Cherchez l’homme… à la DGSE

A distanza di 72 ore dagli attentati di Parigi è possibile ricostruire la dinamica degli attentati con sufficiente precisione ed evidenziare le prime incongruenze. Tutti gli indizi conducono ai vertici dei servizi segreti francesi, rinnovati sotto Nicolas Sarkozy e confermati sotto la presidenza di François Hollande: con il subentrare allo spionaggio transalpino di personaggi vicini agli angloamericani è avviata nel 2012 la strategia della tensione. Dopo una pausa coincidente con i primi due anni della presidenza di Hollande, il terrorismo islamico riesplode in concomitanza alla caduta verticale del capo dello Stato nei sondaggi. Il ruolo della Direction générale de la sécurité extérieure (DGSE) diretta da Bernard Bajolet.

I terroristi, la dinamica e “les coneries”

Sono disponibili parecchi video che ricostruiscono la notte di sangue del 13/11/2015: quello forse più chiaro e dettagliato è  pubblicato la sera di domenica 15 sul sito Le Monde.fr1, cui deve però essere apportata qualche correzione: il numero di terroristi entrati in azione al teatro Bataclan è quattro e non tre, come sostiene il filmato, e l’esplosione della seconda bomba allo Stade de France è alle 21h23, non alle 21h30.

Riportiamo sinteticamente prima le dramatis personae e poi la scaletta degli avvenimenti: i dati sono aggiornati alle notizie del 16/11.

pariscommando

L’ordine cronologico degli eventi è il seguente:

  • 21h20, Stade de France, partita amichevole tra Francia e Germania (annunciata dalla Fédération Française de Football il primo luglio 20152), presenti il presidente François Hollande ed il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier. Un kamikaze, , Ahmad al Mohammad, dotato di una cintura esplosiva composta da perossido di acetone concentrato e bulloni si fa esplodere all’ingresso D: è il solo a morire;
  • 21h25 terroristi a bordo di una Seat Leon Nera aprono il fuoco in rue Bichat e rue Alibert, contro i ristoranti Petit Cambodge e Carrillon, 15 morti;
  • 21h23 Stade de France, ingresso H, entra in azione un secondo kamikaze (Bilal Hafdi?): muore sul colpo senza causare vittime;
  • 21h32 la Seat Leon nera arriva in rue de la fontaine au roi, i terroristi aprono il fuoco contro i i locali Casa Nostra e Bonne Bière, 5 morti;
  • 21h36 la Seat Leon nera si ferma in rue de la Charonne, davanti al bistrot Belle Equipe, è aperto il fuoco e muoiono 19 persone;
  • alle 21h40, presso la place de la Nation, un terrorista sceso probabilmente dalla Seat nera, Brahim Abdeslam, si fa esplodere al locale Compte Voltaire: muore sul colpo e ferisce alcune persone. La Seat Leon nera, guidata presumibilmente dal fratello del kamikaze, Saleh Abdeslam, sarà ritrovata nel comune di Montreuil, ovest di Parigi, con tre AK-47 a bordo.
  • Alle 21h40, scendono da una Volkswagen Polo nera quattro terroristi, armati di fucili automatici e a pompa. Fanno irruzione nella sala da concerto Bataclan, durante un’esibizione degli Eagle of Death Metal: inneggiando ad Allah, alla Siria ed all’Iraq compiono una carneficina;
  • 21h53, rue de la cokerie, nei pressi dello Stade de France, si fa esplodere un terzo kamikaze: nessuna vittima eccetto lui. Solo a questo punto, Hollande è trasportato al ministero degli Interni, mentre la partita continua fino al termine. Gli spettatori sono trattenuti ancora per qualche tempo per motivi di sicurezza;
  • 00h20, le teste di cuoio fanno irruzione nel Bataclan: tutti terroristi si fanno esplodere, tranne Samy Animour che è colpito a morte prima di azionare la cintura. Si contano 90 morti in totale e le foto pubblicate l’indomani sull’interno del locale mostrano una scena da mattatoio.

Primo elemento da notare: le cinture esplosive non hanno (fortunatamente) prodotto nessun vittima tranne i kamikaze stessi. C’è da chiedersi perché i tre terroristi allo Stade de France si siano immolati senza causare nessuna vittima: il Wall Street Journal riporta la notizia3 che il primo attentatore è fermato dalla sicurezza per una perquisizione e, divincolantisi, si fa esplodere prima di raggiungere le tribune dove siedono 80.000 persone. Secondo il testimone ascoltato dal WSJ, Hollande lascia lo stadio alla prima e non alla terza esplosione, ma le foto ritraggono il presidente nella sala stampa dello stadio alle 21h36, quindi è corretta la versione de le Monde: Hollande è trasportato all’esterno solo dopo l’esplosione dei tre attentatori, quando il rischio è ormai cessato.

