata di venti muniti, dove il giovane magrebino spiega la sua collaborazione con i servizi segreti francesi8.

Ecco cosa induce quindi Fabien Clain, l’autore del messaggio audio che rivendica la strage del 13/11, a fare causa a France TV: teme di essere anch’esso associato alla DGSE. Merah era una sorta di suo discepolo, tanto da scrivergli dal carcere: se Merah è un collaboratore dei servizi francesi, quante sono le probabilità che lo sia anche il “suo maestro” Clain?

Ciò spiega come il francese convertito all’islam riesca magicamente a scomparire dai radar della sicurezza francese nel primo semestre del 2014 e riapparire in Siria, tra le fila degli estremisti che combattono Bashar Assad che Parigi, Londra, Washington e Tel Aviv cercano disperatamente di rovesciare sin dal tardo 2011.

Fabien Clain, il terrorista dell’ISIS che rivendica la strage del 13/11 è quindi, quasi certamente, un collaboratore della DGSE. Procediamo con l’analisi.

All’alba di mercoledì 18 si svolge l’assalto al covo dei terroristi nel quartiere di Saint-Denis, rue de la République angolo la rue du Corbillon, poco distante dallo Stade de France dove il 13/11 si sono fatti esplodere i tre kamikaze. È il blitz di cui la stampa non lesina particolari, perché è la vendetta della giustizia contro i malvagi terroristici islamici che minacciano lo stile di vita occidentale: teste di cuoio addestrate dal Mossad, cecchini, granate, esplosioni, droni, 5.000 proiettili sparati, poliziotti feriti9, etc. etc. Per guadagnare alla causa della lotta all’islamismo anche gli animalisti, si dà grande risalto al sacrificio del cane artificiere Diesel, anche lui caduto nella guerra al Califfo. A distanza di circa 24 ore si avrà la conferma della notizia anticipata nella tarda serata del 18 dal Washington Post10 (i media americani sono sempre incredibilmente un passo avanti quando si tratta di terrorismo): tra gli occupanti dell’appartamento uccisi c’è anche il 28enne belga di origine marocchina Abdelhamid Abaaoud, la “mente” degli attentati del 13/11.

Innanzitutto, come scova la polizia la base dei terroristi a Saint-Denis? Così scrive Le Monde11:

C’est un renseignement parvenu aux enquêteurs lundi, aux environs de 17 heures, qui les a conduits à Saint-Denis. Au début, les policiers sont assez sceptiques sur la crédibilité du renseignement qui leur est transmis. Après de nombreuses vérifications, notamment téléphoniques et bancaires, ils acquièrent la conviction qu’Abdelhamid Abaaoud et sa cousine Hasna Aitbouhlacen peuvent se trouver dans l’appartement de la rue du Corbillon.”

Lunedì 16, ore 17, sul tavolo degli inquirenti arriva un’informazione, la cui origine è ovviamente ignota; subito sono abbastanza scettici; poi si mettono a scartabellare tabulati telefonici e bancari (il particolare ha il sapore di un’invenzione, visto che l’appartamento è occupato abusivamente e difficilmente i terroristi usano i bonifici per pagare l’affitto); infine si convincono che la mente degli attentati del 13/11, Abdelhamid Abaaoud, è in quella casa: dalla trama si direbbe che l’autore aveva fretta di chiudere la storia e ricorrendo al deus ex machina dell’informativa anonima ha snellito parecchio il racconto.

Nella notte tra il 17 ed il 18 le teste di cuoio militarizzano il quartiere e parte “The battle of Saint-Denis” come titola il britannico The Indipendent, durante cui sono uccisi (raramente i terroristi sono catturati vivi) Abaaoud, la cugina che si fa saltare in aria ed un numero imprecisato di terroristi che varia da una a tre persone. L‘indeterminazione è infatti il tratto saliente degli attentati del 13/11: tutto è indefinito (numeri, nomi, luoghi, date), quasi che la confusione fosse deliberatamente alimentata per insabbiare eventuali errori.

