Abbattere il Moloch della BCE

All’epoca dei Re (XI–VIII secolo avanti Cristo) il popolo ebraico professava un sincretismo religioso che aveva metabolizzato diverse divinità semitiche. Nel pantheon pagano troneggiava il temibile dio Moloch, cui erano immolati bambini arsi nei “tofet”. Nel vocabolario moderno il termine“Moloch” è diventato sinonimo di divinità dalla malefica potenza e può essere appropriatamente impiegato come attributo delle moderne banche centrali, il cui potere è aumentato fino a soggiogare i governi ed i popoli. La loro forza sta nel custodire gelosamente la creazione di moneta.

BCE e FED, le roccaforti della finanza angloamericana

Il tempio dell’euro a Francoforte è scosso da potenti movimenti tellurici che nascono dalla crescente insofferenza dei popoli europei verso la moneta unica: Atene è stata la prima capitale ad essere conquistata da una coalizione che rinnega le ricette della Troika e la ribellione potrebbe presto estendersi a Madrid. Il governatore della BCE Mario Draghi ha quindi dismesso la maschera di draconiano castigatore dell’euro (quello che nel 2011-2012 lasciava schizzare gli spread alle stelle, rovesciava i governi ostili ed inviava lettere intimando le “riforme strutturali”) e si è calato sul viso quella di bonario elargitore di euro freschi di stampa, per alleviare le pene degli europei piegati dalla depressione economica e dalla deflazione.

L’allentamento quantitativo varato in questi giorni dalla BCE prevede nel caso dell’Italia l’afflusso di 150 mld di euro che, ripartendo il rischio all’80% su Bankitalia e al 20% sulle istituzioni europee, consentiranno l’acquisto di titoli di stato ed obbligazioni private coll’intento di rianimare la dinamica dei prezzi, caduti in deflazione. La BCE si era già cimentata in analoghe operazioni (Ltro 1 e Ltro 2 tra il 2011 ed il 2012) per un ammontare di circa 305 mld nel solo mercato italiano1, senza sanare la crisi del sistema bancario italiano che nel mese di gennaio ha raggiunto il livello record di 185 mld di sofferenze ed ha inanellato l’ennesima contrazione creditizia2. Lo spread btp/bund (nonostante il tracollo dell’economia italiana intercorso nel frattempo e l’aumento del debito pubblico di 250 mld) è comunque tornato ai livelli del 2009, attestandosi ad una “quota 90” di mussoliniana memoria.

Il risparmio sugli interessi pagati dai Btp rischia di essere uno dei pochi vantaggi derivanti dalla manovra monetaria della BCE ed i 4-5 mld racimolati potrebbero essere già ipotecati dalla nazionalizzazione del Monte dei Paschi di Siena. Se si considera poi che quasi metà del nostro export è diretta verso altri paesi dell’eurozona3 e non beneficia quindi della svalutazione dell’euro e che gli Stati Uniti soffrono l’apprezzamento del dollaro ed il connesso crollo del greggio, ci sono forti possibilità che l’allentamento quantitativo termini nel settembre del 2016 lasciando l’eurozona (se esisterà ancora) nelle condizioni in cui l’ha trovata.

Dopotutto la FED, la banca centrale americana (di proprietà rigorosamente privata) da cui è stata plasmata la BCE, non ha dovuto cimentarsi in un Quantitative Easing 1, 2 e 3, seguito forse da una quarta manovra monetaria? I media dell’establishment euro-atlantico non fanno che osannare la risolutezza dell’istituto americano, ma in realtà il tasso di partecipazione alla forza lavoro è al 63%, il minimo dal 19784, ed il debito pubblico americano è in inarrestabile crescita, avendo già oltrepassato il 100% del PIL ed avendo obbligato il Congresso degli Stati Uniti ad elevarne di volta in volta il tetto massimo.

Sarebbe in verità da ingenui, pensare che le manovre monetarie della FED, e quelle analoghe della BCE, possano rappresentare la soluzione all’attuale crisi, dovuta ad un crollo verticale della domanda aggregata: in verità i due istituti rispondono essenzialmente a logiche privatistiche, storicamente in conflitto con lo Stato di cui la finanza privata teme l’intervento a scapito dei propri profitti.