Gli attentatori avrebbero dovuto entrare allo stadio? Quasi sicuramente sì, ma, nonostante non fossero in posizione per qualche imprevisto, hanno ricevuto comunque l’ordine di farsi saltare in aria, così da attrarre tutte le forze di polizia verso il quartiere Saint-Denis e consentire ai secondi due commando di agire indisturbati. Tra l’esplosione del primo ed del terzo kamikaze intercorrono 33 minuti: è il tempo dell’azione terroristica nel suo complesso, anche se gli ultimi strascichi si protraggono al Bataclan fino alle 00h20. La terza deflagrazione nei pressi dello Stadio, in rue de la cokerie vicino al McDonald’s, era il segnale che Hollande aspettava per lasciare lo stadio?

Le Figaro riporta lunedì 16 una preziosa testimonianza oculare4: la sera del 13 novembre un avventore del ristorante Cellar, a tre minuti dal Bataclan, siede all’esterno per bere un bicchiere. Alle 19h35 (due ore prima dell’inizio della strage al concerto) vede una Volkswagen Polo Nera, parcheggiare davanti al bistrot. Il parcheggio è pessimo, come se il conducente non sapesse guidare (o fosse in stato d’alterazione), quindi l’avventore si alza per consigliargli di fare manovra:

“Je suis allé les voir pour leur dire qu’ils étaient mal garés. Ils n’ont pas ouvert la fenêtre et m’ont regardé méchamment. On aurait cru des morts-vivants, comme s’ils étaient drogués.”

I quattro occupanti dell’auto, che all’avventore sembrano europei mussulmani (“Il était de type européen, portait une barbichette et un cheich. Il était vêtu d’un blouson noir et avait aussi un bandana sur la tête. Le conducteur, lui, était également de type européen, genre reconverti à l’islam”) sono in evidente stato di alterazione, sotto l’effetto di stupefacenti: il dato è interessante perché è risaputo che i tagliagole dell’ISIS in Siria ed Iraq facciano uso di anfetamine5, sia per commettere atrocità a cuor leggero sia per sconfiggere la paura. Il 26 ottobre le autorità aeroportuali di Beirut hanno bloccato un carico di due tonnellate di anfetamine Captagon prima che fossero imbarcate su un aereo privato di un principe saudita6: i consumatori finali erano quasi sicuramente gli uomini del Califfato in Siria ed Iraq. Il Captagon fa parte dell’equipaggiamento che gli angloamericani danno in dotazione alle truppe dell’ISIS?

Torniamo all’avventore: dopo una discussione senza esiti, torna al suo tavolo ed osserva la macchina che rimane ferma, fari spenti e motore accesso. Il viso degli occupanti è illuminato solo dallo schermo dei telefonini su cui digitano. Verso le 20h15 passa un’auto della polizia, qui ne semble pas remarquer la Polo noire mal garée (parcheggiata male) ed alle 21h30 l’uomo lascia il ristorante davanti cui stazionano ancora i quattro islamici. Pochi minuti più tardi, è informato delle bombe allo Stade de France e tenta immediatamente di contattare la polizia senza ottenere la risposta (“il tente à plusieurs reprises de joindre la police par téléphone «80 fois au minimum» mais sans réponse”): i kamikaze allo Stade de France hanno assolto alla loro funzione, ossia catalizzare l’attenzione di tutte le forze dell’ordine ed intasare i centralini.

Il commando del 13 novembre,  compresi i tredici elementi sopra citati, consterebbe nel suo complesso di 20-25 persone7: una dozzina impiegata sul campo e le altre usate per l’organizzazione e logistica. Che un complotto riguardante un tale numero di persone, molte delle quali note ai servizi e per di più “calde”, a dieci mesi di distanza da Charlie Hebdo e a tre mesi dall’attacco terroristico sul treno Amsterdam-Parigi, sia sfuggito ai radar della sicurezza francese è una falla simile all’11 Settembre: impossibile, a meno che i servizi non siano complici.

Dove si sono poi procurati le armi i terroristi? A 48 dalla strage, e solo allora, emerge la notizia che il 5 novembre la polizia tedesca ha fermato in Baviera un 51enne del Montenegro, slavo ortodosso, a bordo di una Volkswagen carica di armi e kalashinkov diretta a Parigi (com’era desumibile dal navigatore): per il presidente bavarese Horst Seehofer è ragionevole ipotizzare una connessione con le stragi di Parigi8. Come ai tempi della strategia della tensione italiana, i trafficanti d’armi della ex-Jugoslavia alimentano lo stragismo di Stato, solo che anziché armare Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, equipaggiano il Califfato.

Quanto alle auto, sia le targhe che i biglietti dei parcheggi custoditi all’interno9, sembrano essere studiati apposta per indirizzare le indagini in Belgio, dove anche agli attentatori di Charlie Hebdo avrebbero acquistato le armi: lo scopo è probabilmente alleggerire la posizione delle autorità francesi, rendendo più giustificabili all’opinione pubblica i continui smacchi subiti dalle forze di sicurezza. Le dichiarazioni di Hollande e Valls puntano infatti a scolpare la Francia ed evidenziare le responsabilità esterne.