Ora, veniamo al “cervello” delle stragi del 13/11, il belga di origine marocchina Abdelhamid Abaaoud: nato a Bruxelles nel 1987, figlio di un negoziante di Molenbeek, partito nel 2013 per la Siria portandosi con sé il fratello 13enne, nome di guerra “Abou Omar Soussi”, il giovane magrebino è, già prima degli attentati allo Stade de France ed al Bataclan, uno dei terroristi più ricercati d’Europa. Giunto in Siria, pur non avendo alcuna preparazione militare (il padre lo definiva “un buon commerciante”), Abaaoud emerge rapidamente come pezzo grosso dell’ISIS, acquistando notorietà grazie ai filmini che il SITE Intelligence Group dell’israeliana Rita Katz è solito scovare in rete: un video lo immortala sorridente al volante di un fuoristrada cui sono agganciati dei cadaveri, mentre in altri fotogrammi appare a fianco del fratello, “il più giovane” jihadista della Siria12.

Alla fine del 2014, nonostante sia ormai un personaggio famoso del terrorismo islamico, è protagonista di un primo avventuroso viaggio in Belgio per organizzare attacchi terroristici: riesce incredibilmente già una prima volta ad entrare in Europa senza difficoltà e, doppia fortuna, a riguadagnare la Siria. Qualche mese dopo, sul giornale propagandistico “Dabik” dello Stato Islamico, l’ormai celebre Abdelhamid Abaaoud decanta i suoi spostamenti in Europa nonostante sia tra i terroristi più ricercati d’Europa: con la spavalderia dei ventenni il belga si vanta della sospetta capacità di scivolare tra le maglie della sicurezza, lasciando intendere che lui è “speciale”.

Il 15 gennaio 2015 la polizia belga effettua un blitz a Verviers nel quale rimangono uccisi due presunti terroristi, intenti a progettare un attacco contro il Palazzo di Giustizia di Bruxelles: sull’onda delle indagini Abdelhamid Abaaoud è condannato in contumacia a 20 anni di carcere, confermandosi tra gli elementi più pericolosi e, teoricamente, braccati d’Europa.

Il suo nome riappare sui radar della polizia quando nel mese di aprile il giovane algerino Sid Ahmed Ghlam è arrestato con l’accusa di pianificare un attacco terroristico contro la chiese di Villejuif, alle porte di Parigi, e di aver ucciso una donna nel tentativo di rubare un’auto per l’operazione: Abdelhamid Abaaoud sarebbe uno dei mandatari dell’attentato e dalla Siria avrebbe incitato il giovane algerino ad entrare in azione13.

Qual è l’altro nome del nostro racconto legato al mancato attacco alle chiese di Villejuif? Nientemeno che il francese convertito all’islam Fabien Clain14, il collaboratore della DGSE. Di conseguenza, ipotizzare che Abdelhamid Abaaoud, il cervello delle stragi del 13/11, abbia anch’esso lavorato per i servizi segreti francesi non solo è lecito, ma spiegherebbe anche la sua capacità di viaggiare indisturbato tra Siria e Belgio. Non solo, gli inquirenti sospettano anche il suo coinvolgimento sul fallito attentato al treno alta velocità Amsterdam-Parigi del 21 agosto, sventato grazie al provvidenziale inceppamento dell’AK-47 in possesso del terrorista ed al rapido intervento di due militari americani.

Abdelhamid Abaaoud, in sostanza, sembra essere coinvolto in tutte le operazioni di terrorismo riconducibili alla strategia della tensione e, con alta probabilità, vi partecipa in qualità di uomo della DGSE. Ciò spiega come possa (gli sono attribuiti in totale sei viaggi in Siria) rientrare un’ultima volta in Europa dalle roccaforti dell’ISIS, senza che nessuna forza di polizia o servizio segreto lo intercetti.