L’affinità tra FED e BCE, due manifestazioni dello stesso mostruoso dio Moloch, è testimoniata da un specifico divieto dei due allentamenti quantitativi: nessuna banca centrale può infatti acquistare titoli di Stato sul mercato primario, cioè direttamente dal Tesori dei rispettivi Stati.

Si legge in una pagina del sito ufficiale5 della FED:

In conducting LSAPs, the Fed purchased longer-term securities issued by the U.S. government and longer-term securities issued or guaranteed by government-sponsored agencies such as Fannie Mae or Freddie Mac. The Fed purchased the securities in the private market through a competitive process; the Fed does not purchase government securities directly from the U.S. Treasury.

Nel caso della BCE, riportiamo invece le parole del governatore Mario Draghi rilasciate ad una conferenza stampa6:

The ECB is a rule-based institution. It’s not a political institution. One of the rules that we comply with is contained in the Treaty, and it’s Article 123, and it’s the prohibition of monetary financing. Monetary financing is when the central bank of a country prints money to buy the government bonds in the primary market of that country, and it could be either direct or indirect, when banks bring collateral to the ECB in order to be financed in order to buy the sovereign debt of that country, and we are prohibited from doing that.

Dove nasce una simile avversione per l’acquisto di titoli di stato sul mercato primario, direttamente dal Tesoro che emette debito pubblico? Quale mortale pericolo per il dio Moloch si nasconde dietro il finanziamento monetario del debito? Per rispondere ci spostiamo nell’Italia del 1981, studiando chi e perché introdusse il culto di Moloch nel nostro paese.

Beniamino Andreatta ed il divorzio Tesoro-Banca d’Italia.

Nel 1979, sotto la Commissione Europea presieduta dall’inglese Roy Jenkins che aveva assistito il premier Edward Heath nel traghettare la Gran Bretagna nella CEE, è avviato il Sistema Monetario Europeo che, irreggimentando i cambi all’interno di ristrette bande di oscillazione, rappresenta il primo passo verso l’unione monetaria.

È all’interno di questa precisa cornice che si inquadra, due anni dopo, la separazione tra Banca d’Italia e Tesoro, consumatasi con Carlo Azeglio Ciampi come governatore della prima e Beniamino Andreatta come ministro, in quota Democrazia Cristiana, del secondo.

Beniamino Andreatta (Trento 1928 – Bologna 2007), considerato il ruolo che riveste nell’attuale sfacelo italiano e nella selezione di buona parte della nomenclatura euro-atlantica degli anni successivi, merita qualche riga di approfondimento.

Laureatosi in giurisprudenza a Padova nel 1950, approfondisce agli studi economici e ricopre il ruolo di assiste volontario presso la Cattolica di Milano. Quindi compie il primo passo di avvicinamento all’establishment anglosassone: è inviato all’università di Cambridge, culla dell’élite britannica, come visiting professor. Il reciproco apprezzamento con il mondo accademico anglofono deve essere elevato se nel 1961 è scelto dal Massachusetts Institute of Technology per una missione economica presso il governo indiano di Jawaharlal Nehru.

Diventato professore ordinario, affianca come consigliere economico Aldo Moro e fonda una serie di associazioni (Arel e Prometeia) dove si elaborerà il pensiero economico del futuro Ulivo. Sotto l’ala protettiva di Beniamino Andreatta sono instradati alla carriera accademica tutti i protagonisti italiani del mondo gravitante attorno a Bruxelles: Romano Prodi, suo assistente personale dal 1963, Mario Monti, chiamato da Andreatta come docente alla Facoltà di sociologia all’Università di Trento nel 1969, Mario Draghi, anch’esso cooptato da Andretta all’Università di Trento nel 19767. Forse è solo una coincidenza, ma è proprio dalla neonata università di Trento, fondata nel 1962, che proviene il filone cristiano-rivoluzionario delle Brigate Rosse, incarnato nel 1970 da Renato Curcio e la moglie Margherita Cagol.