La parte più assurda della vicenda è in ogni caso la pretesa che l’operazione sia stata pianificata ed organizzata in Siria.

Dice il premier francese Manuel Valls: “Quello che è successo ieri a Parigi e a Sant Denis vicino allo Stade de France è un atto di guerra commesso da un’armata terrorista,(…). È un atto di guerra preparato, organizzato pianificato all’esterno e con complicità interne che l’inchiesta stabilirà.10.

Gli fa eco il presidente Hollande: “gli attacchi sono stati stati decisi, pianificati in Siria, organizzati in Belgio e condotti sul nostro territorio con complici francesi11 (prima la Siria, poi il Belgio ed infine, vittima, la Francia).

Intervengono anche i fantomatici servizi iracheni che confermano: l’ordine è partito dal Califfo Al Baghdadi ed i Paesi occidentali, Francia in particolare, hanno ricevuto un avvertimento il giorno prima dell’attentato.

Ora, il Califfo Al Baghdadi, posto che sia mai esistito, è ufficialmente morto almeno due volte (2007, 2014) e le possibilità che sia ancora vivo sono le stesse di quelle che Osama Bin Laden (morto secondo la DGSE francese nel 200612) fosse in Pakistan davanti la tv durante il celebre blitz del 2011. Se anche Al Baghdadi fosse ancora vivo, proprio come lo Sceicco Bin Laden, non sarebbe comunque nient’altro che che un prodotto dei servizi americani, sfornato dal famigerato carcere di Bucca gestito dalle truppe statunitensi in Iraq, crogiolo di quasi tutti i capi dell’ISIS.

In ogni caso, considerate l’attuale situazione strategica del Califfato, in rotta in Siria come in Iraq, è pura fantasia che un fantomatico “quartiere generale” dei terroristi sunniti abbia organizzato gli attentati in Francia. Infatti, se così fosse, come avrebbe potuto comunicare con il commando di 20-25 uomini operante tra Parigi e Molenbeek, senza farsi scoprire da NSA, CIA, Mossad, DGSE, etc etc.?

Qui viene il bello: l’ISIS, nella sua roccaforte a Raqqa, in Siria, è un passo avanti rispetto agli occidentali in fatto di tecnologia: a luglio la CNN riporta la notizia che, usando messaggi criptati, il Califfato riesce ad evadere la sorveglianza dell’FBI13, ora si scopre che gli attacchi di Parigi sono stati organizzati attraverso la messaggeria della PlayStation 4.

È l’equivalente dei taglierini per dirottare i Boeing sulle Torri Gemelle.

Beh si dirà, se la rete è troppo sfuggente, almeno i terroristi in carne ed ossa sono braccati a vita: invece si scopre che “la mente” della strage di Parigi del 13/11, il marocchino Abdelhamid Abaaoud, si vanta sulla propaganda web del Califfato, di viaggiare  indisturbato tra Siria e Belgio pur essendo ricercato dalle polizie di mezzo mondo14. Ricorda un po’ i brigatisti che, negli anni di piombo, riuscivano sempre ad evadere dal carcere in un modo o nell’altro.

Se il Califfo Al-Baghdadi è morto, se l’ISIS è sotto scacco in Siria ed Iraq e se il commando del 13/11 è composto da piccoli criminali della banlieu parigina e qualche reduce siriano in botta da anfetamine, chi ha coordinato e supervisionato gli attacchi?

Cherchez à la DGSE…

Il ruolo della Direction générale de la sécurité “americaine”

La DGSE è il servizio informazioni della Francia all’estero, l’equivalente transalpino della CIA e del MI6. Il rapporto con gli omologhi angloamericani non è sempre stato idilliaco anzi, ai tempi della “Vecchia Europa” di Jacques Chirac, di tanto in tanto i servizi francesi rifilavano qualche colpo basso, come la sullodata morte di Bin Laden, per ridicolizzare la “Guerra al terrore” di George W. Bush e Tony Blair.

La situazione cambia radicalmente con l’avvento al’Eliseo di Nicolas Sarkozy, espressione della “Nuova Europa”, quella filo-atlantica: tra i primi provvedimenti presi dal neo-presidente, oltre a riportare la Francia nel comando integrato della NATO, c’è, non a caso, il pensionamento dei vertici dei servizi fedeli a Chirac e la cooptazione di nuovi elementi, di provata fede atlantica. È una rivoluzione copernicana per i servizi d’informazione francesi, storicamente gelosi della propria autonomia: le Monde riporta che dal 2007 l’accesso del Government Communications Headquarters britannico, l’equivalente inglese dell’NSA, ai dati francesi, diventa pressoché illimitato15.