Rientrato in Belgio ha piena libertà di progettare gli attentati del 13/11 con il suo amico di infanzia Saleh Abdeslam, mettendo in piedi un’organizzazione di 20-25 persone e procurandosi fucili automatici ed esplosivi, senza ovviamente che la polizia, il DGSI o il DGSE si accorgano di qualcosa. Com’è possibile? La spiegazione più logica, di nuovo, è che il controspionaggio transalpino fosse perfettamente a conoscenza della mosse di Abaaoud, lasciandolo agire indisturbato o addirittura incitandolo a passare all’azione: si può ipotizzare che “la soffiata” alla polizia circa il covo dei terroristi sia partita direttamente dalla DGSE, decisa a eliminare il proprio elemento a missione completata.

Già, perché la costante dei blitz delle teste di cuoio contro i terroristi islamici è che nessuno di questi è mai preso vivo: Mohammed Merah, ucciso da un cecchino con un colpo alla testa nonostante fosse facilmente catturabile vivo, i fratelli Kouachi, uccisi nel blitz del Groupe d’intervention de la Gendarmerie nationale nonostante fossero asserragliati da soli in un’azienda, consentendo l’uso di granate stordenti e gas soporiferi, idem per Abdelhamid Abaaoud, la cugina Hasna Aitbouhlacen e gli altri misteriosi (esistenti?) occupanti del covo a Saint-Denis. Sia il fabbricato che la conformazione dell’appartamento15, con finestre affaccianti sul cortile, avrebbero consentito l’utilizzo di gas lacrimogeni o disabilitanti, invece il GIGN sceglie di passare per la porta d’ingresso, stranamente blindata nonostante l’appartamento fosse occupato illegalmente e la casa fatiscente, perdendo così l’effetto sorpresa: a quel punto entrano in azione fucili di precisione e mitragliatori e, sparando 5.000 colpi, si ha la certezza che nessuno sopravviva.

Adieu Abaaoud! Come Merah, porti nella tomba le inconfessabili verità sui tuoi rapporti con i servizi segreti francesi.

Una settimana di ordinaria follia

Se lo Stato non ha più nessuna remora nell’attuare stragi in cui sono uccise 130 persone, è facile immaginare che si perda qualsiasi freno inibitorio nel minacciare rischi presunti o immaginari. La settimana che segue gli attentati del 13/11 è infatti vissuta all’insegna del terrore, con continui annuncia di bombe su treni ed aerei, attentanti dinamitardi a stadi, possibili attacchi chimici e batteriologici, falsi allarmi e segnalazioni in tutta Europa per la presenza di cellule terroristiche dell’ISIS.

Fear of new terrorist plots spreads” titola il Washigton Post mentre su testate più sensazionalistiche come l’Huffington Post si legge il tautologico “La paura del terrore travolge l’Europa”.

Riportiamo la scaletta degli avvenimenti di questi ultimi sette giorni di ordinaria follia:

  • lunedì 16, è diffusa la notizia che il terrorista in fuga Saleh Abdeslam ha varcato il confine di Ventimiglia e si cerca una Seat nera targata “GUT 18053”;
  • martedì 17, Hannover, allarme bomba allo stadio dove si dovrebbe svolgere l’amichevole Germania-Olanda: i tifosi sono evacuati, le forze dell’ordine perlustrano la struttura, il volo su cui viaggiano Angela Merkel ed il ministro degli interni Thomas De Maiziere rientra a Berlino, la città di Hannover è gettata nel panico con le forze dell’ordine che invitano i cittadini a non uscire di casa. Fonte del possibile attacco, rivelatasi poi infondata? I servizi segreti francesi ovviamente;
  • 18 novembre, Gare de Paris Nord, l’ingresso agli Eurostar è chiuso per un sospetto pacco bomba;
  • 19 novembre, allerta bomba su un volo da Varsavia a Hurghada, Egitto;
  • 19 novembre, il direttore dell’Europol, il britannico Rob Wainwright, rassicura le masse affermando che16l’Isis vuole esportare in Europa la sua atroce violenza. Hanno enormi risorse e sono possibili altri attacchi”;
  • 19 novembre, il premier francese Emanuel Valls sostiene davanti all’Assemblea Nazionale che i terroristi possono ricorrere ad armi chimiche e batteriologiche;
  • 19 novembre, possibili attentati in Italia da parte dell’ISIS secondo l’FBI: San Pietro, il Duomo e la Scala a Milano tra i potenziali obbiettivi.