La contiguità di Andreatta con gli ambienti euro-atlantici lo trasforma nell’esecutore delle politiche propedeutiche all’ingresso dell’Italia nello SME: nel luglio del 1981, in qualità di Ministro del Tesoro del primo governo Spadolini, Andretta attua gli accordi precedentemente stipulati con il neo-governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, per separare i due istituti che fino a quel momento avevano lavorato in sinergia, in base ad una convezione che obbligava Palazzo Koch ad agire come acquirente residuale di tutti i Bot emessi dal Tesoro.

Prima del divorzi, Banca d’Italia emetteva moneta ed acquistava sul mercato primario, direttamente dallo Stato, tutti i titoli di stato rimasti invenduti ad un determinato rendimento: la creazione di moneta, alimentava quindi l’inflazione che, complici gli interessi tenuti forzosamente bassi, rendeva negativi gli oneri sul debito pubblico, impedendone l’accumulazione.

Carlo Azeglio Ciampi, futuro premier e ministro del tesoro nei fatidici anni ’90 che precedono l’introduzione dell’euro, ricorda come la repressione dell’inflazione (nel 1981 al +18%) fosse l’unico movente di quella scelta. Già sapeva infatti che lo SME e la futura moneta unica sarebbero stati intrinsecamente deflattivi, in ossequio ai principi della scuola monetarista che in quegli anni aveva occupato la Federal Reserve, con la nomina a governatore di Paul Volcker.

Dice Ciampi8:

All’assemblea della Banca d’Italia del maggio 1981, interpretando l’anima dell’istituto che mi era stato da poco affidato, indicai tre condizioni per restituire al paese stabilità monetaria: una politica dei redditi volta alla disinflazione; una banca centrale completamente indipendente; il pieno controllo del bilancio pubblico e della conseguente creazione monetaria.

La mossa di Beniamino Andreatta scuote ovviamente il mondo politico e trova nel dicastero delle Finanze, retto dal socialista Rino Formica, il più autorevole e strenuo oppositore. Ne nasce un scontro al calor bianco, passato alla storia come “la lite delle comari: Andreatta accusa il PSI di derive nazionalsocialiste e definisce il socialista Formica come “un commercialista di Bari esperto di fallimenti e bancarotta”. Formica proferisce allora la celebra frase: “se un professore che ha studiato a Cambridge e si è specializzato in India perde le staffe e usa un linguaggio da ballatoio vuol dire che abbiamo una comare come Lord dello Scacchiere”9. Il secondo governo Spadolini a quel punto cade ed i due sono estromessi dal successivo governo.

I ricordi di Andreatta di quel periodo, forniti a dieci anni di distanza10, confermano la natura monetarista, volta cioè al contenimento dell’inflazione, della scelta di separare Bankitalia e Tesoro e come le ricadute sull’economia nel suo complesso (debito pubblico, occupazione, crescita) non fossero neppure considerate. Rileggere oggi le affermazioni di Andretta, quando l’euro ha ormai azzerato non solo l’inflazione ma ha pure causato recessione e deflazione, fa sorridere:

(…) la crisi del secondo shock petrolifero imponeva di essere affrontata con decisioni politiche mai tentate prima di allora. La propensione al risparmio finanziario degli italiani si stava proprio in quei mesi abbassando paurosamente (consumavano molto, NDR) e il valore dei cespiti reali – case e azioni- aumentava a un tasso del cento per cento all’anno. (…) Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, ne’ lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come “congiura aperta” tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso – soprattutto sul mercato dei cambi (benefiche svalutazioni della lira, NDR) – abolire per ritornare alle piu’ confortevoli abitudini del passato. (…) L’ imperativo era di cambiare il regime della politica economica e lo dovevo fare in una compagine ministeriale in cui non avevo alleati, ma colleghi ossessionati dall’ideologia della crescita a ogni costo, sostenuta da bassi tassi di interesse reali e da un cambio debole. La nostra stessa presenza nello Sme era allora messa in pericolo.