Sarkozy crea poi una nuovo organismo, il Conseil national du renseignement, il cui scopo è coordinare le sei agenzie di spionaggio militare ed economico della Francia: a ricoprire il nuovo ruolo di “coordonnateur national du renseignement” è chiamato nel luglio 2008 Bernard Bajolet, ex-ambasciatore francese in Iraq (2004-2006) ed Algeria (2006-2008).

L’ex-diplomatico  è un esperto di mondo mussulmano, conoscitore del Corano e fluente in arabo. Nel 2011, ancora sotto la presidenza di Sarkozy, Bajolet è richiamato al ruolo di ambasciatore, questa volta in Afghanistan dove resta sin al 2013: a quel punto torna in Francia e, testimoniando la continuità politica di fondo tra François Hollande e Nicolas Sarkozy, è nominato dal nuovo presidente socialista direttore della DGSE.

Si noti che il periodo in esame coincide con i tentativi di Parigi, Washington, Londra, Tel Aviv e monarchie sunnite, di rovesciare Bashar Assad: Hollande arriva fino ad ipotizzare un intervento franco-americano contro Damasco nell’estate del 2013, prima che Obama si tiri indietro lasciandolo con il cerino in mano.

Un salto indietro ora: le elezioni presidenziali francesi della primavera 2012 vedono il primo assaggio di strategia della tensione.

Nicolas Sarkozy è ai minimi storici di popolarità tra i francesi (solo il 30% esprime un giudizio favorevole) e la sua rielezione è sempre più incerta. Entrano in campo i fedeli servizi de la République: sono gli attentati che insanguinano il sud-est della Francia tra l’11 ed il 22 marzo 2012, con una serie di omicidi che prendono di mira militari ed elementi della comunità ebraica, per un totale di otto vittime. A compiere gli assassini a bordo di un Yamaha TMAX è il franco-algerino Mohammed Merah, che si scoprirà in seguito essere un informatore della DGSE: quante cose avrebbe potuto raccontare il giovane magrebino se non fosse stato ucciso nel blitz delle teste di cuoio per “catturarlo”.

Le Figaro titola emblematico dopo gli attentati di Merah (e le stesse parole si potrebbero utilizzare oggi per Hollande): “Sarkozy s’est repositionné au cœur du système”. All’interno si legge16:

Avec Toulouse et Montauban, l’agenda a connu une très forte inflexion. Le thème des attentats donne à Nicolas Sarkozy une très forte crédibilité. Cette affaire fait apparaître que la France est dans un environnement troublé. Il y avait déjà la crise de la dette et la crise économique. Un nouveau trouble a émergé depuis quelques jours: la sécurité.”

Le presidenziali si chiudono, purtroppo per Sarkò, con la sua sconfitta e la salita all’Eliseo di François Hollande: la strategia della tensione è momentaneamente archiviata, finché i sondaggi di gradimento del presidente socialista raggiungono, nel breve volgere di tre anni, un record negativo storico.

Il giornale Le Parisien titola nell’autunno del 201417: Sondages: la descente aux enfers continue pour Hollande, Valls plonge lui aussi”.

Ecco allora ripartire la strategia della tensione: Charlie Hebdo, Saint-Quentin-Favallier, il treno ad alta velocità Amsterdam-Parigi e, infine, la strage del 13/11.

Rispetto agli attentati di Tolosa e Montauban del 2012, la stragismo di Stato ha però compiuto sotto Hollande un salto di qualità: sia per l’efferatezza e spettacolarità crescente degli attacchi, sia per la loro internazionalizzazione. Come abbiamo infatti sottolineato nelle nostre analisi, la strategia della tensione in Francia si salda col tentativo, da parte del Likud israeliano e dei falchi americani, di trascinare il presidente Barack Obama in guerra, prima in Yemen (Charlie Hebdo) e poi in Siria, con l’ultima carneficina parigina.

Ecco perché è quasi sicuro il coinvolgimento del direttore della DGSE, Bernard Bajolet, ben inserito nei servizi segreti angloamericani ed israeliani.

Martedì 27 ottobre 2015, quando mancano circa due settimane agli attentati allo Stade de France ed al Bataclan, il capo della DGSE è a Washington, per la conferenza tenuta dalla George Washington University e dalla Central Intelligence Agency, dal titolo “The Ethos and Profession of Intelligence18 (già il titolo suona strano, dal momento che etica e spionaggio vivono sue due pianeti differenti, ma forse è sarcasmo). Chi interviene alla conferenza? I papaveri dei servizi americani, inglesi ed israeliani: John Brennan, capo della CIA, Mike Rogers, direttore della NSA, John Sawers, ex-capo del Secret Intelligence Service e Yaakov Amidror, ex-consigliere nazionale della Difesa israeliana.

Chissà di cosa avranno discusso a margine della conferenza Bernard Bajolet e colleghi? Noi sappiamo solo che a distanza di due settimane si è consumata la mattanza di Parigi.