Sfruttando il clima di terrore internazionale, l’Assemblea francese approva l’estensione a tre mesi dello stato d’emergenza , come richiesto da François Hollande: sono facilitate le perquisizioni, è possibile censurare la stampa, vietare le manifestazioni e gli assembramenti, dirottare il traffico. Il presidente socialisti si offre all’opinione pubblica come nuovo Charles De Gaulle, costretto a decretate lo stato d’emergenza sull’onda della crisi algerina: l’eroe che invita all’unità nazionale sotto la minaccia di un pericolo mortale per la République française. Servirà?

Secondo i primi sondaggi pubblicati dopo la strage del 13/11 il 73% dei francesi gradisce come François Hollande sta gestendo la crisi, ritenendolo “à la hauteur de la tragédie17. Un simile rimbalzo nell’indice di gradimento si era già verificato a gennaio, dopo la strage di Charlie Hebdo, dimostrandosi però di breve durata, considerato che nell’ottobre del 2015, un mese prima della strage del 13/11, solo il 22% dei francesi si esprimeva favorevolmente su Hollande mentre il 44% affermava di non nutrire nessuna fiducia nel capo dello Stato18. Nicolas Sarkozy faceva poco meglio, con un indice di gradimento al 26% ed il 43% dei francesi che avevano un immagine molto negativa dell’ex-presidente: una debacle per i due capofila dei partiti d’establishemnt, PS ed UMP.

Le elezioni regionali del 6-13 dicembre nel frattempo si avvicinano e, paradossalmente, gli attentati del 13/11 diretti dalla DGSE sembrano aver ulteriormente gonfiato le vele al partito anti-establishment par excellence, ossia il Front National, dato in testa ai sondaggi con il 27% delle intenzioni di voto, contro il 26% del PS ed il 25% dell’UMP19.

In vista delle strategiche elezioni presidenziali del 2017, si va verso un blocco d’unità nazionale tra PS e UMP, pur di arginare l’FN anti-euro ed anti-NATO? Se così fosse, la strategia della tensione tornerà presto a far parlare di sé.

 

merah

1http://www.france24.com/en/20131011-hollande-promises-israel-support-iranian-nuclear-threat

2https://fr.finance.yahoo.com/actualites/monarchies-golfe-hollande-invit%C3%A9-dhonneur-dun-sommet-r%C3%A9gional-050802021.html

3http://www.france24.com/fr/20150412-laurent-fabius-soutient-poursuite-raids-saoudiens-yemen-arabie-saoudite-houthis-france-riyad

4http://www.ladepeche.fr/article/2015/11/17/2219071-jihadiste-francais-fabien-clain-revendique-attentats-nom-ei.html

5http://www.20minutes.fr/societe/1168487-20130605-20130605-presente-comme-proche-merah-reportage-attaque-france-televisions-justice

6http://www.challenges.fr/france/20151117.CHA1717/attentats-fabien-clain-un-veteran-du-djihadisme-proche-de-merah.html

7http://www.lexpress.fr/actualite/societe/fait-divers/attentat-manque-de-villejuif-relation-avec-merah-qui-est-fabien-clain_1704305.html