Il blitz di Andreatta e Ciampi ha quindi successo e per l’Italia si apre una nuova epoca, suddivisibile in: crescita economica ed esplosione del debito pubblico che lievita dal 60% al 110% del PIL (1981-1992); smantellamento dell’industria di Stato e saccheggio del risparmio privato per abbattere il debito pubblico ed accedere all’euro (1992-2002); stagnazione economica e nuova crescita del debito pubblico (2002-2009); crollo della domanda interna, depressione economica ed ulteriore esplosione del debito pubblico grazie all’austerità imposta dall’euro (2009-2015).

Cosa non andava nel nostro modello di sviluppo antecedente la separazione Tesoro-Banca d’Italia? Perché la finanza mondialista ha voluto ad ogni costo che entrassimo prima nello SME e poi nell’euro e che ci inginocchiassimo davanti al dio Moloch della BCE?

La risposta è semplice: l’acquisto dei titoli di Stato da parte di Bankitalia sul mercato primario, non produceva debito pubblico, ma solo inflazione e crescita economica. Per gli adoratori di Moloch, l’indebitamento e la deflazione sono invece sacri.

La moneta si crea dal nulla e la quantità emessa favorisce o danneggia determinati interessi

Nel Seicento, in concomitanza al capitalismo mercantile delle grandi compagnie di navigazione come la Compagnia britannica delle Indie orientali ed il VOC olandese, nascono i primi strumenti volti a finanziare le imprese commerciali. In particolare i banchieri, anziché spostare fisicamente l’oro movimentato dai flussi commerciali, forniscono certificati di deposito per impiegarli nelle transazioni al posto del metallo prezioso: immediatamente notano che, giocando sul fatto che l’oro non verrà ritirato contemporaneamente da tutti i depositanti, possono emettere un ammontare di certificati maggiori dell’oro posseduto. Scoprono quindi che l’attività creditizia crea moneta dal nulla.

Inizialmente ogni banca privata emette i propri certificati finché, con la nascita della Banca d’Inghilterra nel 1694, si unifica l’emissione della carta moneta lasciandone rigorosamente ai privati la gestione. Nel 1800 è fondata a sua volta la Banca di Francia, anch’essa dominata dal capitale privato, ed il potere della finanza aumenta in maniera inusitata: è l’epoca dei Rothschild, Lazard, Warburg, Mirabaud, Schroder, Fould e poi dei Morgan. Una delle massime attribuite ad Amschel Meyer Rothschild (1773-1855) suona: “Permettetemi di emettere e controllare la moneta di una nazione, e non mi interesserà chi legifera”.

I banchieri dell’alta finanza si caratterizzano per due peculiarità: lavorano gomito a gomito con gli Stati, spesso fornendo i consiglieri per gestire le finanze e concentrandosi sul mercato delle obbligazioni statali, e sono acerrimi nemici dell’inflazione, in quanto svaluta i crediti che sono il cuore della loro attività.

La deflazione è la massima aspirazione dalla finanza, in quanto mantiene costante od aumenta il valore del capitale nel tempo ed impedisce che i debitori usufruiscano di sconti sui loro oneri. Al contrario l’inflazione è benefica per i produttori (industria e lavoratori) in quanto svalutando i costi di oggi ed incrementando i ricavi di domani, rende pressoché sicuro un margine di profitto, stimolando quindi gli investimenti nell’economia reale e l’occupazione.

L’alta finanza, basata ora sull’asse Londra-New York, subisce un momentaneo smacco con lo scoppio della Grande Guerra: gli Stati, per finanziare lo sforzo bellico, sospendono i pagamenti in oro e fanno ampio ricorso all’emissione di carta moneta che genera tassi d’inflazione a doppia cifra. Terminato il conflitto, il potere della finanza si riafferma e ottiene che i paesi europei e gli Stati Uniti tornino progressivamente al gold standard: la convertibilità in oro di un certo ammontare di moneta che, in questo modo, crea un regime di cambi fissi a livello internazionale.

Immediatamente si manifesta la deflazione, vera ambizione dalla finanza, che attanaglia gli USA e l’Europa dal 1925 fino al 1932. Se i prezzi scendono disincentivando l’attività economica, la FED reagisce abbassando i tassi d’interesse: il denaro a basso costo però, esattamente come oggi, si dirige verso la speculazione finanziaria e gli indici azionari americani raddoppiano le quotazioni tra il 1925 ed il 1929. Appena la FED, intimorita dagli eccessi speculativi, alza i tassi, è il crack della borsa: a catena segue la caduta dei consumi, degli investimenti, del reddito e la crisi bancaria del 1932.