La corresponsabilità dei servizi francesi nelle stragi dell’ultimo anno è certificata dalla sconcertante indulgenza di cui godono nonostante le incessanti e drammatiche debacle: nonostante da inizio anno siano morte quasi 150 persone in atti terroristici, né il direttore della DGSE, né quello della DGSI, né il ministro degli interni si sono dimessi. Anzi, l’ultimo, ennesimo, “11 Settembre” europeo, è stato colto al balzo da Hollande per avanzare la proroga dello stato d’emergenza fino a tre mesi: la misura eccezionale consente di perquisire i cittadini senza la autorizzazione della magistratura ed attuare controlli della stampa (un blog come il nostro dovrebbe probabilmente migrare su server tedeschi o scandinavi)19.

Per il resto, come avevamo anticipato nella nostra analisi, la strage del 13/11 è impiegata per altri due scopi: il tentativo di coinvolgere militarmente gli USA nella guerra siriana e quello di rianimare l’agonizzante Unione Europea.

Il primo è stato prontamente neutralizzato da Barack Obama che, a latere del G20, ha incontrato Vladimir Putin ed ha bocciato qualsiasi ipotesi di “stivali americani” sul suolo siriano. Il secondo si è finora concretizzato nei consueti articoli sui media d’establishment (vedi l’articolo “O si fa l’Europa o si muore20 comparso su Il Sole 24 ore) e nello sterile appello che François Hollande ha lanciato all’Europa, rivendicando la clausola di solidarietà21 tra membri dell’Unione.

Chiudendo, si può dire che i vertici del sistema euro-atlantico considerano ormai lo stragismo di Stato un arnese della politica simile alle mance elettorali sotto elezioni: l’avvicinarsi di tornate elettorali decisive tra il 2016 ed il 2017, rende sicuro il crescendo di violenza.

 

bajoletwashington

1http://www.lemonde.fr/attaques-a-paris/video/2015/11/15/le-deroule-minute-par-minute-des-attaques-du-13-novembre_4810487_4809495.html

2http://www.fff.fr/actualites/160984-567441-face-aux-champions-du-monde-en-novembre

3http://www.wsj.com/articles/attacker-tried-to-enter-paris-stadium-but-was-turned-away-1447520571

4http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2015/11/15/01016-20151115ARTFIG00170-attentats-de-paris-les-terroristes-on-aurait-cru-des-morts-vivants.php

5http://www.mirror.co.uk/news/world-news/inside-kobane-drug-crazed-isis-savages-4423619

6http://www.cbsnews.com/news/saudi-prince-held-massive-amphetamine-bust-lebanon/

7http://www.iltempo.it/esteri/2015/11/16/abdelhamid-abaaoud-ecco-la-mente-degli-attacchi-di-parigi-1.1479759

8http://english.alarabiya.net/en/News/middle-east/2015/11/15/Suspect-held-in-Germany-over-weapons-find-says-wanted-to-visit-Paris-.html

9http://www.rtl.fr/actu/societe-faits-divers/attentats-a-paris-les-voitures-retrouvees-ont-laisse-plusieurs-indices-7780519591

10http://www.agi.it/estero/notizie/parigi_valls_l_intervento_francese_in_siria_continuera-201511142119-est-rt10111

11http://www.repubblica.it/esteri/2015/11/16/news/hollande_la_francia_e_in_guerra_-127496429/

12http://www.lefigaro.fr/debats/2007/07/16/01005-20070716ARTWWW90519-afghanistan_bin_ladin_probably_dead_.php

13http://edition.cnn.com/2015/07/08/politics/fbi-comey-isis-encryption-recruitment/

14http://www.huffingtonpost.it/2015/11/16/abu-omar-mente-parigi_n_8574578.html?1447691140&utm_hp_ref=italy

15http://www.lemonde.fr/international/article/2014/03/20/les-services-secrets-britanniques-ont-acces-aux-donnees-des-clients-francais-d-orange_4386266_3210.html

16http://www.lefigaro.fr/politique/2012/03/21/01002-20120321ARTFIG00713-sarkozy-s-est-repositionne-au-c339ur-du-systeme.php

17http://www.leparisien.fr/politique/sondage-la-descente-aux-enfers-continue-pour-hollande-valls-plonge-lui-aussi-15-09-2014-4137135.php

18https://www.cia.gov/news-information/press-releases-statements/2015-press-releases-statements/cia-and-gw-to-co-host-conference.html

19http://www.askanews.it/top-10/perche-hollande-vuole-lo-stato-d-emergenza-per-ben-3-mesi-in-francia_711661656.htm

20http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-11-16/o-si-fa-l-europa-o-si-muore-071947.shtml?uuid=ACmrwyaB

21http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-11-16/o-si-fa-l-europa-o-si-muore-071947.shtml?uuid=ACmrwyaB