8http://www.lepoint.fr/invites-du-point/sihem-souid/la-dgse-aurait-achete-le-silence-du-pere-de-mohamed-merah-09-06-2015-1934712_421.php

9http://www.huffingtonpost.it/2015/11/19/blitz-sain-denis-racconto_n_8598452.html

10http://www.reuters.com/article/2015/11/18/us-france-shooting-suspect-report-idUSKCN0T72ND20151118#qorbFlsudljU83AY.97

11http://www.lemonde.fr/attaques-a-paris/article/2015/11/19/confusion-apres-l-assaut-de-saint-denis_4813390_4809495.html

12https://www.youtube.com/watch?v=jJefvcdYwIk

13http://www.lemonde.fr/attaques-a-paris/article/2015/11/16/qui-est-abdelhamid-abaaoud-le-commanditaire-presume-des-attaques-de-paris_4811009_4809495.html

14http://www.liberation.fr/societe/2015/08/04/fabien-clain-de-la-pme-islamiste-au-jihad-syrien_1358714

15http://www.lemonde.fr/attaques-a-paris/article/2015/11/19/l-assaut-a-saint-denis-raconte-par-le-patron-du-raid_4812977_4809495.html

16http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/ContentItem-1b175df2-1aa3-43e2-86f0-74a40b008ef0.html

17http://www.bfmtv.com/politique/attentats-73percent-des-francais-estiment-que-hollande-est-a-la-hauteur-930980.html

18http://www.lepoint.fr/politique/sondage-hollande-sarkozy-un-rejet-franc-et-massif-09-10-2015-1972037_20.php

19http://www.20minutes.fr/politique/1734511-20151119-regionales-2015-front-national-vire-tete-premier-tour-elections

24 Risposte a “Quel filo che unisce i terroristi del 13/11 ai servizi segreti francesi”

  1. Ciao federico,
    bell’articolo, molto interessante come sempre.
    Ho una domanda:
    e se gli attentati a parigi fossero un espediente per chiudere i confini dell’unione europea un po’ come fanno gli stati uniti (controlli serrati alle dogane, identificazione anche via impronta digitale, breve colloquio con addetto alla dogana], e risolvere implicitamente anche la questione dei rifugiati?

    1. Grazie, Marco.
      Il traffico dei rifugiati è gestito dalla NATO: prima il grosso partiva da Tripoli che è controllata dagli islamisti supportati da Qatar, Turchia, GB, USA ed Israele. Poi hanno aperto la via balcanica per sommergere la Germania, che stava uscendo abbastanza indenne dall’ondata migratoria. La Merkel, che obbedisce alle direttive atlantiche, non a caso ha spalancato le porte.
      Ti consiglio:
      http://federicodezzani.altervista.org/emergenza-immigrazione-ed-isis-lextrema-ratio-salvare-la-ue/

  2. lo stato di emergenza in Francia arriva in un momento in cui la popolarità del PdR francese e del suo governo è ai minimi termini.
    Qualche anno fa sarebbe stato impensabile vedere una Francia in uno stato di vassallaggio tale che al cospetto l’Italia sembra una nazione sovrana.
    La Francia è diventata lo sgherro dei gruppi di potere (n)euro-atlantici, quei gruppi che commissionano il rovesciamento dei regimi degli stati nazione a bande di psicopatici.
    Il Leviatano mostra il suo vero volto non riuscendo più a dissimulare il suo vorace parassitismo con una, seppur finta, parvenza di principio etico o universalistico.
    Secondo lei come è stato possibile che in così breve tempo la Francia gaullista si sia trasformata nello zerbino della mafia geofinanziaria? Quella mafia ben identificabile che subappalta il lavoro sporco a pseudo-entità politiche di cartone (Qatar, EAU, Saudi Arabia) che a loro volta si servono di paesi europei in crisi economica per portare a termine le operazioni militari che mai sarebbero esse in grado di realizzare.