Per reazione i circoli finanziari subiscono una pesante umiliazione, da cui impiegheranno decenni a riprendersi: le banche centrali sono piegate e messe a servizio dello Stato, che usano la moneta emessa per finanziare grandi opere infrastrutturali e rianimare la domanda aggregata. Il presidente americano Franklin Delano Roosevelt segue politiche keynesiane ortodosse: i lavori pubblici sono finanziati con titoli di debito pubblico che la FED è obbligata ad acquistare dal 1933 direttamente sul mercato primario per un ammontare di 3 $mld11.

Tuttavia, specie in Europa, sono praticate anche politiche monetarie non ortodosse che prevedono il finanziamento delle opere pubbliche senza l’emissione di debito: il governatore della Reichsbank, Hjalmar Schacht, inventa gli effetti-MEFO ovvero certificati forniti al lavoratore in cambio della sua opera, garantiti dallo Stato, che circolano in parallelo al marco. Simili tentativi di finanziare la spesa pubblica senza l’emissione di debito saranno tentati anche nel dopoguerra: nel giugno del 1963, cinque mesi prima di essere assassinato, John Kennedy firma l’ordine esecutivo 1110 che consente al Tesoro di emettere certificati argentei sui lingotti in suo possesso, mentre in Italia, nel 1966, il terzo governo Moro dà ordine al Tesoro di stampare i biglietti di Stato da 500 lire con cui finanziare la spesa senza l’emissione di debito.

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale costringe nuovamente le banche centrali a finanziare lo sforzo bellico e fino al 195112 la FED è obbligata ad acquistare sul mercato primario i T-bills emessi dal Tesoro americano per contenerne gli interessi: la produzione industriale e l’occupazione raggiungono livelli mai vista prima e l’inflazione, ovviamente, sale e raggiunge il 20%. La necessità di ricostruire il Vecchio Continente ed aumentare il benessere delle popolazione prostrata dalla guerra ed esposta alle sirene del comunismo, obbliga le banche centrali europee ad assecondare per tre decenni le politiche economiche degli Stati, emettendo moneta e finanziando la spesa pubblica per costruire strade, ospedali e centrali elettriche.

Si arriva al 1981 da cui eravamo partiti. Negli Stati Uniti il presidente Jimmy Carter ha nominato due anni prima Paul Volcker governatore della FED: come primo monetarista13 a guida della banca centrale reprime duramente l’inflazione, avviando l’inesorabile deindustrializzazione degli Stati Uniti, accompagnata dall’ascesa incontrastata della finanza. In Europa, invece, l’euro è in gestazione con lo SME.

L‘Italia è un paese in crescita, florido ed industrializzato, con un debito pubblico contenuto ed alti tassi d’inflazione grazie alla convenzione tra Tesoro e Bankitalia che obbliga l’istituto centrale ad acquistare il debito sul mercato primario. Può continuare? No, da oltreoceano ci impongono un nuovo dio. È il dio Moloch della banca centrale indipendente che esige indebitamento, deflazione e deindustrializzazione a vantaggio della finanza. Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi si genuflettono davanti all’ultimo dio arrivato.

Leggere nella giusta ottica gli allentamenti quantitativi.

A questo punto possiamo spiegare perché le élite finanziarie che controllano la FED e la BCE abbiano consentito all’emissione di enormi masse di nuova moneta, scelta che le trova storicamente ostili, e perché non ne sia scaturita né una vera ripresa né una fiammata d’inflazione.

In termini numerici, per fornire un’idea, la massa di liquidità assimilabile al contante (M2) è passata negli USA dai 7.40014 $mld del gennaio 2008 ai 11.70015 $mld del gennaio 2015 (+60%), mentre nell’eurozona è passata dai 7.40016 €mld ai 9.70017 €mld (+30%). Perché questa enorme massa di nuova moneta non ha generato l’inflazione odiata dalle élite finanziarie?