18 Risposte a “Cherchez l’homme… à la DGSE”

  1. buongiorno, Dezzani.
    a latere dell’analisi dei fatti, mi pregio di condividere una lettura del momento da un tal Paride Zuzek:
    -Una visione che parte dal periodo dei romani con analogie fra l’impero di allora e l’attuale impero U.S.A. è così evidente che disorienta e anche affascina. I tempi sono diversi ma l’uomo, la sua avidità e non di meno il non capire che la storia spesso si ripete, fa si che cade nella stessa piccolezza di quello che l’uomo è, cioè piccolo topino nell’ immenso. By Paride.
    Buona lettura.
    Oggi non voglio parlare direttamente dei fatti di Parigi, anzi ne voglio parlare, ma prendendola molto alla lontana con un piccolo delirio storico che comincia da Publio Quintilio Varo il generale romano disastrosamente sconfitto a Teutoburgo che di fatto segnò la fine dell’espansione imperiale. Cosa ci facevano le legioni oltre il Reno? Cosa poteva importare ad Augusto una nuova conquista visto che le tribù germaniche davano sì fastidio, ma erano già generose fornitrici di uomini per le legioni e ancora non erano incalzate dalla pressione asiatica sulle pianure sarmatiche? L’idea era semplice ed era già in atto da un ventennio: si trattava di portare l’impero sul confine Oder – Danubio, molto più corto e difendibile del limes Reno – Danubio. Con questo le elites romane riconoscevano per per quanto grandi fossero le risorse dell’impero esse erano inferiori al compito di difendere una frontiera di cinquemila chilometri: così ritenevano che solo creando ed eliminando altri nemici avrebbero potuto conservare il potere senza rischiare una necessaria evoluzione interna del sistema.
    A Roma l’ultima fase in questo senso era stata la riforma agraria dei Gracchi, venuta dopo le guerre puniche che aveva di fatto allargato il dominio romano a tutto il mediterraneo, ma dopo di allora le istituzioni politiche e gli equilibri interni rimasero congelati, senza riuscire significativamente ad evolversi per corrispondere alle risorse disponibili. L’unico modo per far quadrare i conti era quello di conquistare nuove terre finché si poteva e finché il congelamento dei rapporti sociali non portava invece alla loro perdita . Ma questa è la dinamica stessa di tutti gli imperi nei quali se non si verifica un collasso rivoluzionario, si ha una perdita di capacità di riforma del sistema che rimane ingessato nei suoi rapporti iniqui interni ed esterni, cercando di supportarsi sempre di più con il controllo di ciò che avviene al di fuori di esso e proteggendo una folta casta di mandarini con potere ereditario de facto o de jure. Da questo punto di vista fa poca differenza se uno di questi sia un governatore di province alla corte del Gran Kan , un miliardario che agisce attraverso false ong come Soros, un ricco e avido proconsole senatorio o un feudatario del Sacro romano impero.
    Ora non c’è più alcun dubbio che la conservazione dei rapporti di forza interni, anche a costo di castrare la mobilità sociale e il tentativo di rimanere l’unica superpotenza sia la strada scelta dalle elites dell’impero americano, pur in presenza di un’evidente ascesa di altri centri di potere come i Brics, di una crisi endemica da cui non si esce, nonostante i dati generali truccati ( e quelli specifici molto più difficili da manipolare che li smentiscono). Dunque di fronte a una diminuzione delle risorse necessarie per l’egemonia globale e all’impossibilità di riforme che tocchino la casta dominante non c’è altra strada che tentare di sopprimere gli oppositori globali per riallocare a proprio favore le loro risorse. In sostanza è il disegno di congelare il mondo agli anni ’90 quando gli Usa potevano tutto dopo il crollo dell’Unione sovietica. Purtroppo come si è scoperto negli ultimi due anni, il tempo non lavora per Washington e già ora le risorse materiali e intellettuali per mettere in atto questo piano scarseggiano, senza parlare del gigantesco trasferimento di manifattura dovuto al capitalismo finanziario. Di qui la schizofrenia degli eventi e l’atteggiamento ambiguo di fronte all’offerta russo cinese di uscita morbida dalle logiche del mondo unipolare, conservando tuttavia una notevole parte del potere: è una soluzione razionale ma che impone di ridiscutere all’interno stesso degli Usa i rapporti di potere, cosa che ai vlasti non piace per nulla. Non c’è dunque da stupirsi se l’acmé dell’ incertezza strategica la si è avuta prima con l’ Ucraina dove la resistenza ai piani americani è stata di gran lunga più forte e lunga di quanto non ci si aspettasse e poi con l’inatteso e potente intervento di Mosca in Siria. Di fronte a questi eventi si assiste sia alla disponibilità a un compromesso, sia al rilancio dello scontro come se amministrazioni americane fossero due e non una, come se il ruolo di potentati e dinastie abbia travalicato i confini e metta in forse la stessa esistenza della repubblica costituzionale. Ma è chiaro che il braccio di ferro non potrà andare avanti a lungo e che esso sarà probabilmente risolto con l’elezione di un presidente facente parte delle famiglie e clan entrati nel circolo del potere, repubblicane o democratiche poco importa.
    Parigi si trova a mezza strada: finora ha affiancato l’impero per creasi un feudo neo coloniale tutto proprio e in ragione di questo disegno si è arresa alla detenzione europea dentro i criteri liberisti e l’elefantiasi politica della Nato. Ma la Francia è fragile, irrequieta ed è stata pesantemente colpita dall’austerità, è una pedina importante della scacchiera europea il cui controllo è ormai vitale per l’egemonia Usa così come lo è il medio oriente con le sue risorse. Per di più rischia di non essere così allineata nella nuova guerra fredda. E’ essenziale dunque conservare il potere di quelle elites che hanno guidato il Paese nell’ultimo quarto di secolo. E’ casuale che Parigi sia anche una città martoriata dalle stragi, epicentro nel 2o15 di episodi orrendi e sanguinosi?
    Non voglio esprimere alcuna tesi sulla strage che è comunque frutto di una logica di morte anche senza bisogno di “suggerimenti” esterni, dico solo che i fatti di Parigi sono un evento che arriva al momento giusto dopo l’intervento russo a fianco di Damasco e giustifica una nuova strategia medio orientale: non più l’abbattimento tout court di Assad che ha resistito alla guerra del terrore oltre ogni immaginazione o finzione occidentale, non più la falsa guerra contro l’Isis per fiaccare a fuoco lento la leadership siriana, ma la denuncia drammatica dell’impresentabilità del Califfato e dunque una guerra più reale anche se non mortale contro di esso per bloccare una ricostituzione della Siria sul suo antico territorio, illudere Curdi e Yazidi buttandoli in una lotta che non avrà come effetto la nascita del Kurdistan, invio di di truppe di interposizione Onu (eventualmente chieste dalla Nato) per preservare comunque una parte del Califfato e usarlo come strumento di ricatto contro eventuali colpi di testa dei Paesi della penisola arabica. In più tutto questo rafforza la presa sull’Europa.
    Questo sempre che a Washington finisca per prevalere la fazione dell’impero dialogante e non quella della guerra come controvalore dei giganteschi capitali fasulli. Ma attenzione, Teutoburgo può essere dietro l’angolo.-
    PS: ma i vlasti sarebbero i WASP? in wiki erano un municipio greco…