    1. L’esperienza gollista si può considerare l’eccezione, non la regola: già Charles De Gaulle faticò non poco a restare vivo, tra le decine di attentati orchestrati dall’OAS, succursale francese di CIA e MI6. Il suo successore, Georges Pompidou, era già del giro euro-atlantico, essendo l’ex-direttore di Rothschild France. La degenerazione finale è però raggiunta con l’abbandono del franco e l’arrivo di Sarkozy/Hollande: l’euro rende ricattabile il Paese e i due presidenti sono ben contenti di piegare la Francia alla volontà delle oligarchie anglofone.

  3. e per quanto riguarda i prossimi eventi, lei crede che FN e Marine Le Pen siano già stati cooptati o che svolgeranno il ruolo di utili idioti?
    (da un bel po’ la Le Pen sta facendo maquillage in visto della sua assunzione ai vertici della politica francese)

    1. Hmmm… nutro forti dubbi che qualche cambiamento possa arrivare dalla politica. Se qualcosa cambierà sarà attraverso un processo rivoluzionario, coincidente con forti “perturbamenti” internazionali.

    1. Caro amico,
      ho letto l’intervista su La Stampa a Casaleggio di qualche giorno fa dove, tra le altre cose, parla degli attentati del 13/11. Ho trovato ulteriori conferme alle mie tesi: non a caso, un’analisi sui fatti di Parigi di questo tenore, non sarà mai pubblicata sul sito di Grillo.

  4. Cred che fino a che non verrà a galla la verità sulle Torri Gemelle, non si arriverà ad una soluzione del problema. Perchè da quella bugia discende tutto il resto. Ogni nazione europea, in occasione di elezioni, sarà affetta da attacchi terroristici della durata di un anno.
    Chi potrà farlo? Nessuno. Putin sa, ma se lo documentasse, correrebbe dei rischi anche lui. Si va avanti con ricatti incrociati tra tutti gli europei ed atlantici. D’altronde in Francia la componente filo-israeliana è molto influente. L’elezione di Sarkozy, è stata la cartina di tornasole.Da lì è cambiato tutto.

    1. Putin sa? Se Putin sapesse, e documentasse, potrebbe spazzare via l’establishment statunitense inun attimo, facendo perdere agli USA tutta l’influenza che hanno su qualunque stato del mondo. E che Putin possa correre dei rischi è davvero risibile. Il problema è un’altro: non c’è nulla di segreto da sapere sull’11/9. E’ come per gli sbarchi lunari: se i russi avessero saputo che non erano veri, lo avrebbero detto, e sarebbe stato tutto a loro vantaggio.

        1. A lei!
          Ma a propostio, anche secondo lei Putin ha le prove ma le tiene per se per timori di rappresaglie?

        2. La Russia sa come sapeva l’URSS. Non siamo ingenui. L’URSS sapeva certo delle possibilità reali e delle difficoltà oggettive. Ragazzi, l’allunaggio è andato in diretta televisiva… di che parliamo? C’è chi dice che l’orso che fa una fellatio ed un colletto bianco in Shining sia l’opinione di Kubrik sul fatto che l’URSS ha retto il gioco.
          Sempre seguendo il mero buonsenso: è possibile credere che Putin si faccia buttare giù un aereo (che voleva non armato!) dai turchi essendo perfettamente al corrente di che razza di guerra sia e con chi abbia a che fare? It takes two to tango…

  5. Spiace cantare fuori dal coro dei commenti, ma la certezza con cui Dezzani attribuisce la paternità degli attentati a Hollande sulla base delle informazioni riportate fa acqua da tutte le parti: per Dezzani il presidente francese in calo di popolarità decide, evidentemente in accordo con il resto del governo, di organizzare e realizzare prima la strage di Charlie Hebdo, poi quella del 13/11 per recuperare nei sondaggi…

    A chi si affida Hollande per 2 operazioni tanto delicate? A dei professionisti del ramo, così da non rischiare che lascino indizi che compromettano il governo mandante? A delle bombe messe dal governo in posti chiave e poi rivendicate a nome ISIS? A dei droni da far calare e saltare nello stadio? No, a dei piccoli delinquenti sotto anfetamine pescati dalla banlieus di Parigi!