La risposta è semplice: non un singolo dollaro od euro è finito ai lavoratori come avvenne invece negli anni ’30, quando furono varate grandi opere pubbliche finanziate dagli Stati che impiegarono milioni di cittadini. L’enorme quantità di moneta immessa dalle banche centrali è infatti stata completamente dirottata sui prodotti finanziari, creati e gestiti dalle stesse banche d’affari che controllano la FED e la BCE, generando la più grande bolla speculativa della storia: per dare un esempio il Dow Jones è passato dagli 8.500 punti del gennaio 2009 ai 18.000 del gennaio 2015 (+110%).

Sono state ricreate le stesse condizioni del crack del 1929: deflazione, mercati finanziari in bolla, economia stagnante o in recessione. Quando la FED alzerà i tassi, spaventata dagli eccessi borsistici, sappiamo già cosa accadrà.

Conclusione

Uscire dalla depressione economica in cui è caduta l’Italia e sconfiggere la crisi è possibile. La soluzione è la medesima che fu adottata dagli anni ’30 fino agli ’80 del secolo scorso: le banche centrali devono essere piegate, private di ogni indipendenza e messe a servizio degli Stati nazionali.

Il varo di grandi opere pubbliche, il rilancio dell’industria e la piena occupazione saranno possibili solo quando il Tesoro avrà riacquistato la possibilità di emettere biglietti di Stato o finanziarsi a tassi reali negativi, obbligando le banche centrali ad acquistare il debito pubblico sul mercato primario. L’eventuale inflazione sarà come pioggia dal cielo nell’attuale deserto industriale ed occupazionale.

Per fare ciò, il dio Moloch della BCE deve essere abbattuto, e con lui le élite finanziarie che adorano gli idoli pagani dell’indebitamento e della deflazione.

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1http://www.repubblica.it/economia/2015/03/08/news/cgia_bce_quantitative_easing-109054498/

2http://borsaitaliana.it.reuters.com/article/businessNews/idITKBN0M610920150310

3http://www.sistemapaese.esteri.it/NR/rdonlyres/4C7D7AC6-C2F6-4E85-BA16-D8BE4115A80D/68741/SchedaItaliaCommercioeInvestimenti1.pdf

4http://money.cnn.com/2013/09/06/news/economy/labor-force-participation/

5http://www.federalreserve.gov/faqs/what-are-the-federal-reserves-large-scale-asset-purchases.htm

6http://www.federalreserve.gov/faqs/what-are-the-federal-reserves-large-scale-asset-purchases.htm

7https://www.youtube.com/watch?v=3KJwRCc96qU

8http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-02-14/cosi-battemmo-inflazione-cifre-200212.shtml

9http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/01/26/dc-psi-due-alleati-agli-insulti.html?ref=search

10http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=anteprima&artId=891110&chId=30

11https://research.stlouisfed.org/publications/es/10/ES1017.pdf

12http://www.federalreservehistory.org/Events/DetailView/30

13http://www.nytimes.com/1982/10/18/opinion/volcker-s-monetarist-policy-painful-costly.html

14http://www.federalreserve.gov/releases/h6/20081229/

15http://www.federalreserve.gov/releases/h6/20150226/

16https://www.ecb.europa.eu/press/pdf/md/md0801.pdf

17https://www.ecb.europa.eu/press/pdf/md/md1501.pdf

4 Risposte a “Abbattere il Moloch della BCE”

  1. L’Italia ha trovato in lei l’interprete e il teorico della sua rinascita. Non smetta.

  2. Come il mio amico Lenin. Ma a noi ci finanziavano esattamente quelli di cui scrivi. Non temere: Tutto ciò che è falso e costruito sulla menzogna, crolla. Euro trascinerà con se l’evidenza del denaro creato dal nulla, di cui tutto ha compreso il tuo predecessore Professor Auriti.

    1. Il Sistema prima finanzia le rivoluzioni e poi le contro-rivoluzioni. E’ così nel 1789, 1917 e 1979. Spesso però perde il controllo di quello che mette in moto…

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