    1. Credo che molti di questi fantomatici pezzi da 90 dell’ISIS, uccisi di tanto in tanto nei “raid” americani, neppure esistano. La settimana scorsa è morto ad esempio Jihadi John: il personaggio esce dal film e ne entra un altro, magari Jack il Corano o Ted il Saladino…basta avere un po’ di fantasia.

  2. Buongiorno carissimo sig. Dezzani. La sua frase “È l’equivalente dei taglierini per dirottare i Boeing sulle Torri Gemelle.” mi fa pensare che secondo lei l’attentato in oggetto sia un “falsa bandiera” o che comunque gli attentatori avessero complicità ai più alti livelli. Non ho mai letto nulla però, sul suo sito, riguardo queste vicende. Quindi le domande sono due: la prima è cosa lei pensa sull’11/9, la seconda dove eventualmente ha pubblicto materiale in tal senso. La ringrazio per la sua collaborazione.

      1. Grazie, è stato gentilissimo nella sua risposta. Quindi è un autoattentato orchestrato dall’amministrazione americana. Preparato già da Clinton o organizzato in fretta da Bush Jr?

        1. E’ roba che girava dagli anni ’70. Le preparazione tecnica inizia per forza sotto il mandato Clinton: quando si accorgono che Bush Junior rischia di perdere le elezioni, intervengono con la truffa elettorale in Florida.

        2. Grazie sig. Dezzani. Quanto mi ha detto è illuminante su quanto scrive sul suo sito. Non sono ovviamente d’accordo, ma la ringrazio molto per la risposta rapida e chiarissima.

        3. Caro Spumeti, se non è d’accordo su niente di quello che scriviamo, perchè continua ad intervenire sul blog? Passi al sito di Grillo!