    Ora, a parte che mettendosi in mano a questi Hollande avrebbe corso un rischio del 99% che qualcosa andasse a p* facendogli fare una figura di m* un tantino più grande della storia dell’amante, resta da spiegare perché i piccoli delinquenti teleguidati dalla DGSE fossero disposti a farsi saltare in aria con cinture esplosive in nome della popolarità del presidente francese.

    Ma ammettiamo che lo fossero, 2 operazioni del genere richiedono enormi complicità a tutti i livelli, dai membri del governo, alla polizia, ai militari, ai servizi segreti e giù fino al tizio che ti affitta l’appartamento o la macchina: una catena di qualche centinaio (migliaio?) di persone, tutte d’accordo, senza nessuna fuga di notizie, nessun ripensamento, nessun pizzino, nessun pentito, nessuna gola profonda, tutti come un sol uomo pronti a fare strage di civili per arrivare pronti alle elezioni del 2017… Che poi, come è ovvio, gli attentati finiscano col favorire più il Front National che non il suo partito deve essere un dettaglio sfuggito al presidente.

    1. 1. qualche commissario di troppo si è suicidato negli ultimi mesi a Parigi e dintorni:
      http://www.20minutes.fr/societe/1512875-20150108-limoges-commissaire-police-suicide-police-judiciaire
      2. ora si scopre che i servizi segreti sapevano quasi tutto, ma avevano “la mani legate”
      http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/parigi-bufera-su-007-francesi_2144891-201502a.shtml
      3. il legame tra i piccoli delinquenti ed i servizi è talmente palese che mi sono bastati 20 link per dimostrarlo. La verità è per pochi, anche se alla luce della sole: molti sono conniventi altri non riescono comunque a capire. Spero per lei, Morris, che appartenga alla prima categoria.

  6. 1)Ma che notizia è questa? Me lo spiega? Cosa dimostra? La polizia francese ha da sempre tassi altissimi di suicidi nei suoi ranghi.

    2)Mi pare ci sia una bella differenza tra il sapere che ci potrebbe essere un attentato e non riuscire a prevenirlo e l’esserne materialmente autori e complici, come da lei sostenuto.

    3)Il problema è che una tesi della portata di quella da lei avanzata non si dimostra a colpi di “20 link” come fa lei, ma con prove e fatti concreti, investigati e dimostrati.

    Le faccio peraltro notare che nella sua furia di linkare non ha risposto a nessuno dei rilievi che le ho fatto nel precedente post.

    1. Sì, siamo in combutta io, France TV, le Point.fr: vogliamo convincere tutti che Mohammed Merah, l’amico del terrorista che ha rivendicato l’attentato del 13/11, abbia lavorato per la DGSE.

      Saluti.

  7. Il problema è che lei, a differenza di France TV, le Point.fr, vuole anche convincere tutti che Hollande in persona (con la complicità di governo, polizia, servizi segreti, militari, criminali assortiti…) ha ordito, ordinato e coordinato 2 stragi di civili a Parigi per risollevare la sua popolarità in calo…

    1. Sono morte 150 persone da inizio anno in attentati terroristici. Perchè non si è dimesso UNO tra ministri, servizi e polizia? Perchè quest’incredibile indulgenza da parte del capo dello Stato?
      Le concedo l’ultima parola, poi basta.