  3. Circa la dualità della Amministrazione USA, come dice Podeanu, occorre ricrdare come è nata la Amministrazione Obama nel 2008. Nel 2007, nessuno avrebbe giocato un Dollaro su di lui. Era la Clinton la predestinata. ma nell’agosto 2007, le Banche cominciano a scricchiolare, e si profila una crisi nerissima per il prossimo anno, a causa dei mutui subprime. (In Italia, Montepaschi, ne approfitta per comprare(forse meglio dire: ritirare dal mercato) l’Antonveneta a prezzi stellari e con pagamento cash..). Al giro di boa dell’Anno, la Clinton si trova a lottare con Obama,che ottiene la nomination democratica. Questo capolavoro, di presentare un negro al posto della Clinton, è dovuto alla cordata di george Soros, breshinsky, ed un terzo nome che non ricordo. I tre sostengono, con ragione, che l’Iran minaccia di avere la bomba, ma il Pakisthan invece ce l’ha. Quindi il programma della cordata Clinton ( guerra all’Iran) viene fatto soprassedere di fronte al programma Soros e soci: “Prima sistemiamo le cose in pakisthan”. Infatti è ciò che avviene con l’amministrazione Obama. I generali pakistani che sostituiscono Musharraf, Osama Bin laden misteriosamente ucciso nel suo compund…ecc. Diciamo che viene evitata la nascita di una bomba “sporca” di provenienza pakistana. Sul piano interno, Obama, negro, si presentava come paladino di quei poveretti che avevano ignorantemente contratto il mutuo subprime, ed avrebbero vist le loro case sequestrate. insomma, preminenza interna del sociale, ed all’estero, binario pakisthan.
    Tuttavia , il problema Iran, non viene tarscurato. la Clinton, finisce ministro degli esteri e pianifica la “pulizia” dei confini pericolosi. Si elimina il vecchio presidente Mubarak, che vorrebbe far comandare il figlio. Si elimina – questa volta fisicamente- Gheddafi dalla Libia, aprendo lo spazio al terrorismo ISIS, si attacca Assad in Siria, sempre con il metodo rivoluzione araba- costituito da internet, social network, militari speciali operativi sul campo, depositi di armi, mercenari prezzolati, ecc..
    Quindi la Clinton, prima di dimettersi per partecipare alle prossime presidenziali USA, ha proseguito nella sua politica per il “colpo grosso” dell’attacco all’Iran.
    Ora, Obama, predica prudenza e gestisce il trattato con Rohani. Sarà sincero? Io credo che entrambi mentano. Obama fa bella figura e firma un trattao di pace. Il Prossimo Presidente, lo cambierà, magari. In ogni caso, prima di attaccare l’Iran, il trattato, che consente le ispezioni ONU sul suolo iraninano, dovrebbe consentire di acquisire informazioni, infiltrare spie, ecc..
    Toccherà al nuovo Presidente sfruttare le informazioni, per trasferirle ad Israele, nel caso che debba lei stessa procedere nell’attacco. Se, invece, dovesse toccare ancora una volta agli USA di fare il lavoro sporco, si troverà qualche scusa.
    Ma anche Rohani, con dietro Putin e Cina, cercheranno di evitare un finale così devastante.
    Vedremo gli sviluppi. Per ora, sembra che gli attentati terrristici siano necessari per le “libere elezioni democratiche”. Chi vota al prossimo turno? L’Italia nel 2018, dovrebbe avere un attacco per fine Gubileo…perchè non bisogna partire troppo presto..se no la torta si sgonfa…

    1. Non essendo l’Italia coinvolta in nessuna operazione contro “il Califfato”, è un po’ difficile giustificare un attentato dell’ISIS dal punto di vista mediatico. Nella primavera del 2015 si sono però accavallate più notizie di un attentato contro il Vaticano, poi scomparse dai circuiti della stampa. Ora, c’è il nuovo proclama: attaccheremo Roma! C’è da stare in campana: i nostri servizi sono una filiazione di CIA, MI6 e Mossad.

  4. C’è una seria probabilità che l’intervento delle fanterie occidentali contro l’ISIS in Siria serva anche per esfiltrare personale (militare o civile) dei suddetti paesi prima di un crollo, per evitare che cadano nelle mani di russi o alleati.

    1. Possibile che in qualche sacca sia rimasto bloccato qualche “consigliere”… Le frontiere cmq mi sembrano molto porose.

  5. Il valore mediatico dell’attentato di parigi acquista maggiore rilevanza.
    La Germania, per accorrere in soccorso ai servizi francesi, scagionandoli, si inventa l’attentato virtuale. Dichiara che Merkel e De Mezieres parteciperanno all’evento saportivo, per mostrare i nervi saldi. Poi, un ora prima dell’evento, disdicono l’appuntamento. Agli sportivi nello stadio dicono: potete tornare tutti a casa, senza problemi. La strada è sicura. Il Ministro De Mezieres si presenta in conferenza stampa e dichiara di aver sventato un attentato. Abbiamo avuto informazioni. Non potevamo rischiare. Ma l’attentato da chi era organizzato? I nomi? Le facce? Non rispondo . Non darò informazioni : ne va dell sicurezza nazionale. Bombe? Buona sera, buon lavoro a tutti.
    Insomma, parola di Re. Nessuno dubiti. Tutti a casa a dormire. Domani in piedi presto, come tutti i giorni a lavorare. Buona notte.
    Questo è lo stile tedesco. Siamo vicini a voi francesi. Abbiamo anche finto un attentato. Ma non chiedeteci di più.

  6. Sig. Dezzani, l’arricchimento non passa da coloro che la pensano come te. Il suo sito mi offre ottimi spunti di riflessione, è sempre ben documentato e ben scritto. E’ un piacere leggerlo. Perchè dovrei rinunciarvi? Per il fatto che arriviamo a conclusioni diverse?

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