  8. Lei continua a NON rispondere e a cambiare discorso. E allora le ripeto: 1) Dove sono le prove a sostegno della sua teoria che Hollande abbia ordito, ordinato e coordinato queste stragi? 2) Cosa ci ha guadagnato? 3) Perché si sarebbe affidato a dei balordi delle banlieues, rischiando di farsi scoprire, invece che a dei professionisti? 4) Perché questi balordi si sarebbero sacrificati per Hollande? 5) Come è possibile che delle centinaia/migliaia di complici a tutti i livelli che simili operazioni richiederebbero nessuno si sia opposto, pentito o abbia lasciato trapelare il complotto?

    Quando uno fa un’accusa del genere me la deve dimostrare fino in fondo, a prova di ogni ragionevole dubbio. Sono io che le concedo l’ultima chance di rispondermi punto per punto.

    1. 3)
      Perché si sarebbe affidato a dei balordi delle banlieues, rischiando di farsi scoprire, invece che a dei professionisti?

      un professionista è poco incline a sacrificarsi in un’operazione sucida, inoltre una volta ridotto a cadavere sarebbe facilmente riconosciuto per quello che era : un professionista appunto, con background militare o paramilitare importante e legami con apparati vari.
      Uno sbandato è molto più manipolabile : se è un fantico religioso o persino politico convincerlo a immolarsi per la causa non è certo impresa impossibile dopo un bel lavaggio del cervello, se è un piccolo criminale può essere usato e incastrato con grande faciltà dai servizi ( si veda ad esempio la storia della banda della Magliana per avere un esempio anche piuttosto recente di contatti comprovati tra servizi deviati e criminali comuni].
      Uno sbandato una volta ridotto a cadavere e identificato porta solo ad altri sbandati, difficilmente si potrà risalire a contatti con strutture o apparati vari di una certa importanza.
      Ipotizzando che un servizio deviato voglia creare ad arte un attacco terroristico, c’è una probabilità del 100% che NON siano usati professionisti facilmente riconducibili a certi ambienti, molto meglio manipolare dall’esterno menti deboli evitando qualsiasi contatto diretto, ma limitandosi a sostenere logisticamente l’operazione per assicurarsi che sia effettuata nei modi previsti.
      Gli attentati terroristici fatti da professionisti nella storia non sono abbondanti : sono molti di più quelli compiuti da sbandati, quasi tutti oserei dire, e poi l’indagine finisce lì, i mandanti non ci sono, se ci sono sono altri sacrificabili : gli esempi sono infiniti, basta citare gente come Larry Lee Oswald ( poi eliminato da un altro sbandato ), oppure i fratelli della strage di Boston, oppure gli anarchici e gli ordinovisti che sono stati implicati a vario titolo nella strage di Piazza Fontana.
      I depistaggi compiuti dallo stato italiano ( minuscolo ) tramite i suoi apparati sono fatti, non complottismo di bassa lega : manine misteriose sono intervenute praticamente sempre, da Ustica passando per la stazione di Bologna, persino per la Uno Bianca,
      In conclusione, secondo me Dezzani non afferma nulla di eretico su questo punto : il terrorismo di Stato, ammesso che si voglia ammettere la sua esistenza, si avvale di scheggie impazzite e depistaggi sempre e comunque.
      Ho più perplessità sul fatto che individui come Hollande contino veramente qualcosa, secondo me questi attacchi false flag ( sempre nel’ipotesi che siano tali ) vengono subiti più che orditi da fantocci come i politici, dubito che dei camerieri siano messi al corrente di eventuali piani di questo tipo dai loro padroni.

      1. l’11 Settembre non ha insegnato nulla.
        “come si fa ad organizzare una cosa così grande senza che qualcuno parli?”
        Certo: poi 2 torri cadono su se stesse in caduta libera dopo 1 oretta che un aereo le ha colpite, ed un terzo grattacielo casca da solo, stranamente lo stesso giorno, nello stesso posto.
        “come si fa ad organizzare una cosa così grande senza che qualcuno parli?”
        Bisognerà guardarsi allo specchio, qualche volta, ed ammettere che l’assenza di una ragionevole risposta a questa domanda non è una prova.

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